bilancio e prospettive

Sanità digitale: il 2018 ci ha deluso, ma ecco i buoni segnali per il 2019

Lo sviluppo di una Sanità più giusta e sostenibile grazie al digitale è una sfida di civiltà che non ha colore politico e non ammette pause. Quest’anno, nonostante grandi aspettative si è realizzato ben poco, ma per il 2019 ci sono elementi che fanno ben sperare. Vediamo quali sono e le parole chiave per un nuovo slancio

Pubblicato il 24 Dic 2018

Mariano Corso

Presidente P4I e membro del Board Scientifico Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

Chiara Sgarbossa

Direttore Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano

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A cavallo tra vecchio è nuovo anno è tempo di bilanci, anche per la Sanità digitale e se guardiamo a quanto realizzato in questo settore nel 2018 non possiamo che essere delusi. Non tanto da scelte errate, quanto dallo scarso impulso dato da Governo e Regioni alla implementazione dei piani faticosamente avviati. Guardando al 2019 le nuove linee d’azione del governo fanno ben sperare in alcuni progressi realizzabili nel prossimo anno. Tre dovrebbero essere le parole chiave per orientare e dare nuovo impulso ai progetti di cambiamento: coinvolgimento, facilità d’uso e comunicazione. Partiamo però da un bilancio dell’anno che sta per chiudersi prima di entrare nel merito di quello che verrà.

Quanto (poco) si è realizzato quest’anno

Il 2018 si era aperto con forti aspettative di sviluppo e discontinuità legate non soltanto al cambio di legislatura, ma anche all’effetto di percorsi normativi a lungo attesi e finalmente avviati:

Fascicolo Sanitario Elettronico e continuità di cura, d’altra parte, sono due linee di azione fortemente coerenti la cui priorità e centralità nell’evoluzione del Sistema Sanitario non sono state sconfessate dal nuovo governo, ma al contrario ribadite nella nota di aggiornamento del DEF pubblicata a ottobre 2018.

A fronte di queste premesse e della consapevolezza di quanto sia urgente preparare il nostro Sistema Sanitario alla crescita della domanda conseguente all’invecchiamento demografico e all’aumento di incidenza delle cronicità, è frustrante registrare quanto poco si sia realizzato in quest’anno.

FSE, un percorso di innovazione ancora incompiuto

Da un lato, il percorso di sviluppo dei FSE regionali, che avrebbe dovuto costituire l’infrastruttura abilitante per attivare integrare i Servizi Sanitari a livello nazionale ridisegnandoli attorno alla persona e ai suoi bisogni, sembra non essersi ancora concluso: nonostante le scadenze e pur a fronte di alcuni apprezzabili atti di moto, mancano ancora all’appello – secondo quanto riportato sul sito del monitoraggio di AgID – Calabria, Campania, Sicilia e Provincia Autonoma di Bolzano. Ancora più deludente il fatto che sono ancora pochi, e soprattutto non sembrano essere aumentati, i cittadini che hanno attivato il proprio FSE: siamo ancora a poco più di 11 milioni di Fascicoli attivi, dato in linea con quanto avevamo riscontrato a fine 2017. Inoltre, è ancora limitato e insoddisfacente il livello di utilizzo da parte di medici e aziende sanitarie: in sole 6 Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Puglia, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento) la totalità (o quasi) dei MMG utilizza il FSE; allo stesso modo solo in 3 Regioni (Lombardia, Sardegna, Toscana e PAT) sono stati abilitati tutti gli operatori sanitari all’utilizzo del Fascicolo.

Nonostante gli sforzi e gli investimenti quindi, nella gran parte delle Regioni lo sviluppo dei FSE sembra essersi limitato a un mero adempimento formale, che non sta avendo un reale impatto sul sistema. Siamo ben lontani dal poter affermare di aver raggiunto le finalità per cui il FSE era stato concepito: agevolare l’assistenza al paziente, facilitare l’integrazione delle diverse competenze professionali, fornire una base informativa consistente e inter-operabile su tutto il territorio nazionale. La disomogeneità nello stato di avanzamento delle diverse regioni, invece, amplia le distanze e consolida la sensazione che di fronte alla salute i cittadini non siano affatto tutti uguali. Anche in quelle regioni nelle quali il Fascicolo è attivo, d’altra parte, lo scarso investimento in comunicazione e il conseguente mancato aumento della diffusione dell’utilizzo tra cittadini e operatori sanitari, rischiano di fermare un percorso di innovazione appena iniziato e perciò ancora fragile e da monitorare e valutare con attenzione.

Piano Nazionale Cronicità, risultati deludenti

Ugualmente deludente lo stato di attuazione del Piano Nazionale Cronicità che, nonostante sia stato approvato ormai due anni fa in conferenza Stato Regioni, è stato poi recepito solo da sette regioni. Anche i risultati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità mostrano come lo stato attuale della digitalizzazione dei percorsi di cura sia del tutto insoddisfacente e inadeguato rispetto alle pressanti esigenze di continuità di cura. Le soluzioni che abilitano l’interscambio informatizzato di dati e documenti sui pazienti attraverso Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali, ad esempio, sono ancora poco diffuse: solo il 29% delle aziende del campione le utilizza con professionisti sanitari dell’azienda ospedaliera, appartenenti a diverse unità operative/dipartimenti, e il 23% con professionisti all’interno di una o più reti di patologia. Allo stesso modo, considerando i Medici di Medicina Generale che inviano e/o ricevono dati e documenti clinici sui propri pazienti (pari al 58% del campione complessivo), solo il 19% ha attivo un flusso informativo che rientra nell’ambito di un PDTA.

Telemedicina, servizi poco diffusi

Tra le altre soluzioni che consentono di migliorare la continuità assistenziale per i pazienti cronici ci sono anche i servizi di Telemedicina e in particolare le soluzioni di Tele-monitoraggio, che restano ad oggi poco diffuse e faticano a uscire nel nostro Paese dalla fase di sperimentazione. A mancare non sono tanto le tecnologie o le evidenze cliniche ed economiche dei benefici conseguibili, quanto piuttosto le regole per la definizione e la remunerazione dei servizi, indispensabili per consentirne una maggiore diffusione.

La Sanità digitale nel 2019

A fronte della delusione legata a quanto poco si è realizzato nell’anno che sta per chiudersi, ci sono motivi che fanno ben sperare in sviluppi positivi nel 2019.

La tematica del digitale nella Sanità, ad esempio, trova spazio nell’ambito della Finanziaria 2019, in particolare nei commi relativi alle risorse per la riduzione delle liste d’attesa. Viene autorizzata la spesa di 150 milioni di euro per il 2019, 50 milioni per il 2020 e 100 milioni per il 2021 per l’implementazione e l’ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche relative ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture sanitarie, coerentemente con quanto definito nel Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa. Questi investimenti consentirebbero di offrire un miglior servizio ai cittadini che potrebbero così confrontare via web i tempi di attesa in diverse strutture sanitarie sul territorio, riducendo quindi i tempi medi di attesa.

Tre parole chiave per dare slancio al cambiamento

Perché il 2018 possa essere archiviato come un “fisiologico rallentamento” conseguente alle discontinuità e non un anno zero dell’innovazione, nel quale sono stati bloccati e di fatto vanificati gli sforzi precedentemente fatti, occorre ora dare un nuovo impulso ai progetti di cambiamento. Le parole chiave del 2019, dal nostro punto di vista, dovrebbero essere 3:

  • Coinvolgimento: cittadini e medici dovranno essere maggiormente coinvolti nei progetti di innovazione digitale affinché possano contribuire allo sviluppo di soluzioni che rispondano alle loro reali esigenze, in un’ottica “user-centric”. Se alcuni investimenti si sono rivelati inutili o mal realizzati, dovranno essere rimessi in discussione con senso critico e onestà intellettuale, ma non è ammissibile aver impiegato risorse preziose per sviluppare strumenti e piattaforme in una logica di mero adempimento, non mettendoli realmente a disposizione dei cittadini.
  • Facilità di accesso e utilizzo: bisognerà accompagnare e rendere il più facile e naturale possibile l’accesso ai servizi digitali da parte dei cittadini (FSE in primis), cercando di rispettare vincoli di privacy e sicurezza, ma allo stesso tempo evitando che questi ne ostacolino l’utilizzo da parte dei cittadini. In questo ambito, lo sviluppo di App potrebbe agevolare sia l’accesso sia l’utilizzo dei servizi da parte dei cittadini.
  • Comunicazione: affinché i cittadini siano maggiormente consapevoli dell’esistenza di servizi digitali, Regioni e aziende sanitarie dovranno avviare campagne di comunicazione efficaci, utilizzando sia canali tradizionali (stampa, TV, radio, ecc.) sia quelli digitali (siti web istituzionali, social, ecc.).

Lo sviluppo, grazie al digitale, di una Sanità più giusta e sostenibile è una sfida di civiltà che non ha colore politico e non ammette pause o distrazioni. Una sfida che Governo e Regioni sono condannati a fronteggiare assieme con senso di responsabilità e urgenza, ma senza superficialità e improvvisazione, sapendo che su questo saranno valutati non tanto e solo alle prossime elezioni, ma ancora di più dalle prossime generazioni.

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