Sviluppo economico

Investimenti in innovazione, cosa ci si aspetta dalla Legge di bilancio per Transizione 4.0

La strategia del governo per la ripresa economica è ambiziosa, almeno negli obiettivi. Alcune delle misure principali, come Transizione 4.0 rivisitata, potrebbero già essere incluse nella Legge di Bilancio 2021. Un buon segnale, certo, ma restano nodi da sciogliere e incertezze: ecco quali

Pubblicato il 26 Ott 2020

Giacomo Bandini

Competere

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Nell’ultima audizione alla Commissione X del Senato il Ministro, Stefano Patuanelli, ha fornito una stima dei fondi previsti per la Transizione 4.0 e le missioni principali su cui sarà basata la strategia del Ministero per lo Sviluppo Economico. Sono necessari 25 miliardi (erano 60 nelle bozze progettuali, poi rivisti successivamente a 27) per tutto l’impianto di incentivi e sostegno agli investimenti. Green e trasformazione digitale le parole d’ordine più utilizzate. Anche nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2020 (Nadef 2020), approvata il 14 ottobre, vengono indicate le direttrici di spesa legate ai finanziamenti europei: maggiori risorse per investimenti pubblici, ricerca, innovazione, digitalizzazione, formazione ed istruzione. Ma, come osserva il documento di Economia e Finanza, è necessario presentare un pacchetto coerente di riforme e riequilibrare i conti.

Le priorità della strategia industriale

La strategia industriale esposta da Patuanelli è incentrata su alcune priorità fondamentali:

  • Sostenibilità sia in senso ambientale sia in senso economico;
  • Inclusività, nessuna azienda deve essere lasciata indietro. In questo senso si innestano le misure dedicate alle PMI;
  • Impresa, lavoro e competenze. I tre elementi devono andare di pari passo. Sostenere l’impresa significa non solo creare le condizioni per aumentare i livelli di occupazione, ma anche formare le persone e creare le competenze richieste dal settore produttivo.

Tutto ciò dovrà essere raggiunto attraverso

  • la trasformazione digitale e green dei sistemi di produzione,
  • il supporto a startup e PMI innovative (peraltro già previsto nei Decreti estivi),
  • investimenti in capitale umano e nella formazione professionale.

Fondamentale, secondo Patuanelli, concentrarsi su progetti di attuazione rapida e ad alto impatto tecnologico. Tra le azioni concrete per il Piano Transizione 4.0 anche l’aumento del credito d’imposta per ricerca e sviluppo dal 12% al 20% e collaborazioni con le associazioni di categoria per ampliare il numero di soggetti che ne usufruiscono. I costi stimati per sostenere tutta la strategia si aggirano intorno ai 25 miliardi di euro.

Anche nella Nadef 2020, si parla diffusamente di innovazione e digitale. Gli stessi obiettivi di lungo termine, quali raddoppiare il tasso di crescita dell’economia italiana, portare gli investimenti pubblici sopra al 3 per cento del PIL, aumentare di 10 punti percentuali il tasso di occupazione, portare la quota di R&S in rapporto al PIL al di sopra della media UE rivelano una strategia orientata – almeno sulla carta – alla transizione tecnologica (le spese R&S dovrebbero essere destinate in gran parte a questo).

Le aree strutturali di intervento

La Nadef 2020, riportando quando previsto nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), contiene anche le aree strutturali di intervento, attraversate da tematiche orizzontali relative alla digitalizzazione, all’infrastrutturazione del Paese e al miglioramento dell’istruzione. Le più significative sul piano della tecnologia e dell’innovazione e coerenti con quanto anticipato per Transizione 4.0 sono:

  • Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo. Questa macro-area prevede la digitalizzazione delle PA, inclusi i settori dell’istruzione, della sanità e del fisco, unita ad investimenti infrastrutturali strategici come lo sviluppo delle reti 5G, ma anche il potenziamento della fibra ottica. I processi di trasformazione digitale dovranno essere poi indirizzati alla competitività delle imprese italiane con particolare attenzione alle PMI;
  • Rivoluzione verde e transizione ecologica. Seguendo le linee guida dell’European Green Deal è necessario incentivare la decarbonizzazione del settore energetico e prevedere un piano per la mobilità sostenibile, coinvolgendo anche i processi di supply chain. Con l’ecobonus 110% il governo ha già cercato di incentivare l’efficientamento energetico cui verranno aggiunti incentivi alla circular economy e all’uso delle energie “pulite”;
  • Istruzione, formazione, ricerca e cultura. Anche in questo campo l’obiettivo di digitalizzare strutture e supporti alla didattica va di pari passo con la necessità di migliorare prodotti e servizi. Per venire incontro alle nuove esigenze del mercato del lavoro si prevede il rafforzamento delle competenze dei laureati e dei dottori di ricerca, nonché la formazione nelle materie. Spazio anche al trasferimento tecnologico con gli innovation ecosystems descritti come “luoghi di contaminazione di didattica avanzata, ricerca, laboratori pubblico-privati eterzo settore per rafforzare le ricadute sociali ed economiche delle attività di ricerca”. Da menzionare, infine, il Piano Nazionale per le nuove competenze, che ha l’ambizioso obiettivo di attuare politiche di lifelong learning, re-skilling e up-skilling.

La strategia del governo per la ripresa economica sembra piuttosto ambiziosa. Perlomeno negli obiettivi che si è posta. Alcune delle misure principali, come Transizione 4.0 rivisitata, potrebbero già essere incluse nella Legge di Bilancio 2021. Un buon segnale insieme alle recenti dichiarazioni sulla finalizzazione delle reti a banda larga, anch’esse al centro delle politiche di sviluppo governative.

Nodi da sciogliere e incertezze

Tuttavia, restano alcuni nodi da sciogliere e alcune incertezze. In primo luogo, la tendenza in aumento dei casi di Covid-19 rischia di compromettere buona parte della roadmap prevista. Perlomeno in ambito industriale e nelle fasi di ricerca e trasferimento tecnologico. Se non è ipotizzabile un lockdown totale, è invece una possibilità concreta che si proceda a periodi di stop geolocalizzato nelle aree più colpite.

In secondo luogo, è necessario tenere a mente che i finanziamenti europei sono doppiamente vincolati. Questo aspetto è ben evidenziato anche dalla Nadef 2020. L’approvazione del Piano Nazionale è, infatti, soggetta al vaglio delle Commissione Europea che chiede la presentazione di un “pacchetto coerente di investimenti e riforme ad essi correlate”. Oltre a ciò, le proposte nazionali devono essere in linea con le raccomandazioni della Commissione, così come approvate dal Consiglio Europeo, e con i pillar del Semestre Europeo. Inoltre, e questa è forse la nota più dolente e complicata, le riforme dovranno contribuire al riallineamento degli squilibri macroeconomici – nel caso dell’Italia si tratta di squilibri più volte oggetto di attenzione particolare.

Conclusioni

Se, quindi, sulla qualità dei progetti i problemi potrebbero essere risolti attraverso il coordinamento di tutti i piani ministeriali e una buona gestione politica del governo, nel caso degli squilibri macroeconomici la strada potrebbe essere molto ripida. Con i fondamentali dei conti pubblici fuori assetto e con stime di crescita inferiori alle grandi realtà economiche europee, non è escluso che si chieda all’Italia di eliminare alcune policy per dare maggiore spazio a misure restrittive.

Le risorse del Recovery Fund che dovrebbero essere allocate all’Italia sono stimate in 193 miliardi, di cui 65,4 miliardi di sovvenzioni e fino a 127,6 miliardi di prestiti. Distogliere parte di questi finanziamenti – cui vanno uniti quelli delle politiche di coesione e il SURE – dalla strategia di sviluppo e potenziamento tecnologico potrebbe far crollare tutto il Piano. E di politiche pubbliche e investimenti lasciati a metà l’Italia ne ha avuti fin troppi negli ultimi decenni.

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