Spectrum sharing

Condivisione dello spettro: le nuove opportunità nascono al confine tra Tlc e IA

La condivisione avanzata dello spettro e l’uso dinamico delle frequenze sono sempre più importanti in considerazione degli sviluppi delle tlc oltre il 5G verso applicazioni che richiederanno sempre più banda. In questi casi il ricorso a algoritmi che ricorrono alla intelligenza artificiale è già oggetto di studi e di test

Pubblicato il 12 Dic 2022

Mario Frullone

Direttore delle Ricerche presso Fondazione Ugo Bordoni

6ghz

All’inizio di novembre 2022, l’Office of Engineering and Technology (OET) della Federal Communication Committe (FCC), il regolatore delle telecomunicazioni statunitense, ha avviato l’iter di autorizzazione delle domande di tredici soggetti[1] che propongono dei sistemi di coordinamento automatico delle frequenze (Automated Frequency Coordination, AFC) per gestire l’accesso allo spettro di banda a 6 GHz per sistemi non licenziati, come il Wi-Fi, ma da parte anche di servizi outdoor con potenze maggiori (standard-power) rispetto ai classici valori sinora utilizzati (low-power).

Ma perché questa notizia, apparentemente destinata a tecnici e addetti ai lavori, merita una riflessione più ampia? La risposta è certamente collegata al valore strategico della banda a 6 GHz[2], ma nasce soprattutto dalla necessità di tenere vivo il dibattito tecnico sulle modalità avanzate di spectrum sharing, che coinvolgono anche l’intelligenza artificiale.

Il dibattito va in ogni modo calato nelle singole situazioni nazionali e adattato alla reale occupazione dello spettro così come si è andata conformando nei decenni.

La Banda dei 6 GHz per il futuro delle tlc: perché è importante pianificarne l’uso ora

Le iniziative di condivisione dello spettro in Ue e Usa

Le prospettive di continua crescita di sistemi wireless pongono una costante domanda di utilizzo di bande di frequenza sempre più elevate e, parallelamente, di uso più efficiente delle bande di frequenza già utilizzate.

In questo quadro, situazioni di sottoutilizzazione -anche solo geografica- delle frequenze non appaiono più giustificabili anche considerando che la maggiore disponibilità di spettro potrebbe anche consentire di contenere i costi collegati al dispiegamento delle reti. Ad esempio, se ci sono frequenze adoperate in aree rurali per collegamenti punto-punto, può essere valutato l’uso delle stesse frequenze in aree urbane.

Secondo uno schema ormai consolidato, le Istituzioni preposte alla amministrazione dello spettro radioelettrico, come nel recente caso della banda dei 700 MHz adoperata dai broadcaster televisivi e ceduta al 5G, procedono quindi a liberare una banda dai precedenti utilizzatori per consentirne l’uso per nuove finalità.

In alcuni casi, invece, il refarming totale di una banda non è fattibile o non è necessario. In questi casi, si procede a creare le condizioni per la coesistenza tra servizi diversi. Si realizza dunque una condivisione dello spettro (spectrum sharing).

In questa ottica, si stanno moltiplicando in Europa e nel mondo le iniziative finalizzate alla condivisione dello spettro tra servizi diversi fino ad arrivare, nel lungo termine e per quanto possibile, ad una gestione dinamica delle frequenze nello spazio e nel tempo.

L’approccio della FCC

Vediamo meglio gli spunti offerti dalla situazione statunitense. Nella banda dei 6 GHz, già destinata ad uso unlicensed, alcune sottoporzioni di spettro, la banda 5.925-6.425 GHz e la banda 6.525-6.875 GHz, vedono la presenza intensiva come sistemi incumbent di sistemi punto-punto licenziati. Inoltre, la porzione di spettro 6.65-6.6752 GHz è usata per applicazioni di radio astronomia con un certo numero di Osservatori Radio. In questo caso la FCC, non ha ritenuto di dover necessariamente liberare la banda dagli attuali occupanti, ma ha seguito la strada della condivisione dello spettro.

Wi-Fi 6E: Expanding Wi-Fi into 6 GHz spectrum (English with Captions)

Wi-Fi 6E: Expanding Wi-Fi into 6 GHz spectrum (English with Captions)

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Il coordinamento automatico delle frequenze

In presenza di questi incumbent, i sistemi AFC voluti dalla FCC hanno quindi il compito di definire le potenze e i parametri di trasmissione di apparati outdoor con potenze maggiori di quelle tradizionali (si veda la tabella 1) garantendo – sulla base di algoritmi automatici – l’assenza di interferenze sui sistemi punto-punto a microonde e sui radio osservatori incumbent, che dovranno continuare ad operare indisturbati. Le prescrizioni imposte dal FCC agli sviluppatori di sistemi AFC sono dettagliate nelle linee guida “6 GHz Report and Order and Further Notice of Proposed Rulemaking”.

Immagine che contiene tavolo Descrizione generata automaticamente

Tabella 1 (Fonte FCC)

In altri termini, si amplia l’uso e la potenza di apparati Wi-Fi e per rendere ciò possibile, in un ambito storicamente caratterizzato da coperture circoscritte, si predispone un approccio per il coordinamento automatico delle frequenze il cui sviluppo operativo viene affidato prevalentemente al mercato. I 13 soggetti che hanno messo a punto ognuno un proprio sistema di AFC lo hanno sottoposto per approvazione alla FCC. L’approvazione è subordinata al rispetto di una serie di regole tecniche definite dalla FCC stessa.

Le criticità del sistema AFC

Vale la pena di sottolineare che l’approccio seguito per la condivisione dei dati prevede la messa a disposizione dello Universal Licensing System che è il database ufficiale delle licenze assegnate dal FCC -necessario per conoscere le caratteristiche dei sistemi incumbent da proteggere e la realizzazione, da parte degli sviluppatori di sistemi AFC, di database (regulatory database) centralizzati per tenere traccia delle frequenze adoperate e facilitare la supervisione del FCC.

Non si tratta di obiettivi semplici da conseguire. Le preoccupazioni che continuano ad essere sottoposte dagli altri utilizzatori dello spettro alla FCC sono numerose e riguardano aspetti sostanziali quali l’aggiornamento quotidiano dei data base delle installazioni e delle frequenze utilizzate, le tecniche di mitigazione dell’interferenza, i modelli di propagazione da adoperare, la precisione delle tecniche di geolocalizzazione degli impianti, la sicurezza ed altri numerosi aspetti tecnici. Nonostante la presenza di queste voci dissonanti, la FCC appare determinata a proseguire nella direzione individuata.

La situazione in Italia

Anche in Europa le iniziative indirizzate verso lo spectrum sharing sono numerose. In Italia gli esempi più interessanti non riguardano le bande non licenziate, ma sono invece collegati al bando che ha reso disponibili le frequenze per il 5G. Un primo esempio proviene dal tavolo tecnico che si occupa degli adempimenti tecnici successivi alla aggiudicazione delle frequenze nel quale è stato affrontato dall’Amministrazione il problema della protezione dei sistemi incumbent attraverso la definizione di criteri e procedure per la coesistenza tra sistemi 5G e incumbent. Un secondo esempio proviene dal bando che ha disciplinato la gara per il 5G che aveva previsto nella banda dei 26 GHz la possibilità di un uso flessibile dello spettro, secondo l’approccio del club-use.

Il modello “club use”

Il modello “club use”, adottato in Italia prima che altrove, consente ad un aggiudicatario di una porzione di banda di condividere le frequenze degli altri aggiudicatari laddove queste non siano utilizzate e, pertanto, di offrire capacità elevatissime, comparabili a quelle dell’accesso in fibra ottica. Nel primo caso, in presenza di soggetti incumbent da tutelare, l’Amministrazione esercita una supervisione del processo. Mentre nel caso del club-use, dove non ci sono sistemi incumbent da proteggere, sono gli aggiudicatari a concordare le regole di ingaggio.

L’approccio di Ofcom nel Regno Unito

In una prospettiva di cautela e supervisione da parte dell’Amministrazione è interessante anche richiamare l’approccio di Ofcom, che definisce un numero di ambienti di studio e analisi definiti spectrum sandboxes. In questi ambienti, geograficamente circoscritti, si prevede di lavorare con industria e mondo accademico per analizzare la condivisione dello spettro nel mondo reale. I partecipanti avrebbero la possibilità di sperimentare diversi approcci e algoritmi per la condivisione dello spettro, ponendo le basi per una operatività successiva. Per completezza di informazione è utile richiamare che le bande da studiare con le sandboxes dovrebbero essere la 6 GHz, come nell’approccio statunitense, la banda 3.8-4.2 GHz, utilizzata per ponti radio e adiacente alla banda del 5G, e varie porzioni di banda al di sotto del Terahertz, utilizzata oggi per osservazione passiva da satellite.

Conclusioni

La condivisione avanzata dello spettro e, in prospettiva, l’uso dinamico delle frequenze appaiono sempre più importanti in considerazione degli sviluppi delle telecomunicazioni oltre il 5G verso applicazioni immersive e di realtà aumentata che richiederanno sempre più banda. In questi casi il ricorso a algoritmi estremamente efficienti che ricorrono alla intelligenza artificiale è già oggetto di studi e di sperimentazioni anche nell’ambito degli organismi di standardizzazione.

Le complessità collegate a meccanismi di condivisione avanzata dipendono dalle singole situazioni nazionali e da come è evoluta l’occupazione dello spettro. Sebbene siano necessari strumenti evoluti di progetto e pianificazione, in Italia queste complessità sono certamente alla portata delle competenze oggi disponibili sia dal lato istituzionale che dal lato industriale.

La maggiore efficienza conseguibile nell’uso dello spettro giustifica certamente gli sforzi necessari.

Note

  1. I soggetti sono Broadcom, Google, Comsearch, Sony Group, Kyrio, Key Bridge Wireless, Nokia Innovations, Federated Wireless, Wireless Broadband Alliance, Wi-Fi Alliance (WFA), Qualcomm, Plume Design e RED Technologies
  2. Stati Uniti e Cina hanno già preso al riguardo due decisioni opposte. Negli Stati Uniti si è deciso di riservare l’intera banda ad uso unlicensed, mentre in Cina l’intera banda è destinata ad uso licensed per sistemi IMT 2020

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