OSSERVATORIO DISINFORMAZIONE

Guerra e fake news, i “danni collaterali” della corsa alla notizia

Le polemiche tra Open e Panorama sul fact checking; la relazione tra contenuti social e stati emotivi personali; le parole usate e abusate nell’informazione di guerra; le difficoltà dei giornalisti che si pongono domande non allineate alla narrazione dominante. Gli aspetti esaminati nel nuovo Osservatorio disinformazione

Pubblicato il 21 Apr 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

fake news guerra

Il periodico Panorama ha aperto una polemica con la testata online “Open”, diretta dal famoso giornalista Enrico Mentana.

Panorama riporta come, dal 12 ottobre 2021, “Open” sia partner italiano di Facebook per il fact-checking.

La guerra nell’era social: caccia al consenso a suon di propaganda, fake news e odio online

Cos’è il fact-checking di Open e le contestazioni di Panorama

Sul sito internet di “Open”, infatti, si legge che “Fact-checking di Open è un progetto giornalistico indipendente che mira a monitorare le notizie false o fuorvianti diffuse in Italia e all’estero, fornendo un servizio di corretta informazione e degli strumenti necessari ai cittadini per imparare a riconoscere le bufale, la disinformazione, la misinformazione e tutte le altre falsità che minano la società e il processo democratico. Da aprile 2021 siamo membri dell’IFCN (International Fact-Checking Network)”.

Panorama, in un articolo lungo – e documentato – del 9 aprile 2022, segnala ben quattro fake news pubblicate da “Open” tra il 5 ed il 7 aprile 2022, tutte aventi ad oggetto notizie – raccapriccianti – della guerra in Ucraina.

Prima, la foto della povera ragazza torturata a Mariupol e lasciata con una svastica fatta con bruciature sul ventre con attribuzione all’armata russa, trovata nel sotterraneo di una scuola utilizzata, fino a pochi giorni prima del ritrovamento, come base del famigerato battaglione Azov, notoriamente neonazista.

Secondo “Open”, che ha dovuto rettificare, si trattava di una prova dei crimini russi ad Irpin.

Sempre il 5 aprile – per tacere le altre – la foto della “unità 51460” ritraente giovani militari sorridenti e additati come i massacratori di Bucha.

Ma la foto è del 2019.

Tutti gli strumenti dell’informazione in mano a Enrico Mentana

Il punto su cui ci si dovrebbe focalizzare, però, non sono – tanto – gli errori dei redattori di “Open”: in un momento concitato per l’informazione di guerra, purtroppo, qualche “danno collaterale” può capitare anche ai migliori.

Il problema, su cui dovrebbe concentrarsi l’opinione pubblica – ma forse anche l’Autorità Garante per l’Informazione – è la concentrazione e la combinazione di strumenti di informazione tradizionali e di nuova generazione incarnata proprio da Enrico Mentana.

Il famoso anchor man, infatti, tiene ogni giorno un seguitissimo speciale sull’emittente televisiva “La7”, dirige il successivo telegiornale – seguitissimo anch’esso – e dirige una testata online, “Open”, appunto, la cui attività di fact-checker può determinare la “censura” da parte degli algoritmi di Facebook.

Correlazione tra contenuti mostrati nei social e stati emotivi personali 

Una ricerca condotta nel 2012 – in realtà un vero e proprio esperimento sociale – ha evidenziato una correlazione diretta tra l’esposizione a contenuti postivi o fortemente negativi e “l’umore” dell’utente.

L’esperimento è stato condotto su quasi 700.000 persone negli Stati Uniti e ha registrato anche un dato ulteriore: alle elezioni, i “contatti” di chi si era recato alle urne avevano una maggior propensione ad andare a votare.

Dato rilevantissimo negli USA, dove l’astensionismo elettorale tocca vette percentuali improponibili in Europa.

La ricerca è stata documentata in Italia da Donatella Pennisi, su “ilcorriere.it”.

Il dialogo interiore e cosa può influenzarlo

Il risultato dell’esperimento non sorprende gli esperti di comunicazione e di programmazione neurolinguistica: Anthony Robbins, forse il coach di maggior successo a livello mondiale, nei suoi libri pone fortemente l’accento sul dialogo interiore e su ciò che può influenzarlo.

In altri termini, il “rimuginio” che ciascuno di noi prova quotidianamente quando pensa a qualcosa di diverso a quello che st facendo, determina l’umore del momento; la “qualità” del dialogo interiore diventa, quindi, importantissima perché si correla direttamente con la qualità della vita.

Si spiega, quindi, come vi sia anche correlazione diretta tra il “rimuginio” interno ed il “rimuginio” di Facebook.

Discorso analogo vale per i media tradizionali: un bombardamento mediatico di “informazioni fortemente negative” può determinare stati emotivi di ansia e depressione.

Un doveroso pensiero, quindi, a tutta la comunicazione televisiva dell’epoca pandemica.

Guerra o “operazione militare speciale”? Genocidio?

È noto che la Federazione Russa affermi di condurre un’operazione militare speciale e no di essere in guerra con l’Ucraina.

Perché?

Sul piano diplomatico è molto chiaro: dopo il fallimento politico della teoria della guerra preventiva statunitense, era necessario individuare una nuova formula.

Dato che non si poteva parlare di missioni di pace o di peace keeping, la formula di nuovo conio consente comunque un certo argine di manovra politica.

Ma c’è di più.

Sul fronte della politica interna, affermare di “essere in guerra” poteva creare uno stato d’animo di tensione generalizzato.

La guerra è un conflitto con una dimensione territoriale e temporale indefinite; una missione militare speciale appare, invece, circoscritta nello spazio e nel tempo e, quindi, più controllabile.

Non solo: la guerra può essere “persa”; la missione militare speciale potrà essere conclusa con qualunque risultato conforme agli obiettivi prefissati.

Neurochimica del cervello – il riferimento alla guerra provoca la produzione degli ormoni dello stress, cortisolo su tutti – ed esigenze di politica interna ed estera si sono sposate perfettamente nella scelta della locuzione russa “operazione militare speciale”.

Non a caso, invece, il presidente degli USA Joe Biden utilizza termini molto più impattanti.

Oltre a parlare apertamente di guerra in Ucraina – facendo intendere che il conflitto potrebbe durare molto a lungo – fa espresso riferimento al “genocidio” perpetrato dai russi sul popolo ucraino.

Il tentativo di etichettare come genocidio quello che sta avvenendo in ucraina pare, però fallito, sia sul piano politico (che sia in atto un genocidio è stato smentito anche dal presidente francese Emmanuel Macron), sia sul piano dell’opinione pubblica.

All’inizio del conflitto, lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyj, ha provato a definire “genocidio” l’aggressione russa in un discorso tenuto alla Knesset (il Parlamento israeliano), arrivando ad equiparare la situazione ucraina alla shoah ebraica, con pessimi risultati in termini di consenso.

Come direbbe Paolo Borzacchiello (autore, tra gli altri volumi, di “Basta dirlo”, “le parole che usi dicono da dove vieni, le parole che scegli dicono dove vuoi andare” (anche a parare…).

E i politici lo sanno bene.

Shitstorm e dintorni: dall’Anpi a Toni Capuozzo

In un tweet del 2019, il parlamentare del Partito democratico Emanuele Fiano stigmatizzava il fatto che l’Ucraina avesse celebrato con dei francobolli alcuni membri delle Waffen SS, arrivando a chiedere all’allora ministro Moavero di esprimere la condanna del governo italiano per un fatto così grave.

Se per alcuni inviare armi ad una nazione che annovera tra le proprie fila battaglioni apertamente neonazisti è ideologicamente accettabile, non lo è necessariamente per tutti.

Non è quindi chiaro come ci si sarebbe coerentemente potuti aspettare una posizione entusiasta dell’Associazione nazionale partigiani, fondata da chi i nazisti li ha combattuti armi alla mano.

Eppure, sull’Anpi sono fioccate critiche durissime, specie dagli “ex compagni”.

Toni Capuozzo, noto giornalista di guerra, prosegue la sua battaglia di verità, nel tentativo di spiegare per quali ragioni non bersi tutta la propaganda filoatlantista che domina i media italiani non significhi approvare l’invasione russa dell’Ucraina.

In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook il 13 aprile 2022, si ha spiegato bene come l’equivalenza (tecnicamente “doppio legame”) tra porsi delle domande sulla propaganda ucraina ed essere filorussi sia una pesante fallacia logica.

“Di Maio. “Chi nega Bucha alimenta la propaganda russa che provoca morte”. Nel suo italiano stentato il ministro degli Esteri vuole essere definitivo. Avrei qualche domanda per lui, come per Giletti, per la veterinaria di Open e tanti altri. Cosa vuol dire negare? Non c’è dubbio alcuno che i russi abbiano commesso crimini durante l’occupazione di Bucha. A testimoniarlo ci sono le fosse comuni scavate dietro alla chiesa. I 350 corpi che contengono raccontano quello che è successo. Le mie perplessità riguardano i morti che dal 3 aprile vengono ritrovati per strada, in quella ormai tristemente famosa via Jablonskaja, la via del Melo. Il mio dubbio è che quei cadaveri non appartenessero all’orrendo capitolo precedente (i russi se n’erano andati il 30 marzo) ma fossero il risultato di un’operazione di un corpo speciale della polizia ucraina (ho riportato l’articolo della stampa ucraina che annunciava la caccia a Bucha di sabotatori e collaborazionisti). Oppure che fossero vittime dei russi recuperati dalle cantine e dai cortili e disposte sulla strada a beneficio delle televisioni”.

Anche Capuozzo è stato malamente criticato – per non dire bullizzato – sia sui social che dui suoi stessi colleghi, Beppe Severgnini su tutti.

Conclusioni

La propaganda è una brutta bestia; lo spiega benissimo Alessandro Gilioli in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook il 13 aprile 2022. “Per lavoro seguo quasi tutti i canali telegram di propaganda di tutte le parti, da Azov a Kadirov, passando per i canali ufficiali dei governi nazionali e locali, più quelli fiancheggiatori unofficial. All’inizio li trovavo interessanti, professionalmente dico: giocavo un po’ alle verifiche e ai debunking, al confronto fra i linguaggi e le tecniche di marketing e menzogna, e anche per i diversi target a cui le tecniche erano mirate, e così via. Ora, dopo quasi due mesi, ho invece solo nausea. Nausea totale, per sistemi cognitivi degradati e soprattutto degradanti, mortificanti, umilianti. Avete presente quando si dice che bisogna “circondarsi di bellezza”? Ecco, essere immersi lì dentro è esattamente il contrario, è circondarsi di bruttezza, del peggio dell’universo”.

Difficile dirlo meglio.

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