cittadinanza digitale

Io.italia, una “figata pazzesca”? Solo se le PA imparano a parlarsi

Concettualmente Io.italia è uno strumento straordinario, ma il suo successo sarà improbabile se le PA non dialogano fra loro e senza una sorta di pedagogia delle riforme da estendere in ogni angolo di Italia. Ecco le condizioni perché diventi una “figata reale” e non lo resti solo sulla carta

Pubblicato il 06 Giu 2018

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

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La piattaforma Io.italia del Team Digitale (Cittadinanza digitale) è davvero una “cosa figa”, non sto scherzando. Naturalmente, però, lo potrà diventare davvero solo ad alcune condizioni.

Utilities strategiche in un’unica piattaforma

L’idea progettuale di raccogliere in una unica piattaforma nazionale una serie di “utilities strategiche” per il cittadino e di farlo dialogare con le diverse PA attraverso questa piattaforma è davvero intrigante.

D’altronde, per come conosco oggi la Pubblica Amministrazione –soprattutto quella locale- quest’ultima non possiede le risorse economiche né, tantomeno, quelle culturali per ideare piattaforme che, progressivamente, sostiuiscano forme di interazione analogiche e digitali abbondantemente superate.

Se ci pensate bene, anche Facebook è una straordinaria piattaforma di interazione. Che poi la piattaforma Facebook sia usata in modo barbarico questo è un altro ragionamento.

Le quattro aree di interazione di Io.italia

Ho visitato la piattaforma Io.italia analizzando le quattro aree di interazione disponibili per il cittadino. Le riassumo brevemente: i messaggi di cortesia, le piattaforme per i pagamenti, una repository documentale, il domicilio digitale. Do per scontato, naturalmente, che il log a queste aree avvenga utilizzando Spid. Ricordo che quest’ultimo assolve ad ogni obbligo di firma e di identificazione. E ciò va bene.

Reciprocità tra la piattaforma e i software gestionali

A questo punto dichiaro il mio gioco: Io Italia funzionerà se si instaurerà una sorta di reciprocità tra la piattaforma e i software gestionali (e i fascicoli) di una qualsiasi PA.

Il principio è il seguente: al cittadino non importa come è organizzata la PA, l’importante è che un servizio (una istanza) sia fruito interamente online. Questo è un principio fondamentale ma, diventa realtà se le diverse PA (e ogni settore di una PA) si parleranno digitalmente tra di loro secondo i principi della cooperazione applicativa. Mi spiego.

L’area di Io Italia dedicata ai messaggi di cortesia, tipo “oggi scade la tua carta di identità vieni a ritirare la nuova”, funzionerà a condizione che i Comuni conferiscano ad ANPR la possibilità di interagire dinamicamente con il gestionale dell’anagrafe. Ma questo è un obbligo.

L’importanza del dialogo tra i diversi pezzi della PA

Riassumendo ancora: il gestionale dell’anagrafe (penso, in questo caso a quello che governa ANPR) sarà “istruito” affinché al manifestarsi di alcuni eventi venga generato un messaggio verso il cittadino.

Fino a qui non sarà difficile per ciò che attiene alcune scadenze semplici, o i messaggi scontati, “domani si vota, vai al seggio”.

Ma ammettiamo che si tratti di scadenze legate alla programmazione di un evento unico in un territorio “ultimo giorno di iscrizione agli asili nido del Comune di Vimercate”, “parte la campagna di prevenzione del cancro alla prostata nella AUSL di Venezia”?

Una gestione centralistica (aggettivo positivo in questo caso) dell’anagrafe, se non sarà istruita localmente, toglierà molta della potenzialità ai “messaggi di cortesia” riducendoli a quelli di default.

Conclusione: o i diversi “pezzi” della PA si parlano consapevolmente tra di loro o la potenzialità dei messaggi di cortesia sarà sprecata.

Interoperabilità e cooperazione applicativa fanno la differenza

Ragionamento analogo, ma più complesso, riguarda i sistemi di pagamento.

Come è noto (almeno lo spero) il pagamento conclude, spesso, un qualche procedimento. Il pagamento di una multa conclude il procedimento che si è aperto quando ho infranto le regole del codice della strada. Ma, tutto il procedimento dovrebbe essere documentato, atto dopo atto, in un fascicolo digitale.

Di Pubbliche Amministrazioni ne vedo molte. Non ne ho trovata fino ad ora ancora una in cui la piattaforma PagoPA sia integrata nel sistema documentale.

La ricevuta di pagamento, in questo caso, potrebbe essere visibile dalla piattaforma Io Italia, ma non risiederebbe nel fascicolo del procedimento.

In questo modo il cittadino non potrebbe esercitare interamente il diritto a partecipare al procedimento che lo riguarda come previsto dagli articoli 3 e 41 del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Ancora una volta l’assenza di interoperabilità e cooperazione applicativa farebbe la differenza.

Tutta la documentazione in un’unica repository

Questa osservazione vale anche nel caso della terza utility, ovvero la possibilità per il cittadino per avere in una unica repository tutta la documentazione (in formato digitale ovviamente) che attesta le sue diverse “relazioni” con la Pubblica Amministrazione.

Anche in questo caso l’utility funzionerebbe se tutte le PA fascicolassero digitalmente, producessero tutti gli originali in formato digitale, firmassero ogni atto digitalmente.

La metto giù piatta. Non tutte le PA (e non solo i Comuni di piccole dimensioni) fascicolano digitalmente, producono originali digitali, firmano digitalmente. Credetemi sulla parola. Purtroppo non è così.

Una piattaforma per tutte le istanze

Infine: Io Italia sarà una figata pazzesca se ci aiuterà a superare l’idea che la comunicazione digitale con la PA (cittadini e imprese) avviene via mail e non piuttosto scambiando su una piattaforma le diverse istanze.

Per le aziende ciò non è una novità, il SUAP si usa abbastanza comunemente, le piattaforme di procurement cominciano ad essere diffuse.

Io Italia, per ciò che intuisco, è però una infrastruttura nazionale. Sicuramente il cittadino che eleggerà attraverso la piattaforma il proprio domicilio digitale riceverà le istanze che avranno lo stesso valore di una raccomandata con ricevuta di ritorno.

Le strade di collegamento all’hub nazionale

Ma, Io Italia dovrà essere legata a tutti i sistemi documentali delle mille P.A. italiane, altrimenti sarà un hub senza strade di collegamento. Anche in questo caso vi posso garantire che i fornitori di gestionali documentali non saranno (non lo sono) entusiasti di aprire i loro codici e utilizzare le API.

Io Italia è davvero concettualmente una figata pazzesca, dico io, ma da Roma, in modo centralizzato non succede assolutamente niente.

Nessuna uniformità tra i servizi delle diverse PA

Il CAD è in vigore ma, senza una sorta di pedagogia delle riforme da estendere in ogni angolo di Italia sarà molto improbabile il successo di Io Italia. Qualche giorno fa ho ricevuto dalla scuola frequentata da mio figlio le istruzioni e la user e la password per vedere on line la pagella, gli orari e così via.

Quella che l’Istituto scolastico utilizza è la piattaforma fornita dal Ministero. L’estetica non è quella delle linee guida Agid ma, soprattutto, l’utilizzo di Spid non è possibile, non è previsto, nonostante esso sia una funzione obbligata dal CAD. Quindi io e mia moglie che abbiamo Spid siamo stati muniti di un’altra password.

Qualche settimana fa dovevo prenotare una visita specialistica presso l’Azienda Sanitaria locale di Venezia. Anche in questo caso l’utilizzo di SPID non è previsto.

Un ultimo esempio. Qualche giorno fa ho letto il Manuale di Protocollo dell’Agid. Il Manuale non è a norma, sia sotto il profilo dei riferimenti normativi che, conseguentemente, nel tracciare il flusso di protocollo digitale. Gli esempi non si riferiscono a piccole Amministrazioni ma a grandi realtà della Pubblica Amministrazione. Non basta quindi una straordinaria idea come Io Italia se poi, i fornitori dei servizi pubblici viaggiano su un’altra lunghezza d’onda.

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