PNRR e telemedicina

Sistema sanitario nazionale: il digitale richiede nuovi modelli organizzativi



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I modelli organizzativi del decreto 502 del 1992 devono essere ripensati. Oggi sono sempre più complessi e debbono diventare anche più virtuosi. Ecco cosa richiede una riforma del Sistema sanitario nazionale, a partire dal soddisfare il fabbisogno di personale sanitario e dal ruolo della telemedicina nel PNRR

Pubblicato il 26 mar 2024

Fabrizio d’Alba

Dg Aou Policlinico Umberto I, Coord. Nazionale Forum Permanente Dg di Federsanità



Sistema sanitario nazionale: la sfida di modelli organizzativi e della digitalizzazione dei servizi

Il sistema sanitario nazionale è in un momento di profondo cambiamento, occasione per una riforma che coinvolga tutti gli organi del motore: dalla governance, agli obiettivi, al modello organizzativo.

Tutti questi elementi devono andare insieme e in coerenza con la nuova visione.
Parlando di sistema e di cambiamento, si fa riferimento sia agli aspetti sanitari che aziendali. I sistemi sono entità complesse, aggregati organici e strutturati di parti che interagiscono attraverso legami deboli e forti di diversa natura. Il comportamento globale di un sistema quindi non è riconducibile a quello dei singoli costituenti, ma è il prodotto non lineare delle relazioni fra le diverse componenti.

Sistema sanitario nazionale: il cambiamento invita alla riforma

Negli anni si è assistito ad una crescita della complessità delle aziende del SSR connessa a:

  • ampliamento della gamma di servizi ed attività qualificanti l’offerta;
  • ampliamento e differenziazione dei modelli organizzativi da utilizzare nei diversi setting;
  • allargamento delle reti “istituzionali” e “relazionali” da gestire;
  • incremento della quantità e complessità dei sistemi legislativi e regolatori;
  • incremento della dimensione organizzativa, strutturare ed economica.

Le aziende sanitarie di oggi non sono le stesse del 1992, quando con il decreto 502 siamo passati dalle Unità sanitarie locali alle aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere, fondamentalmente per almeno due ordini di problemi, uno relativo all’utenza e l’altro all’offerta.

In merito al primo punto due sono le aree di cambiamento: la prima è riferita al quadro dei bisogni dei cittadini, la seconda al modo in cui i cittadini si relazionano in genere con le istituzioni, con le aziende, le strutture sanitarie e con i professionisti della salute.
Per quanto riguarda l’offerta, la gamma di servizi si è ampliata e si è qualificata in maniera estremamente più alta in termini di qualità.
Tutto questo ci porta a dire che quei modelli organizzativi che avevamo pensato, forse oggi richiedono un ripensamento. I modelli organizzativi che siamo chiamati ad introdurre nelle nostre organizzazioni sono sempre più complessi e debbono essere anche più virtuosi.

L’ampliamento delle reti organizzative

Bisogna interfacciarsi con più soggetti istituzionali e non istituzionali, sviluppando dialettiche che portino valore e che evitino a ciascuna azienda di agire come una monade. Il rischio dell’isolamento è un rischio reale che bisogna rifuggire, è necessario essere soggetti attivi nell’ambito di una rete integrata.

Se siamo isolati, questo rende molto più complicato gestire la complessità. I sistemi delle regole e delle norme cambiano, per citarne solo alcuni pensiamo alla privacy, ai sistemi di accreditamento e qualità, alla sicurezza.

Tante norme e regole si sono introdotte nel nostro sistema che rendono più complessa la nostra attività, anche più interessante per alcuni versi, ma più complessa. Tuttavia, renderla più complessa vuol dire essere organizzati per gestire la complessità, sia in termini individuali che in termini di equipe. E un ultimo aspetto, non marginale, è la crescita dimensionale delle nostre organizzazioni sia in termini fisici, che organizzativi ed economici.

Le aziende sanitarie territoriali: è aumentato il bacino d’utenza

In Italia erano nel 2001 erano 198, diventate 146 del nel 2010 e nel 2023 sono passate a 110.

La media dei cittadini gestiti per ogni azienda territoriale è passata da 287.000 circa nel 2001 a 535.000 nel 2023, ma ci sono realtà che vanno ben oltre il milione di cittadini come bacino d’utenza. Questo elemento appare non avere riscontro nell’ambito dell’assetto delle nostre organizzazioni.

Le aziende sanitarie sono le prime che si sono eccessivamente accresciute in termini di dimensioni. Ma adesso si comincia a vedere il fenomeno anche sulle aziende ospedaliere, in cui in diverse regioni osserviamo che diversi presidi, plessi ospedalieri che magari prima erano soggetti giuridici autonomi, quindi singole aziende ospedaliere, sono aggregate in una logica di ottimizzazione. Questo è un elemento di riflessione in tema di organizzazione.

Rispetto al decreto 502/92, possiamo quindi affermare che le aziende sanitarie sono
sistemi che nel tempo hanno incrementato in maniera consistente la loro complessità. A questo aumento di complessità si sono date risposte difformi con iniziative disorganiche figlie di istanze che partivano dal basso, spesso da singole realtà e bisogni specifici e contingenti.

In un momento come questo in cui le risorse sono scarse, in cui esiste certamente un problema di corretta quantificazione delle risorse rispetto ai bisogni, non aver lavorato in modo organico sullo sviluppo di nuovi modelli organizzativi comporta che il sistema abbia sempre più difficoltà a traghettare i suoi obiettivi.

Il fattore scarsità delle risorse

Un elemento dolente relativo alla scarsità delle risorse è quello del grado di autonomia
nell’acquisire le risorse.

Quanto sono libere le aziende di acquisire risorse? Acquisire risorse vuol dire fare investimenti. Acquisire risorse vuol dire assumere il personale.

Da una parte il modello aziendale mantiene alto il livello di responsabilità, dall’altro il quadro normativo riduce il grado di autonomia anche nelle politiche delle assunzioni. Il sistema delle autonomie è affievolito, il sistema delle responsabilità resta il medesimo.

Il PNRR spinge per la digitalizzazione dei servizi: le sfide attuali

In questo panorama, è necessario trovare nuove leve che rendano sostenibili i nostri sistemi organizzativi complessi. La prima, sostenuta fortemente anche dal PNRR, è la digitalizzazione dei servizi.

Ma non basta introdurre strumenti digitali, per innovare l’organizzazione, l’offerta e i modelli di gestione dei servizi. Infatti è necessario sviluppare nelle organizzazioni la cultura dell’innovazione, che non è un insieme di pareri tecnici, ma deve essere parte essenziale del modo di pensare.

Innovare consiste soprattutto nella capacità di adattarsi, di anticipare i tempi, nel come si conquista valore aggiunto, si genera crescita e occupazione e si favorisce la comprensione di come stanno le cose.
La capacità di innovazione quindi significa soprattutto distruggere vecchi schemi, creare nuovi ruoli e nuove capacità, creare nuovi valori per i professionisti, i pazienti i cittadini e la comunità. L’innovazione, dunque, è nel modo di vedere e progettare l’organizzazione dell’azienda.

Una strategia che già molte aziende stanno adottando è cambiare il mix di competenze, responsabilità e attività nell’assistenza sanitaria. Questo può contribuire a migliorare gli outcome dei pazienti a parità di costi. Ce lo chiede anche l’attivazione dei servizi previsti dal PNRR e dal DM 77 che prevedono, come evidenziato da una recente ricerca della Bocconi, un maggior numero di operatori in un contesto in cui abbiamo una fuoriuscita consistente di personale legata a vari fenomeni: pensionamenti, stanchezza del personale dopo la grande emergenza con dimissioni
volontarie di medici e infermieri che passano al sistema sanitario privato anche per una diminuita attrattività del sistema pubblico sul mercato del lavoro.

Il turnover

Per quanto riguarda la professione infermieristica, per esempio, la FNOPI, evidenzia che per il prossimo decennio il turnover vedrà fuoriuscite di infermieri dalle aziende sanitarie intorno alle 14.000 unità all’anno e ingressi tra le 11.000 e le 13.500 unità: numeri che non solo non consentono un rafforzamento della presenza della professione nei servizi, ma che non garantiscono nemmeno la copertura dei turni così come attualmente organizzati.

Il fabbisogno di personale sanitario

Per rispondere alla tensione sul mercato del lavoro molte aziende sanitarie, private in primo luogo, ma anche pubbliche, si stanno muovendo per reclutare personale infermieristico e medico dall’estero, adottando una strategia che mira a rispondere alla crisi aprendo a nuovi mercati piuttosto che alla modifica dei modelli di servizio o quanto meno al cambio degli equilibri tra le professioni in essi impiegate.

L’incremento di fabbisogno di personale sanitario in un sistema con risorse scarse come l’attuale rende invece opportuno lavorare sui modelli organizzativi, cambiare lo skill mix diventa un dispositivo organizzativo importante per l’ottimizzazione delle risorse e il miglioramento dell’accessibilità ai servizi ed anche per sfruttare al meglio le nuove tecnologie che si stanno introducendo nel sistema.

Adottare diverse strategie di cambiamento dello skill-mix del personale sanitario, senza limitarsi alla ridefinizione dei confini inter-professionali in termini quantitativi, quindi sviluppare le competenze, i ruoli e le professionalità sanitarie in maniera nuova per rispondere alle mutevoli condizioni e bisogni esterni permette non solo una riforma delle professioni, ma è strategico per innovare l’offerta dei servizi.

Il ruolo della telemedicina

Pensiamo alla telemedicina, il DM 30 settembre 2022 del ministro della Salute (GU n. 298 del 22/12/2022) ha previsto che ogni regione o PA producessero un piano operativo regionale (POR) per i servizi di telemedicina e si chiedeva anche la definizione di un modello organizzativo regionale.

I primi monitoraggi sull’implementazione a livello delle diverse regioni di quanto
richiesto evidenziano sfide legate non solo all’adeguamento tecnologico, ma soprattutto allo sviluppo di un nuovo modello di servizi, elemento cruciale affinché si possa fare davvero un salto di qualità nello sviluppo e nel consolidamento dei servizi di telemedicina.

In conclusione, è necessario un approccio di sistema nella progettazione dei nuovi servizi, unica vera risposta alla complessità, che tenga insieme i diversi livelli, organizzato intorno al percorso reale del paziente/ utente, sui suoi bisogni ma anche su quelli degli operatori, in una logica di relazione di cura.
Dobbiamo promuovere una progettazione centrata sul fattore umano, dove ogni step è a valore aggiunto. Occorre avere il coraggio e la forza di individuare ed eliminare le attività ridondanti per ricollocare le risorse in una logica di sviluppo e trasformazione delle competenze.

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