tecnologie e sovranità

Cybersicurezza e geopolitica, gli Stati (ri)vogliono un ruolo centrale: ecco perché e con quali strumenti

Dallo screening degli investimenti esteri al Golden Power, dal divieto di importazione ed esportazione di determinate tecnologie alla creazione di nuove norme internazionali: sono questi gli strumenti che Stati ed entità sovranazionali stanno approntando per gestire le sfide geopolitiche poste dal digitale. Gli scenari

Pubblicato il 07 Set 2022

Stefano Sartorio

Public affair analyst

cybersicurezza

A livello geopolitico, la rivoluzione digitale degli ultimi vent’anni (chiaramente sostenuta da una continua rivoluzione tecnologica) ha prodotto nuove vulnerabilità che hanno modificato gli equilibri di potere tra gli attori del sistema internazionale, spingendo gli Stati (o le entità sovrastatali) a voler recuperare una centralità importante e pervasiva nella gestione delle dinamiche politico-economiche e di sicurezza.

Dallo screening degli investimenti esteri all’inibizione di particolari acquisizioni strategiche tramite il meccanismo del Golden Power. Dal divieto esplicito di importazione di determinate tecnologie al divieto di esportazione e vendita delle stesse ad altri soggetti. Dalla creazione di nuove norme internazionali al fine di regolare a proprio vantaggio le dinamiche dello sviluppo digitale e tecnologico all’istituzione di centri di valutazione e certificazione di tecnologie che dovranno essere integrate nelle strutture dello Stato e che potrebbero porre rischiose minacce alla sicurezza dello stesso.

Le minacce straniere al sistema Italia e Ue: campanelli d’allarme e contromisure

Sono questi alcuni degli strumenti che testimoniano come i paesi stanno cercando di gestire e contrastare le sfide geopolitiche poste dalla rivoluzione digitale e tecnologica.

Il quadro generale

Definire “nuovo” il gioco globale che ruota intorno alla tecnologia ed al digitale significherebbe forse ridurre la portata dei vasti cambiamenti di lungo periodo che stiamo vivendo in questi anni. Senza contare che il tempo tende a correre sempre più veloce e rende complesso mettere a fuoco che grandi trasformazioni avvengono comunque in un batter d’occhio (secondo i tempi della terra e dell’universo).

Rendere il digitale e la tecnologia un’arma non è certo una novità (almeno per la seconda, che ha anche un’accezione più ampia rispetto al solo mondo dei device moderni). Di certo però le nostre società sono a tutti gli effetti, anche se con mutevoli e diverse gradazioni, influenzate dall’innovazione che alcuni di questi strumenti possono portare.

Il ruolo di Cina (e Russia)

La Cina (e in misura diversa la Russia) hanno assunto un ruolo globale digitale molto particolare ad esempio. La prima, ha sicuramente agito sul piano infrastrutturale in primis attraverso la costruzione di connettività all’interno di regioni del mondo dove ancora era un problema leggere le e-mail. L’introduzione di tali avanzamenti ha sicuramente permesso un empowering di alcuni paesi in termini economici ma che, tra le altre cose, avrebbe contribuito anche ad una maggiore diffusione della netiquette cinese (altresì definita autoritaria). Per quanto concerne la seconda (ma anche la prima, di nuovo) si tende più spesso a parlare di influenza nel cyberspazio, in un contesto di guerra ibrida, ove la disinformazione costituisce un’arma sociale pericolosa.

Come si muovono Usa e Ue

In questo contesto geopolitico anche gli USA e l’Ue giocano un ruolo importante. I primi cercano di ridurre l’influenza russa e cinese nel reame tecnologico, sviluppando l’intelligenza artificiale in primis anche applicata al reame militare e cercando inoltre di controllare il più possibile le varie catene del valore in settori chiave. Inoltre, nega ad altre nazioni l’accesso a tecnologie chiave, monitora gli investimenti critici nel settore tecnologico per evitare rischi per la sicurezza e impone controlli sulle esportazioni e persino embarghi su tecnologie sensibili. Si pensi, inoltre, all’importanza che ha assunto la regione del mar cinese meridionale anche alla luce di queste considerazioni, soprattutto dopo il trauma del periodo pandemico acuto in cui la scarsità di semiconduttori e componenti fondamentali per lo sviluppo digitale e tecnologico ha obbligato i decisionmaker a adottare nuove strategie.

L’Ue, in corsa per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che dedica molte risorse allo sviluppo digitale dei paesi, sta puntando allo sviluppo del suo potere normativo internazionale mediante l’implementazione di leggi che potrebbero diventare benchmark globali. Non solo; iniziative come il “Global Gateway” (in risposta alla Digital Silk Road Cinese, che mira a promuovere e realizzare investimenti infrastrutturali anche nel digitale) dimostrano il carattere dei passi che l’Unione sta facendo per ritagliarsi uno spazio identitario nella nuova gara globale per l’influenza e l’acquisizione di vantaggi competitivi.

La causa delle tensioni geopolitiche

Da questo breve quadro della situazione è più facile rendersi conto come la causa delle tensioni geopolitiche nel reame della tecnologia e del digitale si presentino due macro-livelli di competizione: quello esclusivamente digitale (nella rete e/o nel metaverso) e quello infrastrutturale, sensibile alle logiche geopolitiche tradizionali (fatte di spazi, risorse e tempistiche).

Queste tensioni hanno avuto un effetto accelerato sulle dinamiche commerciali internazionali che, nel 2019, sono state caratterizzate dal decoupling americano nei confronti della Cina e da una generale rimodulazione delle catene del valore e della produzione delle imprese. Una tendenza che in parte ha riguardato anche il panorama economico-politico europeo, fortemente influenzato dalle dinamiche d’oltreoceano.

Perché USA e Cina stanno separando la tecnologia e cosa succederà

Non a caso le dinamiche concernenti la sicurezza nazionale, e in particolare legate al mondo della tecnologia e del digitale, vengono oggi nuovamente legate in modo indissolubile e pubblico a considerazioni di natura politica ed economica. Il ruolo dell’intelligence politico-economica si è infatti accresciuto notevolmente, sia nel settore privato che in quello pubblico, come strumento per orientare i decisionmaker aziendali e statali verso soluzioni in linea con i cambiamenti in atto.

Lo screening degli investimenti

A tal proposito, sono stati sviluppati diversi strumenti con il compito di controllare attentamente la delicata fase di riassestamento globale tipica della decade corrente. Un primo esempio a livello europeo è stato sicuramente il meccanismo di screening per gli investimenti esteri (IDE o IED). Il c.d. “quadro di controllo” degli investimenti esteri diretti, definito dal Regolamento UE 2019/452 istituisce un meccanismo che fornisce all’Unione uno strumento per il controllo di investimenti provenienti da paesi terzi per motivi di sicurezza o di ordine pubblico. La Commissione europea, come noto, può sulle analisi effettuate esprimere un parere e presentare osservazioni. La legislazione non armonizza i sistemi nazionali di controllo, rendendo dunque gli Stati liberi di implementare a loro volta meccanismi interni che svolgano la medesima funzione.

Allo stato corrente sono 18 i paesi dell’Unione che hanno sviluppato un proprio sistema di screening interno (Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Spagna, Francia, Italia, Lituania, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Romania, Slovenia, Slovacchia e Finlandia).

Il Golden Power italiano

Per quanto concerne il nostro paese, è bene ricordare che con Decreto-legge 21/2012 è stata disciplinata la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della Difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti ritenuti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Nel corso degli anni, la disciplina è così andata ad ampliarsi, introducendo modifiche ed aggiunte al Decreto-legge 21/2012 integrando nuovi settori chiave (come quello delle reti di telecomunicazione a banda larga con tecnologia 5G (previsto dal Decreto-legge 22/2019, anno peraltro in cui il dibattito sull’esclusione delle compagnie cinesi dalla fornitura di tecnologia per le reti di nuova generazione anche a seguito di raccomandazioni da parte del Copasir).

Per completezza, è utile segnalare che lo strumento in questione è stato ulteriormente aggiornato negli anni e che, da ultimo, il Decreto-legge 21/2022 del 21 marzo (convertito in legge 50/2022 a maggio) ha introdotto una ridefinizione dei poteri speciali nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. In particolare, tra le altre cose ha esteso il potere di veto del Governo per quanto riguarda specifiche delibere dell’assemblea o degli organi di amministrazione per imprese che svolgono attività di interesse strategico in materia di modifiche della titolarità o del controllo anche nei confronti di soggetti appartenenti all’Ue. Lo stesso decreto ha altresì istituito un Nucleo di Valutazione interno alla Presidenza del Consiglio con il compito di potenziare il coordinamento della stessa in merito all’esercizio dei poteri speciali.

Questi strumenti di controllo degli investimenti e delle acquisizioni sono fondamentali dal momento in cui possano essere ceduti asset particolarmente importati per il vantaggio strategico dello Stato, appunto, in un’ottica più ampia e di lungo periodo. Certamente, questo tipo di misure non sono da intendersi come strumenti protezionistici in capo ai Paesi per garantirsi un vantaggio esclusivamente di tipo economico-commerciale.

Le misure protezionistiche degli Usa

Nel contesto di questa competizione geopolitica connessa al mondo digitale sussiste anche un’altra tipologia di azione che lo Stato può implementare: il divieto di importazione di determinate tipologie di beni.

Questa azione è stata applicata, ad esempio, dagli Stati Uniti a partire dall’Amministrazione Trump. Misura molto politica, secondo alcuni analisti non avrebbe avuto effetti considerevoli in termini commerciali in quanto gli operatori cinesi erano comunque poco diffusi nel Paese. Nonostante questo, essa ha agito secondo una ratio diversa rispetto a quella che sottende il Golden Power delle acquisizioni: anziché affrontare la possibilità che asset strategici nazionali vengano utilizzati da altri Paesi in questo caso si è optato per un’azione che proibisse l’ingresso di tecnologie all’interno del tessuto produttivo, industriale e sociale dello Stato (sempre per ragioni di sicurezza nazionale)

Diverso è stato, inoltre, il divieto imposto alle esportazioni di determinate tecnologie e al rifornimento, da parte di aziende americane e alle loro affiliate di vendere a Huawei beni, servizi e proprietà intellettuale senza una precedente approvazione. In questo, caso, la misura ha teso a ridurre il trasferimento tecnologico nazionale verso operatori terzi ritenuti critici e possibilmente in grado di ridurre il vantaggio competitivo in una determinata sfera della competizione.

Il potere normativo

Oltre al quadro geopolitico e di sicurezza, è utile considerare anche altre sfumature più afferenti all’ambito economico-sociale. L’utilizzo dei dati, ad esempio, oppure l’abuso di posizione dominante da parte di compagnie definite “gatekeepers” sono temi oggi più che mai attuali e che potrebbero costituire altri vantaggi politici (e non solo).

Essere in grado di stabilire le regole del gioco economico nel mondo digitale, dunque, costituisce di per sé una grande risorsa per potersi difendere da interessi che potrebbero non essere completamente allineati con i propri.

L’esempio più lampante, in occidente, di questo “normative power” è senz’altro l’Unione europea. Grazie alla forza del suo mercato interno, l’Ue sta cercando, tramite la creazione di leggi ad hoc, di regolamentare alcuni mercati che tendenzialmente possono presentare eccessive vulnerabilità per i consumatori stessi e di rimando anche per i Paesi membri. A tal proposito, è utile citare il recente “Digital Market Act” (DMA) il quale ha l’obiettivo di stabilire criteri oggettivi per definire le piattaforme “gatekeeper” che dovranno a loro volta garantire il rispetto delle norme contenute nella legge. Il provvedimento è stato approvato dal Consiglio Ue a luglio di quest’anno.

Sarà molto importante notare l’impatto geopolitico che questa misura potrà avere, in quanto molte delle piattaforme colpite sono extraeuropee (come, ad esempio, Facebook e Google).

La cybersicurezza

Un altro strumento che oggi è indispensabile per garantire la tutela degli interessi dei Paesi e dei cittadini all’interno dello spazio digitale e cibernetico è senz’altro la cybersicurezza.

Malware e spyware (si ricordi ad esempio Pegasus o le recenti vicende che hanno coinvolto l’azienda italiana Tykelab connessa a RCS Lab) sono solo alcune minacce tra le più conosciute che possono costituire potenti armi in un contesto di guerra ibrida come quella che viviamo quotidianamente. Anche la disinformazione, come testimoniato dall’ultima relazione sull’attività svolta del Copasir, gioca un ruolo fondamentale nel reame del cyberspazio.

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Innanzitutto, l’Unione Europea nel 2004 ha istituito l’ENISA (European Union Agency for Cybersecurity) la quale contribuisce alla politica dell’UE in materia di sicurezza nel settore informatico. L’ENISA funge da ente coordinatore europeo per le varie entità nazionali in materia di sicurezza cibernetica in una vasta gamma di ambiti. Dalla integrazione normativa al coordinamento delle operazioni degli Stati membri a livello strategico, operativo, tecnico e comunicativo.

A livello italiano l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) si configura come l’Autorità preposta a tutelare gli interessi nazionali nel cyberspazio, garantendo l’implementazione della strategia nazionale di cybersicurezza, promuovendo un quadro normativo coerente nel settore, esercitando funzioni ispettive e sanzionatorie e coordinando l’azione di tutti gli attori nazionali competenti in materia.

L’Agenzia costituisce l’esempio di un ulteriore strumento di cui il Paese si è dotato per contrastare le minacce e le sfide alla difesa degli interessi nazionali nell’ambito cibernetico, soprattutto a seguito del mutamento delle dinamiche internazionali come descritte nei precedenti paragrafi.

È interessante porre l’attenzione sul CVCN (Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale), trasferito sotto il coordinamento dell’Agenzia dal MISE, il quale effettua la valutazione di beni, sistemi e servizi ICT destinati ad essere impiegati su infrastrutture ICT che supportano la fornitura di servizi essenziali o di funzioni essenziali per lo Stato. Inoltre, il CVCN è coinvolto anche nell’ambito della tematica del “Golden Power” con riferimento al processo relativo all’esercizio dei poteri speciali in ambito 5G. In sostanza, attraverso questo strumento l’Autorità potrà certificare dei laboratori nazionali in grado di testare e certificare i beni ICT che potranno essere utilizzati dalla Pubblica Amministrazione con il fine di prevenire ulteriori minacce alla resilienza dei sistemi informatici e delle telecomunicazioni.

Dunque, si aggiunge quest’altro meccanismo di “filtraggio” e controllo tra le misure oggi applicate per poter contrastare possibili interferenze nonché minacce alle strutture dello Stato che, come detto, possono originare da Stati esteri o ulteriori entità con intenzioni ostili.

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