Il successo che il termine ESG (Environmental, Social e Governance) sta riscuotendo in questo periodo è molto indicativo, di una svolta ormai avviata.
Sino a qualche anno fa erano una èlite, un numero circoscritto di soggetti convinti della necessità di portare nell’economia la “svolta green” unitamente a una “svolta etica”. In poco tempo poi abbiamo visto e vissuto una profonda accelerazione e il numero di soggetti convinti che sia venuto il tempo di agire cresce ogni giorno.
Se poi si osservano gli attori di questa trasformazione, o per usare una espressione che ritroveremo spesso: gli stakeholder, ecco che vediamo un movimento che coinvolge tutte e quattro le dimensioni di questo fenomeno: consumatori e cittadini, imprese, investitori e provider o “abilitatori” di soluzioni.
Tutti, con crescente consapevolezza, guardano, direttamente anche ai “voti” che arrivano dai rating ESG, per ispirare le loro scelte di investimento e in modo indiretto per organizzare le loro scelte di acquisto.
ESG: cosa significa e quali risultati può portare
ESG, acronimo di Environmental, Social e Governance, è un fenomeno che sta riuscendo in una impresa degna di questo nome: trasformare l’impegno etico e morale di un’azienda verso l’ambiente, la società e l’etica gestionale, in un asset in grado di incidere direttamente sui risultati di business dell’azienda stessa e di determinarne il valore. L’ESG contribuisce, in altri termini e in modo molto pragmatico, al superamento della dicotomia nella “mission” di una impresa tra la ricerca del profitto per gli “shareholders” e la ricerca del “benessere per gli stakeholders”.
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Il tema della “responsabilità aziendale” è profondamente intrecciato con gli sviluppi del fenomeno ESG e si accompagna a un dibattito assai più ampio che è stato anche al centro della Business Roundtable, l’associazione di alcuni tra i maggiori CEO statunitensi che si sono interrogati e pronunciati su questo tema con un documento comune che ha focalizzato l’attenzione proprio sullo “scopo di una impresa” dichiarando, in modo molto esplicito, (ovviamente il riferimento era al mercato USA n.d.r.) che: “Lo scopo di una impresa è quello di promuovere lo sviluppo di una economia in grado di servire tutti gli americani”. Una dichiarazione e un documento nel quale si afferma il ruolo fondamentale che le imprese possono svolgere nel migliorare la società con un obiettivo che punta a soddisfare le esigenze di tutte le parti interessate. Vale a dire di tutti gli stakeholder.
Con l’ESG i temi della responsabilità sociale dell’impresa vanno letti e “misurati” nei confronti dell’ambiente, dei territori, della società nella quale ciascuna realtà si trova a operare ed è un passaggio che segna, anche grazie al documento della Business Roundtable, una discontinuità rispetto alla visione della missione aziendale che ha ispirato l’economia per diversi decenni e che era stata per certi aspetti codificata negli Anni ’70 dal premio Nobel Milton Friedman, quando intervenne proprio su questo argomento con un articolo che non lasciava dubbi: “The Social Responsibility of Business is to Increase its Profits”. Per valutare le prospettive e il ruolo dell’ESG è dunque importante mettere in relazione questo fenomeno con l’evoluzione della missione e del ruolo sociale dell’impresa stessa.
Come cambia la missione aziendale, anche grazie all’Environmental, Social e Governance
Il tema del “Company Purpose”, grazie all’ESG, è uscito dalla dimensione “teorica” per assumere un ruolo sempre più centrale grazie anche al sostegno congiunto di più fattori che hanno creato le condizioni per questa trasformazione. I presupposti di questo fenomeno arrivano da lontano, ma è nel 2015 in particolare che si sono concretizzati in una serie di passaggi fondamentali a partire dai 17 SDGs dell’ONU e dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che arrivano nel gennaio 2015 e dall’Enciclica Laudato Sì di Papa Francesco che entra coraggiosamente e con straordinaria concretezze sui temi del rapporto tra ambiente ed economia, tra senso dell’impresa, “Company Purpose” e responsabilità sociale.
Ed è sempre del 2015 il momento del sofferto e contrastato Paris Agreement on Climate Change che a prescindere dalle posizione assunte da alcuni paesi negli anni successivi consegna a tutti un senso di concreta responsabilità unito a un senso di urgenza che contribuisce a cambiare la sensibilità verso il concetto di un Pianeta concepito come una “Casa Comune” costantemente sollevato proprio da Papa Francesco. Il tutto in uno scenario che cresce mediaticamente anche grazie a movimenti come il “Friday for Future” che portano anche nelle strade e nelle case il tema della comune responsabilità nella gestione delle risorse.
Il “potere dei dati” accelera il percorso ESG
Nell’alchimia che contribuisce a far scattare il fenomeno ESG c’è anche un altro fattore, meno appariscente e forse meno “nobile” rispetto ai temi della responsabilità ambientale, sociale e all’etica, ma assolutamente determinante per “mettere in moto” questo potente motore in grado di smuovere assieme “coscienze e portafogli”. Questo fattore sono i dati e con i dati la conoscenza. Grazie ai i dati si è iniziato a scoprire che le aziende che presentano performance ambientali, sociali e di “gestione” etica sono prima di tutto meno esposte a rischi e in secondo luogo presentano migliori performance, anche sul piano dei risultati, soprattutto in alcuni comparti, come quelle più esposte ai cambiamenti metereologici o come quelle con un rapporto più difficile con il territorio nel quale operano. Peraltro, il 2020 ha contribuito in tanti e diversi modi a portare l’attenzione sul tema del rapporto tra le imprese e gli stakeholder e con i fornitori in particolare. Le difficoltà legate al rischio di fornitura che ha colpito tante supply chain globali con scarsi legami a livello territoriale, sono un altro segno di una attenzione verso un nuovo valore di impresa da costruire insieme appunto agli stakeholder, anche in termini di supply chain più “corte”, più vicine e più responsabili nei confronti dei territori nei quali operano e in definitiva più sicure e remunerative. Una attenzione che si traduce anche nella necessità di tutti gli attori di ridurre tutti i fattori di rischio.
ESG come evoluzione del Risk management
La riduzione dei rischi porta altri vantaggi e tra gli osservatori che fanno risalire l’ESG a una evoluzione del Risk management ci sono anche coloro che mettono in diretta relazione le logiche ESG con il tema del costo del denaro e le dimensioni Environmental e Social appaiono rilevanti in diversi studi per i benefici che possono portare proprio per mitigare i rischi finanziari oppure, per altri versi, per valorizzare la qualità dei rapporti con tutte le parti sociali. Solo per fare un altro esempio, le aziende con un livello di soddisfazione dei dipendenti maggiore della media, (in questo caso si tratta della “S” di Social) presentano perfomance di business migliori rispetto alle imprese con livelli di soddisfazione più bassi. Così come imprese con un rapporto più solido con il territorio nel quale operano e con un approccio basato sulla trasparenza rispetto all’ambiente e alla gestione manageriale sono aziende che corrono minori rischi sul piano della reputazione. E che, con questo atteggiamento, riducono le probabilità di contenziosi e il pericolo di subire danni o rallentamenti nelle attività produttive o nel loro rapporto con fornitori e partner.
La possibilità, offerta dai rating ESG, di misurare anche queste performance, mette a disposizione nuovi strumenti per la valutazione delle imprese stesse e per capire quanto possono essere esposte o protette rispetto a eventi che possono a mettere repentaglio il risultato di business. O, come sta succedendo sempre più spesso, la valorizzazione (e la misurabilità) di determinati risultati virtuosi avvicina quelle stesse imprese alla domanda di maggiore responsabilità ambientale e sociale che cresce presso i consumatori di tanti mercati.
Una gestione dei rischi che diventa attiva e propositiva per il business
Il tema del Risk management ha infatti una doppia valenza: per lungo tempo si può dire che l’analisi e la gestione dei rischi erano tanto importanti quanto poco affascinanti, un tema determinante per qualsiasi decisione, ma da affrontare nel “backoffice”. Con l’ESG la gestione dei rischi ha assunto una dimensione “attiva”, non più solo consapevolezza dei pericoli, ma piattaforma di conoscenza per dare vita a una strategia propositiva pensata proprio per superare i rischi stessi.
Ma più ancora che una ESG evoluzione di un Risk Management si deve sottolineare un ESG come espressione di una trasformazione che non è solo economica, energetica, digitale, ma che è più di tutto culturale. Tutti i settori, seppur con modalità diverse, si stanno spostando verso un’economia basata sull’informazione, la generazione di valore è sempre più basata sulla conoscenza. Nel maggio del 2017 The Economist titolava “The world’s most valuable resource” associando i dati all’immagine del petrolio e sottolineando il ruolo fondamentale dei dati come “materia prima” in tutti i settori. L’ESG beneficia anche di questa prospettiva, del fatto che i dati e le informazioni, in termini di gestione, non sono come l’energia fossile, non hanno vincoli di trasporto, sono facilmente riproducibili, non sono vincolati da strutture di costo rigide. Il ruolo dei dati nell’economia tradizionale consente di rappresentare la realtà delle attività tradizionali del mondo fisico con la flessibilità e la precisione del digitale. I costi, i tempi e il livello di affidabilità relativi alla misurabilità dei tanti parametri “fisici” che stanno alla base dell’ESG possono diventare un patrimonio di conoscenza che supera i confini di ogni singola azienda.
La spinta della finanza che ha abbracciato le logiche ESG
Dati e decisioni come presupposto di uno sviluppo che può unire business ed etica. Per capire l’accelerazione che ha vissuto l’ESG occorre anche collocare e leggere le decisioni dei grandi attori del mondo della finanza che, con un grande senso del tempo o con uno spiccato pragmatismo a seconda dei punti di osservazione, hanno capito il valore di questa prospettiva. Larry Fink, numero uno di BlackRock nel 2020 dichiarava che la sostenibilità sarebbe stato il nuovo standard per gli investimenti di BlackRock sottolineando nelle prime righe della lettera agli investitori del 2020 che dall’epoca della sua fondazione, “nel 1988 la società lavora per raggiungere gli obiettivi dei clienti e per gestire i rischi”. Nella lettera del 2021 lo stesso Fink è ancora più esplicito e diretto, al punto da titolare la sua lettera “Net zero: a fiduciary approach” per dire e sottolineare che gli investimenti sono stati guidati dalla profonda convinzione che la integrazione dei temi della sostenibilità permette agli investitori di avere portafogli più resilienti in grado di garantire un ritorno migliore sul lungo periodo, anche per la possibilità, sottolineata più volte, di ridurre i rischi.
(Expectation that ESG portfolios will outperform non-ESG portfolios worldwide, by region 2018-2020)
Aspettative dei portfolio ESG in rapport a portfolio “non-ESG”. 2018-2020. Fonte Statista
La sensibilità e l’attenzione verso le prospettive di sviluppo degli investimenti ESG è in forte crescita presso gli investitori e le aspettative in termini di performance dei portafogli sono cresciute soprattutto nel corso del 2020. L’Europa è la regione dove la fiducia rispetto alle prospettive di sviluppo dei “titoli” Environmental, Social, Governance è più consistente.
ESG: “se lo puoi misurare lo puoi migliorare”
L’alchimia che sta portando un fenomeno “finanziario” come l’ESG a diventare mainstream e a trasformare un dovere etico e morale sino ad assumere un ruolo centrale nelle strategie delle imprese e degli investitori risiede in larga misura nel valore dei dati. I criteri ESG permettono di misurare e dunque di valutare sulla base di standard condivisi le performance ambientali, sociali e di governance di un’azienda. Il principio de “se lo puoi misurare lo puoi migliorare” ha permesso di cambiare l’approccio a questi temi. I dati permettono di superare la fase in cui gli investimenti e le azioni ambientali e sociali di una organizzazione non potevano essere “misurate” o “paragonate” a quelle di altre aziende, ovvero non potevano essere oggetto di valutazioni “oggettive”. Una fase che lasciava le imprese virtuose in un “limbo” dove l’unica certezza, certamente importantissima, era nel valore etico e morale di quelle azioni. I criteri ESG consegnano un salto di qualità e consentono di ricondurre a criteri di misurazione oggettivi e condivisi anche l’impegno e gli investimenti delle imprese verso l’Environmental, il Social e la Governance. Si tratta di un passaggio da una fase in cui l’impegno sociale, ambientale e le buone pratiche di governance rappresentavano una scelta del tutto libera e indipendente a una fase in cui lo scenario di mercato sta mettendo bene in chiaro che consumatori e investitori chiedono esplicitamente questo impegno. E la richiesta si appoggia su una serie motivazioni di cui due appaiono oggi più influenti: l’analisi ESG, conosciuta anche come analisi “extra-finanziaria” è destinata ad affiancare l’analisi finanziaria più tradizionale permettendo di completare la lettura dei valori e degli asset aziendali garantendo una conoscenza più completa delle imprese. A questa dimensione si aggiunge la consapevolezza che grazie all’integrazione di criteri ESG le aziende sono in grado di effettuare comparazioni, basate su criteri oggettivi, su parametri che influiscono direttamente sul business.
Tutte le dimensioni della sostenibilità
All’ESG sembra che sia affidato anche l’obiettivo implicito di “mettere ordine” tra le diverse tipologie di investimenti che stanno sotto il grande “cappello” della sostenibilità a partire dagli investimenti sostenibili per arrivare agli investimenti responsabili. Grazie ai criteri ESG si è stabilito un rapporto diretto e oggettivo con i temi della sostenibilità ambientale, sociale e dell’etica e con la possibilità di misurare una capacità di investimento che genera valore per gli investitori e che nello stesso tempo genera valore anche per la società e per il territorio. L’ESG è stato assimilato, forse con qualche forzatura, anche al concetto di ROI responsabile, a un ritorno dell’investimento che pensa anche al futuro, alle prossime generazioni, che rispetta le risorse con le quali si costruisce il risultato attuale. Ancora una volta si tratta di un argomento che richiama il tema di un nuovo “Company Purpose” che mantiene una chiara attenzione al ROI “Tradizionale”, ma lo estende anche ai valori legati all’impatto ambientale e sociale.
La grande e fondamentale differenza rispetto alla “sostenibilità del passato” è ancora una volta nel concetto di Misurabilità, che è corredato anche dal passaggio da una informazione qualitativa, che dichiara il merito degli impegni e degli investimenti a una informazione quantitativa, che misura specificatamente gli investimenti espressamente destinati a obiettivi ESG, gli obiettivi dei progetti e degli investimenti e i risultati raggiunti. In altre parole, la differenza sostanziale rispetto agli investimenti sostenibili del passato è che l’ESG permette di misurare concretamente gli effetti sociali e ambientali di questi investimenti, unitamente a quelli economici. Per dare vita a un ROI se non più responsabile certamente più completo.
Il ruolo della normativa e della compliance nella prospettiva ESG
Il percorso verso l’ESG è un percorso che va di pari passo con lo sviluppo di stimoli normativi e di compliance anche nella corretta tassonomia delle tipologie di investimento.
Nel quadro di riferimento degli investimenti sostenibili rientrano diverse tipologie. Ne citiamo alcune come gli investimenti socialmente responsabili che comprendono gli investimenti etici, gli Impact investing, le forme di investimento definite come value-based. Il tema della corretta tassonomia e definizione è nell’ambito della “sostenibilità” una vera e propria “bussola” che vale anche nella “costruzione” di un quadro normativo che è tuttora in evoluzione sia per quanto riguarda i temi della “misurabilità” sia per quanto attiene ai temi di una comunicazione in evoluzione dalle forme di divulgazione “tradizionali”, fondamentalmente qualitative, verso un impianto che permetta di gestire una comunicazione quantitativa finalizzata a mostrare chiaramente i KPI di riferimento e, appunto, i risultati raggiunti.
Davanti a uno scenario che vede crescere il numero di attori, di aziende, di organizzazioni e di investitori attivi nella promozione dei fattori ESG e nella comunicazione di obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale sarà assolutamente fondamentale garantire, anche dal punto di vista della comunicazione, la attendibilità dei risultati raggiunti in termini di KPI e standard condivisi, per ridurre, (anche questo è Risk management) i rischi di greenwashing, ovvero di una valorizzazione di progetti e iniziative ambientali volte a favorire il posizionamento e la reputazione di una organizzazione, ma non supportate da risultati misurabili.