tecnologie e geopolitica

Auto elettriche, la rincorsa alla Cina è già in ritardo



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In Cina, la svolta verso la mobilità elettrica è iniziata da più di 20 anni. L’Ue non ha colto la sfida e ci vorranno anni per recuperare il ritardo accumulato in settori strategici quali quello della produzione di batterie. Non fanno ben sperare la frammentazione dei mercati europei e degli interventi di politica industriale

Pubblicato il 28 set 2023

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



auto elettriche(1)

La metà delle auto elettriche in circolazione nel mondo si trovano in Cina.

Nel 2022, quasi il 60% delle nuove immatricolazioni si è verificata in quel paese.

Auto elettriche, la volata della Cina

La crescita è stata sostenuta da incentivi destinati ai primi consumatori e poi ribaditi con l’estensione dal 2020 alla fine del 2022.

Quegli incentivi sono stati accompagnati da una rapida estensione della rete di ricariche disponibili nei principali centri urbani e da rigorose limitazioni poste all’uso dei motori a combustione interna.[1].

In occasione delle Olimpiadi di Pechino del 2008 e poi dell’Expo di Shanghai nel 2010, nelle metropoli fu realizzata una decisa ricollocazione e ambientalizzazione delle fabbriche presenti nelle aree urbane, con l’intendimento di ridurre i livelli di inquinamento gravati dalla presenza dell’industria pesante in prossimità dei centri storici.

Fu avviato un colossale programma di riduzione dell’inquinamento: vennero accelerate le costruzioni delle infrastrutture di trasporto pubblico, in particolare metropolitane, treni ad alta velocità, aeroporti e autostrade. Ma contemporaneamente si assisteva alla sostituzione dei miliardi di biciclette tipiche del paesaggio urbano e agricolo cinese, con motorini leggeri elettrici.

All’epoca in Europa praticamente non circolavano. La svolta è avvenuta oltre vent’anni fa. Nel 1999 il governo definì certi motorini elettrici “biciclette”, che potevano circolare senza patente purché pesanti meno di 40kg e purché non superassero i 20 km l’ora. Seguì poi la decisione, accentuata dalle sfide poste dai giochi olimpici e dall’expo, da parte di molte città di limitare in modo severo la circolazione delle motociclette a benzina nei centri storici[2].

Nel 2004 erano già venduti 20 milioni di veicoli a due ruote elettrici. La politica industriale della Cina da un lato si è basata sulla liberalizzazione dei veicoli a due ruote elettrici e dall’altro sulla stretta sulle emissioni dei motori endotermici.

Gli incentivi hanno svolto un ruolo marginale e, come sempre, hanno creato instabilità nel mercato. Un’instabilità derivante dalla natura effimera degli interventi di sussidio e dalla loro temporaneità.

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Mobilità elettrica, Europa e Usa sono rimaste a guardare

L’Europa e ancor più gli Stati Uniti non hanno colto la sfida: con una popolazione più anziana e ricca, orgogliosa delle mitiche motociclette di grossa cilindrata e degli scooter urbani, ignorarono l’impulso che l’esperienza dei veicoli a due ruote avrebbe dato all’industria della mobilità elettrica in generale, in primo luogo per lo sviluppo di batterie leggere e poco costose. Invece il pubblico giovanile cominciava a fare i conti in tasca: all’epoca del boom della mobilità elettrica su due ruote (2010) una ricerca dimostrava che il costo per chilometro era molto inferiore per i veicoli elettrici a due ruote: 0,2 cents (di dollaro) per chilometro per l’elettricità, e 1 cent per il rimpiazzo delle batterie, contro 8 cents /km per le auto a benzina e 3 per le motociclette a benzina. L’unico aspetto in cui il veicolo elettrico produce più inquinamento di quello a benzina è la batteria.

La questione non investe solo la Cina, dove sono fiorite negli anni recenti le industrie del riciclo, ma anche in altri paesi, come l’India, dove la componente giovanile della domanda di mobilità è molto più dinamica. Qui le previsioni danno vendite attese di 22 milioni di veicoli elettrici a due ruote (EW2) nel 2030: anche nel subcontinente si sta affermando un modello di mobilità innovativo.

La tecnologia delle batterie si concentra

La tecnologia delle batterie è l’aspetto cruciale della mobilità elettrica.

La durata della vita delle batterie varia molto: più lunga è la vita delle batterie e più bassa sarà la sua incidenza sul costo d’esercizio. Per quelle agli ioni di litio è di circa 1000-1500 ricariche in media, per le batterie al piombo si raggiungono al massimo 1000 ricariche: per questo motivo rimangono meno costose nella produzione e nell’installazione, ma il costo di esercizio tende ad eguagliare quello delle meno costose batterie al piombo-acido.

Il governo indiano si pone l’obiettivo di un 30% di trasporti basato su veicoli elettrici per il 2030, quando si stima che il settore delle batterie possa raggiungere, in India nel 2030, i 15 miliardi di dollari.

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Batterie: sostenibilità ambientale vs economicità

Se dal punto di vista del costo di esercizio ormai le batterie al litio sono competitive con quelle al piombo, rimane il problema della sostenibilità ambientale. Quelle al piombo, con le ultime tecnologie di riciclo, possono essere riutilizzate, e ciò conferisce un vantaggio su quelle al litio che, ad oggi, debbono essere conferite in discarica.

Tesla ha investito da subito sulle batterie. Inizialmente ha optato per le generiche Panasonic 1865, al litio, facili da reperire perché prodotte per diversi strumenti e dotate di affidabilità ma non di alta densità energetica e molto piccole.

Tesla ha ottimizzato con il suo software di gestione le prestazioni raggiungendo miglioramenti ragguardevoli e impensabili all’epoca.

Sulle auto Model 3 e Model Y Tesla ha optato per le Panasonic 2170, realizzate specificamente per le auto elettriche, avviando in contemporanea una diversificazione dei fornitori. Le batterie per le Tesla costruite a Shanghai sono prodotte in Cina dalla LG Chem.

Ma l’esigenza di aumentare le prestazioni delle batterie ha spinto recentemente Tesla ad adottare le Panasonic 4680, cinque volte più grandi delle precedenti e dotate di densità energetica più elevata, ma la loro produzione ha incontrato iniziali difficoltà, tanto che Tesla ha ripiegato sulle batterie a celle litio-ferro-fosfato (LFP) prodotte dalla CATL e installate sulle versioni entry Model 3 e Model Y. Nell’ambito delle sue celle agli ioni di litio, i catodi sono evoluti affiancando nuove componenti chimiche, come nichel-cobalto-manganese (NCM) e nichel-cobalto-alluminio (NCA). Quelle al cobalto sono molto più costose ma hanno una densità energetica più elevata.

Quindi il sistema di approvvigionamento di Tesla è diversificato sia come fornitori, sia come tecnologie e quindi materie prime, sia come paese di provenienza come si vede dalla figura 2.

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La scelta delle celle LFP consente di ridurre i costi e di eliminare la dipendenza dal cobalto: Tesla lo può fare anche per l’efficienza dei consumi dei suoi motori. D’altro lato, questa scelta pone un problema geostrategico di non poco conto: nella sua strategia di diversificazione sta lavorando oltre che con CATL anche con EVE Energy, altra compagnia cinese situata nel Guandong. Le celle LFP sono poco diffuse negli Stati Uniti e in Europa.

Le batterie LFP sono il 3% del totale negli Stati Uniti e il 6% in Europa, contro il 44% in Cina: questo ha portato, ed è anche il portato di un sistema produttivo più avanzato che sta assumendo una posizione dominante nel mercato, come accadde con i pannelli solari a suo tempo.

L’auto elettrica disegna la nuova geografia del settore auto

In questo scenario, la Cina emerge come il paese proiettato in avanti nello sviluppo dei veicoli elettrici. Il fatto che Tesla sia il marchio di riferimento americano e rappresenti un successo e un modello a livello globale non toglie nulla alla validità di questa conclusione.

Tesla, infatti, è una azienda globale che si inserisce in modo sistemico nello scenario dinamico che vede la Cina come protagonista economico e tecnologico dei prossimi anni. La Germania aveva beneficiato, lasciando indietro le case automobilistiche americane e del Sud Europa, Italia compresa, quando la Commissione cominciò ad elevare gli standard delle emissioni. Le case tedesche svilupparono le tecnologie meno inquinanti e divennero protagoniste della cresciuta del mercato globale, come d’altra parete fecero le case giapponesi. Ora l’asticella deve segnalare che il cammino privilegiato su cui investire è l’auto elettrica e la sua filiera tecnologica e produttiva. Ma occorre farlo subito, non attardarsi: l’inseguimento della Cina parte già in ritardo.

Si attardano, invece, i produttori europei, che chiedono protezione all’Europa e ritardano la transizione verso l’auto elettrica.

In Germania, l’amministratore delegato di AMG Lithium, la prima fabbrica europea che produce idrossido di litio che andrà in produzione nel 2026, ha detto che occorrono anni all’Europa per agganciare le aziende cinesi, che hanno un vantaggio in questi materiali e in queste tecnologie[3].

Conclusioni

La preoccupazione non è solo degli ambientalisti, ma anche di chi guarda ai futuri scenari competitivi: la frammentazione dei mercati europei e la frammentazione degli interventi di politica industriale. Interventi che si spera siano di indirizzo e di regolazione omogenea a livello Europeo e non di sussidio. La preoccupazione è anche dei consumatori giovani, che vedono nel veicolo elettrico una prospettiva adatta alle loro esigenze e tendenzialmente meno costosa[4].

Note

  1. ) International Energy Agency, Global EV Outlook 2023. Catching up with climate ambitions, IEA 2023
  2. ) Christopher Cherry, Electric Two Wheelers in China, Promise, Progress and Potential, Access, N. 37, Fall 2010.
  3. ) Lisa O’Carroll, Carmakers call on EU to delay 10% tariff on electric vehicle exports, The Guardiuan, September 25, 2023.
  4. ) Alberto De Pasquale, La disfida del costo totale: testa a testa elettrico-diesel, Il Sole 24 Ore, 31 maggio 2022.

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