IL SONDAGGIO

I nostri esperti e l’Agenda Digitale: le priorità e gli ostacoli

Secondo dei due articoli in cui è suddiviso il report con il nostro sondaggio a 30 esperti. Tante proposte e valutazioni, tra le quali emergono le sollecitazioni principali sulle strategie, sul metodo di attuazione, sulla governance, superando le attuali e nefaste frammentazioni. E investendo su cultura e competenze digitali

Pubblicato il 08 Set 2015

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Se nel primo articolo ci eravamo focalizzati sulle valutazioni dei 30 esperti che hanno risposto al nostro questionario, qui cerchiamo di integrare le loro proposte ricche e interessanti su tre punti: le priorità, gli ostacoli e i punti di forza sui quali far leva per “la definizione e l’attuazione di un’agenda digitale coerente con le esigenze della società e dell’economia italiana”. In questo articolo citiamo anche esplicitamente qualche frase, ma naturalmente i contributi sono stati tutti molto più ampi. Ne viene fuori un quadro interessante e che può essere utile riflessione anche per politici e decisori.

Quali Priorità

Abbiamo aggregato le indicazioni sulle priorità rispetto al modello delle otto aree strategiche che abbiamo utilizzato per il questionario e l’analisi per il “tagliando” dell’Agenda Digitale italiana.

Prevalgono le indicazioni sulla Connettività, l’Infrastruttura di servizi, le Competenze Digitali, l’e-government, l’innovazione delle imprese, ma non mancano indicazioni che evidenziano la necessità di migliorare le strategie e la governance.

Con maggior dettaglio:

  • Connettività– la presenza di connettività in banda ultralarga viene indicata come priorità urgente dalla quasi totalità degli esperti, anche in termini di “servizio universale” (Nicola D’Angelo), con un accento particolare per la sua diffusione nelle scuole, e per il wifi negli esercizi privati e pubblici, “da promuovere con urgenza anche per ragioni di competitività turistica” (Laura Puppato, senatrice). C’è anche chi indica la necessità dello sviluppo della banda larga con dorsale pubblica e chi stimola a una maggiore partecipazione degli Operatori di Telecomunicazioni privati nella realizzazione del piano strategico (Stefano Pileri, Italtel);
  • Infrastrutture di servizi– le componenti principali delle infrastrutture di servizi sono tra quelle più ricorrenti nelle indicazioni sulle priorità. Innanzitutto lo SPID, ma collegato con gli altri elementi ritenuti necessari, come l’Anagrafe Unica della Popolazione residente, la sicurezza, anche come elemento per la costruzione della fiducia (Carlo Mochi Sismondi, ForumPA) e affrontando allo stesso tempo il tema della coerenza del sistema di anagrafe/identificazione nelle varie amministrazioni rispetto all’avvento di SPID e del domicilio digitale, anche “avviandolo subito per chi ha già la PEC”. La realizzazione di un unico punto di accesso è indicata come priorità solo in una risposta, mentre non si cita mai esplicitamente Italia Login;
  • Competenze digitali – la carenza italiana qui è forse così ampia che le indicazioni di priorità sono espresse necessariamente in termini generali e allo stesso tempo assoluti e di urgenza “la priorità principale è lo sviluppo di competenze digitali” (Giuseppe Pirlo, Università di Bari), e ponendo un obiettivo minimo da raggiungere per tutta la popolazione. Ci sono anche indirizzi più specifici, che individuano destinatari prioritari (giovani, PA, PMI, ma anche docenti di scuola e università) e anche interventi per l’individuazione e la costruzione di figure professionali “manageriali specializzate per l’attuazione dell’agenda digitale” (Andrea Lisi, Anorc). In quest’ambito includiamo le indicazioni di priorità sullo stimolo alla domanda di digitale, che passa anche attraverso una comunicazione massiva, continua e profonda, che spieghi quali servizi digitali sono già disponibili, e presenti i benefici della Rete, sapendo che “con una maggiore domanda anche i finanziamenti pubblici necessari per le infrastrutture diminuiranno” (Rossella Lehnus, Infratel Italia).
  • E-government – le priorità relative a quest’area sono di sistema, come “effettuare il switch-off analogico-digitale” (Enza Bruno Bossio, deputata), o anche specifici, indirizzati a programmi come la fatturazione elettronica (vista come ancora da completare) e i sistemi di pagamento elettronici, e alla semplificazione dei pagamenti digitali per i trasporti e i beni culturali, ma anche puntando “su progetti e sistemi per la sostenibilità, l’efficienza e l’economia low carbon”(Marco Fratoddi, Nuova Ecologia). Enfasi anche sulla riprogettazione e virtualizzazione dei servizi in logica cloud e, più in generale, sul miglioramento dei servizi sul fronte dell’usabilità e della semplicità, semplificando i siti istituzionali, migliorando gli attuali servizi digitali, ritenuti spesso inutilizzabili in quanto “versione digitale delle procedure burocratiche cartacee”, sapendo che “più si sviluppano i servizi e più i cittadini sentiranno forte il bisogno di digitalizzazione” (Mara Mucci, deputata). Infine, una priorità è anche quella di far sì che la digitalizzazione della PA consenta di connettere e far comunicare i vari enti pubblici, e anche ove opportuno pubblico-privato (es.: cartelle cliniche di accesso ai dottori/pazienti…), oltre che semplificando il rapporto con le imprese ad esempio con “i controlli della PA sulle imprese tramite fascicolo elettronico di impresa” (Andrea Sammarco, Unioncamere);
  • Innovazione delle imprese – molte le indicazioni di priorità su quest’ambito, sia rispetto a interventi di incentivazione o comunque di sostegno all’innovazione e alle nuove iniziative, all’e-commerce, all’export, allo smart manufacturing (Alessandro Perego, Politecnico di Milano), per l’allacciamento alla banda ultralarga, “per le imprese che ripensano la propria organizzazione in chiave ICT” (Patrizia Saggini, avvocato), sia rispetto ad interventi che permettano lo sviluppo della capacità di fare rete tra settori diversi, e fare sistema. Priorità anche per la definizione di una politica industriale, sulla base della valutazione per cui “nel settore educativo a fronte di un piano nazionale della scuola non si è costruito un piano industriale e tutti i finanziamenti finiscono per favorire aziende non italiane” (Giovanni Biondi, Indire) e, più in generale, per la “mancanza di una politica di sviluppo” (Enzo Mazza).

Tra le priorità indicate, anche alcune relative

  • all’Open Government (“trasparenza e controllo di gestione”, “trasformare la PA in una campana di vetro: aperta e trasparente”, anche attraverso lo streaming di tutti i lavori di commissioni parlamentari, consigli comunali, regionali),
  • alla promozione dell’immagine dell’Italia, sulla base di una “brand strategy” che permetta il coordinamento della comunicazione digitale nazionale e anche attraverso la “traduzione di contenuti multilingua e la realizzazioni di un repository video fotografico open” (Edoardo Colombo), così come del suo ruolo in ambito europeo, per “fare ordine sui diversi regimi fiscali UE” e in generale sulla normativa in ambito digitale a livello europeo,
  • all’area Ricerca e Innovazione, per interventi che puntino ad affrontare l’attuale “scollamento tra ricerca , innovazione delle aziende e capacità italiana di stare “sul mercato” dei servizi a livello europeo” (Giovanni Biondi, Indire), incrementando le iniziative su Internet Of Things e Manufacturing 4.0, innovando anche la didattica universitaria.

Infine, molte indicazioni di priorità riguardano le strategie (soprattutto sull’e-government, ma anche per le smart city nella logica di un “modello Smart Country interoperabile”) e sulla governance, sul controllo di gestione e sul “monitoraggio e la valutazione costante delle azioni e delle strategie intraprese” (Piero Dominici, Università di Perugia), sul funzionamento di AgID e sul completamento dei progetti avviati (Antonio Palmieri, deputato), oltre che sul tema dei meccanismi politici e amministrativi che sono alla base dell’assegnazione delle risorse ICT per la PA.

Ostacoli

Quali sono i principali ostacoli da superare? Molte risposte puntano sulle carenze culturali e di capacità, oltre che sulla macchina burocratica e sulla generale mancanza di vision e di governance efficace. A fianco dell’eccesso di burocrazia, l’ostacolo che primeggia, e declinato in varie forme, nei diversi settori socio-economici e nelle varie aree, è proprio la mancanza di consapevolezza digitale.

Provando a schematizzare i diversi contributi, ecco un breve elenco dei temi più ricorrenti nell’individuazione degli ostacoli:

  • Cultura digitale di base– un ostacolo è ravvisato in una generale “tecnofobia” italiana, vista come ritrosia e diffidenza a usare tecnologia (è meglio far la fila allo sportello e parlare con l’addetto), “soprattutto nelle istituzioni”(Paolo Ferri, Università Bicocca);
  • Fiducia – diffidenza per le transazioni digitali, soprattutto relative ai pagamenti, anche per problemi di sicurezza;
  • Burocrazia – l’attuale sistema normativo ricorre nella gran parte delle analisi, valutato in gran parte inadeguato, con norme diffuse ovunque e a tutti i livelli che prevedono notificazioni cartacee, sostanzialmente basato su una visione di “procedure” rispetto ad una di attenzione alle “esigenze” del cittadino, con un eccesso di leggi e regolamenti che rendono i processi digitali difficili da implementare. Il problema è accentuato dalla basse competenze digitali nella PA (dipendenti e manager) e dalla mancanza di ricambio nelle posizioni chiave per lo sviluppo di una cultura digitale;
  • Cultura della legalità – la corruzione, spesso connessa all’eccesso burocratico, è un ostacolo, soprattutto se sostenuta da una ritrosia diffusa alla dematerializzazione per paura di controlli fiscali;
  • Cultura politica – tra gli ostacoli maggiormente indicati è la scarsa competenza e sensibilizzazione della classe politica, fino al rischio di diventare inerzia, mancando “la consapevolezza dell’importanza a livello politico nell’investire in questo settore chiave”;
  • Politica industriale – collegate alla carenza di consapevolezza della politica sono anche le indicazioni che vedono tra i maggiori ostacoli la mancanza di politica industriale e visione strategica, così come la mancanza di connessione tra programmi di innovazione nazionali anche finanziati da fondi UE e sviluppo industriale e di ricerca, e la correlata “invasione dei gruppi USA/stranieri senza una vera difesa delle nostre imprese digitali”, oltre che dell’eccessivo peso delle “lobby Ict”;.
  • Governance – molti ostacoli sono relativi alla governance, che viene avvertita mancare nell’intero processo di definizione e attuazione dell’agenda digitale. Peggiora la situazione il difficile raccordo tra Amministrazioni Centrali e tra queste e le Regioni, la mancanza di effettivi regimi sanzionatori (vedi la mancanza di sanzioni e disincentivi nei caso di mancato rispetto del switch-off cartaceo-digitale – Alessandro Musumeci – CDTI Roma) e premianti per le PA (prevedendo un organo che i cittadini e le imprese possano adire in caso di rifiuto di enti pubblici di adempiere a norme dell’agenda digitale), la mancanza di attuazione di una vera logica per obiettivi, con misurazione “della situazione di partenza, degli obiettivi e quindi del loro raggiungimento” (Alessandro Perego); la mancanza di un programma unitario per l’utilizzo dei fondi (un PON nazionale sull’agenda digitale); la mancanza di una rilevazione specifica avviata a livello nazionale – come per i costi standard – che mostri come le soluzioni di E-Gov e digitalizzazione in genere comportino ritorni di efficacia ed efficienza della PA, e quindi anche per cittadini e imprese;
  • Coinvolgimento stakeholder – la condivisione inefficace o non completa del programma di attività tra tutti gli stakeholder in gioco, con la mancanza di alcuni attori importanti;
  • Cultura d’impresa – l’incapacità di fare rete tra settori diversi, e aperti ai mercati;
  • Stato dell’Ict nella PA – la qualità attuale dell’e-government rappresenta per molti un ostacolo, per i problemi di interoperabilità, di offerta inadeguata, dello scarso livello di risoluzione on line ed end to end delle transazioni di pubbliche amministrazioni, Banche, Aziende di Servizi, Utility, a cui si somma lo scarso numero di competenze tecniche rispetto alle effettive necessità d cambiamento.

Da registrare anche risposte che individuano tra gli ostacoli la carenza di risorse e anche “la posizione dominante di Telecom”.

Leve e punti di forza

Quali sono i principali punti di forza su cui far leva? Da dove partiamo? Su questo fronte ci sono state indicazioni in parte in contrapposizione con quelle relative agli ostacoli, testimonianza di valutazioni controverse, come già evidenziato in precedenza.

Tra i punti di forza più ricorrenti troviamo:

  • la politica dell’attuale governo, che, in un contesto di maggiore stabilità, sembra mostrare un’attenzione superiore rispetto ai precedenti governi, anche con strategie pubbliche;
  • la presenza di una nuova leva di politici;
  • gli investimenti previsti per “l’innovazione urbana” (Carlo Mochi Sismondi)
  • la maggiore consapevolezza digitale delle nuove generazioni, sia nel mondo educativo che in quello imprenditoriale, la presenza di giovani talenti, che si esprime anche con il fenomeno delle start-up;
  • la propensione dei consumatori verso il digitale e l’entusiasmo degli italiani per il mobile, la diffusione capillare di una rete mobile e di smartphone;
  • il sistema delle scuole e delle università, che dovrebbe essere centrale nello sviluppo dell’agenda in Italia, e rappresenta il più grande mercato dell’innovazione ancora largamente da “esplorare”;
  • la presenza di una rete di innovatori, nella PA e nelle imprese, con competenze anche di eccellenza,
  • il desiderio sempre più forte di larga parte dei cittadini a partecipare ai processi di innovazione (soprattutto dei grandi temi come energia, ambiente, salute, sicurezza, mobilità), oltre che una graduale consapevolezza che “una buona informatizzazione” porta con sé anche riduzione dei costi per le famiglie;
  • il non partire da zero sulla digitalizzazione della PA, con aree anche avanzate, e la presenza di una struttura come AgID;
  • l’attrattività internazionale dell’Italia e del made in Italy.

A questi si associa l’indicazione della presenza di un contesto che rende inevitabile il percorso di innovazione, sia per il progresso tecnologico, sia per le condizioni che si pongono per mantenere la competitività del Paese e rimanere, ad esempio, nel G7 (Valeria Fedeli, senatrice). Condizioni di sopravvivenza che però sono anche opportunità da cogliere, se “il tessuto industriale italiano (manifattura, moda, alimentare, arredamento, turismo) con il digitale è più competitivo nel mondo” (Stefano Pileri).

Breve riflessione finale

I contributi sono stati ricchi e, anche se con punti di vista e orientamenti diversi, sembrano tutti convergere su tre indicazioni di tipo generale:

  • bisogna cambiare modello di approccio, verso politiche di medio-lungo periodo, con metodologie di attuazione che contemplino concetti come obiettivi chiari, responsabilità definite, monitoraggio, misurazione, con una governance che sia coerente con le strategie che si vogliono perseguire;
  • il problema della cultura e delle competenze, a tutti i livelli, deve essere affrontato come uno dei nodi principali del futuro del Paese, in una strategia organica e complessiva;
  • la frammentazione nelle scelte, delle responsabilità, nella comunicazione, nelle iniziative si associa per questo ad un senso generale e pervasivo di incompiutezza. Al contrario, la valorizzazione del dinamismo sociale e culturale italiano, l’entusiasmo e l’intraprendenza soprattutto delle nuove generazioni, la presenza di eccellenze possono essere un cruciale punto di forza se si acquisisce la capacità di fare rete, coinvolgendo gli stakeholder ai vari livelli nei processi decisionali e attuativi.

Sono indirizzi che non sono “del settore digitale”, perché quando si parla di crescita digitale e di agenda digitale si parla del presente e del futuro del Paese. Ed è forse questa la consapevolezza principale che dobbiamo acquisire urgentemente.

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