Questo articolo, il primo di una serie sul tema banda larga, parte da una definizione di rete aperta in funzione di neutralità di operatore, come presentata nella Guida all’investimento nella banda ultra-larga recentemente pubblicata dalla Commissione europea[1].
Da integrazione verticale a reti aperte
Il modello tradizionale di telecomunicazioni è verticalmente integrato: un’entità eroga il servizio, gestisce la rete, e ha la proprietà dell’infrastruttura di rete. Nel passato questo era un modello naturale: i servizi disponibili erano limitati principalmente alla telefonia, radio e televisione, ciascuno codificato su uno specifico segnale fisico, il che giustificava infrastrutture dedicate e ottimizzate al segnale e al modo di distribuzione.
Oggi la quantità di servizi di telecomunicazione disponibili è in piena espansione: da quelli tradizionali, come telefonia (mobile o fissa), web & mail e televisione ai servizi innovativi ormai in fase di consolidamento come videoconferenza, cloud storage e audio & video streaming, a quelli in rapida crescita come TV 3D, grid computing, online gaming, telemedicina, ecc. L’informazione viene registrata e trasmessa in digitale per tutti i servizi, ed è sempre più spesso distribuita utilizzando il protocollo IP, spesso sulla stessa rete fisica, seguendo un processo di convergenza lento ma inesorabile. Di conseguenza, è più sensato pensare a un’infrastruttura di rete d’accesso ottimizzata per il tipo di connessione all’utente finale (urbana o rurale, consumo heavy o light, mobile o fisso, ecc.) piuttosto che per il servizio fornito.
In un contesto di infrastruttura condivisa, il modello di rete aperta mira a una distribuzione dei diversi servizi su base equa e non discriminatoria, tramite la separazione concettuale dei ruoli di fornitore di servizio (service provider, SP) da quelli di gestore di rete passiva (physical infrastructure provider, PIP) e di rete attiva (network provider, NP). La separazione del ruolo di fornitore di servizio da quello di gestore di rete promuove la neutralità della rete ed evita conflitti d’interesse.
La separazione in rete attiva e passiva ha invece giustificazioni tecnico-economiche. Analogamente ad altri tipi di infrastrutture (strade, linee elettriche, ecc.), l’infrastruttura passiva di una rete (canalizzazioni, cavi, ecc.) è generalmente caratterizzata da spese di capitale elevate (CAPEX), spese operative (OPEX) ed economie di scala ridotte, ed è essenzialmente locale e onerosa da duplicare (di conseguenza tende a costituire un monopolio naturale intrinsecamente soggetto a regolamentazione). D’altra parte, la tecnologia (apparati attivi) è caratterizzata da OPEX e economie di scala significativi, richiede competenza tecnica ed è soggetta a regolamentazione limitata. Inoltre, l’infrastruttura è un patrimonio pressoché permanente (orizzonte d’investimento a lungo termine) mentre gli apparati attivi sono soggetto a rapida obsolescenza (orizzonte d’investimento a breve termine).
A seconda dei casi, i ruoli di PIP e NP (oppure i ruoli di NP e PIP) possono venire assunti da un’unica entità, dando luogo a diversi modelli di business. L’importante è che, ad un livello piuttosto che ad un altro esista una separazione tra SP e PIP.
Value chain di una rete aperta
La Figura 1illustra la value chain generica per il modello di rete aperta. In generale il PIP riceve introiti dal NP per il leasing di fibra spenta in dorsale e delle linee di accesso. Gli utenti finali acquistano servizi da un SP di loro scelta. Il costo del servizio include generalmente un canone di rete, che viene poi passato al NP.
Figura 1– Value chain generica per reti aperte.
Modelli di business per reti aperte
Come accennato sopra, diversi modelli di business emergono a seconda di quali attori assumono i ruoli di PIP, NP e SP. Il modello verticalmente integrato consiste nella situazione in cui un attore (tipicamente una telco) prende tutti e tre i ruoli. In alcuni casi, specialmente se l’operatore in questione ha un significativo potere di mercato (SPM), la normativa europea impone che l’accesso alla rete venga resa disponibile ad operatori concorrenti, a livello attivo o passivo. Ciò che distingue questa situazione da quella di rete aperta è che l’operatore integrato progetta la rete per fornire i propri servizi e dà accesso ai concorrenti in forme compatibili con il design specifico della rete.
In generale, il modello di business di rete aperta si presenta in tre varianti, illustrate in Figura 2: modello di rete aperta a livello passivo (passive-layer open network, PLON), modello di rete aperta a livello attivo (active-layer open network, ALON), modello di rete aperta a tre livelli (three-layer open Network, 3LON).
Figura 2– Livelli di rete e modelli di business di rete aperta confrontati con modelli a integrazione verticale con accesso della rete in unbundling o bitstream.
Nel PLOM, il PIP (per esempio un’amministrazione locale, una utility, una cooperativa locale, o un investitore privato) installa e gestisce l’infrastruttura passiva (direttamente o tramite un’azienda di opere civili) da mettere a disposizione di tutti gli operatori del mercato a condizioni paritarie e non discriminatorie. Il PLON ha il vantaggio di dare agli operatori (in genere NP+SP integrati) massima libertà e controllo nella progettazione della propria rete di accesso ma al tempo stesso ciascun operatore deve collocare i proprio apparati attivi nel nodo di accesso di ciascuna area che vuole servire. Se la densità di popolazione è troppo bassa, i nodi di accesso aggregano un numero di utenti insufficiente per rendere economicamente sostenibile la presenza di più operatori, limitando le possibilità di concorrenza. Di conseguenza, il modello PLON è più adatto per aree relativamente densamente popolate come le grandi città.
Una soluzione seguita in molte aree più scarsamente popolate è di fornire concorrenza a livello attivo, in modo che il costo di fornitura di servizi risulti sufficientemente basso da permettere l’ingresso sul mercato di diversi operatori. Questo può essere fatto in due modalità: ALON e 3LON.
Nel modello ALON, un’entità installa e gestisce sia l’infrastruttura passiva che la strumentazione attiva (agendo quindi come operatore integrato PIP+NP). Installando la strumentazione attiva in tutti i nodi di accesso, costruisce una rete aperta e neutrale tramite cui tutti i SP sono in grado di fornire i propri servizi a tutti gli utenti finali.
Nel modello 3LON, invece, i ruoli di PIP, NP e SP sono tutti esplicitamente separati. In questo caso, l’ente che ha la proprietà della rete passiva (spesso un’amministrazione locale) ha lo stesso ruolo che nel modello PLON. Al livello attivo, tuttavia, il ruolo di NP è assegnato ad una società esterna, in genere tramite un contratto dai tre ai cinque anni. Il NP colloca la strumentazione attiva in tutti i nodi di accesso e costruisce una rete aperta e neutrale come nel modello ALON. Al fine di garantire condizioni eque e non discriminatorie a tutti SP (neutralità di operatore), al NP è generalmente interdetto fornire servizi propri.
Reti aperte: un’infrastruttura per la società
Vi è un crescente interesse politico per le reti aperte, viste come infrastruttura strategica per la società, soprattutto presso le molte amministrazioni locali che hanno deciso di far fronte allo scarso interesse degli operatori commerciali e investire in servizi a banda larga in aree a bassa densità abitativa. Spesso l’amministrazione locale stessa prende il ruolo di PIP o di PIP+NP, tramite apposite società in-house, facendo leva su modelli d’investimento diretti combinati con finanziamenti bottom-up, fondi nazionali ed europei e project financing. A volte si affidano a fondi d’investimento o ad operatori neutrali, per esempio tramite apposite partnership publico-private (PPP). In altri casi ancora si limitano a definire una strategia di rete d’accesso aperta da e definiscono gare d’appalto in cui si vieta al vincitore di fornire servizi. Il prossimo articolo di questa serie presenterà una panoramica delle reti aperte che sono state installate in Europa negli ultimi 15 anni e ne delineerà le prospettive per l’Italia.
[1] Guide to High-Speed Broadband Investment, disponibile al momento in inglese presso http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/news/broadband-investment-guide.