La scuola digitale, è ancora un utopia nella maggior parte degli istituti scolastici italiani. L’OCSE in un suo recente rapporto sulla scuola italiana (marzo 2013) mette in rilievo, con accenti molti critici, come a questo ritmo di investimenti la nostra scuola avrebbe bisogno di 15 anni per raggiungere in questo campo i risultati della scuola inglese che ha digitalizzato l’80% delle classi. Le ragioni andrebbero ricercate, secondo l’OCSE, nella frammentarietà e nella sporadicità della strategia italiana verso la Scuola 2.0. Nei molti progetti poco coordinati ed episodici del Piano Scuola digitale del Miur: l’acquisto delle Lavagne Interattive Multimediali: troppo costose e superate tecnologicamente; i progetti cl@ssi 2.0, e scuol@ 2.0 troppo parcellizzati e di poco impatto sul sistema scolastici. Un insieme di scelte che non hanno consentito di raggiungere risultati significativi rispetto alla diffusione delle infrastrutture digitali nella scuola né un buon livello preparazione professionale dei docenti nel loro uso.
Su questo fronte, però, i governi Monti e Letta hanno corretto la rotta, dopo più di un decennio di colpevole disattenzione rispetto al “digital divide” della scuola italiana. In primo luogo l’Italia ha oggi, grazie a Monti un’Agenda digitale, dove è contenuta una specifica “Agenda digitale della scuola”. Quest’ultima individua la necessità, almeno “normativa”, (i fondi stanziati non sono, invero, molti) del cablaggio a banda larga e dell’infrastrutturazione digitale delle scuole (tablet e Lim, ma anche classi virtuali, registi elettronici e gestionali per l’amministrazione scolastica). Una necessità improrogabile vista l’urgenza di proporre nuove metodologie didattiche e nuovi “contenuti digitali” per adeguare gli stili di insegnamento dei docenti a quelli di apprendimento dei “nativi digitali” (Ferri, Nativi Digitali, Bruno Mondadori, 2011). In particolare di recente si è molto dibattuto sul tema dei “libri digitali”, che secondo le linee guida dell’Agenda digitale della scuola prenderanno entro il 2014/2015 il posto dei vecchi manuali scolastici. Anche il “pacchetto scuola” varato il 9 settembre dal Ministro Carrozza, ritorna su questo tematica, e non riteniamo come altri studiosi e commentatori che hanno contribuito ad AgendaDigitale.eu che si tratti di una frenata o di un “tradimento” dell’Agenda Digitale. Vediamo perchè.
Una lettura attenta del testo del Decreto Carrozza approvato il 29 settembre e dell’allegato tecnico, che ne è parte integrante, permette di comprendere come Carrozza si muova in maniera anche più radicale di Profumo, anche se in modo differente. Il suo intento è quello di liberalizzare, in prospettiva digitale, il mercato dei testi scolastici. Vediamo come: il decreto e il suo allegato tecnico, di cui ci occuperemo più avanti rendono opzionale l’adozione dei libri di testo scolastici! Si tratta di un fatto nuovo e per molti versi rivoluzionario, permette, cioè, a dirigenti e insegnati di decidere se adottare i testi degli editori educational o utilizzare altri contenuti didattici. L’articolo del Decreto modifica, di fatto, il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297) che recitava all’articolo 151: “I libri di testo sono adottati, secondo modalità stabilite dal regolamento dal collegio dei docenti.”. In modo molto arguto l’articolo 1 del decreto del 29 Settembre corregge: “Il collegio docente può adottare. Una parola “può” che però rischia di cambiare radicalmente lo scenario dell’editoria scolastica italiana. Si tratta, in prospettiva, di una forte liberalizzazione nella adozione di testi, contenuti e materiali su cui basare l’attività didattica. Soprattutto se si analizza l’allegato tecnico al decreto di comprende la radicalità dell’azione di Carrozza: la progressiva “rottamazione” dei vecchi manuali scolastici, e un altrettanto progressiva, ma decisa, transizione verso l’adozione da parte delle scuole e degli insegnanti di Data Base multimediali per la didattica. Si legge infatti nell’Allegato tecnico “… nella realizzazione dei libri di testo digitale avranno particolare rilievo gli strumenti dello story telling multimediale, dell’infografica e della visualizzazione in forma interattiva di dati e informazioni”.
Nell’Allegato tecnico non vengo delineate solo le caratteristiche e le tipologie dei nuovi contenuti digitali, ma anche quelle delle piattaforme di fruizione, possibilmente “social” e di distribuzione ed acquisto dei contenuti digitali.
Un modello già sperimentato negli Stati Uniti e in Inghilterra dove la quasi totalità degli editori educational (il 95% del totale) hanno costituito nel 2006 un consorzio per sviluppare una piattaforma comune di adozione, distribuzione e vendita dei contenuti digitali. Questo sforzo comune ha dato vita a Coursesmart un marketplace virtuale per la didattica, on-line dal 2007. Si tratta di una sorta di Amazon della formazione (più di 15.000 titoli e risorse didattiche digitali disponibili nel suo catalogo), che viene oggi utilizzato da più di 30.000 istituzioni scolastiche e da più di 3,3 milioni di studenti in tutto il mondo. Scuole e studenti possono così risparmiare, passando ai contenuti digitali, più del 60% sul costo di acquisto dei contenuti didattici rispetto ai manuali cartacei. Il ministro Carozza, sempre nell’Allegato tecnico al suo decreto, è consapevole della rivoluzione in atto a livello internazionale e invita tutti gli attori del processo, Editori, Scuole, Università e Associazioni dei docenti alla costituzione di un tavolo tecnico che definisca le specifiche del “Coursesmart italiano”, e allo stesso modo li invita a cooperare per realizzare.
Dagli stralci dell’Allegato tecnico che pubblichiamo le iniziative di Carrozza non paiono proprio un “controriforma” ma anzi costituiscono linee guida fondamentali, a partire dai contenuti digitali, per avviare un vera transizione al digitale dell’Istruzione italiana e per colmare il sempre più insostenibile digital divide che la affligge. Rispetto alla strategia dell’”obbligo di adozione” dei contenuti digitali adottata, per accelerare la transizione al digitale, da Monti e Profumo, Carozza non frena, ma sceglie una linea differente, e forse più praticabile e sostenibile. Quella della liberalizzazione dell’adozione. In questo modo permette a tutti quelli insegnanti e dirigenti, che vorranno sperimentare di abbandonare finalmente i manuali, per adottare contenuti digitali nella forma di basi dati interattive fruibili attraverso Internet. Gli insegnanti e i collegi docenti a questo punto potranno, se lo vorranno, costruire il mix formativo di contenuti per i loro studenti con molta maggior libertà e scegliere tra opzioni differenti oppure mixarle.
Adottare i libri analogici e/o i contenuti digitali degli Editori proposti dagli editori scolastici tradizionali, forzati dalla liberalizzazione ad innovare in questo campo.
Utilizzare contenuti digitali e testi disponibili in rete in modalità “free” o “creative commons”, ad esempio i “classici” non più sotto “diritti” disponibili, ad esempio, all’interno di Google Libri (books.google.it/) o le video lezioni delle TED conference.
Utilizzare testi, materiali didattici e contenuti digitali progettati dai docenti stessi o da altri docenti. Come ad esempio i “libri di testo” del progetto Book In progress, manuali scritti dagli 800 docenti della rete nazionale del progetto che permette un risparmio di circa 300 euro rispetto ai tetti di spesa del Ministero.
Da questo punto di vista i provvedimenti adottati da Carrozza rappresentano un passo, a nostro avviso, decisivo nella direzione di una riforma, anche digitale, della scuola italiana che la renda più attenta e responsabile rispetto ai nuovi stili di apprendimento dei cittadini “nativi digitali”: i suoi allievi e studenti.