L'ANALISI

Cardiologia, l’innovazione c’è ma è ignorata: ecco i nodi

Tecnologie digitali sviluppate escludendo esigenze di medici e pazienti, nessuna integrazione tra sistemi, scarsa chiarezza sugli standard. Sono i principali nodi alla base del mancato decollo di una medicina smart in grado di gestire le patologie cardiache. Ecco lo scenario

Pubblicato il 22 Lug 2019

Enrico Caiani

PhD, FESC Docente di eHealth Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria Politecnico di Milano

Progetto europeo EDiHTA: è l'ora di valutare le tecnologie sanitarie digitali

La digital health al servizio della salute cardiaca. Nel percorso verso la Sanità digitale le nuove tecnologie vengono da tempo indicate come capaci di contribuire a fornire soluzioni nel complesso campo delle malattie cardiovascolari, patologie che rappresentano una delle principali cause di mortalità e morbosità al mondo, nonostante la disponibilità di interventi e farmaci sempre più efficaci. Un tema cruciale nello scenario di allungamento della vita media, dove la patologia cardiovascolare cronica sarà associata a sempre più anni della nostra vita, rappresentando un costo rilevante per il sistema sanitario. Ma la realtà, anche a livello Europeo, non mostra un cambiamento verso questa direzione.

Il position paper redatto dal Working Group on e-Cardiology della Società Europea di Cardiologia pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology si focalizza su quelle che sono le barriere per un reale utilizzo su vasta scala della digital health in cardiologia, cercando di offrire anche possibili soluzioni in merito.

Le barriere sulla strada della e-health

  • troppo spesso la fase di sviluppo delle nuove tecnologie non include né i medici né i pazienti, i veri utenti finali, nelle sue fasi iniziali di progettazione e definizione: i bisogni e le aspettative del paziente vengono dopo lo sviluppo tecnologico, invece di esserne il faro ispiratore, così come le problematiche relative all’effettivo uso della tecnologia da parte del medico nel modello di cura attuale;
  • il livello di educazione del paziente, sia all’utilizzo delle tecnologie digitali che alla comprensione dei fattori legati alla propria salute, è mediamente basso in tutta Europa, e rappresenta un ambito di azione prioritario;
  • dal lato del medico, l’uso delle tecnologie digitali è spesso visto come un potenziale nuovo adempimento burocratico da assolvere che porta via tempo al rapporto medico-paziente, e non come una nuova opportunità legata al processo di cura. Ciò perché le infrastrutture informatiche sono spesso concepite senza tenere in conto le esigenze, la complessità e le problematiche della professione medica, e senza una vera interoperabilità, il che limita la capacità di integrare le informazioni in un unico sistema, di fatto duplicando il lavoro (per esempio il semplice inserimento dati) e non consentendo una visione di insieme dei dati del paziente (per esempio, nel fascicolo sanitario elettronico). Tutto ciò, unito alla mancanza di chiarezza negli standard da usare e nelle regole da applicare, nonché l’assenza di incentivi specifici e la mancanza di training all’utilizzo dei nuovi sistemi, limita la volontà del medico nell’utilizzo, o nel consigliare al paziente l’utilizzo, di tali nuove tecnologie.
  • a tutto ciò si deve aggiungere una aumentata percezione del livello di rischio connesso all’uso di tecnologie digitali per la propria privacy e la confidenzialità nel rapporto medico-paziente, in relazione alle possibili falle nella cybersicurezza insita in tali dispositivi.

Ecco le soluzioni in campo

  • Educare il paziente alla percezione dei benefici della digital health, per non considerare le nuove opportunità (per esempio il tele consulto) come inferiori a priori;
  • Applicare un approccio utente-centrico in tutte le fasi dello sviluppo di un nuovo prodotto, puntando sulla sua facilità di utilizzo e percezione di utilità, in relazione al gruppo specifico di utenti a cui si vuole offrire (in relazione alla fascia di età, alle abilità possedute, al grado di educazione), con possibile customizzazione paziente-specifica;
  • Ridefinire i diversi ruoli e competenze del personale medico-infermieristico che la disponibilità di nuove tecnologie necessita, così come un cambiamento del modello di cura attualmente implementato. In particolare, nella gestione del malato cronico il centro dovrebbe essere spostato sul paziente stesso presso la sua abitazione (per esempio tramite la possibilità di auto monitoraggio e trasmissione dei propri parametri in modo giornaliero, e la ricezione di feedback adeguato da remoto), e non sull’ospedale, con ciò che questo comporta in termini di nuovi modelli di servizio e di rimborso delle relative prestazioni.
  • Incentivare la ricerca in questo campo per poter così mettere in luce gli effetti benefici della digital health, in termini sia di rapporto costo-beneficio che di non inferiorità rispetto agli strumenti tradizionali nella evidenza clinica. Tale passaggio è fondamentale sia per supportare i decisori politici nelle scelte future, nonché per consentire lo sviluppo di modelli di business che consentano di sostenere una diffusione su larga scala preservando la sostenibilità economica dei sistemi sanitari.

Solo con la condivisione di intenti e di azioni di tutti gli stakeholder interessati (sia a livello nazionale che comunitario), a partire dalle organizzazioni di pazienti, alle associazioni mediche, all’industria, alla ricerca, ai gestori dei sistemi sanitari, ed ai decisori politici, sarà possibile passare dalla fase attuale ad una nuova sanità, in linea con i nuovi bisogni e problematiche ma anche potenzialmente con i nuovi mezzi per affrontarle.

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