Sanità 4.0

Oltre il sovranismo digitale sanitario: servono open data per un nuovo ecosistema

La non condivisione dei dati della propria struttura clinica o amministrativa genera una sorta di sovranismo digitale sanitario: occorre superarlo e incentivare pratiche di open data management. Ecco come

Pubblicato il 11 Ott 2022

Claudio Lanfranco

Oncologo - Senior Consultant Istituto di Candiolo IRCCS

Anitec-Assinform: le tecnologie emergenti nella sanità digitale

L’adeguamento al mondo che cambia richiede innovazione e la sanità non fa eccezione. La tecnologia fornisce strumenti nuovi ma è necessaria un’evoluzione generale e costante dell’ecosistema sanitario, basata su convenzioni eticamente sostenibili ed accettate.

A tutti i livelli, è diffusa la ritrosia alla condivisione dei dati che nascono come sottoprodotto delle attività cliniche e amministrative e la difesa dell’accesso agli archivi. Queste spinte alla chiusura, che hanno motivazioni complesse e in buona parte giustificabili, originano una sorta di “sovranismo digitale”, inteso come chiusura entro i propri confini operativi dei repository di dati e degli strumenti per la loro archiviazione ed utilizzo.

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Come creare un ecosistema sanitario collaborativo

È proprio l’importanza dei dati condivisi alla base di queste spinte: perché lavorare per produrre dati da far utilizzare ad altri che se avvantaggino, con annesso giudizio sulle attività svolte in precedenza? Questo limita certamente le potenzialità di un ecosistema sanitario connesso e collaborativo, in continua evoluzione.

La risposta deve essere il riconoscimento del valore sia dei dati, il cui proprietario è l’individuo che li origina, sia di chi li registra, li archivia e li elabora.

L’importanza dei dati a fini di gestione quotidiana nonché di clinica, amministrazione, programmazione, ricerca scientifica, definizione di strategie commerciali e di politica sanitaria è ormai considerata fondamentale. Devono esserci forme riconosciute di controvalore loro attribuibili, eventualmente supportate da blockchain o altre forme di “pagamento”.

Risolto questo principio, è però necessaria una modalità di comunicazione, interscambio con un linguaggio concettuale comune che consenta di mantenere l’importanza, la qualità e validità delle informazioni. Lo scambio deve essere paritetico, mantenendo l’indipendenza dei sistemi (peer to peer) e non gerarchico (client-server).

I linguaggi tecnologici comuni ci sono (HL7 FHIR DICOM) così come esistono organizzazioni semantiche (LOINC) e classificazioni di uso clinico consolidato (ICD SNOMED) e potenti strumenti capaci di tradurre linguaggi e classificazioni.

Le applicazioni di utilizzo quotidiano possono, dal punto di vista tecnologico, scambiare informazioni: o perché sono nativamente adeguate all’interscambio o perché possono utilizzare sistemi “ponte”, middleware, che mettono in comunicazione applicazioni diverse.

Valore e qualità dell’analisi dei dati

Le potenzialità del sistema basato sull’uso dei dati dipendono da molti fattori e da questi deriva il valore dei dati e delle tecnologie per estrarne informazioni utili.

A monte della tecnologia, il valore informativo dei dati è fornito sicuramente dalla loro numerosità sulla quale si basa la potenzialità peculiare dell’uso dei Big Data. Viene, però, spesso vista in secondo piano la qualità dei dati che è invece una variabile fondamentale.

I dati devono essere:

  • veritieri
  • completi e dettagliati
  • ordinati e classificati
  • disponibili
  • protetti

Chi origina i dati può farlo in modi diversi, ma se le informazioni vengono registrate in modo impreciso ed incompleto, l’efficienza successiva delle attività basate su queste rilevazioni ne viene irrimediabilmente compromessa.

L’attenzione alla realtà virtuale e alla costruzione di avatar deve sempre tenere presente che realtà virtuale è semanticamente un ossimoro: ciò che è virtuale può corrispondere alla realtà ma è “virtuale”, cioè non “reale” per definizione ed è fondamentale che sia sempre possibile avere la percezione e la consapevolezza di questo.

Se la costruzione della realtà virtuale si basa su dati insufficienti o di qualità scadente, ci troveremo di fronte ad un gigante con i piedi d’argilla o un Golem interamente di argilla.

La cultura organizzativa e i vantaggi del cambiamento

La tecnologia consente di non avere ostacoli, ma il sistema può funzionare solo se supportato da una cultura organizzativa.

Infatti, i dati sono “i mattoni di un castello”, ma ci vogliono un progetto e del lavoro per realizzarlo.

Gli algoritmi danno ai dati potere informativo, cosicché diventino informazioni. I dati sono numeri che trasformati da “metadati” e algoritmi diventano informazioni.

Oltre agli ostacoli per il cambiamento, esistono anche fattori propulsori alla cultura degli open data in sanità:

  • La riduzione globale e diffusa delle attività, perché ogni informazione deve essere registrata una sola volta, in modo accurato e veritiero. Questa prima registrazione deve essere riconosciuta, ovvero premiata/retribuita ad ogni passaggio successivo.
  • La fonte del dato: in sanità, il cittadino paziente ha la disponibilità del dato per migliorare la propria salute; possiede inoltre il valore informativo del dato, di cui può mantenere l’esclusività avvalendosi delle regole di tutela oppure che può cedere come dono liberale ai fini della ricerca oppure per ricevere benefit di varia natura. La cessione può essere controllata, mirata nell’uso e limitata temporalmente.
  • Potenziamento estremo della qualità dell’assistenza, perché basata su informazioni di prima mano, veritiere, complete ed immediatamente disponibili.
  • Possibilità di uso dei dati parallelo, non coordinato ma soprattutto in ambiti multidisciplinari e multiprofessionali strutturati e coordinati come board clinici, attività territoriali, assistenza sociale e molto altro.
  • Produzione di beni informativi secondari, diversi dal motivo per cui l’informazione è stata raccolta che possono essere utilizzati per gestione e ricerca. Questo è il principio dei Big Data e dell’Intelligenza artificiale dove “non si butta via niente” perché potrebbe servire.
  • L’uso dei cloud e di strumenti di machine learning e di deep learning disponibili spesso a consumo, quindi senza alcun costo e che possono essere ripagate dal valore dei dati scambiabili.
  • La normativa nazionale sul fascicolo sanitario elettronico è piuttosto precisa ed articolata e nel periodo COVID19 ha visto una accelerazione del suo utilizzo, nonostante le difficoltà delle differenze regionali; a questo proposito va detto che nel 2022 è stato pubblicato il decreto attuativo della procedura di subentro di una Anagrafe Nazionale degli Assistiti all’Anagrafe delle ASL e delle regioni.

I nodi da sciogliere

Per andare oltre il sovranismo digitale in sanità, occorre sciogliere i seguenti nodi:

  • Concorrenza, commerciale e individuale

La competizione commerciale o di ruolo delle organizzazioni, delle imprese, dei singoli operatori e cittadini spesso produce atteggiamenti per i quali non si vuole concedere nulla ai concorrenti, tra cui le informazioni utilizzabili in qualsiasi forma.

Di là da principi etici, a questo proposito, agire in modo coordinato, secondo regole precise ed accettate è una risorsa fondamentale per tutti gli attori del sistema.

  • Il cittadino come origine, proprietario e depositario dei dati

La figura del cittadino/paziente deve essere centrale perché inizio e fine del trattamento dei dati. Gli archivi più dettagliati sono quelli originati e detenuti dai singoli pazienti ed essi stessi sono i primi a riconoscere l’importanza delle informazioni relative alla propria salute.

La disponibilità a cedere le informazioni originate dalla propria storia personale certamente non manca, a patto che sia garantita una adeguata tutela della riservatezza, della “privacy”, come la tecnologia dimostra di saper fare piuttosto bene con le informazioni bancarie.

Sarebbe giusto ed opportuno riconoscerne il valore, fornendo prestazioni più efficaci, un ambiente più sicuro e protetto e, quando possibile, un “quid” in forme da elaborare creativamente.

  • La privacy

Le regole di privacy sono stabilite a livello europeo. L’attuazione nazionale in Italia ha aggiunto elementi di complessità, ad esempio sull’uso a fini di ricerca e benessere pubblico che dovranno in qualche modo essere migliorati. L’impianto è comunque solido come dimostrano le regole per una iniziativa in ambito UE presentata nella primavera 2022: lo spazio europeo dei dati sanitari.

Le tecnologie disponibili su smartphone

Il processo di acquisizione culturale rende possibili utilizzi personali di informazioni sanitarie. L’attenzione è focalizzata su soggetti capaci di dotarsi di strumenti tecnologici complessi: Sistemi sanitari nazionali, Ospedali, Reti assistenziali e di ricerca.

In realtà una forte spinta alla gestione digitale delle informazioni sanitarie potrebbe venire, nell’immediato futuro, da soluzioni prettamente individuali.

Gli smartphone dei quali sono dotati ormai una gran parte delle persone che vivono in ambienti dotati di forme più o meno avanzate di assistenza sanitaria (purtroppo solo una parte dell’umanità), soprattutto nel mondo occidentale si basano su sistemi operativi IOs o Android.

Il mondo Apple ha messo a punto una applicazione fornita nativamente agli utenti dei suoi dispositivi: Apple Health che riunisce tutti i dati di significato sanitario degli utilizzatori dei dispositivi IOs. Apple Health contiene anche una sorta di “fascicolo sanitario” ed è in grado di scambiare informazioni secondo gli standard HL7 e FHIR. Possono accedere alle informazioni anche i professionisti sanitari consultati, familiari o caregiver. Nella schermata iniziale possono comparire informazioni essenziali in caso di emergenza.

Anche in ambiente Android, cioè Google, è diventata recentemente disponibile una applicazione open source CommonHealth, realizzata da Cornell Tech, UC San Francisco (UCSF), Sage Bionetworks, Open mHealth e The Commons Project che consente di raccogliere e condividere i dati delle loro cartelle cliniche elettroniche con le applicazioni e le istituzioni sanitarie.

Anche CommonHealth è compatibile con gli standard di interoperabilità dei dati, come HL7 FHIR, per offrire funzionalità analoghe a quelle di Apple Health agli utenti di telefoni android.

Interoperabilità: gli standard HL7 e FHIR

La chiave di volta della governance del sistema è la comprensibilità e la trasferibilità delle informazioni, cioè l’interoperabilità. Gli ostacoli linguistici nazionali sono ormai ampiamente superati dai traduttori. La trasformazione di espressioni verbali in testo e la digitalizzazione dei testi si possono avvalere di applicazioni di riconoscimento vocale o di immagini.

Gli standard informatici sulla archiviazione e trasferimento di dati sanitari sono piuttosto consolidati e diffusi come i già citati HL7 e FHIR.

HL7 è stata fondata nel 1987 e riconosciuta dall’ANSI e riunisce organizzazioni affiliate da oltre quaranta paesi. I documenti del Fascicolo Sanitario elettronico devono seguire lo standard HL7.

Lo standard prevede una architettura dei documenti, ora alla versione 2, CDA2, Clinical Document Architecture, che comprende una intestazione identificativa del documento (Header) e un corpo (body) gestiti secondo formato XML (chiave-valore con tag attribuiti al documento che ne consentono l’identificazione e classificazione).

Il CDA2 può avere tre livelli: Intestazione e corpo in forma testuale al primo, intestazione e sezioni di testo al secondo mentre al terzo livello vi sono accanto e all’interno delle sezioni testuali dati strutturati o “entry”.

All’interno dei documenti HL7 è previsto l’uso di LOINC, acronimo di Logical Observation Identifiers Names and Codes, che è uno standard internazionale di transcodifica e descrizione di osservazioni cliniche e di laboratorio identificandole univocamente.

FHIR rappresenta un’evoluzione dello standard HL7 al quale si affianca, gestito dalla stessa organizzazione. FHIR si distingue da HL7 che tende ad accumulare dati in modo piuttosto complesso secondo una formattazione XML, in quanto ha una organizzazione interna delle informazioni archiviate come “risorse” e “relazioni” con caratteristiche descrittive precise (identità, tempo, spazio, ruolo) gestite con una applicazione REST – Representational state transfer.

Un altro standard ormai universalmente diffuso e che non necessita di descrizioni e quello della gestione delle immagini cioè DICOM. Su quest’ultimo standard non ci sono particolari considerazioni in quanto è sufficientemente diffuso ed accettato. A fini clinici ed amministrativi vi sono poi moltissime classificazioni da considerarsi quasi standard, gestibili facilmente in modo informatico (ICD, SNOMED, scale di valutazione di performance).

Conclusioni

La tecnologia supporterà percorsi e ruoli nuovi: dovrà nascere un nuovo ecosistema sanitario dove sia stabilita e riconosciuta a priori una chiara strategia di gestione dei dati con valenza generale.

Silos o sovranismi (che forse dovranno coesistere con il nuovo ecosistema) dovranno essere affiancati da regole, tecnologie e, soprattutto, da una nuova e diffusa cultura di interoperabilità dedicata al potenziamento collettivo.

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