il commento

Digitale in manovra economica 2019: luci e ombre delle misure governative

In tema di digitale, la legge di bilancio 2019 si è avvicinata al massimo risultato ottenibile con le (poche) risorse a disposizione. Per fare le cose al meglio serviva un altro budget e un maggiore coinvolgimento di settori per nulla toccati dal provvedimento: PA, scuola, università, ricerca, cittadinanza. Un bilancio

Pubblicato il 11 Gen 2019

Stefano da Empoli

presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com)

Italia_digitale-1170x1170

Grande colpo di acceleratore sul venture capital con qualche punto interrogativo su tempi e modalità di attuazione, gestione misurata del Piano Industria 4.0 e doppio occhiolino all’Europa sulla web tax.

Così si potrebbe sintetizzare il capitolo digitale della legge di bilancio 2019 appena licenziata, rappresentato come ogni anno da una serie di commi sparsi tra i 1.143 che compongono il provvedimento chiave della governance economica del Paese. E che, come noto, hanno dovuto fare i conti con uno spazio di manovra compresso dalla necessità di rispettare alcune priorità programmatiche (in primis, pensioni, reddito di cittadinanza e sterilizzazione dell’aumento dell’IVA) e, al contempo, l’accordo raggiunto con la Commissione europea sul rapporto deficit/PIL al 2,04% (contro l’iniziale 2,4%). Con risultati che, se ci saranno, si dispiegheranno con ogni probabilità negli anni successivi a quello appena iniziato perché su almeno 2 dei 3 paragrafi principali del capitolo digitale (venture capital e web tax) i tempi di attuazione si prevedono tutt’altro che brevi. Proviamo a esaminare quanto di buono è stato fatto e quanto di meglio si poteva fare.

Venture capital

Lo Startup Act del 2012 è stato un punto di svolta fondamentale ma ha avuto il suo limite principale nello scarso spessore finanziario del mercato italiano. Con Francia e Germania che dispongono di un mercato del venture capital che nel 2017 ha cubato circa 10 volte il nostro e con la Spagna che negli ultimi anni ha allungato sensibilmente. Per non parlare del Regno Unito e, per rimanere vicino a noi, di Israele. Bene dunque ha fatto il governo a voler dare un colpo di acceleratore, ricorrendo a vari strumenti a disposizione. Ad esempio, aumentando il già previsto vantaggio fiscale per gli investitori che siano disponibili a impegnare i propri capitali per un periodo di tempo di almeno 3 anni (innalzamento dell’aliquota dal 30 al 40%, con possibilità di raggiungere il 50% nel caso di sottoscrizione dell’intero capitale sociale) e creando presso il MiSE un Fondo con dotazione iniziale proveniente dalle casse dello stato di 90 milioni in tre anni, ai quali aggiungere nelle intenzioni del governo altre risorse su base volontaria.

Che potranno tra l’altro derivare da tre mosse potenzialmente dirompenti contenute nella legge di bilancio:

  • almeno il 15% delle entrate dello Stato derivante dagli utili o dividendi delle società partecipate dovranno essere destinati a investimenti in fondi di private equity;
  • almeno il 5% degli investimenti qualificati dei PIR (Piani individuali di risparmio) emessi a partire dal primo gennaio 2019 dovranno andare a fondi di venture capital;
  • per enti previdenziali e fonti pensione viene raddoppiata la quota dell’attivo patrimoniale (che passa dal 5 al 10%) destinabile ai PIR e ad altri investimenti, tra i quali sono ricompresi i fondi di venture capital.

Se gli effetti della terza misura, che sia direttamente che indirettamente è in grado di dare una mano significativa allo sviluppo del mercato del venture capital, sono oggettivamente difficili da quantificare perché viene stabilita una soglia massima all’interno della quale i gestori degli asset in questione saranno liberi di muoversi in base alle proprie convenienze, più facile prevedere quelli delle prime due, basati invece su una soglia minima.

Almeno sulla carta, perché sia gli utili/dividendi delle aziende che la raccolta dei PIR sono variabili volatili. Ma a bocce ferme, basandoci sul recente passato e ipotizzando pure che non si vada oltre le soglie minime, parliamo di qualcosa compreso tra 500 milioni e 1 miliardo l’anno. Che insieme alle altre misure e a un trend comunque in aumento, potrebbe riallineare il mercato italiano a quello spagnolo e avvicinarlo ai tre big europei.

Sempre che l’Europa, che deve giudicare se la normativa non infrange le regole sugli aiuti di stato, creando un vulnus concorrenziale, dia il via libera alle misure previste (e lo faccia in tempi rapidi, visto che su provvedimenti equiparabili si è presa in passato fino ad alcuni anni per sciogliere la riserva).

Le altre due incognite sono tutte italiane. Fare in modo che le esigenze di finanza pubblica, che nei prossimi anni non saranno di certo minori rispetto al presente, non fagocitino gli utili o i dividendi delle aziende partecipate dallo Stato, travolgendo le soglie attualmente stabilite dalla legge di bilancio.

Sarebbe infatti inutile e per certi versi controproducente partire in una certa maniera e poi essere costretti a fermarsi. Ma soprattutto, ed è questo il vero punto interrogativo, occorre fare in modo che i soldi che si riusciranno a convogliare direttamente o indirettamente attraverso la mano pubblica siano investiti davvero nelle iniziative che lo meritano.

Si tratta di una questione vecchia quanto il cucco che si ripropone con particolare vigore nel caso dell’innovazione finanziata dallo Stato. Dove la discrezionalità potenziale è per antonomasia massima e dunque i criteri di selezione devono essere stringenti così come tutta la gestione di dettaglio del processo, necessariamente affidata a professionisti indipendenti protetti dalle pressioni della politica (che è invece giusto si occupi soltanto della fase a monte, cioè di individuare le risorse e di organizzare la migliore governance possibile).

Industria 4.0

Le misure rivolte alla digitalizzazione delle imprese si pongono sulla scia del Piano Impresa 4.0, che ha dato frutti importanti nel 2017 e 2018, con una ripresa degli investimenti destinati ai beni strumentali e un’espansione record della produzione, arrivata alla soglia dei 50 miliardi di euro, e del consumo interno di macchinari, cresciuto ancora a doppia cifra l’anno scorso, dopo i già ottimo risultati dell’anno precedente. Ora si tratta di continuare a sostenere il mercato (e soprattutto la trasformazione digitale delle imprese), senza drogarlo.

La scelta del governo è stata di eliminare il superammortamento, una misura che fin dall’inizio era stata immaginata come temporanea (e che viene confermata solo per i beni strumentali immateriali, tra i quali si include finalmente il cloud computing), ridurre dal 50 al 25% il credito d’imposta per la ricerca per alcune voci di spesa (per inciso quelle forse più esposte a possibili manipolazioni ma con l’effetto non trascurabile di portare nelle casse dello stato 300 milioni di euro l’anno a partire dal 2020) e, soprattutto, spostare dalle grandi imprese alle PMI l’asse principale degli interventi. Dunque, per il credito d’imposta sulla ricerca, il limite di spesa viene dimezzato da 20 a 10 milioni di euro, l’iperammortamento viene addirittura aumentato di 20 punti percentuali per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro e poi abbassato di 50 punti percentuali per la fascia 2,5-10 milioni di euro e di 100 punti percentuali per quella compresa tra 10 e 20 milioni di euro, soglia oltre la quale non viene prevista alcuna maggiorazione del costo.

Idem per la formazione 4.0, che era stata colpevolmente lasciata fuori nella prima versione della legge di bilancio, per la quale si prevede un’agevolazione aumentata dal 40 al 50% per le piccole imprese, confermata al 40% per le medie (sempre con un massimo spendibile di 300 mila euro) e ridotta al 30% per le grandi imprese, ulteriormente penalizzate dalla riduzione del limite di spesa (a 200 mila euro).

Ma le agevolazioni previste per le piccole imprese non finiscono qui. Se sulle altre misure si è viaggiato comunque lungo una linea di continuità con le precedenti leggi di bilancio, la principale novità è rappresentata dal voucher per i manager 4.0 (dell’innovazione): fino a 40.000 euro per le PMI che decidano di farsi assistere da un consulente (persona fisica o giuridica) per la trasformazione digitale, opportunamente certificato. Cifra raddoppiabile se a farlo è una rete di impresa.

La ricalibratura delle misure di Industria 4.0 sulle PMI ha molto senso se si guardano le statistiche che confermano una minore propensione alla digitalizzazione delle realtà aziendali di dimensione minore. Nel caso poi delle micro e piccole imprese, l’impatto delle misure è sì sull’offerta ma anche sulla domanda di digitale, che sappiamo essere totalmente al di sotto delle medie europee e il vero anello debole della digitalizzazione all’italiana.

Laddove invece le imprese più strutturate sono state più rapide a usufruire delle misure già previste, e comunque hanno sia le risorse che la cultura per realizzare la trasformazione digitale a prescindere dalla spinta dello stato. Qualche perplessità la destano piuttosto i rischi di maggiore farraginosità amministrativa, a causa degli scaglioni introdotti (soprattutto rispetto all’iperammortamento, più difficile da gestire contabilmente), in un paese che ne ha già a sufficienza, oltre al bias implicito contro la crescita dimensionale delle imprese, di per sé una delle strade maestre per far recuperare competitività all’Italia attraverso un aumento della produttività delle sue aziende. Dunque, il particolare favore fiscale per le piccole imprese ha ragione d’essere solo ove si trattasse di una misura transitoria. Altrimenti otterrebbe il risultato paradossale di ostacolare il processo che si vuole invece favorire (grazie all’impatto positivo della digitalizzazione sulla produttività delle aziende).

Web tax

Di imposizione fiscale sul digitale in Italia (subito ribattezzata “web tax”) si parla dall’inizio della scorsa legislatura. Dopo alterne vicende, la scorsa legge di bilancio ha previsto il lancio dal primo gennaio di quest’anno di un’imposta sulle transazioni digitali B2B con un’aliquota del 3% sul valore della singola transazione, per i soggetti che effettuino almeno 3.000 transazioni l’anno. Una soglia alquanto bislacca perché del tutto indipendente dal valore delle transazioni. In base a un tale provvedimento, un soggetto che effettua oltre 3.000 transazioni da 1 euro ciascuna sarebbe tassato (in valore percentuale) quanto uno che esegue lo stesso numero di transazioni da 1 milione di euro l’una. Per il modo in cui era stata congegnata, avrebbero potuto esserne colpiti moltissimi player, anche piccoli o medi.

La nuova formulazione della web tax, contenuta nella legge di bilancio 2019, è certamente più logica, individuando un criterio monetario complessivo (almeno 750 milioni di euro di fatturato globale di cui almeno 5,5 milioni di euro derivanti dalla vendita di servizi digitali in Italia) ed eliminando la distinzione tra servizi B2B e B2C, del tutto incomprensibile per chiunque abbia una cognizione minima del modus operandi delle piattaforme digitali. Strizza due volte l’occhio di fronte all’Europa perché contribuisce a ridurre il deficit e, al contempo, recepisce di fatto la proposta della Commissione europea del 21 maggio 2018, ad ora e per il prossimo futuro bloccata a livello di Consiglio ECOFIN dove ai tradizionali paladini dei regimi fiscali di favore si sono aggiunte in maniera inattesa le perplessità della Germania. Da aggiungere che se in Europa non si fanno passi in avanti, in ambito OCSE, che a parere di chi scrive sarebbe l’ambito geografico più pertinente per misure di questo tipo, gli entusiasmi di pochi anni fa sulla possibilità di raggiungere un accordo rapidamente attuabile dai Paesi membri, tra i quali anche molti extra Ue, a cominciare da Usa, Giappone e Canada, si sono parecchio raffreddati ultimamente.

Detto questo, rimangono diversi dubbi sulla web tax all’italiana versione 2.0 (o 3.0 se contiamo la primissima proposta di Francesco Boccia, storico alfiere della tassazione sulle imprese digitali).

In particolare, il passaggio epocale da un’imposta calcolata sui profitti, regime fiscale normale, a una sui ricavi, solo per alcune tipologie particolari di impresa, da un lato non fa altro che consolidare la distinzione tra economia digitale ed economia non digitale, che appare sempre più anti-storica e che l’iniziativa dell’Ocse sembrava poter scardinare. Ma, al di là delle questioni filosofiche, il provvedimento parte dal presupposto che tutte le imprese che offrono i servizi digitali oggetto della nuova imposta (pubblicità, sharing economy e data analytics/mining) abbiano utili estremamente elevati, rispetto ai quali un’aliquota del 3% sia del tutto ragionevole (magari per difetto). Per alcune imprese potrebbe anche essere così. Ma il rischio di regimi fiscali speciali, applicati a settori in rapida evoluzione, è quello di non considerare a sufficienza le possibili ricadute presenti e future sul mercato. Ne vale davvero la pena, considerando introiti annuali che si prevedono pari ad appena 150 milioni di euro nel primo anno e 600 milioni di euro a regime? Senza considerare difficoltà attuative notevoli, confermate dal tempo (120 giorni) dato ai decreti attuativi che dovrà emettere il Mef (sempre che sarà davvero in grado di rispettarli), di concerto con un numero notevole di soggetti e ascoltando i soggetti interessati, attraverso le rispettive associazioni di categoria (contrarie quasi all’unanimità, pur rappresentando interessi molto eterogenei e spesso contrastanti).

Cosa manca

Ma se il giudizio sulle misure della manovra che riguardano il digitale è in molti casi positivo e, sia pure con alcune eccezioni, le maggiori perplessità si concentrano sulla realizzabilità nelle forme auspicate e in tempi sufficientemente rapidi dei principi contenuti nella legge di bilancio, non possiamo trascurare gli aspetti che con risorse aggiuntive si sarebbero potuto toccare e che invece devono fare i conti con un piatto poco ricco o comunque svuotato da provvedimenti ritenuti più prioritari. Partendo proprio dall’extra-gettito della gara sul 5G, che avrebbe potuto essere reinvestito nell’innovazione, come era stato inizialmente dichiarato dallo stesso ministro Di Maio, ed è stato invece destinato alla riduzione del debito.

Mancano dunque misure dirette rivolte alla riduzione dell’analfabetismo digitale di massa che ancora contraddistingue l’Italia. Le misure proxy contenute nella legge di bilancio agiscono su chi ha già un lavoro (come titolare o dipendente di un’impresa) ma rimangono fuori fasce molto estese di italiani, proprio quelle che ne avrebbero più bisogno.

Poco o nulla si prevede sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione, che richiederebbe risorse finanziarie e umane aggiuntive rispetto a quelle esistenti. Mentre una misura come il blocco del turnover nella PA va esattamente nella direzione contraria.

Non ci sono misure specifiche per il Sud, che sulla trasformazione digitale è indietro rispetto al resto del Paese (e dunque, pro quota, lo sono anche le sue imprese, in particolare proprio le PMI care al governo attuale).

Le risorse stanziate per Intelligenza artificiale, blockchain e Internet delle Cose (15 milioni di euro l’anno nel triennio 2019-2012) rappresentano tutt’al più un seme iniziale di un processo che ha bisogno di convogliare investimenti di un ordine di grandezza ben diverso (naturalmente, non solo pubblici e nazionali). Ma qui occorre anche aspettare le Strategie Nazionali su Ia e blockchain per capire come si intenderà muovere l’Italia, auspicabilmente in stretto coordinamento con i partner europei e la Commissione.

Infine, mancano riferimenti alle università e alla ricerca, che dovrebbero essere insieme alle imprese i motori principali di una vera rivoluzione digitale. In attesa che decolli il modello dei competence center, ancora in fase di rodaggio. Forse è anche legittimo pensare a una pausa di riflessione in attesa di osservarne i primi passi. L’importante è che non sia troppo lunga.

Senza dimenticare che insieme alla ricerca applicata va supportata e indirizzata anche la ricerca di base così come l’istruzione superiore, per la quale la legge di bilancio 2019 vuol dire soprattutto il ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro, con relativo cambio di nome (“percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”). Intento legittimo che tuttavia, di per sé, appare un arretramento verso la prospettiva di una maggiore sinergia tra mondo della scuola e mondo dell’impresa in un’epoca di cambiamenti epocali del lavoro, in gran parte in seguito alla rivoluzione digitale. Può andare dunque bene cambiare l’approccio ma, se si sceglie di far uscire di meno gli studenti dalle aule, occorre con tanta più urgenza adeguare il tempo trascorso all’interno degli istituti scolastici al futuro ormai prossimo.

In sintesi, la legge di bilancio 2019 ha provato a fare le nozze con i fichi secchi, riuscendo ad avvicinarsi al massimo risultato ottenibile con le (poche) risorse a disposizione. Ma per il matrimonio effettivo dell’Italia con la trasformazione digitale, dopo tanti anni di fidanzamento, occorrono sia un altro budget che un maggiore coinvolgimento di settori per nulla toccati dal provvedimento e ai quali occorrerebbe dare una spinta decisa per tirarli fuori dal guado nel quale ancora si trovano (in primis, PA, scuola, università, ricerca, ma anche una frazione importante della cittadinanza). In attesa della legge di bilancio 2020 o di provvedimenti ad hoc nel corso del 2019.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Speciale PNRR

Tutti
Incentivi
Salute digitale
Formazione
Analisi
Sostenibilità
PA
Sostemibilità
Sicurezza
Digital Economy
CODICE STARTUP
Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
DECRETI
PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
IL DOCUMENTO
Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
STRUMENTI
Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
STRATEGIE
PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
FONDI
Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
GREEN ENERGY
Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
TECNOLOGIA SOLIDALE
Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
INNOVAZIONE
Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
STRATEGIE
PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
ANALISI
Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
Sanità post-pandemica
PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
Strategie
Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
La relazione
Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
L'editoriale
Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
Strategie
Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
Transizione digitale
Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
L'analisi I-COM
Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
Cineca
Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
L'indice europeo
Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
L'approfondimento
PNRR 2, ecco tutte le misure per cittadini e imprese: portale sommerso, codice crisi d’impresa e sismabonus, cosa cambia
Servizi digitali
PNRR e trasformazione digitale: ecco gli investimenti e le riforme previste per la digitalizzazione della PA
Legal health
Lo spazio europeo dei dati sanitari: come circoleranno le informazioni sulla salute nell’Unione Europea
Servizi digitali
PNRR e PA digitale: non dimentichiamo la dematerializzazione
Digital Healthcare transformation
La trasformazione digitale degli ospedali
Governance digitale
PA digitale, è la volta buona? Così misure e risorse del PNRR possono fare la differenza
Servizi digitali
Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
La survey
Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
Missione salute
Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
Servizi pubblici
PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
Skill gap
PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
Il Piano
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUMPA2022
PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
I contratti
Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
Next Generation EU
PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
Fondi
Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
Servizi comunali
Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
Healthcare data platform
PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
Skill
Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
Gli obiettivi
Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
Sistema Paese
PNRR 2, è il turno della space economy
FORUM PA 2022
FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
Analisi
PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
Innovazione
Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
FORUM PA 2022
PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
Analisi
PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
Rapporti
Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
Analisi
Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
Progetti
Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
Analisi
PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
Analisi
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUM PA 2022
Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
Il Piano
Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
Analisi
PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
Analisi
PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
Webinar
Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
Analisi
Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
PA e Sicurezza
PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
PA e sicurezza
PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
Water management
Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
LE RISORSE
Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
Decarbonizzazione
Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
Unioncamere
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr
CODICE STARTUP
Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
DECRETI
PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
IL DOCUMENTO
Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
STRUMENTI
Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
STRATEGIE
PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
FONDI
Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
GREEN ENERGY
Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
TECNOLOGIA SOLIDALE
Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
INNOVAZIONE
Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
STRATEGIE
PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
ANALISI
Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
Sanità post-pandemica
PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
Strategie
Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
La relazione
Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
L'editoriale
Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
Strategie
Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
Transizione digitale
Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
L'analisi I-COM
Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
Cineca
Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
L'indice europeo
Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
L'approfondimento
PNRR 2, ecco tutte le misure per cittadini e imprese: portale sommerso, codice crisi d’impresa e sismabonus, cosa cambia
Servizi digitali
PNRR e trasformazione digitale: ecco gli investimenti e le riforme previste per la digitalizzazione della PA
Legal health
Lo spazio europeo dei dati sanitari: come circoleranno le informazioni sulla salute nell’Unione Europea
Servizi digitali
PNRR e PA digitale: non dimentichiamo la dematerializzazione
Digital Healthcare transformation
La trasformazione digitale degli ospedali
Governance digitale
PA digitale, è la volta buona? Così misure e risorse del PNRR possono fare la differenza
Servizi digitali
Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
La survey
Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
Missione salute
Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
Servizi pubblici
PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
Skill gap
PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
Il Piano
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUMPA2022
PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
I contratti
Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
Next Generation EU
PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
Fondi
Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
Servizi comunali
Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
Healthcare data platform
PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
Skill
Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
Gli obiettivi
Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
Sistema Paese
PNRR 2, è il turno della space economy
FORUM PA 2022
FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
Analisi
PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
Innovazione
Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
FORUM PA 2022
PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
Analisi
PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
Rapporti
Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
Analisi
Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
Progetti
Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
Analisi
PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
Analisi
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUM PA 2022
Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
Il Piano
Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
Analisi
PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
Analisi
PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
Webinar
Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
Analisi
Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
PA e Sicurezza
PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
PA e sicurezza
PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
Water management
Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
LE RISORSE
Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
Decarbonizzazione
Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
Unioncamere
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr

Articoli correlati

Articolo 1 di 2