i casi

Platform Thinking: il modello che unisce business e sostenibilità



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Il Platform Thinking estende il concetto di piattaforma oltre il digitale, creando modelli di business sostenibili che valorizzano asset sottoutilizzati e abilitano connessioni tra gruppi interdipendenti per generare valore condiviso

Pubblicato il 4 giu 2025

Silvia Gadola

Ricercatrice dell’Osservatorio Platform Thinking HUB del Politecnico di Milano

Valentina Pontiggia

Direttrice dell’Osservatorio Digital & Sustainable del Politecnico di Milano



platform thinking

Negli ultimi anni, il concetto di “piattaforma” ha esteso il proprio significato ben oltre l’ambito tecnologico.

Nato per descrivere infrastrutture digitali in grado di mettere in contatto due o più gruppi di utenti interdipendenti – rappresentato da colossi come Airbnb, Uber o Booking – il modello a piattaforma si è rivelato efficace anche in contesti non digitali.

Festival culturali, mercati agricoli, coworking e aeroporti sono esempi di “piattaforme offline” capaci di creare valore abilitando connessioni e scambi tra attori diversi, sfruttando asset spesso sottoutilizzati.

Ecco cosa emerge dal webinar dell’Osservatorio Platform Thinking Hub.

Platform Thinking HUB - Convegno 2024

Platform thinking e sostenibilità: le 3 caratteristiche dei business model

L’Osservatorio Platform Thinking Hub va oltre la dimensione digitale, considerando le piattaforme come business model basati su tre caratteristiche principali.

L’identificazione di due o più gruppi interdipendenti di clienti, operanti rispettivamente come lato domanda e offerta. La ricerca di esternalità di rete, in cui i clienti ottengono valore all’aumentare del numero di utenti sul gruppo opposto. Infine, il ruolo della piattaforma di creare valore attraverso la facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta, riducendo possibili frizioni e supportandone la fiducia nel processo.

La forza del modello risiede nella capacità di orchestrare reti e valorizzare asset esistenti, spesso posseduti da uno dei due lati, dove la piattaforma si fa garante per donarne nuova vita.

Queste dinamiche, dunque, rimangono valide indipendentemente dal come viene facilitato lo scambio tra i due clienti, ponendo l’accento su una scalabilità più semplice con una dimensione digitale, mentre quelli legati ad una dimensione non digitale focalizzati su una comunità o area geografica.

La versatilità del modello a piattaforma ha portato a definirlo come un “mindset”, il Platform Thinking, per identificare clienti e asset non completamente utilizzati, ed unirli tramite meccanismi a piattaforma per portare nuovo valore a tutti gli utenti coinvolti.

Il ruolo delle piattaforme per la sostenibilità

Il modello a piattaforma si sta rivelando sempre più centrale anche nell’attivazione di soluzioni sostenibili, diventando modello virtuoso per perseguire una sharing economy, modello economico che si fonda sulla condivisione di beni sottoutilizzati, favorendone un utilizzo più efficiente e responsabile.

Da un lato, permettono l’utilizzo di “idle asset”: beni e risorse esistenti che altrimenti rimarrebbero inutilizzati vengono valorizzati e messi in circolo, come accade su piattaforme come Airbnb o Vinted.

Dall’altro, introducono nuovi comportamenti più sostenibili nei consumatori, facilitando modelli basati sull’accesso e non sulla proprietà, con impatti positivi in termini di riduzione del consumo e degli sprechi, come Lime o Loop TerraCycle.
Se da un lato le piattaforme sostengono delle pratiche di sostenibilità ambientale, grazie alla sharing economy, meno conosciuto è l’effetto che meccanismi a piattaforma possono svolgere rispetto ad una sostenibilità sociale.

In realtà, casi come piattaforme cooperative o organizzazioni nonprofit adottano meccanismi a piattaforma per perseguire un obiettivo sociale, supportando gruppi più vulnerabili, locali, creando inclusione e resilienza.

Cosa intendiamo per sostenibilità

Il termine sostenibilità ha molte sfaccettature, deriva dal latino sustinere, che significa sostenere, prendersi cura, favorire. È un concetto che implica la capacità di garantire benessere presente senza compromettere quello futuro.

La definizione più nota resta quella del Rapporto Brundtland del 1987: “Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

Nel tempo, la sostenibilità si è articolata su tre dimensioni – economica, sociale e ambientale – sintetizzate da framework quali il Triple Bottom Line o Doughnut Economy, che mettono in luce l’importanza di una considerazione sinergica di queste tre dimensioni.

Ad oggi, le soluzioni tecnologiche posso supportare il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, tuttavia, perseguire una direzione sostenibile con consapevolezza implica una considerazione olistica rispetto alle tre direttrici per un’innovazione sostenibile che verte verso la considerazione di un impatto ambientale, sociale, e di governance.

In questo paradigma, l’Osservatorio Digital & Sustainable ha sviluppato un framework che integra queste tre dimensioni, utilizzandole per analizzare le tecnologie più diffuse, come intelligenza artificiale o Internet of Things (IoT), e ambiti fortemente connessi al mondo tecnologico, come smart working o piattaforme. Con l’obiettivo di aiutare imprese, policy maker e innovatori a
perseguire obiettivi di sostenibilità.

Il framework si rivela particolarmente utile per analizzare l’effettivo contributo delle piattaforme, esistenti o in fase di progettazione, al raggiungimento di tali obiettivi, offrendo una guida concreta per orientare le scelte strategiche verso una sostenibilità integrata.

Casi virtuosi: quattro piattaforme, quattro approcci

La versatilità che il Platform thinking offre, basato sui tre principi cardine, ha permesso di sviluppare piattaforme dalle molteplici sfumature. Di seguito vi presentiamo quattro casi virtuosi di piattaforme for profit, cooperative, e nonprofit, con l’obiettivo di mettere in luce le diverse sfaccettature di questo modello.

Piattaforme for profit

Circularity è una piattaforma digitale che aiuta le aziende a valorizzare gli scarti di produzione attraverso un sistema di matching tra imprese produttrici e utilizzatori, gli scarti vengono trasformati in materie prime seconde. Questo non solo riduce i rifiuti, ma attiva filiere industriali più circolari e trasparenti. Circularity abilita anche la misurazione del grado di circolarità
aziendale, integrando strumenti di tracciamento e analisi.
Menabòh è una piattaforma che promuove la sostenibilità ambientale e sociale nel settore della moda, attraverso processi di upcycling. Gli utenti con un capo da trasformare entrano in contatto con designer specializzati, che reinterpretano il prodotto, prolungandone la vita e riducendo lo spreco, creando anche dinamiche di sostegno sociale e locale. Menabòh contribuisce così a promuovere un consumo più consapevole, etico e circolare.
WeGlad, infine, è una piattaforma che permette di segnalare e mappare barriere architettoniche in città, promuovendo percorsi accessibili per persone con disabilità e condividendo i dati raccolti con le amministrazioni per migliorare l’accessibilità urbana. È un esempio di piattaforma partecipativa orientata al bene comune.

Piattaforme Cooperative

Stocksy è una piattaforma digitale cooperativa che mette in contatto fotografi professionisti e acquirenti di contenuti visivi, fondata sul principio della redistribuzione equa del valore. Si caratterizza per una governance condivisa: i fotografi sono anche co-proprietari della piattaforma e partecipano attivamente alle decisioni strategiche. Questo modello crea responsabilità collettiva da parte dei clienti della piattaforma e la possibilità di autodeterminarsi all’interno di essa.

Drivers Bogotà è una cooperativa locale di autisti che opera nella capitale colombiana, fornendo servizi di trasporto attraverso un modello inclusivo e sostenibile. A differenza di grandi piattaforme globali, come Uber, Drivers Bogotà si basa su tecnologie semplici e accessibili, e della conoscenza reciproca. Anche in questo caso, i driver sono co-proprietari della piattaforma e partecipano alla definizione delle regole di funzionamento, beneficiando di fee più eque e di un modello di governance trasparente e democratico. L’azione della piattaforma è radicata nel territorio, con l’obiettivo di dare nuove opportunità di lavoro e servizi a comunità più svantaggiate.

Piattaforme nonprofit

Make-A-Wish è una piattaforma che facilita l’incontro tra bambini malati, desiderosi di realizzare un sogno, e volontari pronti a offrire tempo, risorse e supporto. L’organizzazione opera aggregando i desideri e identificando i volontari adeguati ad avverarlo. Il valore della piattaforma risiede nella sua capacità di coordinare volontari, famiglie, enti locali e aziende donatrici, generando un impatto sociale ad alto valore emotivo. In particolare, Make-A-Wish si rivolge a gruppi particolarmente fragili, come i bambini con gravi patologie, valorizzando il tempo e la dedizione dei volontari come risorsa centrale per offrire momenti di gioia.

Feeding America è un’organizzazione che gestisce la redistribuzione di eccedenze alimentari attraverso la collaborazione tra brand donatori e centri Caritas locali. Tale piattaforma opera per identificare i surplus alimentari, recuperarli, e distribuirli per sostenere le fasce più fragili della popolazione. In questo modello sociale, emerge il ruolo di un nuovo attore: le Caritas locali, che fungono da intermediari per facilitare una distribuzione capillare e creando fiducia tra la piattaforma e i beneficiari.

In questo modello, la piattaforma non persegue il profitto ma massimizza l’impatto sociale attraverso la valorizzazione di risorse già disponibili.

Un ponte tra digitale e sostenibile

Dall’analisi dei casi emerge un filo conduttore. Le piattaforme, se ben progettate, possono essere abilitatori sistemici di sostenibilità. Sono strumenti capaci di raccogliere dati, creare connessioni, valorizzare asset sottoutilizzati e orchestrare comportamenti virtuosi.

Tuttavia, affinché possano esprimere pienamente questo potenziale, è necessario che siano progettate comprendendo che l’adozione di una piattaforma è molto di più dell’integrazione di uno strumento digitale, bensì di cambio di paradigma, che deve basarsi su una governance inclusiva, in grado di bilanciare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali. Per questo motivo, casi di piattaforme non-digitali, come Drivers Bogotà o Make-a Wish, ci insegnano che gli effetti di rete possono anche rimanere confinati in una specifica comunità o area geografica.
L’importante è dunque capire quali gruppi di clienti siano in linea con la proposta di valore identificata e capire come attrarli a bordo.

Queste dinamiche trovano nel digitale un alleato perfetto per facilitarne la diffusione. Tuttavia, è altrettanto importante che le competenze digitali siano diffuse a tutti i livelli dell’organizzazione e tra gli attori coinvolti, così da garantire una gestione efficace e consapevole.

Le piattaforme devono per questo sapersi inserire in un ecosistema, integrando
tecnologia, comunità e territorio, per diventare strumenti a servizio del contesto in cui operano.
Le piattaforme nascono come modelli di business modulari, capaci di scalare rispetto diverse dimensioni, in cui è importante adattare le loro dinamiche al contesto e attori scelti, prestando particolare attenzione alle specificità locali.

Tutti questi aspetti, evidenziano come il Platform Thinking possa offrire uno schema di valore per ripensare le sfide della sostenibilità: sia come leva tecnologica sia non digitale, ma come alleanza tra strategia, governance, innovazione sociale e impatto condiviso.

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