editoriale

Agenda digitale, sulla soglia dei primi piani attuativi (e di una nuova Agendadigitale.eu)

Da una nostra ricognizione, risulta che il Team Digital di Piacentini e l’Agenzia per l’Italia Digitale si stanno muovendo su due linee d’azione per arrivare finalmente alla fase attuativa dell’Agenda. Nei prossimi mesi vedremo i primi frutti. Ecco perché la nostra testata cambia, facendosi più grande

Pubblicato il 13 Feb 2017

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Siamo ormai molto vicini ad avere, completi, i piani attuativi dell’Agenda Digitale italiana. Sì, lo so che è stato scritto già tante volte, ma si è consumato l’ultimo ritardo, causato dal cambio di Governo e dal necessario prendersi le misure tra il Team Digital di Diego Piacentini (commissario all’Agenda presso il Governo) e l’Agenzia per l’Italia Digitale.

Ecco perché tutto lascia pensare che saranno mesi importanti, quelli che ci porteranno da marzo fino all’estate. Ed ecco perché, in questa fase in cui i giochi si possono fare finalmente seri, anche la nostra testata Agendadigitale.eu va verso una nuova maturità: una nuova redazione, il raddoppio dei contenuti pubblicati ogni settimana integrando quelli che erano i canali della PA Digitale sotto Forumpa.it e nuovi modi per parlare di questi temi: come una serie di eventi che avranno il marchio Agendadigitale.eu (quello pilota c’è stato già, a gennaio). In più, un nuovo sito, che vedrete tra poche settimane.

Ma per queste novità che ci riguardino, è bene che parlano i fatti: com’è compito del giornalismo.

Vediamo invece che cosa si sta prospettando all’orizzonte, sulla strategia attuativa della strategia generale (che è il Crescita Digitale). Quanto scriviamo qui è il risultato di conversazioni che abbiamo avuto, nelle scorse settimane, con il Team Digital e Antonio Samaritani, il direttore dell’Agenzia.

I due grandi piani di intervento

In sintesi, sembra che siano due i piani d’azione più importanti, nel lavoro dei due. Che hanno intensamente cominciato a lavorare a braccetto, soprattutto a partire da gennaio.

Da una parte, c’è la grossa sfida di indirizzare i 4,686 miliardi di euro del Crescita Digitale nei piani delle Regioni e delle città metropolitane verso una strategia nazionale condivisa e per questo servirà il piano triennale della strategia Ict, che ormai è dato in arrivo per marzo. Nel piano sarà indicato come le PA devono spendere in digitale e saranno indicati i principi generali di razionalizzazione dei datacenter pubblici (quelli minori dovranno sparire, integrandosi con quelli pubblici maggiori o andando in cloud su quelli della gara Spc Cloud, il cui primo lotto è stato vinto da Tim e Hpe).

Non solo: a supporto della strategia arriveranno piani di progetto, con 90 milioni di euro (50 milioni già assegnati per Italia Login, ora Cittadinanza Digitale). Gli altri 40 milioni, in due tranche uguali, saranno per azioni di supporto agli investimenti e sviluppo delle infrastrutture immateriali (Spid, Anpr..) e materiali (datacenter, cloud…) previste nel Crescita Digitale (solo per supporto e accompagnamento alle PA, dato che le infrastrutture saranno realizzate di fatto con i miliardi previsti). Questi 40 milioni, di origine comunitaria, devono essere ancora affidati all’Agenzia.

Il secondo piano d’azione emerge dal lavoro del Team Digital su dodici progetti Paese che pian piano sta chiarendo in questi giorni. Lo scopo di fondo è creare le fondamenta tecniche e di visione all’Italia digitale. Fare cultura, creare competenze interne; inaugurare un sistema disruptive di innovazione che potrà proseguire da sola dopo che (nel 2018) la squadra di Piacentini smetterà di lavorare. Insomma, dare all’attuazione dell’Italia digitale quel forte scheletro che finora l’Agenzia non ha potuto avere, perlopiù per carenza di competenze tecniche e di staff.

La forza della visione del Team Digital deriva dall’essere tutto ciò che finora l’Italia ha solo potuto sognare. Una trasformazione che mette al centro il cittadino, i suoi vantaggi effettivi e immediati, invece che l’amministrazione pubblica (com’è stato finora). Per questo motivo, il Team si sta impegnando ad accelerare per rendere prodotto – anche solo in forma di proof of concept o se preferite exemplum – ciò che c’è scritto nella strategia e declinato in quei dodici progetti. Creando nuovi prodotti o rendendo prodotti usabili quelli che finora sono solo teorici (vedi Spid, che va reso effettivamente usabile, a quanto riconosce lo stesso Team).

Avremo insomma nei prossimi mesi i primi frutti che possono dare l’esempio della trasformazione auspicabile: del digitale come modo per dare forza al ruolo di cittadino, si diceva; ma anche per tramandare una visione di amministrazione basata sulla collaborazione invece che sui giardinetti recintati (com’è stato finora). E questo sarà declinato in diversi ambiti, dalla cyber security agli open data, fino al Cad e al domicilio digitale (come anticipato dal Team alla nostra testata). Sono questi i tre progetti che finora sono stati comunicati in dettaglio.

Che cosa manca: dubbi e problemi

Il principale problema che si può vedere in questo percorso è che ancora tutto troppo astratto e troppo parziale. Troppo astratto perché non si è ancora visto nessuno di questi exempla nella realtà. Bisognerà aspettare. Ancora. Così come bisognerà sperare che tra le Regioni, Comuni e il Centro si troverà la quadra sulla spesa e i progetti (sarebbe bello replicare il modello di successo che c’è stato per la banda ultra larga).

Troppo parziale ed è forse questa la cosa più grave – perché Italia digitale (o meglio l’innovazione dell’Italia grazie al digitale) non può essere solo questo.

Non può esserlo, in due sensi. In senso ristretto, perché nel lavoro che Agenzia e Team stanno facendo ancora non è stato stabilito il modello organizzativo con cui vogliono cambiare le cose. Chi fa e chi gestisce i progetti, quale ruolo per Sogei, per le in house regionali? Non c’è ancora un modello di dettaglio e condiviso tra le parti.

In senso più allargato, la parzialità si evince dall’essere una visione troppo PA-centrica. E nemmeno tutta la PA: sono andate fuori dal radar, di una strategia centrale (cioè gestita dal Team e dall’Agenzia) la Sanità digitale e la Giustizia digitale. Entrambi i temi si muovono come isole separate. Ed è un paradosso: questi due ambiti fanno la differenza per la qualità della vita e il benessere degli italiani più che lo snellimento dei rapporti cittadino-PA tramite Spid, l’Anpr o PagoPa.

Anche altri attenti osservatori di questo mondo se ne sono accorti. Il bisogno di alzare lo sguardo, verso quello che dorebbe essere il vero senso dell’azione innovativa, infatti sarà lo spirito del prossimo Forumpa 2017.

I piani Scuola digitale e banda ultra larga sembrano felice eccezione perché stanno portando a risultati concreti pur essendo andati avanti anche loro come isole separate. Ma temo che anche qui primo o poi si pagherà l’assenza di una visione integrata. Per esempio nel difficile collegamento tra scuola e lavoro nelle nostre arretrate pmi. Oppure nella difficoltà di vendere a cittadini e imprese i nuovi velocissimi accessi a internet.

Quanto alla trasformazione digitale delle imprese, si può dire che anche qui stiamo entrando nel vivo dell’attuazione tramite Industry 4.0, piano molto ambizioso (20 miliardi di euro in incentivi potenziali). Ma è ancora troppo presto per capire se tutti questi semi attecchiranno. Il problema di fondo è che il terreno in cui dovrebbero farlo è ancora molto lontano dall’essere pronto, scontando decenni di politica miope. Sono gli italiani (imprese, cittadini, PA) a non essere pronti. E la politica non sta dando ancora il messaggio, forte e inequivocabile, che qui si gioca il nostro futuro.

Il Team Digital e l’Agenzia probabilmente sanno bene della parzialità della loro azione. Si stanno occupando solo delle cose su cui possono intervenire con qualche speranza di efficacia, accantonando il resto (una vera riforma della Sanità, della Giustizia; un piano di formazione delle Pmi). Va bene: ad impossibilia nemo tenetur. Ma la questione non è più l’adeguatezza degli organi deputati alla trasformazione digitale. Bensì la vocazione innovativa del sistema in cui questi sono incastonati. Che è ancora davvero deludente.

Non è una missione disperata, questa. Nell’ultima legislatura qualche passo avanti c’è stato, nella politica e tra la popolazione; più di quanti ce ne siano stati nel decennio precedente, probabilmente. Iniziative come la prossima open data week (di divulgazione e formazione assieme e condivise tra molte parti diverse della società civile e politica) sono utili allo scopo: per diffondere il nuovo spirito tra la gente e la classe dirigente, al tempo stesso.

Quello che serve è quello che manca: rendere sistema questo nuovo sentimento digitale che mette radici. Per accelerare la maturazione.

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