pa digitale

Patto per la semplificazione 2019-2021, il digitale contro la “bulimia normativa”: ecco tutti gli interventi

Troppi disservizi della PA anche in questi giorni peggiorano la vita di cittadini e imprese: ecco qualche esempio. Ma il recente Patto per la semplificazione per il triennio 2019-2021 a cura della ministra Bongiorno e la nuova collaborazione Agid-Regioni accende speranze: vediamo come e perché

Pubblicato il 02 Ago 2019

Gianpiero Ruggiero

Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR

Burocrazia

La guerra alla burocrazia che zavorra cittadini e aziende italiane si riaccende di nuove speranze.

Il Patto per la semplificazione per il triennio 2019-2021 annunciato qualche giorno fa, tra Governo, Regioni, Province e Comuni, è l’ultimo passo di un percorso condiviso tra amministrazioni centrali e locali, associazioni imprenditoriali, cittadini e categorie professionali.

Ora tocca a Regioni e Comuni cogliere la sfida.

Qualche esempio di (dis)servizio digitale all’italiana

Una sfida che va vinta al più presto. Certo, fare la trasformazione digitale rispettando il tradizionale principio dei piccoli passi è sacrosanto. Imbattersi però in estenuanti code, intoppi, malfunzionamenti, che rappresentano quasi sempre la norma, non l’eccezione, per prenotare un appuntamento con una PA oppure ottenere un certificato è una dimostrazione di quanta strada resti ancora da fare nella corsa alla digitalizzazione. A qualche amministratore di città promuovere l’innovazione digitale potrebbe far paura, ma è arrivato il momento ormai di accelerare il passo se si vuole favorire la conoscenza e l’utilizzo dei servizi digitali da parte di cittadini e imprese.

In questi giorni alcuni esempi sono emersi agli onori della cronaca. Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate sono stati letteralmente presi d’assalto dai contribuenti che hanno aderito alla rottamazione-ter. I totem “prenota ticket”, creati per ritirare i biglietti prenotati online (pubblicizzati con lo slogan “Non perdere tempo, prendi appuntamento!”) restano tristemente e inspiegabilmente deserti. E c’è anche chi, come a Roma, è costretto a presentarsi ai cancelli a mezzanotte per accaparrarsi uno dei bigliettini pre-coda (scritto a penna su un foglio), pagando dai 5 ai 10 euro, che danno diritto a conquistare un posto in fila per ottenere il vero biglietto elimina-code. Il tutto come fosse un “normale” servizio di bagarinaggio.

Con buona pace delle campagne sui servizi web e sullo Spid (Sistema pubblico di identità digitale). Da giorni sono arrivati i primi Navigator con l’incarico di trovare un posto di lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza. Il sito dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), dove gli imprenditori devono obbligatoriamente iscriversi per ottenere gli sgravi in caso di assunzioni di persone che percepiscono il sostegno economico, purtroppo non funziona e il sistema non è ancora operativo. Un bel problema, considerato poi che le disponibilità che le aziende renderanno note sul sito Anpal dovranno essere inviate alle Regioni. Che le invieranno ai centri per l’impiego. Che a loro volta invieranno all’Inps i dati sulle assunzioni. E solo a questo punto saranno riconosciuti gli sgravi. Un bel flusso informativo, fermo però all’origine.

Il “caso” CIE

Ma la vera odissea capita a coloro che incappano nel rilascio della carta di identità elettronica, la famosa CIE. Un servizio demografico simile a un girone dantesco, con tempi di attesa estenuanti, lungaggini, carenza di postazioni assegnate dallo Stato per erogare la CIE (serve un terminale ad hoc) e la cronica carenza di personale a disposizione dei Comuni. Insomma, dalla prenotazione dell’appuntamento, accessibile esclusivamente dal sito “prenotazionicie.interno.gov.it” (realizzato dal Poligrafico e Zecca dello Stato), al rilascio vero e proprio, vanno messi in conto una serie di passaggi che culminano, per il fortunato cittadino, con il rilascio dell’agognata CIE, ma anche di 3 codici personali segreti, che richiamano i nomi dei nipoti di paperino (PIN, PUK e CIP), utili ai processi di autenticazione e di sicurezza delle informazioni. Bisogna fare attenzione, perché la prima metà del codice è scritta sul foglio che il Comune rilascia all’atto della richiesta della carta, mentre la seconda metà è scritta direttamente sulla CIE.

Bisogna trascrivere e avere a portata l’intero codice PUK per sbloccare il PIN, qualora si sbagli per 3 volte la digitazione o se si dimentica il proprio numero, ma anche l’intero codice CIP per bloccare il PIN nel caso la carta venga smarrita o rubata. Vi è venuto il mal di testa? Non ditelo a me che sono alle prese con il rilascio di ben due CIE per i miei figli minorenni.

Tutti questi esempi stanno a dimostrare che la causa di ritardi e lungaggini non è tanto imputabile alle leggi, scritte più o meno in maniera chiara, quanto piuttosto al numero di amministrazioni pubbliche coinvolte nello stesso procedimento. Troppe, il più delle volte, non coordinate tra loro e alle prese con sfide digitali troppo grandi per le dimensioni di alcune di esse e per il personale oggi a loro disposizione.

Dalla bulimia normativa alla burocrazia difensiva

Come ha sapientemente evidenziato Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA, “l’innovazione non si fa con le norme, è questione di paziente costruzione di percorsi di cambiamento, di attenzione e accompagnamento, di cassette degli attrezzi e di formazione, di empowerment delle organizzazioni e di engagement delle persone”. Infatti, una riforma fatta solo di norme, che spesso rinnovellano altre norme, in una sorta di scatole cinesi, non porta all’innovazione, ma è foriera di quella paralisi da “bulimia normativa” che è la condizione attuale di molte amministrazioni, che ha come conseguenza la cosiddetta “burocrazia difensiva”, ossia quella sospensione dell’azione che fa sì che per dirigenti e funzionari pubblici alla fine è meglio star fermi che rischiare.

I tempi lunghi e incerti, l’eccesso dei costi e la numerosità degli adempimenti continuano a rappresentare un ostacolo fondamentale anche per chi vuole fare impresa. Negli anni si sono susseguiti annunci e interventi normativi, che solo in parte hanno saputo affrontare efficacemente questo problema cruciale per la crescita e lo sviluppo del Paese. Peraltro, in assenza di una forte collaborazione tra i vari livelli di governo, si rischia di generare ulteriore complicazione, moltiplicando inutilmente gli adempimenti.

Per produrre risultati tangibili nella vita quotidiana dei cittadini e delle imprese è necessario perciò che le amministrazioni procedano in modo coordinato e definiscano insieme impegni e scadenze da rispettare. Ecco perché Governo, Regioni e Comuni, già da qualche anno, hanno deciso di condividere una vera e propria Agenda, dove vengono fissate una serie di misure di semplificazione, con un preciso calendario di attività, individuando al contempo precise responsabilità.

Il Patto per la semplificazione 2019-2021

Recentemente, nella seduta del 25 luglio 2019, a distanza di cinque mesi dall’avvio dei lavori della cabina di regia voluta dalla Ministra Giulia Bongiorno, la Conferenza unificata ha approvato il Patto per la semplificazione per il triennio 2019-2021. Un Patto che ha trovato una sua focalizzazione specifica proprio nella digitalizzazione, sancito tra Governo, Regioni, Province autonome ed Enti locali “per una politica di riforma della burocrazia fondata su semplificazione e digitalizzazione, razionalizzando l’insieme dei procedimenti nella prospettiva di ridurre i tempi e i costi complessivi per il destinatario”.

Il Patto è stato l’ultimo passo di un percorso condiviso tra diverse amministrazioni statali, regionali e locali, che ha visto anche il coinvolgimento di associazioni imprenditoriali, dei cittadini e delle categorie professionali, tutti uniti nell’impegno comune di adottare politiche di snellimento e semplificazione tra i diversi livelli di governo. Il Patto, peraltro, va visto, come è giusto che sia, in sinergia con il disegno di legge (A.S. 1122) attualmente in discussione al Senato, che prevede ampie deleghe al Governo per il “miglioramento della pubblica amministrazione”, con la legge c.d. “concretezza” (L. 56/2019) e con il decreto-legge c.d. “semplificazione” (DL. 135/2018).

L’insieme di tutto questo costituisce, infatti, un complesso organico che configura una riforma ambiziosa dell’amministrazione pubblica.

Le Regioni e i Comuni sono pronti a cogliere questa nuova sfida?

Il primo ciclo di semplificazione: i dati (incoraggianti) su edilizia e impresa

Se le attività dell’Agenda per la semplificazione, nei suoi primi anni di vita, sono state finalizzate ad attuare interventi sulla nuova disciplina della conferenza di servizi, dando avvio a quel processo di standardizzazione delle procedure e della modulistica, con l’Accordo del 21 dicembre 2017, la Conferenza Unificata ha stabilito quali sarebbero state le attività dell’Agenda per gli anni 2018‐2020, con una focalizzazione specifica sui settori edilizia e impresa. Guardando indietro, i primi dati sembrano promettenti.

L’analisi è stata condotta dall’Ufficio per la semplificazione e la sburocratizzazione del Dipartimento della funzione pubblica, che ha pubblicato un Rapporto di monitoraggio[4] al 31 dicembre 2018, dal quale emerge un quadro di sintesi sullo stato di avanzamento delle attività di semplificazione, in materia di edilizia e impresa, incoraggiante e tutto sommato positivo.

Per il settore dell’edilizia è operativa la modulistica adottata con gli Accordi in Conferenza Unificata il 4 maggio e il 6 luglio 2017. Tutte le Regioni hanno adeguato, in relazione alle specifiche normative regionali, i contenuti informativi dei moduli. Dal monitoraggio sull’adozione della modulistica emerge che, su un campione rappresentativo di 1.154 Comuni, il tasso di ottemperanza è pari all’89% relativamente ai moduli approvati con l’Accordo del 4 maggio ed è pari al 73% relativamente ai moduli approvati con l’Accordo del 6 luglio. Per favorire l’implementazione delle attività previste in materia edilizia, sono state realizzate specifiche attività formative, di sensibilizzazione e di promozione, anche con specifico riferimento al glossario; è inoltre operativo l’help desk attivo presso il Dipartimento della funzione pubblica dedicato ai temi della conferenza di servizi, della SCIA, della concentrazione e dei regimi e modulistica.

Per quanto riguarda il settore impresa, con Accordo in Conferenza unificata del 22 febbraio 2018 sono stati approvati l’allegato tecnico e gli schemi dati XML, che integrano l’Accordo del 6 luglio 2017. Con un ulteriore Accordo, sancito in Conferenza unificata il 22 febbraio 2018, è stato approvato un terzo pacchetto di moduli standardizzati con riferimento ad altre attività commerciali e assimilate. È operativa la modulistica adottata con gli Accordi in Conferenza Unificata del biennio 2017-2018 e tutte le Regioni hanno adeguato, in relazione alle specifiche normative regionali, i contenuti informativi dei moduli. Dal monitoraggio sull’adozione della modulistica emerge che, sullo stesso campione rappresentativo di 1.154 Comuni, il tasso di ottemperanza è pari al 98% per la modulistica approvata il 4 maggio 2017, al 94% per la modulistica approvata il 6 luglio 2017 e all’87% per la modulistica approvata il 22 febbraio 2018.

Nuovo Patto per la semplificazione: le attività previste e il ruolo di Formez e Agid

Con il nuovo Patto per il 2019-2021, siglato il 25 luglio scorso, le attività di semplificazione si concentreranno su quattro interventi prioritari:

Realizzazione del Fascicolo Informatico di Impresa attraverso l’interoperabilità degli Sportelli Unici per le Attività Produttive (SUAP)

Va ricordato che, in attuazione dei principi dello Small Business Act, molte Regioni in questi anni hanno voluto promuovere e valorizzare lo strumento del Fascicolo Informatico d’Impresa, quale insieme di dati e documenti relativi ai procedimenti connessi all’esercizio dell’attività d’impresa. Il fascicolo risponde a esigenze di semplificazione, di trasparenza e open government (rendendo un grande patrimonio informativo accessibile a tutta la PA), di risparmio perché si evita di conferire gli stessi documenti a più PA, di efficientamento perché le PA devono effettuare sul campo meno verifiche e controlli di tipo formale e documentale.

Ogni impresa può accedere al proprio fascicolo tramite il “cassetto digitale dell’imprenditore”, che tramite un’applicazione mobile first mette a disposizione tutto il patrimonio informativo detenuto dalle Camere di Commercio e quello consegnato alla PA. È questo il luogo dove la PA restituisce all’imprenditore quello che sa di lui e che lui può eventualmente riutilizzare, perché è possibile scaricare i documenti presenti in formato digitale. Secondo le Camere di Commercio, nei primi otto anni di vita dei SUAP, sono state effettuate quasi 1,7 milioni di pratiche amministrative tramite lo sportello digitale. Non male considerando che nel 2018 sono stati 480mila gli adempimenti online, in crescita del 20% rispetto al 2017. Purtroppo queste iniziative, seppur lodevoli, hanno creato sul territorio nazionale una forte disomogeneità tra i SUAP.

Per questo motivo si è deciso di armonizzare le scelte architetturali e di adottare standard comuni che, per la prima volta, secondo un approccio API first, dovrebbero consentire di far dialogare i sistemi informativi esistenti, garantendo accessibilità e massima interoperabilità di dati e servizi. La digitalizzazione sarà preceduta da interventi di semplificazione a vantaggio di una modalità intelligente ed efficace di gestione dei procedimenti e di accesso condiviso da parte di tutte le amministrazioni ai dati presenti presso ciascun sistema informativo. La definizione del modello di interoperabilità sarà coerente con il nuovo European Interoperability Framework (EIF), al fine di assicurare anche l’interoperabilità nel contesto Europeo e per l’attuazione del Digital Single Market (Mercato Unico Digitale).

Istituzione del Portale informativo delle imprese

Tutte le informazioni utili alle imprese per aprire e svolgere la propria attività saranno accessibili da un unico portale web collegato a quelli già esistenti, organizzate per i principali “eventi della vita” delle imprese, comprensibili e semplificate. I lavori per la realizzazione del portale mirano a mettere a sistema le migliori esperienze già realizzate sul territorio italiano e ad agevolare le amministrazioni nell’adeguamento al Regolamento UE 2018/1724 sulla istituzione dello Sportello unico digitale. Si ricorda che i contenuti ed i servizi di Impresa.gov (www.impresa.gov.it) sono confluiti nel portale Impresainungiorno.gov dove è già possibile, accedendo con Spid o CNS, gestire completamente online tutte le pratiche da inviare allo sportello unico per le attività produttive del proprio Comune, versare gli importi dovuti tramite la piattaforma nazionale PagoPA e attraverso eBollo, la marca da bollo digitale, pagare anche eventuali bolli.

Semplificazione dei controlli sulle imprese per renderli trasparenti e più efficaci

Si avvia un nuovo programma di semplificazione e razionalizzazione per migliorare l’efficacia e la qualità dei controlli, a partire da due aree molto rilevanti in termini di oneri amministrativi per le imprese: igiene e sicurezza degli alimenti e sicurezza sul lavoro. Saranno individuati strumenti efficaci di coordinamento delle attività e modalità operative per realizzare un sistema informativo unico nazionale.

Estensione della standardizzazione della modulistica che impatta sull’attività d’impresa

Con riferimento alle diverse tipologie di procedimenti, d’interesse sia per le imprese sia per i cittadini, è stato deciso che, in maniera graduale, tutta la modulistica sarà standardizzata e digitalizzata, per garantire la piena interoperabilità tra amministrazioni, per assicurare semplificazione, chiarezza e trasparenza. Per il 2019, nello specifico, sono stati approvati i nuovi moduli unificati e standardizzati relativi a:

  • Autoscuole;
  • Somministrazione di alimenti e bevande all’interno di associazioni e circoli aderenti e non aderenti che hanno natura commerciale (in zone tutelate e non tutelate);

Le amministrazioni comunali, alle quali saranno rivolte domande, segnalazioni e comunicazioni, hanno l’obbligo di pubblicare sul loro sito istituzionale, entro il 31 dicembre 2019, i moduli unificati e standardizzati, così come previsti dall’accordo, eventualmente adattati, ove necessario, dalle Regioni in relazione alle specifiche normative regionali entro il 15 ottobre 2019.

Le attività di semplificazione coordinate, nonché quelle di promozione, formazione e sensibilizzazione sulla nuova Agenda 2019-2021, come negli anni scorsi, si avvarranno del supporto delle azioni dei progetti Delivery Unit nazionale e Supporto all’operatività della riforma in materia di semplificazione affidato al Formez nell’ambito del PON “Governance Capacità istituzionale 2014‐2020”. La Delivery Unit supporta l’attuazione degli interventi di semplificazione (Conferenza di servizi, Scia etc.) e dell’Agenda per la semplificazione:

  • promuovendo un Road show sulla riforma, attraverso incontri sull’attuazione delle misure di semplificazione e un ciclo di webinar[9] con la partecipazione di esperti nelle materie trattate;
  • supportando direttamente le amministrazioni e le imprese con un help-desk;
  • mettendo a disposizione Linee guida e FAQ rivolte alle amministrazioni, alle imprese e ai cittadini su Conferenza di servizi, “Scia unica” e modulistica;
  • supportando l’attività di standardizzazione e semplificazione dei procedimenti e della modulistica e la elaborazione di proposte di semplificazione.

Il nuovo accordo Agid-Regioni

Un ruolo chiave, in ottica di supporto, è affidato anche ad Agid che, nell’ambito dell’accordo siglato a febbraio 2018 con la Conferenza delle Regioni, sta rafforzando la collaborazione con alcune singole Regioni[12], per spingere sull’acceleratore della realizzazione delle agende digitali locali. Agid metterà a disposizione delle amministrazioni specifici asset per accelerare la trasformazione digitale dei servizi pubblici locali e per accompagnare le fasi di pianificazione e di realizzazione degli interventi. Il tutto finalizzato alla migrazione dei servizi in cloud, ad aumentare i livelli di sicurezza dei sistemi informativi regionali, adeguare i servizi regionali alle piattaforme Spid e PagoPA, migliorare la fruibilità dei servizi in ambito sanitario, potenziare i servizi per cittadini, far evolvere il sistema informativo in ottica open data.

Così facendo Agid confida che Regioni e Province autonome, in una logica sussidiaria, si facciano a loro volta promotori dell’innovazione sui territori, gettando le basi per una più efficace attuazione del Piano Triennale.

Il necessario investimento in competenze e formazione

Semplificare la vita a cittadini e imprenditori attraverso il digitale non è impresa facile, né tanto meno immediata. Quel che serve, accanto, ma ancor prima delle norme, è un investimento serio di risorse economiche, professionali e politiche per accompagnare il cambiamento tecnologico e generazionale in un clima di fiducia. Per questa attività così preziosa serve coerenza nelle azioni e costanza nello sforzo, creando le condizioni per una immissione di giovani, di nuovi profili, di competenze adeguate ai nuovi compiti del settore pubblico in una società complessa.

Un ricambio generazionale reso ancora più necessario ed evidente alla luce dei dati illustrati nel documento che FPA ha presentato a maggio scorso sullo stato del pubblico impiego. L’età media dei dipendenti pubblici a fine 2017 è di 50,6 anni. Nel 2001 era 43,5, un invecchiamento medio di oltre 7 anni. Le limitazioni al ricambio di personale degli anni passati hanno prodotto uno spostamento verso età più elevate e gli over 60, che erano il 4% nel 2001, sono il 16,4% nel 2017 e i giovani sotto i 30 che erano oltre il 10% nel 2001 sono il 2,8% e praticamente tutti nelle forze armate (tra i 2.000 dipendenti della Presidenza del Consiglio se ne conta uno solo). Ma lo sblocco del turn over di compensazione (a invarianza di spesa) non basterà a far ringiovanire la PA: da un’analisi della Ragioneria dello Stato, per abbassare di un solo anno l’età media servirebbero 9,7 miliardi di euro e assumere 205 mila giovani.

Negli ultimi 10 anni il numero di laureati che lavorano nella PA è cresciuto di oltre il 24%. Nel 2017 i laureati erano circa 1,3 milioni e rappresentavano il 39,4% sul totale del personale. Percentuale che scende al 32,3% se non consideriamo la Scuola. È il comparto della Scuola, infatti, quello che conta – in termini assoluti – il maggior numero di laureati (594 mila, pari al 46,5% dei laureati della PA). I laureati rappresentano più della metà dei dipendenti oltre che nella scuola anche per la Presidenza del Consiglio, negli Enti di ricerca, nelle Università e nelle Autorità indipendenti. Oltre ovviamente a quei settori il cui accesso è off-limits per chi non ha conseguito la laurea. Nei Ministeri e nelle Regioni e autonomie locali, i due grandi corpi dell’apparato burocratico, il livello di scolarizzazione risulta invece piuttosto basso. La percentuale dei laureati sul totale dei dipendenti risulta, infatti, più bassa rispetto al totale di oltre 10 punti percentuali. Dato che pesa in riferimento alle attuali politiche di semplificazione e innovazione digitale in maniera gravosa.

Personale PA laureato e non laureato per comparto (v.a e val. %)
CompartoNon laureatiLaureatiLaureati (Val% sul tot. dei laureati)Incidenza % dei laureati sul tot. del comparto
Totale1.965.0981.278.23210039,4
SCUOLA529.850594.62146,552,9
IST. FORM.NE ARTISTICA E MUSICALE4.6584.5630,449,5
MINISTERI113.99235.7392,823,9
PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI1.0251.0660,151
AGENZIE FISCALI27.24222.4511,845,2
VIGILI DEL FUOCO31.7992.7950,28,1
CORPI DI POLIZIA253.02252.9064,117,3
FORZE ARMATE147.36329.4972,316,7
MAGISTRATURA010.4230,8100
CARRIERA DIPLOMATICA09770,1100
CARRIERA PREFETTIZIA01.1970,1100
CARRIERA PENITENZIARIA02870,1100
ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI24.09316.6511,340,9
ENTI DI RICERCA7.65613.2991,063,5
UNIVERSITA’26.22968.7455,472,4
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE380.747266.31320,841,2
REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI322.177112.5188,825,9
REGIONI A STATUTO SPECIALE62.22927.0962,231
AUTORITA’ INDIPENDENTI5621.6940,175,1
ENTI ART. 70-COMMA 4 – D.LGS 165/015606110,052,2
ENTI ART. 60-COMMA 3 – D.LGS 165/017.4802.1500,222,3
ENTI LISTA S13 ISTAT24.41411.8230,932,6

Fonte: elaborazione FPA su dati Rgs – Conto annuale 2017

Da dati sulla scolarizzazione è intuibile che per spingere verso l’alto le dinamiche di innovazione, aggiornamento, crescita dell’efficienza, semplificazione dei processi, debbano essere adottate iniziative significative per lavorare sull’aggiornamento delle competenze e messe in campo risorse per la formazione. Due fattori indispensabili per allungare il passo verso quella digitalizzazione dei servizi pubblici che tutti dichiarano di voler conseguire.

In conclusione

Il successo della semplificazione nel settore amministrativo, che attiene al piano delle procedure ed è preordinata a rendere la PA più trasparente, efficiente ed efficace, si può ottenere solo se associata alla trasformazione delle attività, dei documenti e degli atti in forma elettronica e alla loro gestione telematica, sfruttando tutte le potenzialità che il digitale offre per rendere la vita dei cittadini e delle imprese più agevole:  per una efficace politica di semplificazione, insomma, le norme, da sole, non bastano.

Senza un serio impegno nell’attuazione, gli interventi restano sulla carta o fanno fatica ad andare incontro alle esigenze dei cittadini e delle imprese.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Social
Iniziative
Video
Analisi
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati