La decisione urgente e vincolante adottata il 27 ottobre 2023 dall’European Data Protection Board (EDPB) aveva imposto alla società di Mark Zuckerberg di chiedere il consenso per il behavioural advertising.
E Meta lo ha fatto, su Facebook e Instagram, come milioni di italiani hanno visto in queste ore. Si è obbligati a scegliere se abbonarsi o dare consenso a profilazione.
Si aprono così scenari inediti.
Vediamo come, ma soprattutto esaminiamo come, se le nuove policy venissero avallate dall’Europa, i dati personali potranno diventare un metodo di pagamento alternativo al denaro.
La nuova privacy policy di Meta
Meta aveva aggiornato la propria privacy policy nei primi giorni di settembre 2023, prevedendo di modificarla ulteriormente nel gennaio 2024, per completare la compliance al DSA.
A cambiare i piani di Mark Zuckerberg, però, sono intervenuti il Garante norvegese prima e l’EDPB poi, per impedire che Meta proseguisse nella pratica di effettuare marketing comportamentale basando tale modalità operativa sul contratto con l’utente e sul legittimo interesse del titolare.
Questo perché da tempo, ormai, EDPB e Garanti europei avevano raggiunto un accordo unanime sul fatto che solo il consenso espresso dell’interessato potesse consentire questo genere di pratiche commerciali.
Così il 31 ottobre 2023 l’EDPB aveva imposto un termine perentorio a Meta per adeguarsi: la risposta del social è arrivata nel termine fissato id una settimana.
Meta non ha cambiato nulla, ma ha chiesto il consenso
Utilizzando un metodo collaudato da svariate testate giornalistiche, Meta ha offerto agli utenti due opzioni: sottoscrivere un abbonamento da 12,99 euro al mese per evitare la pubblicità, o continuare a fruire del social alle condizioni precedenti, previo consenso espresso al marketing comportamentale.
Va detto che non c’è differenza sostanziale rispetto al cookie paywall adottato da testate come il New York Times o, in Italia, dalle testate del Gruppo Gedi.
Per l’utente finale medio dei social network di Meta, la “scelta” tra pagare per un servizio che ha sempre utilizzato gratis fornendo una spunta di consenso o fruire del servizio della piattaforma “pagando” con i propri dati personali per il solo fatto di aver sottoscritto il contratto di creazione del profilo social può apparire senza senso o anche eccessivo.
In realtà le ragioni di diritto alla base di questa impostazione sono molteplici, così come le implicazioni che derivano dall’intervento dell’EDPB per imporre questa via una volta per tutte.
Sotto il profilo squisitamente contrattuale, non è corretto affermare che i dati degli utenti vengono raccolti per erogare il servizi richiesto; più correttamente, si deve dire che non vengono raccolti “solo” per questa finalità.
Il consenso al marketing comportamentale, di fatto, è il corrispettivo per il servizio e per questa ragione veniva inteso come parte del contratto tra Meta e utente.
Tuttavia questo modo di procedere è stato – correttamente – considerato uncompliant con il GDPR, perché dava per implicito un consenso all’attività di marketing che deve, invece, essere espresso, esplicito ed informato.
Per rientrare in questi requisiti, quindi, non era sufficiente la sottoscrizione delle condizioni di utilizzo del social.
In seguito alla binding decision dell’EDPB notificata il 31 ottobre 2023, quindi, Meta non aveva altra scelta che chiedere a tutti gli utenti, presenti e futuri, di esprimere il proprio consenso espresso al behavioural advertising, ponendo l’utente di fronte alla scelta tra abbonarsi o proseguire la fruizione del social gratuitamente, prestando il consenso espresso.
La differenza è che l’utente è posto di fronte ad una scelta consapevole in cui si richiede un consenso specifico, e non ad un consenso – di fatto – multiplo, come quello richiesto per aprire un account.
Questo determina che l’informativa sul behavioural advertising diventa specifica e collegata al quella determinata richiesta di consenso e non viene “persa” nel contesto di tutte le policies del social.
Conclusioni
Se questo modo di procedere verrà avallato dell’EDPB e dai Garanti nazionali, saremo di fronte ad uno scenario inedito nella misura in cui verrà esplicitato quello che già era diventata una situazione di fatto: i dati personali diventeranno un metodo di pagamento alternativo al denaro.
La condizione di liceità di questo modo di procedere sarà il consenso informato, libero ed espresso dell’utente, ma con implicazioni da non sottovalutare.
La protezione dei dati personali, nel sistema europeo, è un diritto assoluto: la cessione dei dati per un compenso, a fronte di garanzie e di tutele, potrà diventare un modo per scambiare diritti con denaro.
Facendo un parallelismo con il diritto alla salute, però, sarebbe come dire che a condizioni di assoluta sicurezza, è possibile cedere un organo per un compenso; se ragioniamo su diritti analoghi, possiamo pensare all’effettuare prestazioni sessuali a pagamento, o all’utero in affitto oneroso.
Solo il legislatore potrà decidere il confine, ma i parallelismi tra diritti di rango analogo apriranno scenari di incostituzionalità o di illegittimità in sede comunitaria o CEDU.
Sotto il profilo strettamente civilistico, siamo di forse di fronte ad un contratto di permuta (servizi contro consenso alla profilazione), o di cessione onerosa di diritti personali (come avviene per i diritti di immagine o di proprietà intellettuale).
Quindi, Meta non aveva altra scelta che seguire le indicazioni dell’EDPB; ma il futuro lo scriveranno, verisimilmente, svariate sentenze di giurisdizioni superiori.