sanità digitale

Telemedicina, le linee guida nazionali in Gazzetta Ufficiale: cosa va bene e cosa c’è da migliorare

Molti gli aspetti positivi delle linee guida per i servizi di telemedicina, innanzitutto la volontà di fare chiarezza sui servizi, ma anche troppi requisiti di dettaglio, da ingegneri e tecnici, che rischiano di sortire l’effetto contrario al desiderato, scoraggiando la prescrizione di servizi sanitari da remoto

Pubblicato il 10 Nov 2022

Sergio Pillon

Coordinatore della Trasformazione Digitale, ASL di Frosinone

La certificazione telematica di malattia: come funziona dopo una televisita in telemedicina

Sono state pubblicate sulla gazzetta ufficiale serie generale n.256 del 2 novembre 2022 le “Linee guida per i servizi di telemedicina– requisiti funzionali e livelli di servizio.” Piccola premessa per i colleghi medici: non si tratta di linee guida come le intendiamo abitualmente, non si basano sull’evidenza consolidata, non si danno parametri sulla forza delle raccomandazioni, sono vere e proprie regole.

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Il decreto recita:

“1. Sono approvate le «Linee guida per i Servizi di telemedicina – Requisiti funzionali e livelli di servizio», di cui all’art. 12, comma 15 -undecies , del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, riportate nell’allegato A al presente decreto, che costituisce parte integrante del medesimo.

2. Le Linee guida di cui al comma precedente stabiliscono i requisiti tecnici indispensabili per garantire l’omogeneità a livello nazionale e l’efficienza nell’attuazione dei servizi di telemedicina”.

Linee guida sulla Telemedicina: non solo regole tecniche

Sembrerebbe quindi trattarsi esclusivamente di regole tecniche, ma in realtà il decreto si addentra, nell’allegato citato, su aspetti non solo tecnici. Uno dei primissimi capoversi merita di essere letto per intero ed è intitolato “Popolazione” (sappiamo di essere un popolo, meritavamo forse di essere cittadini, ma tant’è, accontentiamoci di popolazione): “Affinché un assistito possa usufruire dei servizi di telemedicina implementati a livello regionale, quest’ultimo deve risultare eleggibile dal punto di vista clinico, tecnologico, culturale e di autonomia o disponibilità di un caregiver , qualora necessario, nella fruizione dei servizi di telemedicina”. Questa frase è importante perché definisce la base per la telemedicina e, quella trattata nel documento, viene definita chiaramente. Sappiamo che il termine telemedicina non vuol dire molto, la telemedicina è definita dagli atti sanitari compiuti con il tele davanti. In questo decreto viene chiaramente detto che “i servizi minimi che la infrastruttura regionale di telemedicina deve erogare sono i seguenti:

  1. televisita;
  2. teleconsulto/teleconsulenza;
  3. telemonitoraggio;
  4. teleassistenza.”

Le indicazioni sull’arruolabilità di un paziente per i servizi di telemedicina

Tornando all’assistito, per ciascuna delle quattro attività descritte nel paragrafo precedente, il paziente deve essere eleggibile secondo quattro parametri che ripeto:

  1. la clinica,
  2. la tecnologia che ha a disposizione,
  3. la cultura,
  4. il livello di autonomia o la disponibilità di un supporto (caregiver o simili).

Di conseguenza abbiamo un mix potenzialmente esplosivo di responsabilità da cui, ad esempio, per la voce a) c’è una specifica valutazione 1,2,3,4, per la voce b) un’altra valutazione dei parametri 1,2,3,4 perché ovviamente sono atti sanitari diversi e richiedono valutazioni cliniche, tecnologiche, assistenziali e competenze digitali diverse.

Spiega la GU che “essendo la telemedicina un servizio da remoto sono necessarie determinate capacità e dotazioni tecnologiche nonché condizioni cliniche compatibili per la prestazione; quindi, è necessario valutare se l’assistito è «arruolabile» per questa tipologia di prestazioni”.

Purtroppo, all’oggi non è dato sapere quali siano i parametri culturali, tecnologici, clinici e di autonomia, per cui qualcuno (chi?) dovrà decidere, sempre sperando di non dover spiegare ad un giudice, perché questo sfortunato ha fatto quella scelta di prescrivere, ad esempio, il telemonitoraggio su quel paziente, che poi è deceduto durante il telemonitoraggio per un problema clinico, culturale, tecnologico o di autonomia mancata. Le indicazioni sulla arruolabiltà nelle linee guida vanno avanti, indicando il primo dei responsabili nella catena di giudizio:

“L’eleggibilità clinica è a giudizio insindacabile del medico, che, in base alle condizioni cliniche e sociali del paziente, valuta se proporre al paziente i servizi di telemedicina (ad esempio, una visita di controllo in modalità televisita). Saranno, inoltre, valutate sia l’idoneità che la dotazione tecnologica di cui il paziente dispone (es. smartphone con caratteristiche adeguate all’istallazione di specifiche app per la televisita), e la capacità di utilizzo degli appositi kit per la telemedicina. In quest’ultimo caso può anche essere necessario un sopralluogo per verificare le caratteristiche fisiche, impiantistiche ed igieniche del domicilio del paziente. Contestualmente andranno verificati gli aspetti connessi con la digital literacy del paziente e/o del caregiver al fine di valutare l’appropriatezza dei dispositivi e il grado di autonomia nell’uso”.

Le criticità legate agli aspetti che trascendono la valutazione clinica

Stabilito quindi in primis che l’eleggibilità clinica è a giudizio insindacabile del medico, il poveretto su quali linee guida, su quali prove di evidenza, su quali documenti potrà appoggiarsi per supportare il suo “insindacabile giudizio”? Ovviamente esistono le soluzioni, in AiSDeT, di cui sono vicepresidente, abbiamo deciso di portare avanti un forum intersocietario convocando gli stati generali della telemedicina, perché mentre alcune società scientifiche stanno cercando di portare avanti studi e consensus sulla telemedicina, ad esempio i diabetologi, molto avanzati per la patologia che ben si presta al telemonitoraggio, altre, ad esempio i gastroenterologi, non hanno molte evidenze su televisita, telemonitoraggio e sul teleconsulto. Sulla teleassistenza poi (una televisita erogata dalle professioni sanitarie non mediche, per farla semplice) le evidenze sono praticamente assenti. Ed allora perché il medico dovrebbe prescrivere una prestazione in teleassistenza (giudizio insindacabile) o un telemonitoraggio, o un teleconsulto senza evidenze che li sostengano?

Peggio ancora, a parer mio, sono gli altri aspetti della norma che trascendono la valutazione clinica; l’idoneità delle dotazioni tecnologiche? Il medico non ne ha le competenze, le caratteristiche fisiche impiantistiche e perfino igieniche? Servirebbe un team di ingegneri e esperti di igiene ambientale e poi, chi verificherà e certificherà la digital literacy? Qui credo vogliano intendere le competenze digitali, forse faceva più effetto chiamarle all’inglese, ma un esperto di competenze digitali che certifichi quelle del paziente non lo conosco…

Il centro erogatore e il centro servizi

Abbiamo visto il “brutto” ma vediamo anche il bello: riappaiono nelle linee guida alcune delle definizioni presenti nelle linee di indirizzo sulla telemedicina del 2014 e poi apparentemente completamente dimenticate nelle indicazioni del 2020: la presenza di due tipologie di centri di competenza, indispensabili: il centro servizi ed il centro erogatore. Li definisce così la G.U.:

“Per ogni infrastruttura regionale di telemedicina deve essere prevista la presenza di uno o più Centri servizi, con compiti prettamente tecnici, ed uno o più Centri erogatore, con compiti prettamente sanitari. Le due realtà, a seconda dei diversi contesti territoriali, possono anche coesistere in un’unica organizzazione. Il Centro servizi, gestito prevalentemente da personale tecnico, si fa carico di tutti gli aspetti tecnologici quali la manutenzione della piattaforma, la gestione degli account, l’ help desk per tutti gli utenti presi in carico dall’infrastruttura regionale di telemedicina, il monitoraggio del corretto funzionamento (compresa la gestione dei messaggi di alert di tipo tecnico) dei dispositivi medici, la formazione sull’uso dei dispositivi medici ai pazienti/ caregiver , ecc. Al Centro servizi può altresì essere affidato il compito di distribuzione dei dispositivi medici al domicilio del paziente, la loro installazione, la manutenzione oltre che il ritiro e la sanificazione al termine del servizio. Il Centro erogatore, gestito prevalentemente da operatori sanitari, eroga le prestazioni di telemedicina per il monitoraggio dei pazienti; sono monitorati i parametri clinici e sono gestiti gli alert di tipo sanitario.”

Non mi è chiarissimo se si intende parlare solo di telemonitoraggio, non lo credo, visto che negli schemi precedenti pubblicati dall’AGENAS ed approvati in sede di conferenza stato regioni, il centro servizi è indispensabile anche nella televisita e nella teleassistenza. Io capisco questo paragrafo nel concetto originale, espresso nella frase iniziale: il centro erogatore è il centro sanitario, la ASL stessa, il centro servizi è il partner tecnologico e dei servizi collegati. Dunque, il centro servizi non ha gli infermieri per gli allarmi o i medici, il centro servizi è un partner tecnico, il centro erogatore è un partner clinico. In qualche caso, queste due anime possono coesistere fisicamente nello stesso luogo ma con professionalità ben differenti

Le piattaforme di televisita devono essere dispositivi medici?

Un altro aspetto interessante è ben chiaro: le piattaforme di televisita devono essere dei dispositivi medici certificati? Qui le linee guida mi sembrano chiarissime: “Ove nel servizio di Televisita vengano usati dei dispositivi medici, anche in questo caso, come indicato sopra per il Teleconsulto/Teleconsulenza, il software e l’hardware per l’erogazione del servizio dovrà essere certificato come dispositivo medico con adeguata classe di rischio nell’ambito della infrastruttura regionale di telemedicina”.

Solo se si usano dispositivi medici nel servizio debbono essere certificate come DM anche le piattaforme o le APP di televisita, teleconsulto, teleassistenza, ma se si chiede ad un paziente o al caregiver o all’infermiere della RSA di misurare la pressione e di comunicare a voce il dato non serve la certificazione come dispositivo medico per la piattaforma.

E questo chiarisce la confusione generata da quanto affermato nelle indicazioni nazionali sulla telemedicina del 2020 che dichiaravano: “prestazioni sanitarie a distanza: elementi e standard necessari. Si elencano di seguito l’insieme degli elementi minimi e sufficienti per realizzare un servizio dotato delle funzionalità che consentano di erogare una prestazione a distanza. Caratteristiche di base: (…) g. certificazione dell’hardware e/o del software, come dispositivo medico, idonea alla tipologia di prestazione che si intende effettuare in telemedicina”.

Ho sentito tanti illustri relatori parlare di “obbligo di certificazione per le piattaforme di televisita, teleconsulto, Teleassistenza”. Ora è chiaro: l’obbligo esiste solo si utilizzano dispositivi medici integrati nella piattaforma

Telemonitoraggio di tipo uno e di tipo due

Un ultimo aspetto, almeno per me, nuovo: non avevo mai sentito parlare di due diverse tipologie di telemonitoraggio, tipo 1, telemonitoraggio base (livello 1): “Il servizio di telemonitoraggio di primo livello prevede la possibilità di integrare il maggior numero possibile di dispositivi medici (es. saturimetri, elettrocardiografi, bilance, termometri, monitor cardiorespiratori, spirometri, glucometri ecc.). Per questa soluzione si deve prevedere un’interfaccia utente unica a livello di Infrastruttura regionale di telemedicina e rispondente agli standard pubblicati dal FSE così come per gli altri servizi minimi, al fine di garantire la migliore esperienza d’uso massimizzando accessibilità e usabilità per tutti gli utenti (i.e attori clinici e pazienti). L’interfaccia deve integrare i software dei device , marcati come dispositivo medico, per integrare i segnali multiparametrici provenienti da essi per consentire il monitoraggio di pazienti con multi morbidità. Il processo di integrazione può essere anche modulare. Il telemonitoraggio base, quindi, è prevalentemente orientato alla gestione di pazienti cronici. Esso risulta trasversale alle diverse patologie e deve garantire un’interfaccia utente e un’esperienza utente omogenea all’interno dell’Infrastruttura regionale di telemedicina. Obiettivo del servizio di telemonitoraggio base è quello di acquisire i dati dei dispositivi assegnati ai pazienti convogliandoli all’interno di un unico sistema di telemonitoraggio regionale (i.e. sistema di raccolta dati monitoraggio) secondo le modalità sotto riportate. Il telemonitoraggio abiliterà gli utenti clinici alla predisposizione dei percorsi di cura degli assistiti associando questi ultimi con specifici device necessari al rilevamento dei parametri previsti dal piano di telemonitoraggio.”

E quello di tipo 2? “Il telemonitoraggio avanzato (livello 2): dal servizio di telemonitoraggio base (livello 1), i diversi attori clinici sono abilitati al monitoraggio tramite un’unica interfaccia e possono, mediante la configurazione dei workflow operativi, collegarsi al servizio di telemonitoraggio avanzato; quale è orientato a pazienti ad alta complessità, anche con dispositivi impiantabili, i quali debbono essere monitorati da personale altamente specialistico (in genere ospedaliero) e con fruizione di soluzioni tecnologiche specifiche e dedicate per il grado di complessità. Il servizio permetterà agli utenti autorizzati di accedere a sezioni e funzionalità più specialistiche e/o specifiche connesse a dispositivi necessari e/o l’utilizzo di componenti applicative avanzate, le quali sono messe in condivisione dai partner tecnologici e dai provider di dispositivi medici. In tale caso la certificazione dovrebbe essere relativa alla soluzione di telemonitoraggio «esterna», questa configurazione del servizio potrebbe essere richiesta una classe di rischio superiore alla IIa”.

Il livello 1 è per tutti, per i dispositivi multiparametrici, gli indossabili, quelli per automisurazione, valutabili anche dal medico di medicina generale e comunque senza bisogno di valutazione dei dati dei dispositivi da parte di uno specialista. Il livello 2 è per dispositivi più particolari, si cita l’holter ad esempio ma anche qui non appare, a mio modesto parere chiarissimo cosa sia di tipo 1 o di tipo 2, un monitoraggio di parametri e la gestione remota di una pompa da insulina, probabilmente è di tipo 2 ma la glicemia da un sensore impiantato nel braccio è di tipo uno o di tipo 2? Ed il monitoraggio di un VAD (un dispositivo di assistenza ventricolare)? Staremo a vedere.

Conclusioni

The good and the bad, il buono ed il cattivo. Molti requisiti tecnici di dettaglio, da ingegneri e tecnici ma leggo anche una volontà di fare chiarezza sui servizi, peccato per la parte inziale, che rischia di fare l’effetto contrario al desiderato: leggendola mi passa la voglia di prescrivere prestazioni di telemedicina. Poteva, doveva, essere scritta meglio.

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