Agenda 2013

Una “Agenda eCommerce” per il prossimo governo: ecco le priorità

Il Commercio elettronico è un settore dell’economia con un potenziale straordinario di crescita per le nostre imprese e per il Paese. Molteplici gli effetti positivi. Ma sono troppi gli ostacoli fiscali e normativi in Italia

Pubblicato il 11 Gen 2013

Roberto Liscia

Presidente Netcomm

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Anche quest’anno in occasione delle feste natalizie, il commercio elettronico si riafferma come valvola di decompressione delle famiglie italiane per godere di un clima festivo senza angosciarsi troppo per l’incerto contesto economico. Gli acquirenti che hanno comprato i propri regali di Natale online sono saliti infatti dal 37% del 2011 a quota 44%, ovvero oltre 5 milioni di individui, 1 utente Internet su 5, un italiano maggiorenne su 10 e 500mila individui in più rispetto al 2011.

A sostegno di questo dato, la riduzione del tasso degli indecisi sul “Natale web” che dal 41,6% del 2011 si è ridotto al 24,1%, rivelando la crescente tranquillità da parte dei consumatori nel fare i propri acquisti natalizi online grazie ai prezzi concorrenziali associati a servizi e prodotti di alta qualità. Infatti, nonostante la crisi economica faccia tirare sempre più la cinghia alle famiglie italiane, il 34,5% degli acquirenti online acquisterà più regali dell’anno scorso.

La stagione natalizia ha registrato un incremento della spesa online rispetto ai dati rilevati nel 2011: le stime prevedono che quest’anno oltre 5,3 milioni di individui abbiano effettuato i propri acquisti online, contro i circa 4 milioni che hanno utilizzato il canale eCommerce nel periodo natalizio 2011.

Possiamo affermare che l’eCommerce è un settore dell’economia che rappresenta un potenziale straordinario di crescita per le nostre imprese e per il paese.

Ogni euro speso online trascina con se molteplici effetti positivi:

· Le imprese che investono su questo canale crescono più in fretta, migliorano la redditività, aumentano le proprie quote di vendita sui mercati internazionali, trasformano i propri processi produttivi e gestionali per fare fronte ai nuovi bisogni dei clienti digitalizzati

· Cresce l’occupazione diretta ed indiretta con nuove professionalità e con una occupazione intellettuale di alto livello che consente di dare una risposta adeguata alla domanda di impiego da parte dei nostri giovani laureati. Si stima che già oggi l’eCommerce abbia dato accupazione ad almeno 30.000 giovani laureati in economia, ingegneria, informatica e materie legali e umanistiche

· Tutto l’indotto viene spinto al rinnovamento ed allo sviluppo di nuove iniziative e start up. La logistica si rinnova per permettere la consegna, il tracciamento e la gestione dei resi di pacchi per singolo cliente rispetto alla gestione storica che comportava una logistica per bancali orientati al retail con una domanda di servizi e di tempestività molto inferiore.

· Il sistema dei pagamenti è entrato in una fase di rivoluzione epocale. Wallet, sistemi di pagamenti basati sull’home banking, sfruttamento di tutte le nuove opzioni tecnologiche rese diponibili dagli smartphone quali l’NFC, i codici QR, i watermark…

Malgrado queste notizie positive l’eCommerce italiano soffre di un ritardo endemico rispetto a quello degli altri Paesi e, in questo quadro di trasformazione totale, è sorprendente come l’Agenda Digitale del passato governo non abbia speso non solo un euro ma neppure una parola per questo settore che rappresenta in tutti i Paesi occidentali l’area di maggiore crescita e uno degli strumenti per fronteggiare l’attuale declino recessivo.

È quindi opportuno per il 2013 che il prossimo Governo si doti di una “Agenda eCommerce” che dovrebbe affrontare, secondo Netcomm che rappresenta gli operatori del settore, diverse criticità per rimuovere gli ostacoli che ne limitano lo sviluppo.

Gli aspetti fiscali e normativi sono ancora troppo intricati e complessi e la loro semplificazione favorirebbe l’emergere di una offerta, in particolare da parte delle piccole aziende, oggi ancora titubante ed impaurita dai costi e dai rischi connessi con tali ostacoli.

· Le diseguaglianze fiscali tra i diversi paesi europei favoriscono la creazione di riserve reddituali per quei gruppi che possono agire su base sovranazionale creando una asimmetria competitiva con le aziende italiane che per dimensione non possono seguire gli stessi meccanismi

· Le differenze a livello europeo sull’imposta sui consumi rende molto complesso, per le piccole aziende italiane, affrontare i Paesi esteri per i costi gestionali che ne conseguono e il prossimo Governo dovrebbe affrontare tale problema sia ricercando a livello europeo meccanismi di armonizzazione o di esenzione per le piccole imprese con eventualmente meccanismi di ritenuta alla fonte e compensazioni con accordi a livello europeo

· Le differenze tra l’imposta sui consumi nell’editoria tra l’IVA al 4% sui prodotti cartacei e il 21% sui prodotti digitali è una stortura che deve essere risolta a livello europeo per favorire il diffondersi di una cultura digitale anche nelle scuole con l’adozione degli ebook

· L’obbligo di chiedere al compratore online il codice fiscale a partire dal prossimo gennaio è una ulteriore barriera che ostacolerà ulteriormente l’adozione del canale online da parte del consumatore italiano poco propenso a comunicare i propri dati personali oltre a quelli necessari per il pagamento online

· La legislazione sul RAEE (rifiuti elettronici) che obbliga tutti gli operatori a ritirare gratuitamente con mezzi certificati i rifiuti elettronici dopo l’acquisto di un elettrodomestico nuovo è inapplicabile, così come impostata, per gli operatori del commercio elettronico e malgrado che più volte si siano esposte le possibili soluzioni ai problemi emersi non si è ancora addivenuti ad una interpretazione attuativa da parte del Ministero dell’Ambiente che chiarisca in maniera definitiva gli interrogativi emersi dalla norma.

I pagamenti sono un altro tema essenziale per incentivare l’uso di questo canale da parte dei cittadini. Il passato governo è intervenuto positivamente in questo settore obbligando le pubbliche amministrazioni a rendere visibile l’IBAN per i pagamenti da parte dei cittadini, obbligando i professionisti ad accettare le carte di debito ma molto vi è ancora da fare e il ritardo, in questo settore, rispetto agli altri paesi è enorme. Nei paesi nordici gran parte dei servizi prestati dalle Pubbliche Amministrazioni sono pagati con carte di credito/debito o con l’home banking.

In Olanda 70.000 merchants privati utilizzano come sistema di pagamento Ideal, un mezzo di pagamento di home banking creato da un consorzio delle principali banche del paese. A marzo EbaClearing lancerà, a livello europeo, MyBank, un sistema di home banking che permetterà a qualsiasi cittadino europeo di pagare in maniera sicura con il proprio home banking qualsiasi prodotto o servizio. È imperativo che le amministrazioni centrali e locali facciano evolvere i propri servizi di pagamento sfruttando le evoluzioni in atto e valorizzando le nuove iniziative e tecnologie. In Olanda la maggioranza dei cittadini utilizza le proprie carte di debito per i pagamenti e la forte diffusione della carta bancomat in Italia potrebbe essere uno strumento da valorizzare per gli acquisti di prodotti online e per il pagamento dei servizi della PA.

In tutti i paesi occidentali la forte diffusione dei pagamenti evoluti da parte delle PA ha creato un effetto positivo nei comportamenti dei cittadini facendo superare quella diffidenza, che in Italia è molto radicata, nell’uso degli strumenti di e-payment.

Il 26 marzo Netcomm organizzerà la seconda edizione del Netcomm Epayment Forum per fare un punto sulle evoluzioni in atto in Italia e all’estero e per confrontarsi su questo tema con il nuovo governo.

Resta immutato il grave ritardo dell’Italia sul lato dell’offerta. Le aziende italiane sono piccole, hanno poca dimestichezza con le tecnologie, non hanno risorse economiche e professionali per affrontare la trasformazione digitale e stanno, anche per questa ragione, perdendo competitività sui mercati internazionali. In un recente dibattito organizzato sul tema della contraffazione dall’Unione Nazionale dei Consumatori ho sostenuto la tesi che il modo migliore per combattere la contraffazione, oltre alle azioni già in essere, è incrementare la presenza dei nostri prodotti originali sui mercati esteri.

In Cina, dove stiamo organizzando la creazione di un consorzio di imprese Italiane dell’abbigliamento, la maggior parte dei 200 milioni dei web shopper è interessato all’acquisto online di prodotti originali del Made in Italy.

Un aiuto che dovrebbe arrivare dal governo è quello di intervenire sul sistema industriale italiano per agevolare con gli strumenti più utili sia di agevolazione fiscale/finanziaria sia con la spinta verso la creazione di consorzi/reti di imprese per accelerare la spinta verso l’internazionalizzazione digitale delle nostre imprese.

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