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Italia a 1 Giga, come garantire il successo del piano governativo

Qual è il un fil rouge tra gli obiettivi fissati dal Piano Italia a 1 Giga e le regole e il metodo in via di definizione da parte dell’esecutivo e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di diffusione della banda ultralarga? Facciamo il punto

Pubblicato il 07 Dic 2021

Greta Picco

Consultant presso ICT Consulting

Alessandro Soracco

Partner presso ICT Consulting

ultrabroadband

In una recente intervista, il Ministro per la transizione economica e lo sviluppo digitale Vittorio Colao è stato chiaro sulle intenzioni del Governo e sui contenuti sfidanti del “Piano Italia a 1 Giga”: “nei prossimi mesi – ha commentato – si inizierà a vedere quello che potrà essere il volto nuovo del Paese”, aggiungendo che “una volta stabilite le regole e il metodo tutto sarà più semplice”.

Tali affermazioni si inseriscono in una cornice già definita dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ( “PNRR”) approvato dal Governo lo scorso aprile dove si dichiara che “l’ambizione dell’Italia è di raggiungere gli obiettivi europei di trasformazione digitale in netto anticipo sui tempi, portando connessioni a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026” (rispetto al 2030, target fissato dalla strategica comunitaria), specificando poi che i fondi stanziati – 6,7 miliardi di euro – per la promozione e il raggiungimento della Gigabit Society dovranno necessariamente essere accompagnati da “un percorso di semplificazione dei processi autorizzativi che riconosce le infrastrutture per la cablatura in fibra ottica e per la copertura 5G come strategiche, velocizzandone così la diffusione sul territorio”.

In questo articolo proveremo ad individuare un fil rouge tra gli obiettivi fissati dal Piano Italia a 1 Giga e le regole e il metodo in via di definizione da parte dell’esecutivo e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di diffusione della banda ultralarga.

Ecco la nuova strategia banda ultralarga dell’Italia: tutti i punti chiave e i nodi

Gli obiettivi: il “Piano Italia a 1 Giga”

Tra i fondi stanziati dal PNRR per la transizione digitale, 6,7 miliardi di euro saranno dedicati a progetti relativi alla “Strategia italiana per la banda ultra larga – verso la gigabit society” (c.d. Strategia BUL).

Tale strategia mira a definire le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi di trasformazione digitale indicati dalla Commissione europea nel 2016 e nel 2021, rispettivamente con la Comunicazione sulla Connettività per un mercato unico digitale europeo (c.d. “Gigabit Society”) e la Comunicazione sul decennio digitale (c.d. “Digital compass”) e prevede lo sviluppo dell’infrastruttura di rete in fibra ottica su tutto il territorio nazionale entro il 2026.

La Strategia BUL si compone di sette interventi, due dei quali già in corso e previsti dalla Strategia del 2015 (Piano aree bianche e Piano voucher) e cinque Piani approvati dal Consiglio dei Ministri il 29 aprile 2021 tramite il PNRR:

  1. Piano “Italia a 1 Giga” ;
  2. Piano “Italia 5G”;
  3. Piano “Scuole connesse”;
  4. Piano “Sanità connessa”;
  5. Piano “Isole Minori”.

Ci concentreremo in questa sede sul “Piano Italia a 1 Giga”, intervento con il quale il Governo italiano si propone di definire una roadmap per raggiungere, entro il 2026, l’obiettivo di garantire connettività ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload alle unità immobiliari per le quali, a seguito di una mappatura eseguita da Infratel sulle infrastrutture presenti o pianificate dagli operatori al 2026, non si prevede sia garantita una soglia prestazionale di intervento pari a 300 Mbit/s stabile in download.

Il Piano in esame si affianca ai primi due interventi avviati nel contesto della Strategia BUL (Piano aree bianche e Piano voucher), volti ad assicurare copertura omogenea di connettività di ultima generazione e, quindi, pari opportunità di crescita sull’intero territorio nazionale: se da un lato, infatti, gli investimenti pubblici per la copertura delle aree bianche e il “Piano Voucher” erano volti a favorire l’inclusione sociale nelle zone del Paese a minore densità di popolazione prive di reti di nuova generazione e lo sviluppo della domanda di servizi di connettività a banda ultra larga da parte di famiglie ed imprese, il “Piano Italia a 1 Giga” intende favorire lo sviluppo di reti a banda ultralarga nelle restanti aree del Paese in cui si registra carenza di investimenti privati a causa di una minore redditività degli stessi rispetto ad aree più profittevoli.

La scelta di concentrarsi su tali aree appare la sola idonea a incentivare gli operatori a raggiungere con connettività ad almeno 1 Giga proprio quelle aree del Paese che non verrebbero altrimenti considerate appetibili secondo le normali dinamiche di mercato e in assenza di finanziamenti pubblici.

In questo modo potranno essere contemperati da un lato il raggiungimento dell’obiettivo di connettività previsto dal Governo e d’altro lato l’esigenza di tutelare la redditività degli investimenti dei soggetti privati che concorrono, con il proprio capitale, al raggiungimento degli obiettivi del Piano.

L’erogazione dei fondi stanziati per i singoli piani risulta, tuttavia, collegata alla valutazione delle performance di esecuzione dei progetti: il meccanismo per l’erogazione dei fondi definito nel PNRR definisce infatti che, a fronte di un acconto del 13%, le erogazioni successive dei fondi saranno vincolate al raggiungimento delle milestone definite nei vari piani. Si aggiunga che non saranno ammessi sconti su tempi e numeri dal momento che la valutazione sulle milestone intermedie verrà eseguita sui capex inclusi i collaudi.

Diventa dunque di rilevanza determinante, al fine di garantirsi l’erogazione completa dei fondi, tracciare regole del gioco chiare e condivise e definire in modo puntuale standard qualitativi monitorabili.

Le regole del gioco

Se l’obiettivo, i fondi stanziati e le modalità di valutazione delle scadenze sono definiti, con alcuni provvedimenti di recente adozione il Governo e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni hanno iniziato a delineare alcune regole di condotta che gli operatori dovranno rispettare nella realizzazione della rete e nella gestione delle infrastrutture fisiche proprio al fine di agevolarne la diffusione.

Il DDL Concorrenza

È notizia di poche settimane fa l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del “Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” con il quale il Governo si è impegnato ad avviare, entro la fine dell’anno corrente, interventi normativi su settori strategici, tra i quali si annoverano servizi pubblici locali e trasporti, regimi concessori, salute, energia e sostenibilità, telecomunicazioni e infrastrutture digitali.

Il provvedimento, oltre a proporsi di promuovere lo sviluppo della concorrenza, rimuovendo o riducendo gli ostacoli regolatori di carattere normativo e amministrativo all’apertura dei mercati, disciplina alcuni importanti aspetti dei processi di realizzazione di infrastrutture digitali e di servizi di telecomunicazione.

Nella Sezione VI del Disegno di legge, titolata “Concorrenza, sviluppo delle infrastrutture digitali e servizi di telecomunicazione”, gli artt. 19 e 20 intervengono proprio sulle procedure per la realizzazione di infrastrutture di nuova generazione, con l’intenzione di agevolare i lavori civili, facilitando l’utilizzo e la condivisione di reti già esistenti e inserendo specifici obblighi di coordinamento a carico dei gestori di infrastrutture fisiche e degli operatori di rete.

Nello specifico, l’art. 19 del provvedimento in esame dispone che i gestori di infrastrutture fisiche e gli operatori di rete potranno rifiutarsi di concedere l’accesso a impianti già realizzati solo a fronte di ragioni oggettive e dimostrabili. Il proprietario o il gestore dell’infrastruttura potranno essere chiamati dinnanzi all’AGCOM in caso di mancata risposta entro sessanta giorni o in caso di rifiuto e l’Autorità dovrà esprimersi secondo criteri di equità e ragionevolezza, entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta.

L’art. 20, inoltre, definisce modalità di lavoro che valorizzino la cooperazione tra operatori, eliminando sovrapposizioni e inefficienze, riducendo i costi di realizzazione e l’impatto ambientale e urbano delle opere e dei lavori eseguiti.

Nello specifico ogni gestore di infrastrutture fisiche e ogni Operatore di rete che intende eseguire direttamente o indirettamente opere di genio civile dovrà “coordinarsi con altri operatori di rete che hanno dichiarato pubblicamente piani di realizzazione nella stessa area allo scopo di installare elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità. Il coordinamento – si precisa – riguarda il processo di richiesta dei permessi, la non duplicazione inefficiente di opere del genio civile, la condivisione dei costi di realizzazione”.

Per verificare che gli operatori e i gestori delle infrastrutture avviino questo percorso virtuoso, il provvedimento prevede che l’AGCOM vigili su tali condotte e, in caso di inadempienza, intervenga definendo d’imperio le modalità di coordinamento tra i soggetti interessati. Il mancato rispetto di tali provvedimenti ovviamente comporterà l’irrogazione di sanzioni previste dal codice delle comunicazioni elettroniche[1].

Attenzione particolare è, infine, posta sul tema della sostenibilità ambientale e urbana: il provvedimento specifica che, in assenza di infrastrutture disponibili, “l’installazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità è effettuata preferibilmente con tecnologie di scavo a basso impatto ambientale.”

Le Linee guida AGCOM

Provvedimento dalle intenzioni analoghe, ma riferito alla parte terminale delle infrastrutture di rete in fibra ottica, è stato pubblicato dall’AGCOM il 18 ottobre scorso, a un mese dal comunicato che ne annunciava l’adozione.

Le Linee Guida in materia di accesso alle unità immobiliari e ai condomini per la realizzazione di reti in fibra ottica intendono semplificare la realizzazione degli impianti in fibra ottica nella loro parte terminale e, nello specifico, agevolare lo svolgimento delle attività necessarie al completamento della rete ad alta velocità all’interno dei condomini che prevedano l’esecuzione di attività che incidono sulle proprietà dei condòmini o su infrastrutture fisiche già realizzate da altri.

Anche in questo caso, gli operatori dovranno garantire un adeguato coordinamento delle attività, la disponibilità alla collaborazione con altri operatori e con i privati sulle cui proprietà le opere infrastrutturali incideranno e una particolare attenzione alla riduzione degli impatti ambientali e sociali delle opere realizzate.

Senza entrare nel merito del provvedimento, che è stato già analizzato in un nostro precedente articolo, di seguito i punti salienti:

  • l’Autorità raccomanda di evitare l’inutile duplicazione della rete in fibra ottica in un immobile, invitando gli operatori ad utilizzare quella esistente o comunque successivamente realizzata;
  • Viene definita una procedura volta a facilitare l’interazione tra Operatore e proprietario dell’immobile nella fase successiva all’invio della richiesta di accesso al fine di prevenire le liti o contestazioni;
  • Vengono definite logiche di prezzo per l’accesso alle infrastrutture esistenti e già realizzate all’interno dei condomini e viene chiarito che, nel caso in cui il proprietario dell’infrastruttura presente nell’immobile non sia un Operatore, la modalità di cessione è, tipicamente, in IRU.

Nel caso, invece, in cui l’infrastruttura presente nell’edificio sia di un Operatore, le Parti potranno valutare se adottare una modalità di cessione in IRU o interfacciarsi secondo le procedure inter-Operatore di cui alla delibera n. 82/19/CIR (e s.m.i.), contenente la “regolamentazione delle procedure di passaggio dei clienti di operatori di rete fissa che utilizzano reti FTTH di operatori wholesale diversi da TIM”.

  • Vengono definiti principi generali per la gestione delle controversie tra le parti. Nello specifico, le linee guida prevedono che se non viene raggiunto un accordo sull’accesso alle infrastrutture esistenti all’interno dell’edificio per la realizzazione di una infrastruttura in fibra ottica entro due mesi dalla data di ricevimento della richiesta formale di accesso, ciascuna delle parti può rivolgersi all’AGCOM per la risoluzione della controversia.

Il provvedimento chiarisce, inoltre, cosa debba intendersi per “mancato raggiungimento dell’accordo sull’accesso”: ci si potrà rivolgere all’Autorità per la definizione della controversia in caso di “indisponibilità del condominio” (es. mancato riscontro alla richiesta dell’Operatore ovvero rifiuto a consentire il sopralluogo nel condominio) o in caso di mancato raggiungimento dell’accordo sui termini e le condizioni tecniche di accesso (es. asserita mancanza di spazio nel cavedio, asseriti vincoli storici, utilizzo dell’impianto multiservizio, etc…), nonché sul prezzo di accesso alla fibra ottica esistente.

I prossimi passi e le sfide aperte

Sembrano quindi chiare le intenzioni del Governo che – ipotizziamo – verranno recepite anche dai bandi di gara di prossima pubblicazione: gli operatori dovranno puntare sulla riduzione intelligente dei tempi e dei costi di realizzazione delle infrastrutture a banda ultralarga, che passi dal riuso delle infrastrutture esistenti e dalla collaborazione con gli stakeholder e i competitor.

Si stima infatti che il riuso di un’infrastruttura esistente garantisca una riduzione dei costi di realizzazione anche superiore al 50% rispetto allo sviluppo di un’infrastruttura ex novo, a cui si aggiungono significativi impatti sui tempi di rollout della rete.

Ruolo chiave verrà, inoltre, assegnato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che dovrà garantire tempi certi per la risoluzione delle controversie.

Ovviamente, questo non è che l’inizio.

Per poter raggiungere gli obiettivi sfidanti dei Piani della Strategia BUL e la completa l’erogazione dei fondi stanziati con il PNRR sarà indispensabile definire procedure operative chiare, KPI qualitativi monitorabili e un sistema efficace di controllo sui lavori eseguiti.

Dovrà inoltre proseguire il percorso per il rafforzamento e il progressivo ulteriore popolamento del Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI), allo scopo di favorire la condivisione delle infrastrutture, mediante una gestione ordinata del sotto e sopra suolo e dei relativi interventi. La possibilità di utilizzare infrastrutture già esistenti permette di ridurre tali costi e il SINFI rappresenta uno strumento fondamentale per facilitare il processo volto al riuso delle infrastrutture esistenti.

Gli operatori, dal canto loro, dovranno garantire una rappresentazione digitale aggiornata dello stato delle infrastrutture e della disponibilità di spazio concedibile a terzi anche sui propri sistemi, al fine di agevolare il coordinamento e la collaborazione e di monitorare l’avanzamento delle attività.

Dovranno quindi puntare su strumenti di rilevazione e mapping delle infrastrutture al fine di costruire inventory affidabili che possano essere il volano per aumentare l’efficienza nella cooperazione richiesta.

Note

  1. Art. 98, comma 11, del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

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