trasformazione digitale

Piano industria 4.0, Confindustria: “Perché è un errore depotenziarlo”

Il Piano Industria 4.0 ha consentito di avviare un importante processo di trasformazione digitale anche delle piccole imprese, con misure che hanno avuto un impatto anche sull’economia reale. Ecco perché depotenziarne portata e risorse è un rischio che il Paese non può permettersi

Pubblicato il 13 Nov 2018

Carlo Robiglio

Presidente Piccola Industria Confindustria

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La trasformazione delle Pmi in chiave 4.0 è senza dubbio uno dei principali driver per il rilancio del nostro sistema produttivo, ma il depotenziamento – anacronistico e anticompetitivo – previsto dalla legge di bilancio 2019, di alcuni provvedimenti del Piano Industria 4.0 rischia di frenare la spinta fin qui impressa verso più elevati livelli di produttività ed efficienza e quindi verso una maggiore crescita.

Le imprese alla sfida del cambiamento

La sfida più importante che oggi ci troviamo di fronte è quella del cambiamento: del modo di produrre ma anche del modo di organizzare i processi produttivi, di comprendere in anticipo dove andrà il mercato e cosa chiederanno i consumatori. Non è solo una rivoluzione tecnologica, si modificano anche i modelli di business.

Per questo è centrale promuovere tra gli imprenditori quel “cambio di passo” che metta quante più Pmi nelle condizioni di cogliere le opportunità esistenti a sostegno del loro rafforzamento competitivo. Prime fra tutte le opportunità rese disponibili dal Piano Industria 4.0 che, come Confindustria ha illustrato nei tanti appuntamenti avuti con i propri associati sull’intero territorio nazionale, ha consentito di avviare un importante processo di trasformazione digitale. Super-ammortamento, iper-ammortamento, che sono misure automatiche e quindi a “misura” di Pmi, e Nuova Sabatini hanno stimolato la crescita degli investimenti privati, anche nelle imprese di piccola dimensione, e si sono dimostrate ottime iniziative di politica industriale capaci di avere effetti positivi sull’economia reale. 

Piano industria 4.0, un errore il depotenziamento

In questa cornice il depotenziamento previsto dalla Manovra di alcuni provvedimenti di Industria 4.0 è anacronistico e anticompetitivo. Stiamo parlando di un piano di politica economica che ha dato una svolta culturale al Paese intervenendo sui fattori di produzione e che ha premiato chi investe attraverso un beneficio fiscale senza chiedere nessuno scambio alla politica. Perché allora indebolirlo? Vengono sì confermati alcuni interventi di sostegno, come l’iper-ammortamento affiancato però all’eliminazione del super-ammortamento, che viene sostituito dalla controversa agevolazione IRES per gli utili reinvestiti, ma il quadro d’insieme diventa disomogeneo e le risorse destinate a queste misure sono esigue.

Se da una parte, poi, vengono stanziate risorse per lo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale, Blockchain e IoT, nulla è dedicato ai Competence Center, elemento vitale del Piano 4.0, e alla Cabina di Regia, che può ancora svolgere un ruolo determinante nel processo di rinnovamento del nostro sistema produttivo.

Il nodo della formazione

Si nega, inoltre, continuità al credito di imposta per la formazione prima ancora che questa misura abbia potuto dare i suoi frutti essendo rimasta al palo per ritardi attuativi fino questa estate. Tutto questo mentre al centro della trasformazione digitale, con un ruolo da protagonista, c’è proprio la persona. Bisogna dunque dotare le imprese delle competenze necessarie alla definizione di progetti 4.0 rendendo le risorse umane una leva strategica per vincere la sfida digitale. La diffusione delle competenze digitali in azienda è la chiave per ampliare i benefici di 4.0 anche una volta terminata la stagione degli incentivi. Se la volontà è quella di ampliare la platea delle imprese che innovano, soprattutto Pmi, è necessario estendere la durata di questa misura di almeno due anni.

Positiva, invece, l’introduzione dei voucher per i temporary manager che consentono alle imprese, in particolare le piccole e anche se unite da un contratto di rete, di avvalersi di figure professionali esperte che le supportino nei processi di digitalizzazione e riorganizzazione. Ma per rendere davvero efficace la misura, ampliando la platea delle imprese beneficiarie, lo stanziamento di 25 milioni di euro andrebbe almeno raddoppiato.

Crescita e competitività, le sfide da vincere

Non dobbiamo dimenticarci, infatti, come confermano le elaborazioni del Centro studi di Confindustria relative al 2017, che il numero delle imprese manifatturiere attrezzate per raccogliere la sfida del 4.0 è ancora limitato. Solo il 4% delle aziende con più di 10 addetti (2.700 circa) poteva definirsi già come “Innovatore 4.0 ad alto potenziale”. Un valore che sale al 13% (9.000 circa) se si includono anche le imprese che pur avendo il potenziale non avevano ancora investito in modo significativo in tecnologie digitali. Di contro, quasi un’impresa manifatturiera su due (31.000 circa) apparteneva alla categoria degli “Analogici”.

Ed è un peccato perché il nostro è un sistema manifatturiero unico al mondo e in grado di affrontare con successo, proprio grazie ai suoi principali punti di forza, la trasformazione indotta dal 4.0. Mi riferisco all’eccellenza nella produzione di macchinari avanzati che abilitano la manifattura 4.0, alla forte prevalenza di Pmi contraddistinte da produzioni flessibili e quindi potenzialmente perfette per Industria 4.0, all’eccellenza e la presenza in settori di alta gamma con forte vocazione all’export. Quella della crescita è una sfida che dobbiamo assolutamente vincere se vogliamo competere sui mercati del mondo.

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