Il reclamo

Associazioni dei consumatori Ue contro TikTok: così viola i diritti, non solo dei minori

I termini del servizio offerto da Tik Tok non sarebbero chiari e favorirebbero TikTok a scapito dei suoi utenti, violando in questo modo tutta una serie di previsioni contenute nella Direttiva Ue sulle pratiche commerciali scorrette. Le ragioni che hanno spinto il BEUC a presentare un reclamo alla Commissione europea

Pubblicato il 22 Feb 2021

Diego Dimalta

Studio Legale Dimalta e Associati

tiktok5

Perdita totale del controllo sui contenuti pubblicati, incapacità di tutelare i minori da pubblicità nascosta e contenuti potenzialmente dannosi, mancanza di trasparenza circa l’utilizzo dei dati per scopi commerciali. Sono queste le principali tra le criticità a sfavore dei consumatori insite mei termini di servizio TikTok e che hanno spinto BEUC, Organizzazione Europea dei Consumatori a presentare un reclamo alla Commissione Europea e alla rete delle autorità per la protezione dei consumatori contro il social network.

Il reclamo, presentato il 16 febbraio 2021, non è ancora stato giudicato ma una conseguenza possiamo già osservarla: 15 organizzazioni di consumatori di altrettanti stati si sono tempestivamente mosse segnalando l’accaduto alle proprie autorità del consumo esortandole ad avviare le necessarie indagini per accertare i fatti evidenziati.

In particolare, BEUC riprendendo i dati emersi nel corso di una recente ricerca ha evidenziato come i termini del servizio offerto da Tik Tok siano quantomeno poco tutelanti per il consumatore. Queste le accuse: i termini non sarebbero chiari e favorirebbero TikTok a scapito dei suoi utenti, violando in questo modo tutta una serie di previsioni contenute nella Direttiva 2005/29/EC sulle pratiche commerciali scorrette (Unfair Commercial Practices Directive /UCPD).

L’articolo 5 della Direttiva, ad esempio, prevede in particolare che tutti i termini del contratto debbano essere redatti in modo chiaro e comprensibile e con un linguaggio inequivocabile. Così però non è.

I problemi riscontrati

I problemi partono con la lingua scelta per l’indicazione dei termini e servizio; evidenzia BEUC che pur prevedendo la possibilità di scegliere diversi linguaggi, in realtà, in molti casi, la scelta di una lingua diversa dall’inglese comporta la possibilità di visionare molti meno documenti e, quindi, molte meno informazioni utili. Viene fatto a tal riguardo un esempio concreto mostrando come le policy in inglese siano 7, le policy in olandese siano 3 e quelle in svedese soltanto due. Questo, secondo l’associazione, rischia di risultare scorretto nei confronti degli utenti, specie se si tiene in considerazione che la maggior parte degli utenti di questo social network, ad oggi, risulta molto giovane.

Non solo, anche qualora si riuscisse a comprendere i termini e condizioni, l’impressione di trovarci davanti a regole poco chiare o, comunque, poco equilibrate, resterebbe.

BEUC evidenzia in particolare un passaggio dei termini e condizioni in cui si afferma che pubblicando il contenuto sulla piattaforma, l’utente accetta di cedere a TikTok e ai suoi affiliati, una licenza sui contenuti pubblicati, incondizionata irrevocabile per utilizzare, modificare, adattare, riprodurre, creare opere derivate.

E in effetti una simile dicitura è presente anche nelle condizioni di servizio in italiano le quali prevedono che, salvo il diritto di autore morale, che resterà sempre in capo all’utente (come prevede la normativa italiana), pubblicando un contenuto l’utente concede a TikTok e alle sue consociate: “una licenza incondizionata, irrevocabile, non esclusiva, libera da royalty, integralmente trasferibile (anche per mezzo di sub-licenze), perpetua e universale di utilizzare, modificare, adattare, riprodurre, ricavare opere derivate, pubblicare e/o trasmettere e/o distribuire e autorizzare altri utenti dei Servizi e altri terzi a visualizzare, accedere, utilizzare, scaricare, modificare, adattare, riprodurre, ricavare opere derivate, pubblicare e/o trasmettere il vostro Contenuto Utente in qualsiasi formato e su qualsiasi piattaforma, attualmente nota o che sarà in seguito ideata; (ii) ad altri utenti dei Servizi una licenza incondizionata, irrevocabile, non esclusiva, libera da royalty, perpetua e universale di utilizzare, modificare, adattare, riprodurre, ricavare opere derivate, scaricare, pubblicare e/o trasmettere e/o distribuire alcuni o tutti i vostri Contenuti Utente in qualsiasi formato e su qualsiasi piattaforma, attualmente nota o che sarà in seguito ideata, allo scopo di generare altri Contenuti Utente o visualizzare il vostro Contenuto Utente per finalità di intrattenimento o altri scopi privati non commerciali”.

Le possibili conseguenze delle politiche di TikTok sui contenuti

Insomma, da quanto si legge risulta evidente che, dal momento in cui si pubblica un contenuto su TikTok, di fatto si perde ogni controllo su di esso. La nostra immagine può difatti essere utilizzata in qualunque modo. Non solo per le finalità del social network, non solo in modo integrale, ma in qualunque modo. Si badi difatti che nei termini e condizioni è indicato il potere di modificare, adattare e ricavare opere derivate.

Ora, chiaramente non si mette in dubbio la buona fede di TikTok che, molto probabilmente, con questo avrà voluto puntare alla possibilità di utilizzare i video per fare degli ulteriori video promozionali della piattaforma ma, con queste condizioni, se la licenza venisse trasferita a terzi in malafede, questa potrebbe consentire anche, potenzialmente, l’utilizzo delle immagini per creare dei deepfake pornografici. Si tratterebbe difatti di modifica, adattamento e di creazione di un’opera derivata, proprio come scritto nei termini e condizioni. È chiaro che questo non sia il fine di TikTok, ma l’esempio volutamente provocatorio aiuta a comprendere l’effettivo potenziale dannoso di una simile previsione contrattuale.

Challenge, marketing e tutela dei minori

L’attenzione è posta poi sul fatto che, sempre secondo il report di BEUC, TikTok non sarebbe in grado di proteggere bambini e adolescenti dalla pubblicità nascosta e da contenuti potenzialmente dannosi presenti sulla sua piattaforma. Gli utenti, ad esempio, secondo l’indagine, verrebbero spinti a partecipare a sfide identificate con hashtag richiamanti determinati brand, in cui sono incoraggiati a creare contenuti per marche o prodotti specifici. Poiché gli influencer popolari sono spesso il punto di partenza di tali sfide, è possibile che loro utilizzino gli hashtag #ad (che, come già visto su queste pagine, sono ormai necessari anche in Italia) ma che i loro seguaci non lo facciano, risultando meno chiaro l’intento commerciale di queste challenge.

A tal proposito, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, dell’UCPD, la pratica commerciale deve essere considerata sleale se è contraria ai requisiti di professionalità e diligenza, influenzando significativamente le scelte commerciali dei consumatori. Non solo, ai sensi dell’articolo 7 dell’UCPD, i rivenditori devono evidenziare chiaramente l’intento commerciale dietro le loro pratiche, dovendosi, in base al punto 28 dell’allegato dell’UCPD considerare del tutto vietata ogni pratica pubblicitaria diretta ai bambini.

In tal senso, in effetti bisogna evidenziare che TikTok vieta le pubblicità dirette nei confronti dei minori anche se, tuttavia, come visto, incentivando simili sfide basate su pubblicità ad un determinato prodotto, considerato il target di età degli utenti del social, di fatto gli sforzi non risultano sufficienti per impedire che vengano realizzate delle iniziative commerciali dirette per minori.

Il nodo del trattamento dati

Si affronta poi il problema del trattamento dei dati, citando l’autorità italiana. La sorpresa è che non si cita il Garante Privacy ma AGCM che con provvedimento del 7 dicembre 2018, ha inflitto una multa di 5 milioni di euro a Facebook per aver utilizzato i dati degli utenti per scopi commerciali senza averli informati adeguatamente. Ed infatti, secondo l’analisi condotta da BCU anche TikTok non sarebbe in grado di proteggere sufficientemente i propri utenti, specie i minori, in merito ai pericoli di derivanti da un errato trattamento di dati personali.

Viene evidenziata in particolare la fornitura di informazioni poco chiare, esattamente come accaduto con il citato caso di Facebook dove AGCM aveva accertato che il noto social network, in violazione degli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo, induceva ingannevolmente gli utenti consumatori a registrarsi alla piattaforma Facebook, non informandoli adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti, e, più in generale, delle finalità remunerative che sottendono la fornitura del servizio di social network, enfatizzandone la sola gratuità.

Situazione simile si verificherebbe quindi anche con TikTok risultando il comportamento potenzialmente lesivo dei diritti degli utenti.

Questi in sostanza i motivi per cui BEUC ha domandato alle autorità e alla Commissione di avviare indagini per garantire il rispetto dei consumatori di tutta Europa, chiedendo che l’azienda inizi ad informare adeguatamente i consumatori sul proprio modello di business e sulle attività di elaborazione dei dati cessando l’imposizione di clausole inique nei confronti dei consumatori. Non resta quindi che attendere le risposte delle autorità.

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