reti ultraveloci

5G: le prospettive di sviluppo tra PNRR e indagine conoscitiva Agcom

L’ultima versione del PNRR introduce modifiche – in primis l’incremento dell’investimento relativo alle reti ultraveloci – che fanno ben sperare per il futuro del 5G. Nel frattempo Agcom ha avviato un’indagine sulle possibili nuove modalità di utilizzo dello spettro radio al servizio dei settori verticali

Pubblicato il 31 Mag 2021

Vincenzo Lobianco

Già consigliere per l’innovazione tecnologica dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni

bando 5G

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nella versione approvata dal Parlamento e inviata a Bruxelles alla fine dello scorso mese di aprile innova le misure rivolte alle reti ultraveloci (banda ultra-larga e 5G) rispetto alla versione adottata dal precedente Governo nel mese di Gennaio 2021, non solo per ciò che riguarda le risorse finanziarie che pure vengono quasi raddoppiate – 6,31 miliardi di euro rispetto ai 3,30 previsti nel Piano precedente al netto dei fondi dedicati alla tecnologia satellitare- quanto per il cambiamento di impostazione e di dettaglio che migliora il contenuto e la qualità di questa sezione del PNRR.

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Innanzitutto, l’Investimento 3 per le reti ultraveloci è opportunamente inserito nell’ambito della Componente 2 della Missione 1 “Digitalizzazione, Innovazione e Competitività nel Sistema Industriale” riconoscendo quindi come lo sviluppo di un’infrastruttura di reti fisse e mobili ad altissima capacità (VHCN, Very High Capacity Network) costituisca un prerequisito abilitante per la piena realizzazione della cosiddetta gigabit society che consentirà incrementi di produttività e crescita su larga scala in tutti i settori dell’economia e anche della vita sociale.

Con riferimento poi al 5G, il Piano oltre a riservare a questa tecnologia l’importante compito di fornire coperture nelle aree a fallimento di mercato, fornisce delle prime indicazioni per gli interventi in alcuni dei settori industriali (i cosiddetti verticals) che maggiormente potranno beneficiare della diffusione della copertura 5G.

A tale riguardo, e appare questa una coincidenza non casuale, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha avviato, contestualmente all’approvazione del Piano, un’indagine conoscitiva (Delibera n. 131/21/CONS) sulle possibili nuove modalità di utilizzo dello spettro radio al servizio dei settori verticali. L’indagine conoscitiva, seppur mirata a valutare nuove e più tempestive modalità di accesso alle frequenze 5G da parte dei verticals – peraltro già implementate in alcuni stati europei quali ad esempio la Germania- e che costituiscono uno dei fattori abilitanti alla trasformazione digitale dell’industria, potrebbe auspicabilmente contribuire a mettere a fuoco, in generale, nuove tipologie di licenze e autorizzazioni per l’uso dello spettro radio, maggiormente indicate per specifiche bande di frequenza, in presenza di nuove tecnologie e per determinati use-cases favorendo la flessibilità nella gestione dello spettro e l’efficienza d’uso dello stesso. Ma andiamo per ordine.

Le reti ultraveloci e il 5G

Come prima detto, il PNRR incrementa in maniera significativa la dotazione finanziaria dell’investimento relativo alle reti ultraveloci, utilizzando le maggiori risorse per migliorare gli obiettivi del relativo intervento rispetto a quanto previsto nella nuova strategia europea presentata nella Comunicazione della Commissione “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade”, importante documento al quale appare opportuno dedicare prossimamente un approfondimento. Uno degli obiettivi fissati dalla Comunicazione entro la fine del decennio è quello di fornire a tutte le famiglie dell’Unione Europea una connettività a un 1 Gbps e la completa copertura 5G di tutte le aree abitate dell’Unione. Il Piano, ambiziosamente, si propone di anticipare l’obiettivo della connessione a 1 Gbps al 2026.

Per quanto riguarda il 5G, il Piano mette a fuoco in maniera più nitida rispetto al precedente il ruolo che questa tecnologia giocherà non solo nel processo di trasformazione digitale delle imprese ma anche nel perseguimento della cittadinanza digitale.

Infatti, viene proposto in primo luogo l’incentivazione dello sviluppo e della diffusione dell’infrastruttura 5G nelle aree a fallimento di mercato per la copertura. Queste aree sono individuate come quelle coperte solo dalla tecnologia 3G e per le quali non è pianificato lo sviluppo di reti 4G o 5G nei prossimi 3 anni, oppure dove sono presenti reti, anche 4G,che tuttavia non offrono prestazioni adeguate agli obiettivi prefissati.

Il Piano evidenza come tali interventi risultino aggiuntivi rispetto alle iniziative già approvate nelle aree bianche (o con bandi 5G) e potranno servire da trigger per investimenti da parte degli operatori privati, non pianificati al momento della stesura del Piano stesso.

Venendo poi ai verticals, sono previsti nel piano interventi per accelerare la diffusione della copertura 5G lungo oltre 2.000 km di corridoi di trasporto europei e 10.000 km di strade extra-urbane, allo scopo di abilitare lo sviluppo di servizi a supporto della sicurezza stradale, della mobilità, della logistica e del turismo.

Occorre dire, tuttavia, che il PNRR non affronta in maniera completa il tema dei verticals, limitandosi a una enunciazione iniziale di quelli che potrebbero essere i settori più interessanti per il 5G anche se, ad esempio, l’automazione industriale o le smart-city non sono riportate. È auspicabile che il Piano possa sotto questo profilo evolvere e, a tale riguardo, appare opportuno citare il recentissimo lavoro di Maurizio Dècina e Antonio Perrucci “Il futuro del 5G – Mercato ed evoluzione tecnologica” (Ed. Egea) che raccoglie in maniera completa il lavoro svolto dal laboratorio LED di Astrid sul 5G e in particolare sul tema dei verticals.

Infine, preso atto della necessità di intervenire non solo sul piano dell’offerta ma anche su quello della domanda di connessione a banda ultra-larga, in particolare delle famiglie, il PNRR fa un doveroso riferimento al Piano Voucher per il quale viene proposto un attento monitoraggio al fine eventuale di aggiornarlo o anche potenziarlo. Il riferimento, sebbene non direttamente correlato alla diffusione del 5G, appare più che opportuno, in vista dell’avvio della fase 2 e considerate le critiche[1] sollevate sull’esito della fase 1 che ha visto, oltre a un ridotto uso del bonus, l’assegnazione del 76% dei voucher a un solo operatore, TIM.

Infine, una considerazione riguardante l’annosa questione dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici che, come noto, la normativa italiana pone ai valori più bassi d’Europa e che da circa vent’anni costituisce una barriera – in parte ingiustificata- allo sviluppo delle reti mobili. Il Piano, pur rappresentando la necessita di avviare un percorso di semplificazione dei processi autorizzativi richiesti per la cablatura in fibra ottica e la copertura 5G, non fornisce indicazioni precise su un possibile processo di armonizzazione della normativa italiana con quella adottata nei principali paesi europei e che faciliterebbe la realizzazione delle reti 5G sul territorio nazionale. Non si vuole evidentemente in questa sede richiedere un incremento indiscriminato dei livelli massimi di esposizione per la tecnologia 5G, sebbene, come noto, i livelli di potenza delle stazioni radio base in questa tecnologia siano mediamente più bassi di quelli del 4G e precedenti generazioni. È necessario però che i nuovi metodi di misura dei limiti elettromagnetici per il 5G vengano rapidamente adottati, in analogia con quanto fatto per il 4G e sulla base delle migliori pratiche europee e, soprattutto, ne sia garantita l’applicazione uniforme a livello nazionale.

L’indagine conoscitiva dell’Agcom

Come detto prima, l’avvio di un’indagine conoscitiva di Agcom sulle possibili nuove modalità di utilizzo dello spettro radio al servizio dei settori verticali contestualmente all’approvazione del PNRR non sembrerebbe casuale ma, in ogni caso, quest’azione del regolatore appare più che opportuna per favorire uno sviluppo del 5G che vada oltre il miglioramento della velocità di accesso alla rete (lo use-case eMBB) ma fornisca una infrastruttura a supporto di use-cases più interessanti per l’industria e i servizi. È tuttavia necessario, a tale scopo, che gli esiti dell’indagine vengano rapidamente tradotti in indirizzi e interventi regolamentari che garantiscano nuove e più flessibili modalità di accesso allo spettro radio, superando in tal modo una prassi regolatoria che ha ben funzionato nel passato ma che deve aggiornarsi in presenza di nuove tecnologie radio, di nuove bande di frequenza a disposizione con diverse caratteristiche di propagazione e di nuove esigenze da parte dell’utenza.

Si osserva, in ogni caso, che il regolamento (Delibera n. 281/18/CONS) del 2018 attraverso il quale sono state assegnate in Italia le bande cosiddette “pioniere” per il 5G già conteneva previsioni (ad esempio “use-it-or-lease-it” nella banda 3600-3800 MHz o il “club use” nella banda 26 GHz) sicuramente innovative e flessibili – come riconosciuto a livello europeo- che potrebbero consentire lo sviluppo di differenti use-cases 5G in ambito industriale e locale, coinvolgendo in maniera attiva anche soggetti non appartenenti alla categoria degli operatori di telecomunicazioni aggiudicatari delle frequenze.

Tuttavia, negli ultimi anni, numerose sono state le iniziative avviate in particolare dalla Commissione europea per identificare misure più efficaci per l’implementazione delle reti ultraveloci in fibra ottica e le reti 5G, In quest’ambito, il Connectivity Special Group, composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione europea ha individuato una serie di strumenti (il cosiddetto toolbox) che, in tema di assegnazione e uso delle frequenze, oltre a promuovere negli stati membri una periodica revisione dei piani di assegnazione per poter valutare senza ritardi la domanda di mercato e le necessità dei vari settori, individua possibili soluzioni quali ad esempio il local licensing che, confrontato con la normale assegnazione su base nazionale, consentirebbe nel caso di bande di frequenza con ridotta capacità di propagazione (come le onde millimetriche nella banda 26 GHz), il riuso intensivo di tali porzioni di spettro in diversi ambiti locali per implementare use-cases 5G per applicazioni industriali (fabbriche, automazione) o nel settore dei servizi (logistica, porti, etc). In questa direzione va anche la Comunicazione della Commissione prima citata sul Digital Compass nonché le recenti Opinion del Radio Spectrum Policy Group (RSPG).

Una soluzione del tipo local licensing è stata ad esempio già realizzata in Germania dove a partire dal 2019 sono state messe in pratica regole che consentono l’acquisizione di diritti d’uso di frequenze in ambito locale in banda 3700-3800 MHz da parte di piccole o medie aziende per la realizzazione di reti private 5G per le proprie esigenze manufatturiere quali ad esempio l’automazione di produzione o la gestione logistica interna al comprensorio industriale.

Lo scopo dell’indagine è quindi quello di acquisire in ambito nazionale informazioni e aspettative da parte di una vasta platea di soggetti potenzialmente interessati – operatori ma anche aziende manufatturiere, integratori di sistemi, società di servizi, etc. – su nuove modalità di utilizzo dello spettro al servizio dei verticals per valutare l’adozione di strumenti regolatori per “….l’assegnazione diretta dello spettro per usi locali che vanno generalmente sotto il nome di local licensing, leasing, spectrum sharing, forme di light licensing, uso dello spettro unlicensed”.

Appare anche significativa l’estensione dell’indagine alle questioni all’uso dello spettro per reti locali del tipo LPWAN, che supportano i dispositivi Internet of Things in molteplici applicazioni (non necessariamente in tecnologia 5G) e che saranno indispensabili per l’implementazione di specifici verticals quali ad esempio per l’automazione o lenergia, fondamentali nella trasformazione digitale delle imprese.

L’intenzione del regolatore è senza dubbio positiva purché, si ribadisce, gli esiti dell’indagine possano rapidamente tradursi in indirizzi e nuovi strumenti regolamentari finalizzati a un uso ancora più efficiente e flessibile delle frequenze. In tal senso, con il riferimento allo spectrum sharing, all’uso delle frequenze non licenziate e alle reti locali LPWAN ci si augura che, oltre a incentivare la diffusione dei verticals 5G, l’indagine conoscitiva possa contribuire ad affrontare e risolvere ex-ante per via regolamentare alcune passate situazioni di difficoltà nell’accesso e uso della risorsa radio. Si fa infatti, in questa sede, cenno alla questione del servizio LoRa nella banda 863-870 MHz, per la cui autorizzazione è stato necessario il Decreto Semplificazioni dello scorso mese di settembre o alla situazione di alcune porzioni di frequenze nelle bande 2600 MHz e 3400-3600 MHz che, attraverso ad esempio forme di condivisione locale, potrebbero essere utilizzate anche per i servizi di comunicazioni mobili.

  1. Potrebbe essere l’occasione, prima dell’avvio della successiva – e ben più finanziariamente dotata – fase 2, di rivedere a fondo il meccanismo di assegnazione dei voucher, ad esempio dando all’utente la possibilità di scegliere i contratti e le apparecchiature più confacenti alle proprie necessità evitando i bundle confezionati dal solo operatore di telecomunicazioni, in ossequio da una parte alla neutralità tecnologica e alla libertà di scelta del modem/router, sancita da più di una decisione del regolatore e dall’altra evitando pericolosi effetti distorsivi nei confronti di altri soggetti, in particolare i retailer, coinvolti nella filiera della vendita delle apparecchiature elettroniche. Tali modalità di erogazione di incentivi sono state già messa in pratica con il bonus destinato alle biciclette elettriche o quello docenti e hanno dimostrato la loro validità ed efficacia.

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