editoriale

Per una nuova politica del digitale, il nostro giornalismo

Dopo settimane in cui la politica sembra aver disinvestito nel digitale, un cambio di passo è necessario. I nuovi protagonisti del dibattito elettorale siano resi consapevoli del ruolo trasformativo dell’innovazione. Un ruolo che anche la nostra testata intende assolvere. Con il suo modello distintivo: l’agorà permanente

Pubblicato il 15 Gen 2018

team - people

Dalla discussione emerge la luce. Nella trasparenza, si profila la cura. Nell’oscurità invece si pascono solo i vermi dell’ignoranza e della corruttela.

Non spaventatevi. Sembrano eccessi aulici, questi, ma ho scelto questa forma solo per esprimere vecchi principi, che dovremmo avere tutti cari.

La trasparenza dell’azione politica è uno dei pilastri della democrazia, ciò che rende il potere accountable (dicono gli anglosassoni). L’esigenza di una PA trasparente (anche grazie alla digitalizzazione dei processi, laddove nella carta si annidano le rendite di posizione) risponde proprio a questo spirito: democratico, contro abusi e corruzione.

Perché il potere non smetta un momento di doversi guardare le spalle.

E in democrazia uno degli strumenti più indicati per arrivare a questi obiettivi è la discussione all’interno di una comunità. Se favorire la trasparenza è il ruolo storico di chi fa informazione, lo strumento del dibattito e della discussione tra gli stakeholder è la cifra propria di Agendadigitale.eu. Così, da cinque anni, una agorà permanente (a volte preferisco l’analogia del “convegno virtuale” tra addetti ai lavori, come descritto fin dal primo giorno della nostra testata: dal 2012, con la nascita della prima Agenda Digitale italiana).

Più un tema è complicato e controverso, più la discussione può favorire la chiarezza: un concetto che, credo, si rivelerà ancora una volta valido in questa fase pre-elettorale. Che vedrà particolarmente impegnata Agendadigitale.eu, con le altre testate del gruppo Digital360, per fare emergere quanto di digitale c’è nei programmi delle forze in campo.

L’esempio Isiamed

Proprio di recente questo modello è stato messo alla prova. Forse mai con così tanto scalpore. La vicenda su cui fare chiarezza è stata quella di Isiamed, dove un articolo che abbiamo pubblicato a firma della parte in causa ha in un primo momento indignato alcuni addetti ai lavori. Gli stessi però in un secondo momento hanno fornito ad Agendadigitale.eu un articolo corale per fare maggiore luce sulla vicenda.

Che è successo? È successo che nel frattempo il modello di Agendadigitale.eu è stato compreso e si è potuto dispiegare. Nel confronto e nel dibattito.

L’idea di fondo, è che ci sono diversi modi per assolvere al proprio ruolo informativo. Anche per la stessa vicenda (Isiamed, per esempio), gli strumenti utilizzabili sono molteplici. C’è il giornalismo d’inchiesta, ci sono le interviste con gli interessati, c’è la cronaca più o meno asettica. Ci sono gli editoriali infuocati o pensosi. E ci sono gli spazi in cui le parti si confrontano, con i giornalisti in un ruolo da moderatore, arbitro, conduttore. “Facilitatore”, del dibattito. Il pubblico può farsi una idea dalla viva voce dei protagonisti.

Le tv, le radio e i convegni sono ricchi di questi momenti. Agendadigitale.eu vuole contribuire all’ecosistema dell’informazione soprattutto con questo ruolo, chiamando a raccolta gli stakeholder e favorendo così la discussione. Salvo i momenti in cui noi della redazione – come in questo momento – prendiamo la parola direttamente; ma anche in questo caso lo facciamo, quasi sempre, nel ruolo di facilitatori della discussione e per aumentarne la chiarezza complessiva.

Pensare che un modello sia più valido dell’altro e che non possano convivere è una ingenuità. E ancora di più lo è pensare che il nostro sia un modello acritico. Non esiste informazione che sia acritica (un ruolo critico è riconosciuto anche nella legge istitutiva del giornalismo italiano, nel 1969), cioè supinamente adagiata sulla realtà. Il punto è che “essere critici” vuol dire molte cose. “Criticamente” noi accompagniamo il dibattito sul digitale.

È critico il ruolo di facilitatori del dibattito, nella scelta delle persone e dei contenuti da coprire (concordati con gli autori). È critico lo spirito di fondo, la speranza che il paradigma dell’innovazione prevalga e favorisca lo sviluppo socio-economico dell’Italia.

Di fondo, abbiamo pensato che questo modello poteva avvalersi delle prerogative di internet. Per due motivi. Primo, la permanenza dei contenuti della rete ci permette di sviluppare il dibattito nel medio-lungo periodo. Nei dibattiti dal vivo le tesi si confrontano subito e se questo ha vantaggi, ha spesso lo svantaggio della superficialità. Noi coltiviamo i vantaggi del pensiero lungo, che negli articoli, a distanza di giorni o settimane, permettono alle parti di esprimere le proprie tesi e analisi in modo ragionato, approfondito.

Secondo motivo, su internet il limite – com’è noto – non è più lo spazio disponibile per i contenuti. È possibile quindi far convivere diversi modelli per fare informazione. Non si è costretti a fare giornalismo d’inchiesta su una vicenda, se altri possono farlo, lasciando a terzi la possibilità di svolgere un altro ruolo, complementare (la vecchia regola di Jeff Jarvis, quando è cominciata la riflessione sul bisogno di un nuovo modo di fare giornalismo ai tempi del digitale: cover what you do best and link to the rest).

Che questo modello possa avere un ruolo sembrano confermarlo i numeri, dei lettori, che Agendadigitale.eu ha aumentato del 70 per cento nel 2017 sull’anno precedente.

Ancora di più sarà necessario, anche con il nostro modello, tenere i riflettori bene accesi sul panorama politico italiano nei prossimi mesi. Come hanno raccontato Mara Mucci e prima ancora Alfonso Fuggetta, veniamo da settimane in cui la politica sembra essersi dimenticata del digitale, di fatto disinvestendovi (con pochissime eccezioni, tra cui Industry 4.0, che criticamente con onestà intellettuale è opportuno segnalare).

Un cambio di passo è necessario. Che speriamo avvenga nella prossima legislatura. Fin dai primi mesi, però, stavolta. Il digitale subito al centro della riforma. E non solo dopo che il Governo ha assolto quelli che ritiene essere temi più importanti (come avvenuto anche sotto Renzi; e non che governi precedenti abbiamo fatto diversamente).

Confidiamo che, per questo obiettivo, anche il nostro modello di testata possa svolgere un ruolo utile per l’ecosistema.

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