trasformazione digitale

Regioni cloud nazionali: come funziona l’ecosistema dei partner



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Il punto sull’evoluzione dell’ecosistema del cloud ibrido vista da più di 30 operatori del settore: hyperscaler, system integrator, independent software vendor, managed service provider, rivenditori a valore aggiunto e distributo

Pubblicato il 16 nov 2023

Gianluca Marcellino

Demand Officer, Comune di Milano



Cloud,Technologies,For,Download,,Servers,And,Service.,Big,Data,Storage.

Come si lavora nell’ecosistema del cloud ibrido, oggi che tutti e quattro gli hyperscaler principali hanno almeno una regione cloud nazionale in Italia? E in che modo questo ecosistema sta aiutando e può aiutare imprese e pubbliche amministrazioni italiane ad adottare completamente il cloud pubblico e privato, e il cloud sovrano, raggiungendo un primo buon livello di autonomia, sicurezza ed efficacia digitale?

Proponiamo di seguito una sintesi delle indicazioni di più di 30 operatori dell’ecosistema – hyperscaler, system integrator, independent software vendor, managed service provider, rivenditori a valore aggiunto e distributori – raccolte tra giugno e i primi di settembre 2023, sull’evoluzione dell’ecosistema del cloud ibrido per il cloud sovrano e la gestione delle regioni nazionali.

Come è cambiato il cloud in 14 anni

Lo spunto, come evidenziato nel primo articolo della serie[1] arriva dalla constatazione che, per la prima volta da quando Amazon propose il cloud pubblico 14 anni fa, facendone “l’iPhone delle organizzazioni”, oggi il cloud sta cambiando profondamente.

Il cloud di oggi deve rispondere alla frenata della globalizzazione, alla rinascita dell’inflazione e all’esigenza della sostenibilità:

  • gestendo molto meglio i costi dell’energia e tutti i costi ricorrenti, ben più importanti ormai di quelli una tantum di migrazione, e
  • aiutando chi lo usa a stabilire una sovranità sui dati, che molti esigono sia a livello nazionale.

Uno dei modi in cui i principali hyperscaler adattano a queste nuove esigenze il proprio cloud è introducendo regioni cloud nazionali, come oggi in Italia hanno AWS, Oracle, Google Cloud e Microsoft. Queste regioni soddisfano molti dei requisiti del “cloud sovrano”.

Negli altri articoli abbiamo visto come diversi tipi di partner dell’ecosistema contribuiscono alla nuova fase del cloud abilitata dalle regioni nazionali.

Cloud pubblico e software tradizionale: ecosistemi tento simili quanto diversi

A un primo livello, i meccanismi di collaborazione tra partner nel cloud pubblico sono gli stessi del canale del software tradizionale:

  • Abilitazione (“enablement”): formazione e certificazione dei partner di ogni tipo, essenziale per sviluppare competenze di progettazione e realizzazione ancora poco diffuse, rispetto a quante ne serviranno per portare bene verso un cloud nuovo tante organizzazioni.
  • Sviluppo della domanda: informare e formare il mercato insieme ai partner per generare contatti e richieste di approfondimento.
  • Mappatura dei clienti e sviluppo congiunto delle opportunità: anche gli hyperscaler lo fanno con i propri partner
  • Vendita, con sconti e incentivi commerciali oggi sempre più legati a parametri quantitativi di soddisfazione del cliente e sua adozione delle soluzioni strategiche per il fornitore, oltre che ai tradizionali volumi di vendita e livelli di certificazione.
  • Collaborazione nella realizzazione delle soluzioni e nella gestione a lungo termine sia delle soluzioni, sia della soddisfazione dei clienti.

Anche i ruoli principali restano gli stessi: fornitore di piattaforma (qui lo hyperscaler), fornitore di software indipendente (ISV), distributore (VAD) e rivenditore (VAR) a valore aggiunto, system integrator, erogatore di servizi gestiti (MSP)

Vale la pena di segnalare, come ci mostrano ad esempio il caso di Fortinet nell’articolo sugli ISV nel cloud ibrido, e tutte le implementazioni di cloud sovrano che anche la fornitura di prodotti fisici, di hardware, rimane un elemento dell’ecosistema del cloud. Il cloud pubblico avrebbe voluto spazzare via le infrastrutture di proprietà locali, “on premise”; eppure oggi il cloud resta ibrido, e forse solo le piccole e piccolissime organizzazioni abbandoneranno presto le infrastrutture locali.

L’esigenza di soluzioni ibride continuerà

Per le organizzazioni medie e grandi l’esigenza di soluzioni ibride rimane presente e probabilmente continuerà per anni, come hanno confermato molti operatori del mercato – e come suggeriscono sviluppi recenti quali:

  • il refactoring e rimpatrio (“repatriation”): l’aumento dei canoni cloud in questo periodo di inflazione persistente spinge a un riesame attento del differenziale di costo a medio termine tra infrastrutture cloud e locali. Spesso la risposta migliore è razionalizzare l’uso delle risorse lasciandole in cloud, il refactoring. In alcuni casi avrà senso “rimpatriare” su infrastrutture locali alcuni carichi di lavoro più stabili.
  • la produzione e la raccolta di dati al margine (“edge”) della rete con sensori e dispositivi: è ancora complesso affidare completamente al cloud pubblico fornitura, protezione e gestione di queste soluzioni.

Tutto come prima, quindi? Tutt’altro, naturalmente: il cloud ha un ruolo dirompente come abilitatore di innovazione e digitalizzazione, perché offre potenza, flessibilità e innovazione altrimenti impensabili. Questo dinamismo trasforma ciascun ruolo e ciascun processo dell’ecosistema.

Le caratteristiche principali dell’ecosistema del cloud ibrido

Vediamo ora le caratteristiche principali dell’ecosistema del cloud ibrido e come si sta evolvendo con lo sviluppo delle regioni nazionali, a partire da: quanto bisogna essere grandi, per essere attivi nell’ecosistema del cloud ibrido?

Le dimensioni dei partner: c’è spazio per i piccoli in un mondo di big?

Il mercato del cloud pubblico è innanzitutto… grande, in crescita veloce, globale: fa dimenticare le differenze tra i paesi. Queste stesse dimensioni sono un fattore chiave, in particolare per le migliaia di partner preziosi quanto piccoli dell’ecosistema italiano. Vediamo cosa cambia nell’ecosistema del cloud in funzione proprio delle diverse possibili dimensioni.

I grandi del cloud ibrido: collaborazione completa e strutturata, con tutti

Come in ogni altro mercato, i principali operatori globali collaborano tutti tra loro e con i principali operatori nazionali di paesi medio-grandi come l’Italia. Ognuno dei grandi hyperscaler e fornitori di software indipendenti ha una relazione strutturata con ciascuno dei grandi distributori, system integrator, managed service provider mondiali e con i loro principali corrispondenti locali (come una Computer Gross tra i distributori, una Engineering tra i system integrator, una Var Group tra i rivenditori a valore aggiunto). Ciascuna di queste organizzazioni ha quindi un’organizzazione dedicata alle collaborazioni con ciascuno degli altri, con budget, iniziative, relazioni ad ogni livello e collaborazioni concrete con i clienti.

Questo livello di collaborazione è fondamentale per sviluppare, e poi trasferire a operatori più piccoli, esperienze e competenze che spesso sono le grandissime organizzazioni a richiedere e sviluppare per prime.
Per l’entità delle risorse necessarie, questo modello di collaborazione universale è effettivamente accessibile a poche organizzazioni in Italia, forse dieci o venti.

Dall’altra parte, come è emerso da alcune interviste di questa rassegna (ancora di più da alcune interviste cortesemente declinate!), queste collaborazioni mostrano un limite qualitativo importante che spesso può essere un limite, e apre agli operatori più piccoli uno spazio importantissimo.

Si tratta della neutralità tra tutte le relazioni: un system integrator globale, per esempio, o un grande distributore nazionale, ha relazioni equivalenti con tutti gli hyperscaler – e viceversa. Questa neutralità è un valore per molti clienti e altri partner, ma può diventare indifferenza e scoraggiare iniziative di impatto profondo, differenzianti.

Dov’è lo spazio per i piccoli e come occuparlo

L’ecosistema del cloud in Italia è ricco di centinaia di operatori che hanno competenze e capacità preziosissime per il mercato e dimensioni tali da dover scegliere uno o al più due hyperscaler con i quali collaborare, concentrandovi tutte le proprie risorse.

Cosa possono aspettarsi realisticamente partner di questo segmento da un’organizzazione globale, che all’Italia si propone come interlocutore per la trasformazione digitale del paese?
Sicuramente molto, come hanno indicato chiaramente le interviste con gli stessi hyperscaler e con molti partner – anche più di quelli che è stato possibile inserire in questa rassegna. Distinguiamo per semplicità tra una parte generale e una parte distintiva della relazione tra uno hyperscaler e un piccolo partner.

Nell’ambito generale troviamo i servizi e le forme di collaborazione che ogni hyperscaler, come ogni grande partner tecnologico globale, offre a tutti i partner opportunamente qualificati: incentivi economici, marketing insieme, supporto prima e dopo la vendita. Per ottenerli, quel che il partner più piccolo deve tassativamente fare è partecipare quanto più pienamente possibile al programma di partnership del più grande: dalla formazione e certificazione, alle campagne promozionali, a un aspetto amministrativo essenziale: monitoraggio e registrazione puntuale e completa delle azioni che ciascun grande operatore globale richiede ai propri partner. Bisogna giocare per vincere al “campionato per i partner” dello hyperscaler. Per fare punti in “classifica” serviranno soprattutto fatturato e soddisfazione dei clienti, spesso con attenzione concentrata su certi nuovi prodotti, ambienti, soluzioni strategici per il partner più grande – come oggi l’AI generativa.

È con questa attività quotidiana e intensa che si sviluppa la conoscenza dello hyperscaler necessaria per il passo successivo, quello che permette di rendersi unici e quindi di ottenere da un operatore globale di riferimento quel che ogni partner vorrebbe e solo pochi in un mercato così grande riescono a ottenere: nuove opportunità incrementali e accesso a nuovi clienti.

Questa rassegna ha evidenziato diversi casi di partner medi o piccoli che hanno raggiunto questi risultati, come Beta 80 Group nel secondo articolo o iConsulting. Chi ci è riuscito ha saputo costruirsi un ruolo particolare o unico nel mercato sia verso i propri clienti, sia verso lo hyperscaler di riferimento. In questi casi la collaborazione con questo grande partner globale, con i suoi contributi specifici, diventa un elemento caratterizzante della strategia con cui si va sul mercato, giustificando il livello di impegno non solo quantitativo ma anche in termini di attenzione all’interno dell’organizzazione.

I piccolissimi clienti e l’ecosistema dei partner che li servono

Per il cloud pubblico di ieri, avremmo finito qui: nel mondo del cloud, al di là di qualche caso particolare, o si è giganti, o si è piccoli. La nuova ondata del cloud che sta cominciando e coinvolgerà le piccole e piccolissime organizzazioni con i loro partner spesso minuscoli quanto preziosi apre un nuovo segmento e livello di dimensioni, quello delle aziende piccole e piccolissime: poche decine di collaboratori, o addirittura unità, e i freelance. Qui ci sentiamo di fare due ipotesi:

  • Anche sfruttando al meglio l’automazione e l’intelligenza artificiale, e con la massima disponibilità e apertura dei singoli membri del proprio team italiano, nessuno hyperscaler riuscirà a identificare e scegliere qualche partner tra quelli così piccoli e numerosi, per ingaggiarlo direttamente.
  • Diventeranno allora essenziali per gli hyperscaler, in un’evoluzione del loro ruolo attuale di intermediari commerciali e amministrativi e paladini della conoscenza tecnica, gli intermediari di oggi che più conoscono questo settore: i distributori e i rivenditori a valore aggiunto. Sono loro ad avere la conoscenza del mercato e gli strumenti di integrazione (ad esempio i loro propri marketplace) necessari per permettere a questi piccolissimi partner di partecipare all’ecosistema degli hyperscaler globali.

Il cloud sovrano per l’ecosistema del cloud ibrido

Il cloud sovrano svolge un ruolo fondamentale in questo particolare ecosistema, sotto diversi aspetti:

  • Genera alcuni dei progetti e delle realizzazioni cloud più grandi dell’intero ecosistema, quelle con la massima visibilità sociale e politica.
    Si tratta progetti da miliardi di euro, ciascuno per servire migliaia di organizzazioni con milioni di cittadini e utenti finali.
    Il cloud sovrano soddisferà concretamente quelle esigenze di sovranità che oggi condizionano l’adozione del cloud da parte di tante organizzazioni; quindi, il successo di ogni progetto stabilirà come noi cittadini e i nostri governanti vivremo il cloud e la trasformazione digitale tra cinque anni.

In più, saranno questi progetti la fucina delle competenze di tutto l’ecosistema del cloud ibrido per la nuova generazione del cloud, dai più grandi operatori ai piccolissimi della coda lunga.

  • Metterà in scena concretamente la tensione tra innovazione (più potente nel cloud pubblico) e controllo (maggiore in quello privato), definendo equilibri sui quali le organizzazioni convergeranno e rimarranno a lungo.
  • Proprio per questo, è il banco di prova per l’evoluzione di tutte le forme di partnership di questo ecosistema.
    Il futuro del cloud, e delle relazioni nel cloud, si farà qui. Chiunque voglia valutare come un proprio fornitore o partner si muova nel cloud, e dove potrebbe essere tra due, tre o cinque anni, può chiedergli cosa sta facendo per il cloud sovrano.

Il ruolo chiave dei fornitori di software indipendenti (ISV)

Nel cloud ibrido, ci segnalano tanti operatori compresi gli stessi hyperscaler, i fornitori di software indipendenti (ISV) descritti nel terzo articolo della serie hanno un ruolo ancora più ampio e profondo. Ecco alcune delle ragioni chiave:

L’interdipendenza tra hyperscaler e ISV

In un mondo ancora nuovo per entrambi, e in rapida evoluzione, hyperscaler e ISV traggono legittimazione gli uni dagli altri quando uno adotta l’altro: prima erano i grandi hyperscaler a ottenerla quando i grandissimi ISV li adottavano; ora è piuttosto il contrario.

Gli ISV come apripista dei cloud pubblici e ibridi

Da sempre questi fornitori di soluzioni software completamente standardizzate e ripetibili sono all’avanguardia nell’adozione delle nuove piattaforme; rispetto ad altri partner, che realizzano soluzioni più mirate per ciascun cliente, le soluzioni replicabili traggono il massimo beneficio dall’investimento per renderle native cloud. Per questo oggi gli ISV sono all’avanguardia tra clienti degli hyperscaler: adottano i loro servizi prima e più profondamente, e forniscono per primi verifiche e collaudi su larga scala, e nuove esigenze.

Gli ISV come canale per gli hyperscaler, verso i partner e i clienti

La maggior parte delle organizzazioni, soprattutto quelle piccole e quelle riluttanti della prossima ondata, adottano e adotteranno il cloud più per il valore delle soluzioni che ci troveranno, che non per i benefici della piattaforma in sé, faticosi da conquistare. Per gli hyperscaler quindi gli ISV sono uno strumento chiave per portare sul loro cloud sia nuovi clienti, sia nuovi partner.

L’inedita collaborazione tra MSP e hyperscaler

Dopo anni di contrapposizione e concorrenza diretta oggi, i principali erogatori di servizi gestiti iniettano valore aggiunto nel canale aiutando i clienti a valutare e usare i servizi degli hyperscaler, e a integrarli con quelli in cloud privato in architetture ibride. Così facendo, gli MSP sono sia clienti, sia partner degli hyperscaler e svolgono un ruolo chiave nella costruzione e diffusione di competenze e servizi sul cloud ibrido e sul cloud sovrano.

Il ruolo chiave dei gestori di telecomunicazioni

Il cloud pubblico si basa naturalmente sui servizi di telecomunicazioni: servono infrastrutture potenti e modernissime per tenere bassi i costi e i tempi di risposta dell’accesso al cloud (la “latenza” è questione di rapidità di smistamento dei dati in rete almeno quanto della distanza fisica). Gli operatori di telecomunicazioni hanno quindi un ruolo fondamentale, tecnico ed economico: ogni hyperscaler e ogni operatore di cloud sovrano gestisce con la massima attenzione gli accordi con loro.
Questi accordi riguardano anche l’infrastruttura di data centre, il cuore stesso delle regioni nazionali, spesso fornita e gestita da un managed service provider, che a volte è proprio una società di telecomunicazioni.

In questa rassegna ci ha molto colpito che la maggior parte degli hyperscaler preferisca lasciare in ombra questo ruolo così importante. Solo due su quattro sono stati espliciti:

  • Google, che ha scelto di dichiarare fin dal lancio della regione italiana che TIM ne fornisce e gestisce l’infrastruttura,
  • Microsoft che indica Vodafone tra i partner di primo livello della sua Ambizione Italia Cloud Region Partner Alliance. La descrive soprattutto come un partner di “soluzioni verticali, sicure e flessibili”, più che di infrastruttura.
    Per quanto riguarda la gestione delle infrastrutture, Microsoft nel mondo adotta una combinazione variabile a seconda del paese di data centre che gestisce in proprio e data centre per cui si affida a leader nel mercato delle infrastrutture digitali offerte a terzi, in ogni caso realizzate secondo specifiche progettuali di Microsoft.

Speriamo di poter approfondire in una prossima analisi questo ruolo così importante per l’ecosistema del cloud pubblico e ibrido.

I marketplace degli hyperscaler

Una novità che si profila dal 2022 e già quest’anno ha cominciato ad avere effetti dirompenti è quella costituita dai marketplace degli hyperscaler.

Quasi tutti gli hyperscaler principali offrono incentivi molto forti a chi compra sul loro marketplace, partner e clienti. Uno degli strumenti fondamentali è inserire nel marketplace le soluzioni degli ISV e incentivare clienti ed altri partner a comprare là anche queste.

Per il canale commerciale del software, dai distributori ai rivenditori a valore aggiunto, specie quelli già dotati di un proprio marketplace, si tratta di una rivoluzione paragonabile all’introduzione del Software as a Service. È una nuova ondata da cavalcare, forse proprio grazie ai loro stessi marketplace con i quali avevano appena finito di adeguarsi al SaaS.

L’impatto principale sarà per i grandi fornitori generalisti di hardware, software e telecomunicazioni abituati ad intermediare e coordinare forniture ampie, complesse e disparate per i più grandi clienti pubblici e privati: gli hyperscaler si candidano infatti a sostituirli direttamente.
Per gli altri partner della catena di fornitura, la contrapposizione è più graduale e sfumata: gli hyperscaler stanno integrando gradualmente nei propri marketplace un ruolo per intermediari a valore aggiunto, come ad esempio Microsoft con il suo Multi Party Private Offer. Questi strumenti rimangono però più limitati e meno diffusi dell’acquisto diretto dal marketplace, mantenendo per gli intermediari del canale un ruolo ambivalente di opportunità, e insieme di minaccia.

In attesa di approfondire questo tema chiave in una prossima occasione, possiamo segnalare aneddoticamente che alcuni degli ISV intervistati per questa serie, in particolare quelli con un’offerta ibrida in cloud e on premise, considerano questi marketplace un canale strategico, come ci confermò ad esempio HPE.

Come i partner collaborano con gli hyperscaler

Quelli proposti qui sono tra i più grandi operatori in Italia e nel mondo; si propongono alle maggiori organizzazioni pubbliche e private d’Italia come capofila per i progetti e i servizi di gestione a lungo termine più grandi e complessi, come i progetti ibridi e multicloud che la nuova era del cloud sovrano e sostenibile sta avviando in questi ann

Accenture

Accenture aiuta i propri clienti a programmare ed eseguire il proprio “Journey to the cloud” fin dalla nascita dei primi operatori di cloud pubblico, più di 15 anni fa. La sua offerta si impernia su numerosi “Business Group”, che sviluppano sia la competenza e le certificazioni sulle diverse piattaforme, sia e soprattutto l’esperienza sul campo, collaborando con i colleghi che servono ciascun cliente nella progettazione e nella realizzazione del percorso, per lo più ibrido e spesso multicloud, specifico di quel cliente.

Esistono ad esempio un Accenture AWS Business Group, un Accenture Google Cloud Business Group, un Accenture Oracle Business Group e molti altri. Noi abbiamo parlato con Leonardo Vomero, responsabile dell’Accenture Microsoft Business Group per l’Italia, Europa Centrale e Grecia.

La collaborazione con Microsoft sul cloud pubblico e ibrido copre naturalmente tutte le aree dell’offerta cloud di Microsoft:

  • Modern Work, la piattaforma di collaborazione imperniata su Microsoft 365 (già Office 365)
  • Le applicazioni Microsoft Dynamics in cloud, CRM e ERP
  • Azure come piattaforma sia per applicazioni native PaaS, sia per quelle infrastrutture che in alcuni casi è opportuno portare in cloud pubblico così come sono, magari come primo passo di un’evoluzione.

In questa prospettiva una regione italiana, come per tutti gli hyperscaler, è naturalmente un abilitatore in più, e un motivo in più per portare i clienti ad abbracciare il cloud in maniera più profonda e moderna, come scrivevamo nell’articolo precedente dedicato al cloud sovrano.

La svolta che ha portato all’accelerazione della collaborazione e dello stesso interesse dei clienti per un cloud moderno negli ultimi mesi è naturalmente legata all’intelligenza artificiale generativa, sulla base della forte partnership di Microsoft con Open AI e dell’introduzione di strumenti basati su AI (i “Copilot”) in tante soluzioni Microsoft.
La regione nazionale è rilevante anche per questo, permettendo alle organizzazioni italiane di mantenere un certo livello di sovranità sui dati contenuti nei propri documenti interni e confidenziali con i quali alimenteranno i modelli linguistici dell’AI.

In questo ambito oggi Accenture si sta concentrando insieme ai propri clienti nel costruire percorsi coerenti e di ampio respiro che pongano le basi per un’adozione capillare e profonda dell’intelligenza artificiale nei processi operativi e decisionali delle organizzazioni. “I casi d’uso sono molti, alcuni hanno anche un valore pratico immediato”, ci ha detto Leonardo Vomero. “Quello che ci concentriamo a immaginare e progettare con i nostri clienti oggi, però – ed è un terreno nuovo che esploriamo insieme – è come costruire le architetture di base che abiliteranno l’uso degli strumenti AI in tutti i processi, i ruoli e le attività di un’organizzazione. Dove andranno in particolare i dati che alimenteranno questi copilot?” “Un ruolo fondamentale”, continua Vomero, “lo svolgerà il Microsoft Fabric, con cui Microsoft permette di mettere a fattor comune dati di fonti molto diverse e soprattutto che nascono e vengono poi elaborati e conservati in ambienti disparati: alcuni centralizzati, altri molto distribuiti.”
Viene in mente l’esempio dei motori elettrici che rivoluzionarono le fabbriche non tanto perché più efficienti di quelli a vapore, o più puliti, ma perché si potevano fare di tutte le dimensioni, e applicare a ciascuna singola macchina e ad ogni postazione di lavoro. O, naturalmente, il personal computer e come questo portò a digitalizzare tanto delle nostre attività quotidiane.

In tutto questo svolge un ruolo chiave Avanade, la consociata di Accenture completamente dedicata alla piattaforma Microsoft, di e con la quale abbiamo parlato nel secondo articolo di questa serie. È il cuore dell’Accenture Microsoft Business Group. È grazie ad Avanade che Accenture combina a tutti i livelli, dall’advisory alle competenze di settore, dall’implementazione ai servizi gestiti, la competenza specialistica più profonda sulla piattaforma Microsoft con quella più ampia del multicloud.

Kyndryl

Sin dalla sua costituzione, due anni or sono, Kyndryl ha individuato nella partnership con i principali hyperscaler una delle leve strategiche per la propria crescita e per il sostegno alla trasformazione dei clienti, i cui piani di innovazione devono poter contare sull’accesso a un ampio insieme di soluzioni tecnologiche.

Kyndryl è la più grande azienda di servizi infrastrutturali al mondo: gestisce per migliaia di clienti di ogni settore in più di 60 paesi, importanti contratti di strategic outsourcing e, nello stesso tempo, proprio per la riconosciuta affidabilità, progetti capaci di farne evolvere le infrastrutture mission-critical.
Questo, afferma Kyndryl stessa, ne fa agli occhi degli hyperscaler un interlocutore privilegiato per il ruolo di volano della digitalizzazione, soprattutto quando le aziende guardano al cosiddetto “journey to cloud”.

Kyndryl Italia ha subito aderito alle iniziative promosse a livello mondiale insieme ad AWS, Google Cloud e Microsoft, con una chiara ambizione: diventare il loro partner di riferimento. La strada è aperta, grazie ad accordi già formulati su scala globale:

  • Con Microsoft, spaziando dall’adozione dell’hybrid cloud e la modernizzazione delle applicazioni agli sforzi congiunti, ultimi in ordine di tempo, per consentire l’adozione di soluzioni di AI generativa, di livello enterprise, sul suo cloud.
  • Con Google Cloud, per un’attività che aiuta i clienti a trasformarsi in aziende più avanzate, orientate ai dati e sostenibili.
  • Con AWS, combinando le peculiarità di entrambi per l’ottimizzazione dei percorsi di migrazione verso il cloud.

Per offrire al mercato le competenze che richiede per sfide così ambiziose, Kyndryl ha promosso con tutti e tre i partner delle “Academy” che hanno già offerto frutti significativi: a giugno di quest’anno, le certificazioni raggiunte da Kyndryl in ambito cloud hanno superato il tetto delle 37mila unità. In Italia, l’attività di costante potenziamento delle competenze ha consentito all’azienda di ottenerne 550 solo con gli hyperscaler. A queste si è unito un significativo piano di recruiting di giovani talenti.

Certamente l’apertura delle regioni cloud nazionali costituisce un passo importante per i piani di sviluppo e modernizzazione del Paese, sia nella componente pubblica sia in quella privata, rispondendo anche alla necessità di tutti coloro che per tipologia di business, e quindi per ragioni di natura tecnica e legale, ritengono fondamentale la conservazione dei propri dati sul territorio italiano. Ecco per esempio la dichiarazione del Presidente di Kyndryl Italia, Paolo Degl’Innocenti, in occasione del lancio dell’alleanza Microsoft per la regione italiana.

Alla collaborazione con i tre hyperscaler contribuisce anche un importante investimento infrastrutturale compiuto da Kyndryl Italia. Si tratta del Global Network Peering Platform che, attraverso un collegamento ad alta velocità tra i suoi quattro data center e quelli degli hyperscaler, consente un movimento senza interruzioni di dati e applicazioni in ambienti ibridi e multi-cloud, con benefici in termini di affidabilità, velocità e riduzione del time-to-market.

Nel frattempo, la cooperazione con AWS, Google Cloud e Microsoft si alimenta a livello globale, supportata da investimenti congiunti, con lo studio di nuove soluzioni anche nel campo della consulenza e dell’assessment che saranno disponibili nei loro marketplace. Questo sicuramente può rappresentare un’ulteriore opportunità per raggiungere i clienti in modalità diretta, fornendo in maniera agile soluzioni già pacchettizzate. Certamente è una delle modalità di approccio al mercato più interessante, da studiare e affrontare insieme. La stessa Kyndryl Bridge, una piattaforma di gestione delle infrastrutture dotata anche di un marketplace, va esattamente in questa direzione.

Lutech

Lutech è un system integrator ed erogatore di servizi gestiti, attivo nella trasformazione digitale end-to-end, un polo che ha aggregato competenze e culture di decine di soggetti specializzati organizzandoli in una struttura capace di rispondere con successo alle grandi richieste delle imprese e pubbliche amministrazioni nazionali e locali. Questa traiettoria li ha portati dai 180 milioni di fatturato del 2017 ai 460 del 2021, con la prospettiva di superare gli 800 già quest’anno e un obiettivo a medio termine di un miliardo di euro, anche grazie a più di 20 acquisizioni, fino a quella della filiale italiana di Atos, un grande system integrator globale, insieme al quale il gruppo ha superato a metà 2023 la soglia dei 5000 collaboratori.
Grazie a questa struttura, e alle radici in ambiti diversi, Lutech si vede particolarmente apprezzata dagli hyperscaler per la capacità di coprire ambiti molto diversi secondo diverse prospettive, a partire dai clienti, privati e pubblici: 3000 clienti medi anche focalizzati su territori regionali, e insieme 72 delle prime 100 tra le principali aziende italiane dello studio annuale di Mediobanca.
Nell’ambito specifico del cloud, Lutech eccelle nelle soluzioni ibride tra cloud pubblico e privato, facendo leva sulla combinazione tra le competenze di dei suoi team che erano operatori di data centre tradizionali e quelle di erogatori di servizi cloud nativi, per fornire servizi a partire dall’advisory che definisce un percorso di migrazione e un business case, per arrivare a quelli progettuali di implementazione, e ai servizi di gestione operativa a lungo termine.

In effetti oggi Lutech lavora con tutti i principali hyperscaler occidentali, in particolare AWS, Google Cloud, Microsoft ed Oracle. La loro impostazione multicloud permette di scegliere caso per caso, in funzione delle preferenze del cliente e di una valutazione congiunta delle sue esigenze, la combinazione di hyperscaler e altri partner cui affidarsi.

Questa impostazione richiede naturalmente un impegno significativo: sia a livello executive, sia per sviluppare la collaborazione commerciale e tecnica sul campo, sia per valorizzare appieno i meccanismi di misurazione e incentivazione di ciascun operatore: “giocare il gioco di ciascun partner” al meglio, mettendo in pieno risalto l’importanza dei risultati che si conseguono insieme, dal fatturato alle certificazioni, per ottenere così il massimo beneficio quantitativo e qualitativo da ciascuna di queste relazioni. Per arrivare a questo risultato, Lutech ha costruito team strutturati dedicati a giocare il gioco di ciascuno hyperscaler.

Abbiamo trovato particolarmente interessante che Lutech consideri sostanzialmente equivalenti i meccanismi della collaborazione con i diversi hyperscaler, dalla mappatura dei riferimenti commerciali e tecnici e dei clienti, ai programmi di sviluppo della domanda e informazione al mercato, a quelli di incentivazione e misurazione dei risultati. Lutech evidenzia piuttosto come peculiare di ciascuno il modo in cui esprime gli obiettivi della partnership, e li persegue insieme al partner; più una questione di cultura aziendale, di chiave di comunicazione con i partner, che non di meccanica dell’interazione. Proprio questa chiave va padroneggiata perché la relazione si sviluppi nella maniera più utile per i clienti e per entrambi i membri di ciascuna partnership insieme, come Lutech è attenta a fare.

In tutte queste collaborazioni è oggi fondamentale il ruolo delle regioni italiane dei cloud pubblici, sia per temi tecnici di latenza ed efficacia della interazione tra data centre diversi (cliente, partner e hyperscaler) geograficamente vicini, sia per motivi di conformità normativa o scelta strategica di un determinato cliente relativamente alla sovranità sui propri dati. Lutech conferma la tensione tra piena sovranità da una parte e massimo accesso all’innovazione dall’altra, che avevamo descritto nel quarto articolo di questa serie, dedicato proprio al cloud sovrano; una tensione che gestisce insieme al proprio cliente in alcuni dei loro progetti più significativi, come:

  • la migrazione al cloud dell’infrastruttura di ARIA, la società di servizi digitali di Regione Lombardia, per cui Lutech gestisce da anni proprio le infrastrutture in partnership con Reply ed Almaviva, e che ora sta avviando una migrazione verso il Polo Strategico Nazionale, e
  • L’erogazione da parte di Lutech di uno dei lotti dell’accordo quadro CONSIP per le infrastrutture IaaS e PaaS, quello dedicato ai servizi professionali per la pubblica amministrazione centrale.

Note


[1] Negli altri articoli abbiamo visto come diversi tipi di partner dell’ecosistema contribuiscono alla nuova fase del cloud abilitata dalle regioni nazionali:

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Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
La survey
Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
Missione salute
Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
Servizi pubblici
PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
Skill gap
PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
Il Piano
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUMPA2022
PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
I contratti
Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
Next Generation EU
PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
Fondi
Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
Servizi comunali
Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
Healthcare data platform
PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
Skill
Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
Gli obiettivi
Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
Sistema Paese
PNRR 2, è il turno della space economy
FORUM PA 2022
FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
Analisi
PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
Innovazione
Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
FORUM PA 2022
PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
Analisi
PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
Rapporti
Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
Analisi
Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
Progetti
Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
Analisi
PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
Analisi
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUM PA 2022
Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
Il Piano
Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
Analisi
PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
Analisi
PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
Webinar
Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
Analisi
Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
PA e Sicurezza
PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
PA e sicurezza
PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
Water management
Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
LE RISORSE
Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
Decarbonizzazione
Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
Unioncamere
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr
CODICE STARTUP
Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
DECRETI
PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
IL DOCUMENTO
Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
STRUMENTI
Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
STRATEGIE
PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
FONDI
Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
GREEN ENERGY
Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
TECNOLOGIA SOLIDALE
Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
INNOVAZIONE
Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
STRATEGIE
PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
ANALISI
Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
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Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
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La relazione
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Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
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