La guida

Recovery Fund, che cos’è e a cosa serve

Cos’è e come funziona il Recovery Fund, approfondiamo in cosa consiste il piano di recupero europeo studiato dopo l’emergenza causata dalla pandemia di coronavirus, evidenziando in cosa si differenzia dal già noto MES e quali sono le condizioni di accesso

Pubblicato il 13 Ott 2020

Giancarlo Ruggiero

Unità di traduzione DG TRAD del Parlamento europeo

Gianpiero Ruggiero

Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR

Dark pattern e trasparenza della pubblicità online

Il Recovery Fund è lo strumento individuato dalla Commissione europea per rilanciare le economie dei Paesi membri dopo la crisi causata dall’epidemia di coronavirus. Per quanto concerne l’Italia, i fondi che arriveranno nei prossimi tre anni saranno un’occasione da non sprecare, anzi, la disponibilità di queste risorse e gli spazi di bilancio concessi potranno avere un impatto molto significativo sulla crescita economica del nostro Paese. Il Governo è impegnato con la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in uno sforzo di coordinamento di progetti e di individuazione di un quadro finanziario che si lega strettamente alla sessione di bilancio che il Parlamento si appresta ad avviare. Per il momento, qualsiasi giudizio sarebbe prematuro: intanto, vediamo in cosa consiste il Recovery Fund, quanti soldi spettano al nostro Paese e come funziona.

Il contesto europeo

Il 26 maggio 2020 la Commissione europea ha proposto un piano di ripresa, di ampio respiro, che intende sfruttare appieno le potenzialità offerte del bilancio dell’Unione per contribuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus (danni per cui l’Italia ha lanciato a livello nazionale iniziative come il bonus pc e internet, il bonus 1000 euro e il bonus bici), rilanciare la ripresa in Europa, proteggere l’occupazione e creare posti di lavoro. I leader hanno concordato un piano per la ripresa e il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027  per gettare le fondamenta per il futuro di un’Europa moderna e più sostenibile. I negoziati in corso tra i co-legislatori (Parlamento e Consiglio europeo) dovrebbero portare a concludere i lavori su tutti gli atti giuridici e raggiungere un accordo definitivo a breve.

Le complesse procedure di approvazione del Regolamento europeo che disciplinerà sia il processo di approvazione dei piani nazionali che la sorveglianza sulla loro attuazione sono ancora incomplete. Ciò nonostante, secondo molti esperti, il risultato ottenuto al tavolo di Bruxelles è stato un capolavoro politico. Non c’è stata una vera mutualizzazione del debito pregresso, ma è stato compiuto un passo avanti in senso solidaristico rispetto ai fondi messi a disposizione per la ricostruzione. La nuova Europa che sta nascendo grazie agli effetti di questo nuovo spirito solidaristico post-emergenziale, potrebbe avere un ruolo importante sullo scacchiere politico ed economico globale.

Cos’è il Recovery Fund e a cosa serve

Nella sua strategia annuale di crescita sostenibile per il 2021, la Commissione ha definito gli orientamenti per l’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, ponendo l’obiettivo di perseguire una nuova strategia di crescita basata sulla sostenibilità competitiva (il New Green Deal), ossia una serie di investimenti e riforme nel settore verde e digitale per creare posti di lavoro e crescita sostenibili. Per mobilitare gli investimenti necessari, la Commissione ha stabilito una duplice risposta:

  • Il Next Generation EU – un nuovo strumento per la ripresa da 750 miliardi di euro che rafforzerà il bilancio dell’UE con nuovi finanziamenti raccolti sui mercati finanziari per il periodo 2021-2024;
  • Il Bilancio rafforzato per il periodo 2021-2027 (1.100 miliardi di euro).

Lo strumento Next Generation EU sarà realizzato attraverso tre pilastri:

  • Strumenti a sostegno degli sforzi profusi dagli Stati membri per riprendersi dalla crisi, superarne gli effetti e riemergere più forti;
  • Misure volte a stimolare gli investimenti privati e sostenere le imprese in difficoltà;
  • Rafforzamento di programmi strategici dell’UE per trarre insegnamento dalla crisi e rendere il mercato unico più forte e più resiliente e accelerare la duplice transizione verde e digitale.

Struttura di Next Generation EU

PilastroProgrammaFinalitàAmmontareCriterio di assegnazioneGestione
EU stars

Pilastro 1: Sostenere la ripresa degli Stati membri

Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Fund)Investimenti per la ripresa in linea con gli obiettivi del semestre europeo, transizione verde e digitale672,5 miliardi (312,5 a fondo perduto e 360 destinati a prestiti)Quota da stabilire in base a:

  • PIL pro capite
  • Tasso di disoccupazione
  • Popolazione
  • Perdita cumulata di PIL
Stato membro
React-EUSostegno a lavoratori e PMI, ai sistemi sanitari, alla transizione verde e digitale47,5 miliardi a fondo perdutoQuota da stabilire in base a:

  • Impatti del Covid-19
  • Benessere del paese
Meccanismo rafforzato per una transizione giusta (Just TransitionFund)Accelerazione della transizione verso la neutralità climatica10 miliardi a fondo perdutoQuote stabilite in base agli impatti della transizione green
Programma di sviluppo rurale rafforzatoSupporto alle aree rurali per cambiamenti strutturali in linea col green deal7,5 miliardi a fondo perdutoQuote stabilite in base a programmazione precedente
hand and building

Pilastro 2:

Rilanciare l’economia e sostenere gli investimenti privati

Invest-EUMobilitazione di investimenti privati nelle catene del valore fondamentali (infrastrutture sostenibili, ricerca, innovazione e digitalizzazione)5,6 miliardi per garanzie su prestitiBEINo quota. L’assegnazione dipenderà dal merito della domanda dello Stato membroCommissione Europea
Strumento di sostegno alla solvibilitàGaranzia alla BEI dal Bilancio EU per sostegno a settori e tecnologie chiave
paper with a list

Pilastro 3:

Trarre insegnamenti dalla crisi

RescEUMiglioramento della capacità delle protezioni civili nazionali di reagire a situazioni di crisi1,9 miliardi a fondo perdutoNo quota. L’assegnazione dipenderà dal merito del richiedente (non necessariamente lo Stato membro) e le risorse verranno utilizzate dal beneficiario via appalti diretti
Horizon EuropeSostegno dei processi di ricerca e sviluppo in materia di salute e clima5 miliardi in garanzie

L’auspicio della Commissione è che Next Generation EU non solo favorisca un rimbalzo economico, ma garantisca anche che un percorso di ripresa centrato su obiettivi verdi e digitali, al fine di rendere l’UE e le economie nazionali più sostenibili e resilienti alle future crisi. La crisi finanziaria del 2008 ha insegnato che la successiva spesa statale è stata, nel complesso, un’opportunità persa, poiché la maggior parte di essa non ha aumentato la sostenibilità dei modelli economici. La Commissione perciò non intende più avallare spese per modelli non sostenibili. Piuttosto, sta spingendo per individuare progetti in grado di creare collegamenti con le sfide individuate nel semestre europeo, in particolare per quelle spese previste nel Recovery Fund.

Le spese finanziate con fondi UE dovranno inoltre rispettare l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e contribuire al raggiungimento dei target climatici dell’Unione. Una nuova visione si sta affacciando: progetti più attenti all’uomo e al pianeta, capaci di coniugare profitto e impatto sociale, sostenibilità ambientale, dignità e qualità del lavoro.

Gli strumenti di Next Generation EU

Pillar 1 – Aiutare gli Stati membri a riprendersi

  • Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza, integrato nel semestre europeo: è il maggiore tra i programmi finanziati da Next Generation EU, con dotazione di 672,5 miliardi di euro da utilizzare per investimenti e riforme, anche per le transizioni verde e digitale. Il meccanismo prevede sovvenzioni e prestiti mediante l’attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza definiti dagli Stati membri in linea con gli obiettivi del semestre europeo. Lo strumento è guidato dalla task force per la ripresa e la resilienza, che opererà in stretta collaborazione con la direzione generale degli Affari economici e finanziari.
  • Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa: finanziamenti supplementari tra il 2020 e il 2022 per gli attuali programmi di coesione e per il Fondo di aiuti europei agli indigenti. Da utilizzare per sussidi all’occupazione, regimi di riduzione dell’orario lavorativo e misure a favore dell’occupazione giovanile; liquidità e solvibilità per le PMI. Il meccanismo prevede sovvenzioni flessibili a titolo della politica di coesione per Comuni, ospedali e imprese attraverso le autorità di gestione degli Stati membri. Nessun cofinanziamento nazionale richiesto.
  • Sostenere la transizione verde verso un’economia climaticamente neutra attraverso i fondi dello strumento Next Generation EU: proposto il potenziamento del Fondo per una transizione giusta per aiutare gli Stati membri ad accelerare la transizione alla neutralità climatica. Rinforzo del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale per aiutare le zone rurali a introdurre i cambiamenti strutturali richiesti ai fini del Green Deal europeo e a centrare gli ambiziosi obiettivi delle nuove strategie sulla biodiversità e “dal produttore al consumatore”.

Pillar 2 – Rilanciare l’economia e sostenere gli investimenti privati

  • Programma InvestEU rafforzato, compreso un dispositivo per gli investimenti strategici: da utilizzare per investimenti in infrastrutture sostenibili, ricerca e innovazione e digitalizzazione, PMI e imprese a media capitalizzazione, investimenti sociali e competenze in tutta l’UE. Il nuovo dispositivo per gli investimenti strategici mirerà inoltre a sviluppare catene del valore indipendenti forti e resilienti, quali infrastrutture critiche, tecnologie verdi e digitali e assistenza sanitaria, e a rafforzare l’autonomia del mercato unico dell’Unione. Il meccanismo prevede la prevede la fornitura di una garanzia di bilancio dell’UE per il finanziamento di progetti di investimento attraverso il gruppo BEI e le banche di promozione nazionali.
  • Nuovo strumento di sostegno alla solvibilità per proteggere il capitale delle imprese economicamente sostenibili: dotazione di una garanzia del bilancio UE alla BEI al fine di mobilitare capitali privati.

Pillar 3 – Trarre insegnamenti dalla crisi

  • Un nuovo programma per la salute per preparare l’Europa ad affrontare le minacce sanitarie del futuro: un nuovo programma per la salute EU4Health per potenziare la sicurezza sanitaria e permettere di prepararsi alle crisi sanitarie del futuro. Da utilizzare con particolare attenzione alla prevenzione e sorveglianza a lungo termine delle malattie, accesso alla salute, diagnosi e cura, collaborazione transfrontaliera in ambito sanitario. Il meccanismo prevede sovvenzioni concesse direttamente ai beneficiari dalla Commissione europea, appalti gestiti in modo centralizzato dalla Commissione europea.
  • Rafforzare rescEU, il meccanismo di protezione civile dell’UE, per rispondere alle emergenze su vasta scala

Recovery Fund, come funziona

Secondo quanto dichiarato dalla Von der Leyen, il Next Generation Eu è un fondo strettamente collegato al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27 dell’UE, che è stato riveduto a 1.100 miliardi. Per l’utilizzo di questo Fondo, è stato stabilito che dovrà essere la Commissione a valutare i piani di recupero predisposti dagli Stati membri entro due mesi dalla presentazione. Come si desume dall’accordo, “la transizione verde e digitale costituiscono prerequisiti per una valutazione positiva”. I vertici di Palazzo Berlaymont avranno l’onere di verificare che le riforme proposte siano coerenti con le raccomandazioni specifiche, e dunque, siano mirate a rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica e sociale.

Una volta ottenuto il via libera dai commissari Ue, entra in gioco il Consiglio dell’Ue. Proprio sul ruolo e sulle modalità decisionali attribuite all’organo di rappresentanza dei ministri degli Stati membri, si è consumato lo scontro tra opposti schieramenti in sede di accordo politico a Bruxelles, considerando che alcuni Paesi rivendicavano la possibilità di veto sui singoli programmi. Si tratta di quella “linea rossa” sulla quale il premier italiano Giuseppe Conte non ha voluto trattare. Così è stato riconosciuto il principio procedurale sancito nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo cui il Consiglio dovrà dare il via libera a maggioranza qualificata (il 55% degli Stati pari ad almeno il 65% della popolazione Ue) e dovrà farlo entro quattro settimane dalla presentazione del piano della Commissione.

In questi giorni il Ministro delle Politiche Comunitarie, Vincenzo Amendola, ha lanciato un allarme sul rischio di non conseguire il buon esito di questo processo. Si sarebbe aperto uno scontro tra Paesi come la Polonia e l’Ungheria che non vogliono interferenze o condizionalità sullo stato di diritto e i cosiddetti “frugali” che spingono perché lo stato di diritto sia irrinunciabile per accedere ai fondi. “Se la discussione continua così, con questi toni e con minacce di veto – dal mio punto di vista al di fuori della logica comunitaria – si potrebbe bloccare tutto. Lavoriamo con la Germania per una via d’uscita”, ha auspicato il Ministro Amendola. Da quando sarà trovata questa via d’uscita, a quel punto, l’ultimo passaggio istituzionale sarà il Parlamento Ue, dove dovrà essere approvato il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27 al quale è collegato il Recovery Fund. Infatti, il versamento delle prime tranche inizierà proprio con l’entrata in vigore del nuovo bilancio settennale dell’Ue.

Quando arrivano i soldi del Recovery Fund

Nel testo finale dell’accordo sul dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza si prescrive che il 70% dei trasferimenti arriveranno nel 2021 e nel 2022, il restante 30% entro la fine del 2023[1]. Il Piano è dunque sostanzioso ma severamente disciplinato: impegni da assumere entro i primi 2 anni (2021-2023) e pagamenti entro i successivi 3 (entro il 2026). Il piano di spesa deve essere anticipato rispetto all’erogazione e presentato entro gennaio 2021. Durante questo triennio, il Comitato economico e finanziario dell’Unione europea vigilerà sul rispetto del mandato, in base ai principi stabiliti dall’accordo e dalle proposte di riforma approvate in sede di Consiglio dell’Ue.

In caso dovessero risultare delle violazioni di uno dei Paesi rispetto alle regole pattuite, i partners potranno rivolgersi al presidente del Consiglio europeo e chiedere che la questione finisca sul tavolo dei 27 prima che venga presa qualsiasi decisione: è questo il tanto discusso “freno di emergenza” richiesto soprattutto da Olanda e Austria. Nessuna decisione potrà essere assunta finché il Consiglio europeo non abbia discusso la questione “in maniera esaustiva”. Per tale processo si prevede, “di regola”, una durata non superiore a tre mesi (durante l’esame l’erogazione dei fondi viene sospesa).

Recovery fund

Come si finanzia il Fondo europeo di recupero

L’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo ha una portata storica nell’affermare la base solidaristica dell’Unione e nel creare, per la prima volta, una prima “capacità fiscale” a livello europeo. Un traguardo per nulla scontato, apparso irraggiungibile prima della pandemia. L’intesa è stata definita memorabile proprio perché per la prima volta gli Stati membri hanno dato mandato alla Commissione europea di indebitarsi a loro nome per una somma ingente. Ciò significa che i Commissari europei potranno esercitare nuovi poteri di finanziamento che, fino ad ora, erano stati affidati solo alla Banca europea degli investimenti e al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

Per finanziare gli investimenti, la Commissione emetterà obbligazioni sui mercati finanziari. Per rendere possibile l’assunzione di prestiti, la Commissione modificherà la decisione sulle risorse proprie (il testo giuridico che stabilisce le condizioni per il finanziamento del bilancio dell’UE), per consentire l’assunzione di prestiti e aumentare, in via eccezionale e temporanea, di 0,6 punti percentuali il massimale delle risorse proprie. Questo aumento delle risorse proprie va ad aggiungersi al massimale permanente delle risorse proprie di 1,4 % del reddito nazionale lordo (RNL) di tutti gli Stati membri.

Così facendo aumenterà il margine di manovra[2], ossia la differenza tra il massimale delle risorse proprie nel bilancio a lungo termine (vale a dire l’importo massimo dei fondi che l’Unione può richiedere agli Stati membri per finanziare le proprie spese) e la spesa effettiva. La Commissione utilizzerà il margine di manovra a garanzia dei prestiti. L’aumento del massimale delle risorse proprie scadrà quando tutti i fondi saranno stati rimborsati e tutte le passività saranno venute meno.

Il maggiore margine di manovra dimostrerà agli investitori che il bilancio dell’UE può adempiere le sue obbligazioni debitorie in ogni circostanza. In tal modo l’UE manterrà i costi di finanziamento al livello più basso possibile, senza ulteriori contributi immediati al bilancio a lungo termine da parte degli Stati membri. Con il margine di manovra come garanzia, la Commissione emetterà obbligazioni e raccoglierà fondi sui mercati per canalizzarli, tramite Next Generation EU, verso i programmi destinati a rimediare ai danni economici e sociali.

La Commissione prenderà a prestito fino a 750 miliardi di euro, la maggior parte nel periodo 2020-2024 e:

  • canalizzerà i fondi verso uno dei nuovi programmi o verso uno dei programmi rafforzati, oppure finanzierà la componente sovvenzioni del dispositivo per la ripresa e la resilienza;
  • concederà prestiti agli Stati membri che ne hanno bisogno nell’ambito del nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza secondo i termini dell’emissione originaria (stessa cedola e stessa durata e stesso importo nominale). In questo modo, gli Stati membri potranno contrarre prestiti indirettamente a condizioni molto vantaggiose, beneficiando dell’elevato rating creditizio di cui gode l’UE e di tassi debitori più bassi rispetto a quelli che dovrebbero pagare i singoli Stati membri.

La tempistica, il volume e la scadenza delle emissioni saranno organizzati in maniera da ottenere le condizioni più vantaggiose possibili per l’Unione e per i suoi Stati membri. È importante evidenziare che i titoli avranno scadenze diverse, ma l’impegno è di rimborsarli entro il 2058 e non prima del 2028. Al contrario, la componente prestito del fondo verrebbe rimborsata direttamente dagli Stati membri che richiedono questa forma di assistenza. Lo stesso varrebbe per i relativi costi di finanziamento.

Per facilitare il rimborso dei finanziamenti raccolti sul mercato, e contribuire a ridurre ulteriormente la pressione sui bilanci nazionali, la Commissione ha annunciato l’intenzione di diversificare le fonti di entrate con nuove risorse proprie supplementari, in aggiunta a quelle ordinaria proposte nel 2018. Tali proposte sono ancora in discussione[3] e saranno definitive solo dopo il 2028, in una fase successiva al periodo finanziario 2021-2027. Nell’elenco delle proposte di risorse proprie supplementari risulta:

  • Revisione del sistema per lo scambio di quote di emissioni di CO2, con estensione ai settori marittimo e aereo (non c’è una data specifica di avvio ma si stima possa generare 10 miliardi di euro l’anno);
  • Rifiuti di plastica non riciclati, da applicare a partire dal 1° gennaio 2021;
  • Risorse basate sulle operazioni delle società che traggono benefici dal mercato unico, che, a seconda dell’articolazione, potrebbero generare circa 10 miliardi di euro l’anno;
  • Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (stima tra 5 e 14 miliardi l’anno);
  • Imposta digitale sulle imprese con un fatturato annuo mondiale superiore a 750 milioni di euro, che potrebbe generare fino a 1,3 miliardi di euro l’anno, sulla base di proposte della Commissione da presentare nel primo semestre 2021 e la cui introduzione si prevede al più tardi entro il primo gennaio 2023.

Nel loro insieme, queste nuove risorse proprie, che potrebbero includere anche una tassa sulle transazioni finanziarie, potranno contribuire a finanziare il rimborso del capitale e degli interessi sui finanziamenti raccolti sul mercato. Senza queste nuove risorse proprie, i decisori politici potrebbero trovarsi di fronte a scelte durissime per il quadro finanziario post-2027, come un aumento dei contributi nazionali, una riduzione dei fondi assegnati ad altre voci di spesa o l’istituzione di nuove tasse europee.

Tasso di interesse e condizioni del Recovery Fund 

La Commissione ha stabilito che nessun Paese potrà ricevere una somma superiore al 6,8% del proprio Reddito Nazionale Lordo. Per le somme da prendere a prestito, è stato stimato per ciascun Paese un ammontare basato essenzialmente su tre passaggi:

  • Valutazione della convenienza dello stesso a prendere a prestito dalla Commissione Europea piuttosto che dal mercato (attraverso un confronto tra la media su 12 mesi dei rendimenti sui titoli governativi a 10 anni con il costo di finanziamento della Commissione, a cui sono stati sommati dei costi fissi);
  • Utilizzo delle stesse chiavi di allocazione calcolate per le sovvenzioni del Recovery, distribuendo inizialmente le risorse sui soli Paesi che sulla base del precedente punto 1) potrebbero avere la convenienza a contrarre un prestito con la Commissione;
  • Applicazione del tetto massimo imposto dalla Commissione sulla distribuzione delle risorse di cui al punto 2.

Per le somme da erogare a fondo perduto (sovvenzioni gratuite), la Commissione ha chiesto a ciascun Stato membro la presentazione di Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR). Ha tal fine la Commissione stessa ha presentato gli orientamenti per i Piani di ripresa e resilienza degli Stati membri  e un modello standard per la presentazione di tali piani. Il termine per la presentazione dei Piani di ripresa e resilienza è stato fissato al 30 aprile 2021. Gli Stati membri sono tuttavia incoraggiati a presentare i loro progetti preliminari di piani a partire dal 15 ottobre 2020. Gli Stati membri devono presentare i loro progetti di piani di ripresa e resilienza tenendo conto:

  • dei quattro principi guida della strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 (sostenibilità ambientale, produttività, equità e stabilità macroeconomica);
  • delle raccomandazioni specifiche per paese degli ultimi anni;
  • dei sette obiettivi principali: utilizzare più energia pulita, rinnovare, ricaricare e rifornire, collegare, modernizzare, espandere, riqualificare e migliorare le competenze.

Una delle condizioni poste più stringenti è che le risorse del Recovery non possono essere impegnate per una riduzione del carico fiscale (ad esempio con un abbassamento generalizzato delle aliquote dell’IRPEF), mentre siano pienamente utilizzabili per riforme di ampio raggio, la cui attuazione potrebbe richiedere costi di transizione non trascurabili. In questo contesto, fermo restando le scelte definitive che Governo e Parlamento italiano assumeranno, le risorse del Recovery potrebbero essere utilizzate per una riforma del Fisco e dell’attività di riscossione, soprattutto in ottica di rafforzamento dei processi di digitalizzazione e innovazione, per rendere ancora più efficiente ed efficace l’azione dell’Agenzia delle Entrate.

Differenze tra Mes e Recovery Fund

Apparentemente simili (entrambi erogano prestiti, emettono bond comuni per raccogliere risorse sul mercato, hanno una governance collegiale che vede impegnati in prima persona i rappresentanti dei governi europei), il Recovery e il Mes – Meccanismo europeo di stabilità (Mes) presentano varie differenze: governance, scopi, modalità di finanziamento, condizionalità.

Governance

Il Mes è un fondo intergovernativo partecipato dai 19 Paesi dell’Eurozona e dalla Commissione europea[4] con sede a Lussemburgo. I suoi massimi azionisti sono Italia, Germania e Francia (tutti e tre a pari livello di peso nel board). Due sono i suoi organi principali: il Consiglio dei Governatori e il Consiglio degli Amministratori (ciascuno composto da un rappresentante di ogni Paese membro). Le decisioni di tipo esecutivo vengono assunte dal Consiglio dei Governatori con voto unanime[5]; sull’erogazione di prestiti finanziari, l’Italia gode di diritto di veto. A differenza del Recovery, che rientra nel diritto comunitario, a regolare il Mes è un trattato intergovernativo.

Il Next Generation Eu è gestito direttamente dalla Commissione europea, che ha fissato le linee guida di intervento, contratterà con i singoli Paesi le misure da mettere in campo e vigilerà rigidamente sull’attuazione dei programmi. L’effettiva erogazione dei fondi sarà subordinata al soddisfacente conseguimento di obiettivi intermedi e finali specificati nei Piani. La Commissione valuterà tale conseguimento, dopo aver sentito il parere del Comitato Economico e Finanziario. Qualora uno o più Stati membri ritengano che gli obiettivi non siano stati adeguatamente conseguiti, essi potranno chiedere al Consiglio europeo di discutere la questione in modo esaustivo. Di norma, tale esame non dovrà richiedere più di tre mesi; durante l’esame l’erogazione dei fondi viene sospesa. La procedura sarà comunque in linea con gli articoli 17 del TUE e 317 del TFUE che sanciscono il ruolo della Commissione europea quale responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’UE.

Obiettivi

Il Mes nasce con l’obiettivo di garantire prestiti emergenziali a quegli Stati che, per varie ragioni, hanno perso la fiducia dei mercati e non riescono a finanziarsi se non a tassi d’interesse insostenibili. In pancia ha una dotazione complessiva di 700 miliardi, che possono essere erogati sotto forma di linee di credito agli Stati membri che ne fanno richiesta. Si tratta di una linea di credito utilizzabile solo per le spese di tipo sanitario dirette o indirette. Di questi, l’Italia potrebbe richiederne fino a 37 miliardi, risparmiandone circa 5,5 di interessi nel caso dovesse raccogliere da sola la stessa cifra sui mercati.

Il Recovery fund è un piano di tipo straordinario: è nato per rispondere alla pandemia e prevede aiuti finanziari sulla base dell’impatto che il coronavirus ha avuto sulle diverse economie. Al contrario del Mes, che non ha limiti di durata, il Recovery ha una sua naturale scadenza.

Modalità di finanziamento

L’assistenza finanziaria del Mes viene concessa attraverso una serie di strumenti finanziari: prestiti, acquisto di emissioni sovrane degli Stati membri sui mercati primari e secondari, nonché linee di credito precauzionali. Ogni strumento ha prezzi e condizionalità diversi. Il vantaggio, per il Paese richiedente, è quello di potersi finanziare a condizioni più favorevoli nei momenti in cui il mercato, per varie ragioni, “chiede” premi al rischio troppo elevati. Per capire come funziona il MES possiamo suddividere la sua azione in tre fasi distinte:

  • Lo Stato in difficoltà avanza al Presidente del Consiglio dei governatori del Fondo Salva-Stati una richiesta di assistenza.
  • Il Mes chiede alla Commissione UE di valutare lo stato di salute del Paese in questione e di definire il suo fabbisogno finanziario. In questa fase l’esecutivo comunitario e la BCE (e se necessario il FMI) analizzano se la crisi di quello Stato può contagiare il resto dell’Eurozona.
  • Dopo la valutazione, l’organo plenario del Mes decide di agire e aiutare il Paese in difficoltà (il tutto più o meno nell’arco di 7 giorni dalla data di presentazione della richiesta formale di assistenza).

Il Recovery agirà non solo attraverso prestiti, ma anche attraverso assegnazioni a fondo perduto. Inoltre, il sistema Recovery non prevede una quota di finanziamento nazionale. Il motivo di questa ripartizione particolarmente favorevole sta nelle regole: il Recovery tiene conto ad esempio del tasso di disoccupazione nel triennio 2018-2020 e del calo del PIL nel 2020.

Le condizioni del MES

Due diverse linee di credito precauzionali sono disponibili nell’attuale toolbox del Mes: la linea di credito precauzionale condizionata (PCCL) e la linea di credito precauzionale rafforzata (ECCL). L’accesso al PCCL è disponibile per uno Stato membro la cui condizione finanziaria è ancora fondamentalmente solida e che soddisfa specifici “criteri di ammissibilità[6]“, mentre l’accesso a un ECCL può essere concesso a uno Stato membro che non soddisfa tutti questi criteri, ma la cui economia generale e la situazione finanziaria resta solida. In quest’ultimo caso, lo Stato richiedente dovrà concordare con il Mes un memorandum d’intesa e “impegnarsi a rispettare la condizionalità definita per esso e ad adottare misure correttive per evitare futuri problemi relativi all’accesso al finanziamento del mercato”.

Il 9 aprile 2020, nell’ambito del Mes, l’Eurogruppo ha approvato un nuovo e temporaneo strumento di sostegno alle crisi pandemiche denominato Pandemic Crisis Support (PCS), concordando caratteristiche e termini standardizzati dello strumento. L’8 maggio la Commissione ha proposto un modello comune per il piano di risposta che gli Stati membri useranno per dettagliare i costi sostenuti o previsti per attuare le misure politiche da associare al finanziamento nell’ambito del PCS. Il 9 maggio 2020 la Commissione ha pubblicato una valutazione preliminare dei criteri di ammissibilità per tutti gli Stati membri dell’area dell’euro, arrivando alla conclusione che “la situazione economica negli Stati membri della zona euro è considerata fondamentalmente sana” e che tutti i criteri di ammissibilità sono soddisfatti”. Il 15 maggio l’Eurogruppo e il Consiglio dei governatori del Mes hanno approvato l’istituzione del PCS (e del modello). Il PCS si basa sull’attuale linea di credito rafforzata (ECCL) con le seguenti condizioni finanziarie e di prezzo:

  • L’importo disponibile per il sostegno è pari al 2% del PIL degli Stati membri nel 2019, come parametro di riferimento. Tiene conto della situazione finanziaria del MES e della valutazione effettuata dalla Commissione delle possibili esigenze di finanziamento degli Stati membri;
  • Le richieste possono essere presentate fino al 31 dicembre 2022;
  • Il periodo di disponibilità iniziale per ogni PCS sarà di 12 mesi, che potrebbe essere esteso due volte per 6 mesi, in linea con il quadro standard per gli strumenti precauzionali MES;
  • Gli esborsi (15% mensili) possono essere effettuati in contanti o in natura, con regole dettagliate che riguardano la periodicità e l’importo disponibile per ogni richiesta di esborso;
  • La durata prevista dell’assistenza finanziaria è di 10 anni;
  • Il MES si finanzierà nei mercati per fornire assistenza finanziaria e creare un “serbatoio” di finanziamento comune per eventuali richieste di prelievo; a tal fine, possono essere offerti “legami sociali”;
  • Agli Stati membri che richiedono l’apertura della linea di credito PCS verrà addebitata all’inizio una commissione di servizio anticipata di 25 punti base, basata sul 15% dell’importo assegnato a quello Stato membro, e una commissione di impegno annuale come parte dei costi di finanziamento ESM. Per gli Stati membri che prelevano fondi sui loro PCS, verranno applicate le seguenti commissioni: un margine di 10 punti base (0,1%) maturato ogni anno sugli importi in sospeso; una commissione di servizio anticipata una tantum di 25 punti base (0,25%) su ogni esborso e una commissione di servizio annuale di 0,5% punti base (0,005%) su qualsiasi importo di assistenza finanziaria in sospeso. Le commissioni si aggiungono ai tassi di interesse maturati sull’assistenza finanziaria fornita dall’ESM.

Lo Stato membro che riceve assistenza finanziaria è soggetto a sorveglianza fino al pagamento del 75% dell’importo prestato. La Commissione ha chiarito in una lettera (datata 7 maggio) che uno Stato membro che beneficia del PCS sarà soggetto a una leggera sorveglianza rafforzata, una volta utilizzata la linea di credito. Pertanto, la Commissione concentrerà i propri obblighi di monitoraggio e rendicontazione sull’utilizzo effettivo dei fondi PCS per coprire i costi sanitari diretti e indiretti, quale unica condizionalità collegata alla linea di credito. Infatti, come si legge sul sito del Mes, il memorandum del Pandemic crisis support (PCS) pone solo una condizione: che i soldi ottenuti vengano utilizzati dallo Stato esclusivamente per coprire i costi relativi all’assistenza sanitaria, alla cura e alla prevenzione diretta e indiretta dovute alla crisi del Covid -19.

Linea di credito precauzionale (PCL)Supporto alla crisi pandemica (PCS)Note
Commissione di servizio anticipata50 punti base25 punti baseAll’inizio verrà fatturata una prima commissione di servizio anticipata sul 15% dell’importo assegnato. Questa commissione verrà detratta dalle commissioni successive, al momento del prelievo effettivo.
Commissione di servizio annuale0,5 punti base0,5 punti base
Margine35 punti base10 punti base
Commissione di impegnoDa determinarsiDa determinarsiA seconda delle perdite finanziarie del MES
Penalità200 punti base oltre Euribor (o interessi da pagare)Non specificato
Acquisti sul mercato primarioMargine aggiuntivo di 35 punti baseNon specificato*
*Sul sito del MES questa voce non è inclusa nel calcolo; si può quindi presumere che non si applicherà per il PCS

Fonte: MES – progetto di proposta

Per concludere Mes e Recovery Fund non sono la stessa cosa. Se si parla di tassi d’interesse, in entrambi i casi si tratta di tassi agevolati. Se si parla di condizionalità, è difficile capire quali siano più rischiose: il Mes, almeno della sua versione light, sembra non averne in partenza, mentre il Recovery ha delle condizionalità che riprendono quelle già esistenti nella normale dialettica tra Paesi e Commissione europea, ossia la realizzazione di una serie di riforme che ogni Stato membra presenta alla Commissione europea. Queste ultime debbono essere in linea con i criteri indicati nel semestre europeo. L’implementazione delle riforme è la condizione per poter ricevere, gradualmente, i fondi previsti per ciascuno stato. La Commissione sembra perciò avere un’arma in più per spingere i governi a rispettare le raccomandazioni del Semestre europeo, ossia la minaccia di non elargire i finanziamenti annuali del nuovo fondo (che finiranno nel 2023). Se quest’arma verrà davvero usata o meno lo si vedrà (tra l’altro, il Patto di stabilità per ora è stato sospeso e non si sa ancora quando tornerà in funzione). Sulla carta, la Commissione non ha alcuna possibilità di imporre riforme, ma è chiaro che un minimo di trattativa politica ci sarà. La differenza più evidente è sui tempi: il Mes è già pronto a erogare le risorse, il Recovery Fund non potrà farlo prima della seconda metà del 2021 (il tempo necessario alla Commissione per emettere i titoli di debito e incassare i primi soldi).

Se l’Italia certamente attiverà il Recovery, mettendo assieme un programma di intervento, sul Mes il dibattito è in corso. Il nodo è tutto politico: l’Italia ha bisogno come non mai di tornare ad investire in sanità dopo anni di tagli e ha bisogno di farlo in fretta. Rispetto alla tempistica, il Mes è più favorevole. Peraltro il tasso di interesse del Mes è molto vantaggioso, in sostanza prossimo allo zero, un valore decisamente più basso di quello che l’Italia paga quando emette i buoni del tesoro.

Recovery Fund quanti soldi spettano all’Italia

Analizzando i criteri di allocazione delle risorse, dei 750 miliardi del Recovery Fund, il 28 % andrà all’Italia, per una cifra complessiva di 208,8 miliardi di euro, così suddivisi:

  • Prestiti (loans): € 127,4 miliardi (rispetto ai 90,9 proposti dalla Commissione UE);
  • Sovvenzioni gratuite (grants): € 81,4 miliardi (poco meno rispetto ai 90 iniziali).

I tempi dei finanziamenti sono stringenti. Al punto 15, l’accordo prevede che il 70% dei sussidi gratuiti (circa 57 miliardi di euro) dovrà essere speso entro il biennio 2021/2022. Per il nostro Paese si tratta di dover impegnare spese per un totale di 28,5 miliardi, sia nel 2021 che nel 2022. Al punto 17, l’Accordo prevede il prefinanziamento per cassa, relativo al 2020, per il 10% del finanziamento dell’intero programma (209 miliardi) pari a 20,9 miliardi di euro. Viene, inoltre, ammessa la possibilità di finanziare con risorse europee le spese sostenute nel 2020, purché coerenti con le linee di azione alle quali dovranno attenersi i Piani nazionali di ripresa.

Miliardi di euro

Assegnazione del 70%

(impegno 2021-2022)

Assegnazione del 30%*

(impegno 2023)

ITALIA

Italian flag
57 (28,5 nel 2021

28,5 nel 2022)

24,4
*Assegnazione illustrativa del 30% sulla base delle previsioni economiche dell’estate 2020

Sotto il profilo finanziario, l’accordo presenta aspetti positivi, in particolare per l’Italia che ha difeso con intransigenza le prerogative del Parlamento e della Commissione e che ha raggiunto un risultato molto rilevante: 81,4 miliardi di sovvenzioni gratuite contro gli 85 della prima offerta; 127,4 miliardi di prestiti, con i 38 miliardi in più rispetto alla prima proposta, per un totale di circa 209 miliardi.

In termini dimensionali, il Recovery Fund è maggiore del piano Marshall. Nel periodo che va dal 1948 al 1951, gli USA stanziarono per l’Italia 1,2 miliardi di dollari dell’epoca. Peraltro, ulteriori considerazioni emergono da una lettura dei dati complessivi inerenti ai rapporti finanziari tra Italia e UE. “Occorre considerare che l’Italia ha versato alla UE nel 2018 (ultimo dato disponibile) circa 17 miliardi di euro di risorse proprie (fonte RGS). Si può dunque assumere che in un triennio l’Italia versi circa 50 miliardi di euro. Poiché il Recovery è solo una parte del Next Generation Plan è possibile che nel triennio 2020-2023 l’Italia non risulti più contributore netto (cioè Paese che versa più di quanto riceve) come invece sempre accaduto nei 50 anni precedenti[7]”.

Utilizzo delle risorse

Le modalità di utilizzo delle risorse spingono i Paesi ad essere molto ambiziosi per due motivi:

  •  la maggior parte delle risorse messe a disposizione sarà veicolata tramite dispositivi temporanei; risulta pertanto prioritario investire tutti i fondi con la giusta tempistica (ad esempio, per il 70% delle risorse occorrerà inserire impegni giuridici entro il 2022[8] e per la restante parte entro la fine del 2023[9]);
  • per la maggioranza dei fondi, la gestione sarà condotta dai singoli Stati Membri, piuttosto che essere centralizzata a livello europeo.

Questi due aspetti potrebbero trasformarsi in un ostacolo all’utilizzo pieno e tempestivo dei fondi per quei Paesi, come ad esempio l’Italia, che nel passato hanno mostrato notevoli difficoltà nell’impiegare in maniera efficiente le risorse europee, anche a causa del mancato coordinamento decisionale tra i diversi livelli di governo, nazionale e regionale (aspetto emerso anche dai documenti di analisi del semestre europeo).

È indubbio che la riuscita in termini di impiego delle risorse, dipenderà essenzialmente da quanto adeguato e coordinato sarà il nostro piano. Elementi di particolare interesse saranno: numero dei progetti, autorità di spesa, meccanismi di anticipazione. Infatti, è noto che i problemi relativi alla spesa dei fondi europei riguardano l’eccessiva parcellizzazione dei progetti, la scelta di regionalizzare le autorità di gestione e l’assenza di meccanismi di anticipazione per cassa da parte dell’Autorità nazionale con effetto di ritardo cronico nei pagamenti e difficolta nella certificazione degli stessi.

Un altro fattore da considerare è il livello di deficit e debito raggiunto in questo periodo. Come noto, per l’Italia il problema del debito esiste già da molto tempo. Tuttavia, il fatto che esso sia esploso a livelli inediti, sia pure in uno scenario di crisi globale che ha visto la generalità dei Paesi ricorrere al massiccio impegno pubblico, ci colloca in una prospettiva nuova. Secondo il CNEL[10], “un debito di tali dimensioni, che viene acquistato da Paesi, soggetti istituzionali, operatori finanziari e singoli risparmiatori, riesce ad essere sostenibile e cioè a essere acquistato in futuro, solo se utilizzato a fini produttivi, se in definitiva è percepito come debito “buono”. L’aumento del debito a tali impensabili livelli deve spingere il Governo non solo, e non tanto, a presentare al più presto un piano credibile di rientro, quanto a considerare le politiche economiche da mettere in cantiere non più in un’ottica di tamponamento emergenziale, che ha richiesto – data la drammaticità ed imprevedibilità della crisi – l’attivazione rapida di un sistema di aiuti generalizzato al sistema economico nel suo complesso. Serve definire piani di investimento, ossia strategie di politica di sviluppo che dispongano, alla base, di visioni di lungo periodo”.

Lo scenario

La sostenibilità del debito resta infatti un criterio di valutazione ineludibile. La scadenza della clausola di esonero dalle sanzioni previste per la violazione dei parametri potrebbe far emergere una situazione tale da imporre all’Italia piani di rientro molto impegnativi. Ciò induce a ritenere che nell’individuazione delle priorità il Governo dovrà privilegiare quelle in grado di prefigurare una costante ed intensa crescita del sistema economico in grado di garantire la fattibilità di piani di rientro dal deficit. La capacità di programmazione e impiego delle risorse sarà dunque cruciale affinché le risorse messe a disposizione dall’UE possano davvero costituire uno stimolo significativo per la ripresa della nostra economia. Secondo Prometeia[11], “la capacità di programmazione dell’azione dell’Amministrazione in questo contesto è dunque il primo punto critico, strettamente correlato anche alla capacità di spesa, ovvero alla capacità di implementazione effettiva dei programmi. Anche considerando che i tempi per il completamento dei programmi sono meno stretti di quelli relativi all’assunzione degli impegni giuridici (fino a sette anni i primi, a fronte di un termine a fine 2023 per i secondi), si può valutare che essi coinvolgeranno ammontari di spesa molto rilevanti, trattandosi nel complesso di oltre 11 punti di PIL. Nel caso in cui vengono interamente destinati a spesa in conto capitale per investimenti pubblici e contributi agli investimenti privati, come è nelle intenzioni dichiarate del governo, e come indicato anche dalla Commissione, che indica nella chiusura dei gap di investimento l’obiettivo principale, si può valutare che la spesa media in termini di PIL sarebbe ogni anno superiore di quasi il 50 per cento rispetto a quella media storica”.

Riuscire ad affrontare in modo efficace questi punti critici apre certamente delle opportunità importanti per il nostro paese. In base alle simulazioni effettuate si stima che per l’Italia, tra il 2021 e il 2024, il programma porterebbe fino a +3,1% l’aumento medio annuale del livello del PIL, rispetto al PIL atteso senza le risorse europee. Si prevede inoltre nel medio periodo una riduzione del rapporto debito/PIL in Italia di oltre 17 punti percentuali. Si stima anche che, grazie alle risorse di Next Generation EU, l’Italia potrebbe recuperare il livello di PIL precedente alla crisi finanziaria globale entro il 2024 e quello precedente alla crisi pandemica entro il 2022.

Il payoff per l’Italia è dunque molto elevato ma potenzialmente di breve periodo se le risorse non saranno impiegate in progetti di riforma strutturali con impatti durevoli in termini di produttività. Per quanto qualsiasi giudizio è ovviamente del tutto prematuro, gli osservatori concordano sulla necessità di presentare un piano di azione ambizioso e credibile, sia per avere garanzia di accesso alle risorse, sia per impiegarle in programmi che lascino al sistema Paese cambiamenti strutturali del quadro economico e istituzionale. Se ci saremo incanalati in questo percorso lo si potrà capire una volta che il piano nazionale da presentarsi entro gennaio sarà più concreto rispetto agli attuali documenti disponibili.

Le raccomandazioni della Commissione per l’Italia

Nell’ambito del Semestre europeo di primavera, rispetto all’obiettivo della “promozione della sostenibilità competitiva per costruire un’economia al servizio delle persone e del pianeta”, la Commissione ha formulato delle specifiche raccomandazioni per ogni Paese. Tra le raccomandazioni formulate per l’Italia, la Commissione auspica, per il 2020 e il 2021, l’adozione di provvedimenti finalizzati a:

  • Attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l’economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo consentiranno, perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti; rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali;
  • Fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici; attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione; rafforzare l’apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali;
  • Garantire l’effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all’economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell’energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e su un’infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali;
  • Migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione.

Per quest’ultima raccomandazione, sull’efficienza della PA, appare interessante la proposta avanzata da Maurizio Ferrera[12] di “avviare un programma straordinario di formazione manageriale per i dirigenti pubblici, nonché l’assunzione di un consistente numero di giovani con competenze ed esperienze di analisi e gestione delle politiche europee”. Avendo la Commissione un programma dedicato che fornisce supporto tecnico e risorse per simili iniziative, per Ferrera “fruire di questa opzione avrebbe un duplice vantaggio: di sostanza (ricevere assistenza concreta) e di forma (confermare l’impegno di allinearsi agli standard di qualità europei). E, dal punto di vista simbolico, sarebbe perfettamente in linea con la logica del Next Generatio EU: quella di coinvolgere i giovani nel costruire l’Italia e l’Europa del (loro) futuro”. Diventa imprescindibile in ogni caso un rafforzamento dell’amministrazione pubblica, anche attraverso strutture che operino con discontinuità rispetto al passato e dotate di adeguate poteri e competenze per poter assolvere efficacemente alle funzioni che vengono loro assegnate[13].

Conclusione

Il Recovery Fund costituisce non solo un’opportunità unica per la crescita economica del nostro Paese e per riportare il rapporto debito/PIL su un sentiero di maggiore sostenibilità, ma anche per rivedere e snellire le procedure di spesa, definire una chiara allocazione di responsabilità tra amministrazioni centrali e locali, modernizzare in chiave digitale le PA, creare sinergie tra soggetti nazionali e istituzioni europee. Potrebbe essere un’occasione preziosa per mettere mano a riforme importanti e per ricostruire il tessuto delle infrastrutture strategiche del Paese.

__

Note

  1. Per il pacchetto di risorse da stanziare nel 2023 saranno tenuti in considerazione alcuni fattori diversi rispetto a quelli relativi alla prima tranche di fondi. In particolare il criterio della disoccupazione, molto criticato perché ritenuto legato a problemi antecedenti alla pandemia, verrà rimpiazzato dalla perdita cumulata del Pil registrata nel 2020-21, che sarà calcolata entro il 30 giugno 2022.
  2. Il massimale delle risorse proprie determina l’importo massimo delle risorse in un dato anno che possono essere richieste agli Stati membri per finanziare la spesa dell’UE. Il massimale dei pagamenti nel quadro del bilancio a lungo termine è l’importo massimo che può essere pagato a carico del bilancio. La differenza tra i due massimali (più l’importo di altre entrate, ad esempio le imposte sulle retribuzioni del personale dell’UE e le ammende per violazione delle norme sulla concorrenza) costituisce il margine di manovra.
  3. Ursula Von der Leyen ha lanciato un importante segnale ai Paesi membri per ripagare il debito, dichiarando che “la Commissione proporrà nuove forme per il recupero dei fondi, sul commercio delle emissioni o con una tassa sull’emissione di CO2 oppure pensiamo a una tassa sul digitale. Chi genera miliardi di utili dovrà versare un contributo per il bene comune”.
  4. Il Mes nasce come istituzione finanziaria intergovernativa su impulso del Consiglio europeo nell’ottobre 2012 in un momento in cui le crisi dei Paesi mediterranei avevano fatto temere una dissoluzione della moneta unica. Lo ha istituito un trattato stretto fra gli Stati nazionali che vi hanno aderito, che sono i 19 membri dell’Area euro.
  5. In casi di eccezionale urgenza tali da minare “la sostenibilità finanziaria della Zona euro”, è sufficiente una maggioranza dell’85% dei voti espressi. Le decisioni del Consiglio vengono prese a maggioranza semplice o qualificata e godono di immunità giudiziaria. I diritti di voto sono proporzionali rispetto alla quota versata da ogni Stato.
  6. Alcuni di questi sono: a) rapporto deficit/Pil entro il 3%; b) rapporto debito/Pil al 60% o in riduzione in misura pari a 1/20 annuo della parte eccedente tale soglia; c) assenza di vulnerabilità nel settore finanziario “tali da mettere a rischio la stabilità finanziaria dei membri del Mes”; d) assenza di squilibri sotto l’osservazione dell’Ue.
  7. Loiero R., Recovery Fund e profili di governance economica nell’ambito del Next generation EU, in Post Policy 2 ottobre 2020.
  8. Per i fondi i cui impegni saranno decisi entro il 2022 (il 70% del totale), i criteri indicati dalla Commissione sono: la popolazione nel2019, l’inverso del PIL pro capite 2019 sulla media europea, ed infine il tasso di disoccupazione medio 2015-2019 rapportato alla media UE; sia sul PIL pro capite che sulla disoccupazione sono poi stabiliti dei tetti qualora i valori di un singolo paese fossero più alti (o più bassi) di un determinato limite.
  9. Per i fondi i cui impegni saranno decisi entro il 2023 (il 30% del totale), le risorse verranno attribuite come al punto a) sostituendo però il tasso di disoccupazione con la perdita di PIL che si realizzerà per via della crisi entro giugno 2022 (anche qui vigono limiti massimi e minimi per le variabili in gioco).
  10. CNEL, documento per l’audizione del Presidente presso la Commissione bilancio della Camera dei deputati (10 settembre 2020).
  11. Prometeia, Il piano per la ripresa dell’Europa, osservazioni preliminari, settembre 2020.
  12. Ferrera M., “Meno burocrazia, adesso o mai più”, Corriere della Sera del 5 ottobre 2020.
  13. Si veda l’Audizione del Vicepresidente della Banca Europea per gli Investimenti Dario Scannapieco del 1 settembre 2020, sull’Individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund.

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