la consultazione

Verso l’euro digitale: lo stato dell’arte, i rischi e le opportunità

Il tema della creazione di una valuta digitale emessa dalle banche centrali impone riflessioni di diversa natura: dagli aspetti tecnici a quelli di carattere giuridico e geo-politico, dall’impatto su economia e consumatori ai rischi privacy. Sono molti gli aspetti da valutare: ecco i principali

Pubblicato il 15 Apr 2022

Roberto Culicchi

Of Counsel DWF (Italy)

governare la tecnologia

È dello scorso 5 aprile la notizia che, dando finalmente conferma ad una serie di indiscrezioni createsi sul punto e rompendo definitivamente gli indugi, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica sull’euro digitale.

La nota diramata dalla Commissione UE spiega come la consultazione si inserisca all’interno di una più generale iniziata che vede coinvolte la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione UE che stanno esaminando congiuntamente, a livello tecnico, un’ampia gamma di questioni politiche, giuridiche e tecniche relative all’eventuale introduzione dell’euro digitale. La consultazione, che integra la consultazione pubblica condotta dalla BCE tra ottobre 2020 e gennaio 2021, mira in particolare a raccogliere opinioni sul ruolo dell’euro digitale nei pagamenti al dettaglio e nell’economia digitale dell’UE, sul suo impatto sul settore finanziario e sulla stabilità finanziaria, nonché sugli aspetti relativi alle norme antiriciclaggio e alla protezione dei dati.

Verso l’euro digitale: come avanza la strategia Ue su finanza e pagamenti digitali

Vale a questo proposito la pena ricordare che in data 14 luglio 2021 il Consiglio direttivo della BCE aveva deciso di avviare la fase di analisi del progetto per un euro digitale, con l’obiettivo dichiarato dalla Presidente della BCE Christine Lagarde di “assicurare che nell’era digitale i cittadini e le imprese continuino ad avere accesso alla forma di moneta più sicura, la moneta di banca centrale”.

Peraltro, la fase di analisi del progetto per un euro digitale lanciata dalla BCE non si è ancora conclusa, dal momento che prevede una durata complessiva di 24 mesi, e verte su questioni fondamentali relative alla definizione delle caratteristiche tecniche e alla distribuzione. L’intento del Consiglio direttivo della BCE è infatti quello di arrivare alla creazione di un euro digitale che possa rispondere alle esigenze dei cittadini europei, contribuendo nel contempo a prevenire attività illecite e scongiurare effetti indesiderati sulla stabilità finanziaria e sulla politica monetaria. A detta del consiglio direttivo della BCE. questo non pregiudicherà una futura decisione sulla possibile emissione di un euro digitale, che sarà assunta solo in seguito. In ogni caso, la nuova moneta digitale affiancherebbe il contante, senza sostituirlo.

Le possibili caratteristiche funzionali e l’impatto dell’euro digitale

I lavori intrapresi dalla BCE sono principalmente incentrati sulla definizione delle possibili caratteristiche funzionali dell’euro digitale in considerazione delle diverse esigenze degli utenti. Particolare attenzione verrà riservata all’esame degli impieghi che un euro digitale dovrebbe assicurare in via prioritaria per conseguire i suoi obiettivi, ovvero la creazione di una moneta digitale emessa da una banca centrale efficiente, accessibile e priva di rischi. Il progetto farà inoltre luce sulle modifiche del quadro normativo dell’UE che potrebbero essere necessarie e che saranno discusse e decise dai legislatori europei. Nella fase di analisi si valuterà infine il possibile impatto di un euro digitale sul mercato, individuando le opzioni che consentano di garantire la privacy ed evitare rischi per i cittadini e gli intermediari dell’area dell’euro e per l’economia in generale.

La consultazione pubblica lanciata dalla Commissione Europea dovrebbe nelle intenzioni dell’esecutivo comunitario precedere la presentazione di una proposta di legge sull’euro digitale entro i primi mesi del 2023. Si tratterebbe della prima iniziativa legislativa in tal senso, che fungerebbe anche da base giuridica per il lavoro tecnico in corso presso la Banca centrale europea di cui si è dato conto.

Questa intensa attività preliminare e preparatoria ad opera dei competenti organi di riferimento europei è stata più volte bollata dai sostenitori dell’innovazione tecnologica come un atteggiamento di eccessiva prudenza da parte di Francoforte; in realtà la presa di posizione della BCE si spiega in ragione del fatto che l’emissione di una moneta virtuale ad opera della banca centrale non rappresenta soltanto la sostituzione di banconote fisiche in virtuali, ma potrebbe produrre una riconfigurazione del sistema finanziario con effetti profondi sulla società.

L’approccio degli Stati alle Central Bank Digital Currency

In merito alle Central Bank Digital Currency (CBDC) si è assistito fino ad oggi ad un atteggiamento diverso da parte dei diversi Stati. Ad uno strano immobilismo degli Stati Uniti (che non hanno ancora chiarito pubblicamente le loro intenzioni) ha fatto da contraltare l’attivismo sul tema di stati tra cui la superpotenza Cina.

In Cina la creazione di una valuta digitale è progetto sul tavolo sin dal 2014, quando la banca centrale del Paese ha istituito un gruppo di ricerca per studiare le valute digitali in pieno boom, mediatico ma non solo, dei bitcoin. Oggigiorno gli yuan digitali, soprannominati e-CNY, sono già in uso in alcune regioni della Cina, e alla fine del 2021, secondo un report della banca centrale di Pechino, oltre 260 milioni di persone avevano già conti e-CNY, mentre le transazioni totali in yuan digitali hanno raggiunto quasi i 12 miliardi di euro. L’attivismo in materia delle autorità cinesi ha fatto sì che, in occasione delle recenti olimpiadi invernali, gli olimpionici e i visitatori grazie ad una app messa a disposizione dal governo cinese potessero archiviare il denaro digitale su appositi braccialetti che potevano essere strisciati come una normale carta di credito per effettuare transazioni.

In Europa, anche se più lentamente rispetto ad altre aree del mondo, si stanno rapidamente consolidando strumenti di pagamento cashless, cioè senza l’uso del contante. Oltre alle carte di debito e di credito, la digitalizzazione ha permesso lo sviluppo di soluzioni di pagamento mobile (come gli e-wallet) che permettono ai consumatori di accedere facilmente e rapidamente ad alternative al contante.

Ecco dunque spiegate le ragioni dell’iniziativa attuata dalle svariate autorità europee per mitigare il fenomeno della riduzione del contante come strumento di pagamento. Una ulteriore contrazione, ad oggi peraltro verosimile, nell’utilizzo del contante come strumento di pagamento, comporterebbe infatti la perdita di quella centralità nel sistema dei pagamenti di cui da sempre il contante ha goduto e legata al fatto che le famiglie e le imprese accettano la moneta privata (e.g. depositi, la moneta elettronica), che è pur sempre una passività di un ente privato e come tale soggetta ad un inevitabile rischio di credito, perché hanno la certezza che possono convertirla in ogni momento e alla pari con la moneta pubblica priva di rischio, oggi rappresentata solo dal contante.

I rischi degli strumenti di pagamento innovativi

Anche la diffusione di strumenti di pagamento innovativi, le cosiddette stablecoins, cripto-attività il cui valore sarebbe garantito da un portafoglio di attività, emesse da operatori non bancari che offrono i propri servizi su scala regionale o addirittura globale come alternativa al contante, pone problemi non trascurabili.

È evidente che qualora una parte consistente dei depositi nell’area dell’euro fosse denominata in valute digitali emesse e controllate da multinazionali private, con legami deboli con la nostra valuta, la sovranità monetaria, finanziaria e normativa europea potrebbero essere indebolite. In aggiunta, il diffondersi di strumenti di pagamento innovativi che fanno leva sull’utilizzo di tecnologie controllate da operatori non bancari esporrebbe il sistema a forti minacce esterne, incluse quelle informatiche, affievolendo i meccanismi di difesa attualmente a disposizione del sistema dei pagamenti tradizionale e indebolendo la capacità delle autorità europee di esercitare controlli e ad adempiere ai propri doveri di vigilanza.

Gli scenari sopra prospettati espongono in sintesi i cittadini europei a rischi legati, ad esempio, allo sfruttamento dei dati personali a fini commerciali, alla tracciabilità delle informazioni anche per usi non strettamente previsti dalla legge, ad un indebolimento dell’indipendenza normativa e regolamentare degli Stati che compongono l’area dell’euro.

Le preoccupazioni delle banche centrali

In pratica la preoccupazione principale delle banche centrali è rappresentata dalla necessità ad opera di quest’ultime, tradizionalmente identificate come emittenti dell’unico strumento di pagamento privo di rischio – il contante appunto – di adeguarsi ad una mutata situazione, fornendo ai cittadini uno strumento di pagamento che trasli nel modo digitale il ruolo assunto dal contante nel mondo fisico.

Tra le motivazioni poste alla base della decisione delle banche centrali di dar vita alla creazione di un euro digitale vi è anche il desiderio di assicurare e promuovere una più marcata efficienza e competizione nel mercato dei servizi di pagamento.

La diffusione di pagamenti online e il sempre crescente numero di transazioni cross border con carta ha favorito negli ultimi anni la formazione di un numero ristretto di fornitori di servizi di pagamento spesso in grado di controllare ingenti quote del mercato di riferimento. La capacità delle grandi imprese tecnologiche di sfruttare l’enorme mole di clienti e di dati e di offrire servizi di pagamento in Europa e nel mondo potrebbe in futuro acuire la creazione di posizioni dominanti. In tal senso, appare prioritario per i legislatori comunitari e le autorità bancarie centrali promuovere attivamente la concorrenza e l’interoperabilità degli strumenti di pagamento, e assicurare che le soluzioni di pagamento innovative offerte da nuovi attori vadano a beneficio degli utenti europei.

La relazione sullo stato dei lavori

Sullo stato dei lavori riguardanti la possibile adozione di un euro digitale illuminante appare la relazione introduttiva di Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della BCE, dinanzi alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo dello scorso 30 marzo.

Panetta, che riveste anche la carica di presidente della task force ad alto livello dell’Eurosistema chiamata ad occuparsi del progetto euro digitale, illustra i risultati raggiunti dai vari focus group e presenta un’analisi dei possibili impieghi dell’euro digitale, ossia dei segmenti di mercato che esso potrebbe servire.

Le aspettative dei consumatori

Emerge come prima istanza raccolta dai focus group l’esigenza fortemente avvertita dai cittadini europei che il nuovo euro digitale sia caratterizzato dalla capacità di “pagare ovunque”, con la conseguenza che tutti i commercianti nell’area dell’euro dovrebbero accettare l’euro digitale sia nei punti vendita fisici sia in quelli online. Non sorprende quindi che i consumatori si aspettino di poter utilizzare il complemento digitale delle banconote per tutti i pagamenti digitali al dettaglio, siano essi fisici o online, così come particolarmente importante appare l’esigenza di assicurare la possibilità di effettuare pagamenti istantanei, facili e contactless, anche tra persone fisiche, e ciò indipendentemente dal sistema utilizzato dall’emittente o dal beneficiario del pagamento. I partecipanti ai focus group caldeggiano quindi l’adozione di una soluzione unica che renda non necessario il ricorso a diversi tipi di carte, dispositivi e metodi di identificazione e dia accesso a più opzioni di pagamento con un unico dispositivo.

I possibili impieghi dell’euro digitale

Sul fronte dei possibili impieghi dell’euro digitale, Panetta evidenzia come i pagamenti online e nei punti di vendita fisici, così come quelli da persona a persona, rappresentino i naturali punti di sbocco per l’impiego di un euro digitale. L’euro digitale potrebbe poi essere utilizzato per i pagamenti da/o verso le amministrazioni pubbliche, ad esempio per erogare prestazioni sociali o per versare le imposte.

Anche il settore dei pagamenti transfrontalieri ben si presta ad un possibile impiego di un euro digitale. Una valuta europea digitale accessibile ai non residenti o interoperabile con le valute digitali emesse da altre banche centrali (CBDC) potrebbe rendere la moneta unica un mezzo di pagamento sicuro per le transazioni al dettaglio transfrontaliere.

Da ultimo non va trascurato il contributo che la creazione di un euro digitale potrebbe apportare in termini di riduzione dell’impatto ecologico del sistema dei pagamenti. Studi recenti hanno infatti dimostrato come alcune delle soluzioni su cui si potrebbe basare l’euro digitale implicano un consumo energetico molto limitato, andando incontro alle esigenze di riduzione dell’impatto ambientale che oggigiorno rappresenta l’obiettivo strategico di governi, istituzioni, aziende ed individui.

Gli aspetti giuridici

Da un punto di vista giuridico, il tema principale sottostante l’introduzione di un euro digitale probabilmente riguarda il contemperamento delle indiscusse esigenze di tutela della privacy (intesa come garanzia di un’adeguata protezione dei dati personali contenuti nelle transazioni) e l’esistenza di prevalenti interessi pubblici che rendono al contempo impossibile giustificare forme di anonimato nelle medesime transazioni finanziarie.

Si allude, in particolare, all’ipotesi in cui la concreta implementazione tecnica dell’euro digitale consenta l’identificazione degli utenti che, pertanto, non sarebbero coperti da un reale anonimato.

Sul tema la risposta fino ad oggi fornita consiste nella soluzione di lasciare agli Stati la valutazione sostanziale, a seconda anche dell’entità (in termini di volume) dei rapporti posti in essere tra soggetti parte dei rapporti finanziari, di una garanzia assoluta di protezione della riservatezza o di una garanzia limitata dai superiori interessi nazionali. A fare da corollario a questo principio generale esistono una serie di questioni tuttora irrisolte e che variano dalla differenziazione dei gradi di protezione della privacy, considerando tuttavia l’assenza di una qualificazione esatta sia dei diritti individuali, sia della diversa natura delle differenti connotazioni di interesse pubblico, per arrivare alla possibilità di escludere l’anonimato delle parti di una transazione ogniqualvolta sia ritenuto necessario, oltre ai casi di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo.

Lo stesso Panetta ha speso sottolineato in occasione di alcuni interventi pubblici come l’introduzione di un euro digitale offerto da un’istituzione pubblica indipendente come la BCE dovrebbe tendenzialmente assicurare meglio la privacy rispetto a società private che possono impropriamente utilizzare i dati delle transazioni e pagamenti per rivelare aspetti privati della nostra vita.

È noto, infatti, come alcune società di pagamento stiano passando da un modello di attività basato su commissioni a uno basato sui dati in cui i servizi sono forniti gratuitamente allo scopo di ottenere informazioni dettagliate sui clienti. In tal senso, la creazione di un euro digitale consentirebbe alla BCE di garantire che le informazioni siano usate solo per fini consentiti come il contrasto delle attività illecite.

Gli aspetti geopolitici

Ma il tema della creazione di una valuta digitale emessa dalle banche centrali impone anche riflessioni di carattere geo-politico rilevanti. Quella ricerca di una maggiore autonomia europea a livello anche di transazioni finanziarie trasnazionali che l’Europa da anni va cercando potrebbe essere soddisfatta proprio dalla creazione di una valuta digitale emessa dall’UE. Non va infatti dimenticato che oggi una larga maggioranza delle transazioni transnazionali avviene ancora in dollari USA, con il sistema Swift che svolge un ruolo egemone nel facilitare i trasferimenti bancari a livello globale. La creazione di una CBDC, a condizione che un numero sufficiente di paesi accetti pagamenti internazionali in euro digitali, potrebbe permettere di aggirare il sistema Swift, rendendo al contempo l’Europa meno dipendente dagli USA.

In conclusione, sembra plausibile poter affermare che, nonostante l’adozione di giuste precauzioni di cui le varie iniziative di consultazione rappresentano l’espressione più evidente, sotto la spinta delle incessanti trasformazioni digitali e in considerazione del quadro internazionale delineatosi, l’Europa non potrà non cogliere l’opportunità offerta dalla creazione di un euro digitale. Non farlo potrebbe infatti significare voler rinunciare a priori a rivestire un ruolo attivo nella configurazione di un nuovo sistema finanziario che è probabilmente destinato ad avere effetti profondi sull’intera società.

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