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Sportello unico digitale europeo, scatta il countdown: la vera sfida passa dai territori

È già partito il conto alla rovescia per adeguare strutture e sistemi interni ai requisiti richiesti dal regolamento UE che istituisce uno sportello digitale unico per l’accesso a informazioni, procedure e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi. La genesi del progetto, la situazione in Italia e gli scenari

Pubblicato il 05 Lug 2021

Michele Deodati

esperto di diritto delle attività economiche e di amministrazione digitale

europa digitale

L’Europa, con il regolamento per lo Sportello unico digitale, ci ha chiesto di uniformare le porte di accesso ai meccanismi della burocrazia, in modo tale da garantire parità di diritti e di obblighi a tutti i cittadini dell’UE interessati a svolgere gli eventi della loro vita personale, professionale e imprenditoriale allargando gli orizzonti e considerando l’Europa un mercato senza confini. Se, però, vogliamo davvero che lo Sportello unico digitale sia effettivamente una porta di accesso alle opportunità di investimento e di crescita, dobbiamo mettere in rete anche i territori e non solo normative e procedure.

Ma andiamo per gradi, ripercorrendo la storia dello sportello unico digitale, la situazione in Italia – con la best practice del Suap – gli obiettivi e la struttura.

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La storia dello Sportello unico digitale

La storia dello Sportello unico digitale a livello europeo nasce nel 2015, quando, con la comunicazione del 6 maggio – intitolata «Strategia per il mercato unico digitale in Europa» – la Commissione riconosce il ruolo di Internet e delle tecnologie digitali nel trasformare la vita e il modo in cui i cittadini e le imprese accedono alle informazioni, acquisiscono conoscenze, acquistano beni e servizi, partecipano al mercato e lavorano, creando opportunità di innovazione, crescita e occupazione.

Per meglio valorizzare le esigenze dell’attività transfrontaliera di cittadini e imprese, si punta su portali a livello europeo, siti web, reti, servizi e sistemi esistenti da collegare in modo integrato a diverse soluzioni nazionali, creando così uno «sportello digitale unico» (Gateway) che funga da punto di ingresso unico europeo.

Altri atti successivi della Commissione si muovono nella medesima direzione, sottolineando ancor più marcatamente il ruolo degli sportelli unici per accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione (comunicazione del 19 aprile 2016), o per rafforzare i diritti dei cittadini dell’Unione (relazione della Commissione del 24 gennaio 2017).

Queste le premesse a fondamento del Regolamento Ue 2018/1724 del 2 ottobre 2018, nato per offrire a cittadini e imprese un facile accesso alle informazioni, alle procedure e ai servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi di cui hanno bisogno per esercitare i loro diritti nel mercato interno. Due le direttrici su cui si sviluppa il lavoro degli sportelli unici: da un lato la trasparenza sulla regolamentazione e sugli adempimenti burocratici a cui sono soggette le vicende personali e professionali dei cittadini europei, dall’altro le informazioni sui diritti dei consumatori.

Obiettivo del regolamento europeo è dunque promuovere la creazione di uno sportello interattivo e di facile utilizzo, in grado di orientare gli utenti in base alle rispettive esigenze e agevolare il contatto tra cittadini e autorità competenti. Ne deriverà un risparmio in termini di tempi e di spesa.

Inutile negare che i soggetti provenienti da altri Stati membri si trovano in una condizione di svantaggio rispetto ai sistemi amministrativi nazionali, alla lingua e alla lontananza geografica dalle autorità di uno Stato membro diverso dal proprio. Occorre allora che le informazioni in linea siano offerte in una lingua comprensibile, per centrare l’obiettivo di adempiere da remoto a tutte le procedure previse, compresa la possibilità di ottenere assistenza. Sembra una considerazione ovvia, ma quanti sono i siti web delle amministrazioni italiane che offrono una versione quanto meno in inglese? Ancora troppo pochi.

La situazione italiana

In Italia, l’esperienza più longeva e diffusa di sportello unico riguarda il settore delle attività produttive. Nato nel lontano 1998, il SUAP parte un po’ in sordina e soffre l’impatto con la tentacolare e labirintica burocrazia italiana, scontando i limiti di una gestione ancora interamente cartacea. Viene rilanciato nel 2006, grazie alla direttiva Servizi, ma la vera e propria svolta telematica avviene nel 2010, di pari passo con l’espansione della rete internet e dell’informatizzazione nella società italiana. Oggi, sebbene siano ancora tanti i passi in avanti da fare, grazie alle piattaforme web e alla semplificazione normativa gli Sportelli unici attività produttive costituiscono un esempio realizzato di amministrazione digitale. È dunque da qui che occorre partire per dare corpo agli obiettivi del regolamento europeo 2018/1724. Va comunque riconosciuto che lo schema “a sportello” – inteso quale unico punto di accesso a scopo informativo – è una realtà presente anche in altri settori: punti di contatto per prodotti da costruzione, qualifiche professionali, diritti dei consumatori, diritto europeo, giustizia elettronica, ne sono un chiaro esempio. È dunque evidente che la fornitura in linea a cittadini e imprese di informazioni e di servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi rimane molto settoriale, frammentaria e disomogenea. Soprattutto si nota che la qualità dei servizi è insufficiente e manca tra i cittadini la conoscenza di tali informazioni e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi.

La centralità dell’utente

Un punto nodale su cui insistere è la semplicità di utilizzo dei servizi web. Uno degli elementi di maggiore criticità delle piattaforme pubbliche è infatti l’eccessiva complessità strutturale, operativa e di linguaggio con cui questi sistemi si presentano agli occhi inesperti del cittadino. Il problema non è soltanto di web design o di web content, per quanto anche tali aspetti necessitino di essere correttamente valorizzati, ma investe direttamente l’impalcatura, la nomenclatura e il gergo stesso della nostra burocrazia. Infatti, nulla più di un portale d’accesso in linea è in grado di mettere in luce l’inadeguatezza comunicativa e la complessità di un mondo da sempre inaccessibile per il cittadino.

Adattare al linguaggio del web gli schemi e gli strumenti che governano le procedure per ottenere un servizio dalla P.A. non è un processo automatico, ma richiede lo sviluppo di una profonda rivisitazione formale e contenutistica che impatta sul rapporto stesso tra P.A. e diritti del cittadino, soprattutto perché la rivoluzione digitale è un fenomeno ancora troppo giovane e queste tematiche hanno cominciato ad affacciarsi solo ora. L’arretratezza di approccio sul tema dell’accessibilità e della facilità d’uso ha partorito soluzioni monstre in cui l’informazione digitale è stata rappresentata ad immagine e somiglianza dell’autorità competente e delle sue esigenze. Così però, non facciamo che aumentare la distanza rispetto al cittadino, ancora una volta vittima di una burocrazia autoreferenziale capace di parlare solo a sé stessa. Insomma, se presentare una pratica on-line è complicato e macchinoso perché così sono le regole della burocrazia, ad essere negati sono aspettative, bisogni e diritti, anche digitali, di cittadini e imprese.

Ecco che lo Sportello unico europeo rappresenta un’occasione imperdibile per portare al centro della scena le esigenze degli utenti e non solo quelle degli uffici. È infatti lo stesso regolamento 2018/1724 ad auspicare che, per garantire la qualità dei servizi offerti, le informazioni fornite attraverso lo sportello siano chiare, esatte e aggiornate. Inoltre, l’utilizzo di una terminologia complessa dovrebbe essere ridotto al minimo e l’utilizzo di acronimi limitarsi a quelli che forniscono termini semplificati e facilmente comprensibili, che non richiedono una conoscenza preesistente della questione o dell’ambito giuridico.

Sportello unico europeo: struttura e contenuti

Veniamo adesso a descrivere la struttura che dovrà assumere lo Sportello unico europeo. Un’interfaccia utenti comune integrata nel portale «La tua Europa», che sarà gestita dalla Commissione. L’interfaccia utenti comune, in tutte le lingue dell’Unione, fornirà link a informazioni, procedure, servizi di assistenza o di risoluzione dei problemi disponibili sui portali gestiti dalle autorità competenti degli Stati membri e dalla Commissione.

Si profila dunque un sistema “gerarchico” integrato con i portali locali.

Rispetto invece a cosa troverà l’utente interessato a fare impresa in un altro Stato membro, si parte da diritti, norme e obblighi applicabili, oltre a procedure e adempimenti per rispettare tali previsioni, da rendere disponibili interamente in linea. Pensiamo al cittadino che all’interno del proprio Stato membro attiva la procedura in linea per avviare un’attività economica nello stesso Stato: in parallelo, il cittadino di un altro Stato che ha intenzione di fare impresa nello stesso territorio del primo, non dovrà incontrare ostacoli maggiori, che potrebbero presentarsi se i numeri di telefono sono irraggiungibili da altri Stati, se i sistemi di pagamento non sono transfrontalieri, se il quadro normativo locale non è ancora uniformato a livello di Unione, se lo sportello non chiarisce che in quello Stato vige una disciplina specifica per quel determinato settore, oppure che la disciplina manca del tutto.

Perché questo parallelismo non discriminatorio tra cittadini sia effettivamente garantito, occorre che le procedure siano interamente in linea. Per il regolamento ciò accade quando l’utente può espletare tutte le fasi, dall’accesso al completamento, interagendo con l’autorità competente («front office») per via elettronica, a distanza e mediante un servizio in linea. È il sistema stesso che dovrebbe guidare l’utente attraverso un elenco di tutti i requisiti da rispettare e di tutte le prove da fornire, consentendogli di trasmettere le informazioni e le prove della conformità a tutti i suddetti requisiti, oltre che con invio automatico di un avviso di ricevimento e del risultato finale.

Adeguamenti e scadenze: a che punto siamo?

Per adeguare strutture e sistemi interni ai requisiti richiesti dal regolamento UE 2018/1724 il conto alla rovescia è già iniziato: l’entrata in vigore della maggior parte delle norme è avvenuta a dicembre 2020, mentre l’effettivo dispiegamento dei servizi anche a livello locale è rimandato al 12 dicembre 2022, con alcuni strascichi al 12 dicembre 2023.

Fervono dunque le attività all’interno dei gruppi di lavoro governativi impegnati ad allineare l’immane quantità di informazioni che disciplinano attività e servizi per cittadini e imprese ai requisiti previsti dalla normativa europea ed elencati negli allegati I e II: viaggiare all’interno dell’Unione, lavoro e pensionamento all’interno dell’Unione, veicoli nell’Unione, residenza in un altro Stato membro, studi o tirocini in un altro Stato membro, sanità, diritti relativi ai cittadini e alla famiglia, diritti dei consumatori, protezione dei dati personali. In particolare per le imprese: avvio, gestione e chiusura di un’impresa, dipendenti, imposte, merci, servizi, finanziamento di un’attività commerciale, appalti pubblici, salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

Scenari evolutivi

Perché un cittadino di un qualsiasi Stato membro sia invogliato a fare impresa in Italia – e viceversa – oltre all’accesso alla burocrazia occorre fornire le informazioni “strategiche”: i dati territoriali. Vie di comunicazione fisica e digitale, piattaforme logistiche, infrastrutture, siti da riqualificare, cluster industriali, ambienti e sistemi tematici (commerciali, storici, naturalistici, culturali, turistici, tecnologici, ecc.), zone a burocrazia differenziata, forme di incentivazione e sostegno economico. Insomma, mettere in rete i territori sembra la vera chiave per il successo.

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