Decreto Omnibus, ecco che devono fare le aziende per adeguarsi (ed evitare sanzioni)

L’Italia di adegua finalmente alla direttiva europea omnibus introducendo novità che ampliano tutela e trasparenza nei confronti dei consumatori anche attraverso l’imposizione di sanzioni pecuniarie amministrative più elevate ed incisive. Ecco le aree di intervento, le sanzioni e l’impatto sulle PMI

Pubblicato il 21 Dic 2022

Monia Donateo

Polimeni.Legal

Lorenzo Grassano

Legal Blink

consumatori_ telco

La nuova direttiva Omnibus, finalmente in fase di attuazione da parte del Governo italiano, seppur con notevole ritardo rispetto ai tempi previsti dall’Unione Europea, porta con sé numerose novità che imporranno alle aziende italiane nuovi e molteplici adempimenti; tutto in ottica di maggiore tutela e trasparenza nei confronti dei consumatori finali.

Importante evidenziare sin da subito che le novità introdotte e che analizzeremo di seguito, ampliano dette tutele anche attraverso l’imposizione di sanzioni pecuniarie amministrative più elevate ed incisive.

Direttiva Omnibus, si applica già o no? Ecco le tutele a disposizione dei consumatori

Le aree di intervento normativo

Quattro le aree di intervento normativo:

  • vengono incluse nell’area delle condotte commerciali scorrette attività quali l’arbitraria esposizione dei prezzi da parte del professionista[1] e la pubblicazione di recensioni solo positive o prevalentemente stimolate;
  • si specifica ulteriormente la disciplina dei contratti con clausole vessatorie innalzando le sanzioni;
  • si analizza l’aspetto relativo alla concorrenza sleale;
  • ulteriore tema trattato dalla normativa è quello delle comunicazioni commerciali non veritiere (in cui rientra la dual quality).

Certamente, i nuovi obblighi e divieti in materia di recensioni, insieme a quelli relativi ai prezzi, sono gli aspetti di maggior rilievo all’interno del nuovo testo di legge, in quanto richiedono maggiore attenzione da parte dell’ecommerce/marketplace e, di conseguenza, maggior effort in termini di meccanismi e tool da implementare.

L’obiettivo è poter tecnicamente dimostrare (in particolare all’AGCM che è l’autorità preposta al controllo e all’irrogazione di sanzioni) di aver dichiarato il vero sul proprio sito e che il tracciamento di prezzi e la verifica delle recensioni non siano stati manipolati e non siano, in ogni caso, manipolabili.

Ma vediamo cosa viene esattamente richiesto dalla normativa di recepimento (che al momento in cui si scrive è ancora uno schema).

Le recensioni

Costituisce omissione ingannevole (quindi sanzionabile) la mancanza di informazioni precise che indicano se e in che modo il professionista garantisce che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto.

Le misure devono essere ragionevoli e proporzionate per verificarne l’effettiva autenticità.

Chiariamo subito che la nuova legge non introduce alcun obbligo di implementazione di un sistema di verifica o certificazione delle recensioni nell’iter di raccolta e loro pubblicazione.

Di contro, vige l’obbligo di informare specificamente se non si adotta alcuna procedura in tal senso, con lo scopo di rendere consapevoli i consumatori che la piattaforma non può assicurare, ad esempio, che i pregi e le qualità di un prodotto o servizio si basino su acquisti verificati. In questo modo, l’acquisto diventa più consapevole e certamente non indotto esclusivamente da ciò che si legge nelle opinioni di altri utenti.

Quindi, nel caso in cui non venga effettuata alcuna verifica, occorrerà inserire una dicitura del seguente tenore sia accanto al box recensioni che nei termini e condizioni (si consiglia l’inserimento di una clausola ad hoc):

“Purtroppo non possiamo verificare l’autenticità di tutte le recensioni che riceviamo”.

Diversamente, se questi meccanismi vengono adottati, occorre spiegare (anche brevemente) quali sono e come funzionano o quale tool/plugin viene utilizzato in grado di garantire l’applicazione di sistemi di verifica idonei.

Ad esempio: “Utilizziamo XXX come un fornitore di servizi indipendente per ottenere recensioni. XXX ha adottato misure per garantire che queste recensioni siano genuine. Leggi qui più informazioni (link al fornitore terzo)”.

Inoltre, è vietato inviare recensioni finte o incaricare terzi (persone o società) di pubblicare recensioni da parte di finti consumatori o comunque finti apprezzamenti anche sui social al fine di promuovere il prodotto.

Ed ancora, deve essere chiaro se la recensione è stata in qualche modo sollecitata (ad esempio, da un buono sconto) oppure originata da sponsorizzazione.

Conseguentemente e coerentemente, la normativa vieta di escludere le recensioni negative (si possono mettere certamente in rilievo quelle positive, ma occorre dare possibilità di agevole accesso anche alla “sezione” di recensioni medie o negative) e vieta altresì di chiedere recensioni solo ai clienti soddisfatti.

Il fenomeno Dual Quality finalmente sanzionato

Come anticipato, entrerà in vigore anche una norma che contrasta il fenomeno Dual Quality, ovvero la prassi di offrire e presentare nel mercato di altri Stati membri UE prodotti italiani con identiche modalità usate nel mercato italiano ma che, di fatto, posseggono qualità differenti, spessissimo inferiori, nelle versioni destinate, appunto, a Paesi terzi.

Precisamente, nell’elenco delle pratiche ingannevoli del Codice del Consumo verrà aggiunta quella della promozione di un bene, in uno Stato membro, come identico a un bene commercializzato in altri Stati membri, sebbene significativamente diverso per composizione o caratteristiche.

Ovviamente, l’AGCM, per considerare ingannevole e sanzionare la pratica del venditore, dovrà verificare che l’annuncio, l’etichetta o altri elementi, inducano o siano astrattamente idonei ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Annunci sulla modificazione del prezzo

Il Decreto Legislativo introduce, come accennato, importanti novità anche in tema di modificazione del prezzo.

L’intento del legislatore comunitario e della normativa nazionale di recepimento è stato anche quello di aumentare la trasparenza dei prezzi esposti sui siti di commercio elettronico, con particolare riferimento alle modificazioni del prezzo.

Ciò, soprattutto per combattere quella pratica commerciale scorretta nota per aumentare il prezzo di vendita poco prima dell’annuncio della sua riduzione, in questo modo ingenerando nel consumatore l’errato convincimento di acquistare il bene o servizio oggetto dell’annuncio a un prezzo “scontato”.

Pertanto, l’articolo 17-bis del Codice del Consumo (introdotto dal Decreto Legislativo) dispone che ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare il prezzo precedente applicato dal professionista per un determinato periodo di tempo prima dell’applicazione di tale riduzione.

Per “prezzo precedente” deve intendersi il prezzo praticato nei 30 giorni precedenti la riduzione del prezzo.

Da questa norma sono esentati i prodotti presenti sul mercato da meno di trenta giorni e i prodotti agricoli e alimentari deperibili.

Quanto sopra implica, per esempio, che se un prodotto (es. un paio di scarpe) è venduto online in data 5 aprile al prezzo di euro 120,00 e poi viene offerto in vendita a partire dal 15 aprile al prezzo di euro 100,00, il sito e-commerce deve esporre anche il prezzo precedente pari ad euro 120,00.

Ovviamente l’adeguamento a questo aspetto della normativa comporta l’implementazione di particolari plug-in in grado di mostrare in automatico sul sito e-commerce (es. nella scheda prodotto) il prezzo attuale di vendita e quello precedentemente applicato nei 30 giorni precedenti la riduzione del prezzo.

Plug-in di questo tipo si possono già scaricare dalle principali piattaforme CMS (Shopify, PrestaShop e WooCommerce).

Sanzioni più elevate

Il Decreto Legislativo interviene anche in tema di regime sanzionatorio, aumentando da 5 a 10 milioni di euro il limite edittale delle multe che l’AGCM può irrogare in caso di pratica commerciale scorretta (come quella di presentare un prezzo di vendita senza esporre il prezzo applicato nei 30 giorni precedenti la modifica).

È inoltre aumentato il massimo edittale con riferimento all’applicazione delle clausole vessatorie che costituiscono l’altra area di intervento normativo.

Si ricorda che, in linea generale, le “clausole vessatorie” sono quelle che determinano uno squilibrio tra i diritti e i doveri esistenti tra professionista e consumatore.

Ebbene, qualora l’AGCM dovesse ravvisare che le condizioni generali di vendita pubblicate online presentano una o più clausole vessatorie a danno dei consumatori può adesso irrogare una sanzione fino a 10 milioni di euro.

Sempre nel nuovo contesto sanzionatorio introdotto dal Decreto Legislativo è significativa la modifica che consente al consumatore di rivolgersi al giudice ordinario in caso di pratiche commerciali sleali.

Pertanto, non sarà più necessario per il consumatore adire l’AGCM per far accertare una pratica commerciale sleale per poi intentare causa contro il sito di commercio elettronico: con la riforma introdotta dal Decreto Legislativo questa possibilità è offerta direttamente innanzi al giudice ordinario, con notevoli benefici in termini di costi processuali e tempistiche per il consumatore.

Come applicato anche dalla AGCM ormai da decenni, il Decreto Legislativo richiede che le sanzioni tengano conto anche delle condizioni economiche e patrimoniali del professionista coinvolto.

Effetti sulle PMI

Concludendo, Quali sono quindi gli effetti sulle PMI italiane (ecommerce e marketplace)?

Innegabilmente verrà richiesto un effort alle aziende in termini di implementazioni di sistemi di tracciamento prezzi e di tool idonei alla verifica delle recensioni effettuate da chi abbia davvero acquistato o utilizzato un prodotto. Indubbio è quindi l’aggravio di costi che i professionisti dovranno sostenere per far fronte agli ulteriori obblighi informativi a loro carico.

Tuttavia, altrettanto indubbio è che ci siano dei giovamenti in termini di visibilità e affidabilità agli occhi degli utenti consumatori.

In questo contesto, giocano un ruolo cardine anche le nuove regole sulla trasparenza, le quali assicurano imparzialità nei risultati di ricerca online attraverso la previsione di determinati parametri di classificazione[2] in grado di permettere alle PMI di concorrere equamente con i colossi del mercato.

Note

  1. Da intendersi sia come soggetto titolare dell’ecommerce che di marketplace. Precisamente lo schema del nuovo decreto legislativo, utilizza al posto di “venditore” o “fornitore” il termine “professionista” per ragioni sia “di coerenza con la versione attuale del Codice del Consumo che per chiarezza interpretativa, considerata l’accezione ampia che l’articolo 3 del Codice riconosce a tale soggetto, individuando una categoria unitaria in cui è ricompreso”, appunto, “tanto il professionista (persona fisica o giuridica) che l’intermediario”.
  2. nuovo comma 4 bis dell’art. 22 del Codice del Consumo:“ Nel caso in cui sia fornita ai consumatori la possibilità di cercare prodotti offerti da professionisti diversi o da consumatori sulla base di una ricerca sotto forma di parola chiave, frase o altri dati, indipendentemente dal luogo in cui le operazioni siano poi effettivamente concluse, sono considerate rilevanti le informazioni generali, rese disponibili in un’apposita sezione dell’interfaccia online che sia direttamente e facilmente accessibile dalla pagina in cui sono presentati i risultati della ricerca, in merito ai parametri principali che determinano la classificazione dei prodotti presentati al consumatore come risultato della sua ricerca e all’importanza relativa di tali parametri rispetto ad altri parametri. Il presente comma non si applica ai fornitori di motori di ricerca online definiti ai sensi dell’articolo 2, punto 6, del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio

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