Il punto

Correggere Codice appalti, salvare l’innovazione: che c’è da sapere

Mancano poche settimane alla scadenza per l’approvazione definitiva del Correttivo Codice Appalti: la legge in vigore dall’aprile 2016 ha provocato un calo delle procedure di gara. Fra incertezze normative e punti ancora da chiarire riflettori puntati su norme e procedure relative agli acquisti ICT della PA

Pubblicato il 27 Mar 2017

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Le prossime settimane saranno particolarmente calde in materia di Codice Appalti: l’appuntamento fondamentale è quello del 19 aprile, data entro la quale deve essere approvato in via definitiva il Correttivo che ha ricevuto il primo via libera del Governo lo scorso 23 febbraio. Agendadigitale.eu ha raccolto, e continuerà a farlo, analisi e commenti che sottolineano i punti critici che il Correttivo dovrebbe riuscire ad apportare al Codice Appalti. Ci sono due temi che emergono, analizzando i contributi degli esperti: l’iter, particolarmente complicato, di un provvedimento che però, va riconosciuto, per sua natura e per gli interessi e le implicazioni che comporta è effettivamente complesso, e il capitolo innovazione. Inteso non solo come innovazione dei processi di acquisto ma anche, e non è un particolare da poco, come necessità di mettere a punto regole e meccanismo adeguati a comprare innovazione. In altri termini, viene individuata come prioritaria l’esigenza di favorire gli acquisti digitali da parte della Pubblica Amministrazione.

Luca Gastaldi degli Osservatori del Politecnico di Milano sottolinea come questo fosse uno degli obiettivi indicati dalle direttive UE per riformare codice (direttive 23,24 e 25 del 2014), e insiste: usiamo «i giorni da qui al 19 aprile per mettere mano all’impalcatura strategica del codice, affinché consenta al pubblico di comprare innovazione — soprattutto quella digitale». Fino a questo momento, la normativa ha rappresentato addirittura un freno alle procedure di gara italiane che, sia a livello generale che in ambito ICT, da quando è in vigore il nuovo Codice (aprile 2016) hanno subito dei rallentamenti rispetto agli anni precedenti.
Il direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale del Polimi sottolinea, a questo proposito, un dato interessante: i paesi europei (pochi) che hanno recepito prima le direttive europee, non hanno registrato i crolli delle gare. E’ anche vero, conclude, che il codice «è talmente complesso e ci sono così tanti attori che è difficile mettere tutti d’accordo, tant’è che molti altri paesi lo hanno fatto all’ultimo come noi».

Ricordiamo che il correttivo è previsto dalla legge delega (articolo 1, comma 8, legge 11/2016), in base alla quale entro un anno dalla data di entrata in vigore del Codice degli Appalti (legge 50/2016) «il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo».

Uno spunto positivo arriva da Carlo Mochi Sismondi che, presentando i lavori di ForumPA 2017 (Roma, 23-25 maggio), ricorda gli ultimi dati Assinform (luglio 2016): spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche in ICT poco sopra i cinque miliardi e mezzo, per la prima volta nel 2015 in crescita rispetto all’anno precedente. Al di là dei punti critici, quindi, questo è un elemento da cui partire per raggiungere una serie di obiettivi fra cui quello di «indurre efficienza nella macchina pubblica, che troppo spesso usa il digitale senza cambiare processi e comportamenti». Sarà interessante verificare, con i dati definitivi 2016, se il Codice Appalti abbia avuto un impatto sulla spesa ICT delle PA.

Anche Virginia Alongi guarda al futuro, partendo dal Codice Appalti e disegnando le linee di intervento della cabina Regia presso la presidenza del Consiglio dei ministeri per l’approvazione del piano nazionale di eProcurement.

Infine, Nicola Casigli ci offre un nuovo contributo che fa leva sulla provocazione per segnalare le, irrisolte, complicazioni che la normativa e le procedure italiane in materia di aggiudicazioni continuano a non lasciarsi alle spalle. Il docente dell’Università di Firenze prende spunto da un fatto di cronaca (la gara d’appalto per il famoso muro che il presidente Usa, Donald Trump, vuole costruire al confine con il Messico), per inventarsi un divertente carteggio fra Roma e Washington che scoraggia l’amministrazione americana dall’affidare a mani italiane la realizzazione dell’opera.

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