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Comuni più digitali? Ecco che fare per usare bene i fondi PNRR



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I bandi PNRR potranno fare la differenza se i Comuni conquisteranno una propria autonomia progettuale e il Ministero adotterà un criterio davvero improntato al lump sum, ovvero valutare e validare correttamente i prodotti presentati

Pubblicato il 7 giu 2023

Michele Vianello

consulente e digital evangelist



Scuola digitale

È passato ormai più di un anno da quando sono stati pubblicati i bandi PNRR “PA Digitale 2026” destinati a favorire il processo di transizione al digitale nei Comuni.

Quando parlo (parlerò) di Comuni dobbiamo essere consapevoli che la platea dei beneficiari è molto diversa. Un conto è rivolgersi ai grandi Comuni, altra cosa ai piccoli e medio piccoli che sono la stragrande maggioranza in Italia. I bandi, peraltro, colpevolmente non prevedono nella platea dei beneficiari le Unioni i tra Comuni (le diverse forme associative) penalizzando così un comportamento virtuoso.

Fondi PNRR: quale impatto sul processo di transizione al digitale dei Comuni?

Ormai da più parti ci si interroga sull’impatto che questi fondi avranno sul processo di digitalizzazione dei Comuni. A tal proposito, in questi giorni, è stato siglato un accordo tra il Governo (Dipartimento per la transizione al digitale) e l’ANCI per accompagnare i Comuni nell’attuazione delle misure di digitalizzazione finanziate attraverso il PNRR.

Come avrete notato ho già utilizzato due concetti diversi tra di loro: “transizione al digitale” e “digitalizzazione”. Riprenderò più avanti questo concetto.

Rispondo affermativamente all’interrogativo in premessa. I fondi PNRR potranno, ad alcune condizioni, favorire il processo di transizione al digitale nel mondo variegato dei Comuni.

Ricordo a tutti noi quali obiettivi si ponesse il nostro Governo (e l’Unione Europea) nello stanziare questi finanziamenti.

Gli obiettivi dei bandi destinati alla PA

Entro il 2026, grazie ai bandi destinati alla PA, il nostro Paese dovrà raggiungere questi cinque obiettivi:

  • Diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione;
  • Colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile;
  • Portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud;
  • Raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online;
  • Raggiungere, in collaborazione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga.

I bandi rivolti ai Comuni finanziano:

  • l’estensione dell’utilizzo delle identità SPID e CIE;
  • il raggiungimento del “full pagoPA”;
  • il raggiungimento del “full appIO”;
  • il passaggio alla erogazione di software e servizi attraverso soluzioni cloud;
  • il rifacimento o il restyling dei siti istituzionali e delle piattaforme di erogazione dei servizi on line. Quest’ultimo, non a caso vista la complessità dell’opera, è il bando con la dotazione finanziaria più importante per i Comuni;
  • la creazione delle condizioni per l’adesione dei Comuni alla Piattaforma nazionale notifiche;
  • la creazione delle condizioni per l’adesione dei Comuni alla Piattaforma nazionale dati.

Rispetto agli obiettivi più generali di PA Digitale 2026, direttamente, i bandi PNRR rivolti ai Comuni investono gli obiettivi 1), 3) e 4). Indirettamente, l’obiettivo 2).

Non solo digitalizzazione: le sfide per i Comuni

Affermare che quelle indicate siano attività di semplice “digitalizzazione” dei Comuni è perciò un grossolano errore, non semplicemente semantico ma, nella chiarezza degli obiettivi che si vogliono perseguire.

Per fare un esempio, estendere da parte dei Comuni il numero dei servizi da rendere fruibili ai cittadini in modalità digitale con identificazione con SPID/CIE è sicuramente un traguardo importante. Ma, l’obiettivo vero da perseguire è che i servizi siano utilizzati, entro il 2026 dal 70% dei cittadini italiani.

Ciò presuppone sicuramente una attenzione particolare ai software e alle piattaforme (digitalizzazione), ma implica soprattutto una attività di affiancamento ai cittadini, una acquisizione di competenze digitali per i dipendenti -che le dovranno trasmettere ai cittadini- la realizzazione di ambienti web (siti) facilmente utilizzabili da parte dei cittadini, il far comprendere ai cittadini, da parte dei Comuni, le nuove funzionalità di CIE. Non è una semplice attività di “digitalizzazione”, si deve avviare parallelamente un processo di transizione al digitale “biunivoca”. Assieme vengono investiti, i cittadini nella loro modalità di fruizione dei servizi e i Comuni nelle modalità di erogazione.

Cambiamenti organizzativi e di gestione del flusso documentale

Un altro esempio riguarda la realizzazione di una area personale, dedicata al cittadino, locata nel sito Istituzionale sopra al header a destra.

Secondo le Linee Guida AGID, le indicazioni di Designers Italia e il Bando 1.4.1. (e le Linee Guida Bandi lump sum), nell’area personale, ogni cittadino dovrà avere a disposizione, a regime, le ricevute dei pagamenti, i documenti, l’accesso ai fascicoli dei procedimenti in corso (nel rispetto della Legge 241/1990) ecc.. Un modello, già oggi a disposizione di tutti noi, è rappresentato dall’area personale messa a disposizione dall’INPS o dall’Agenzia delle Entrate. Nei Comuni -o almeno nella stragrande maggioranza di loro- quest’area oggi non è presente.

Per essere beneficiari del finanziamento previsto dal Bando è tassativamente necessario che il cittadino trovi nella sua area personale l’interfaccia per poter accedere al fascicolo di un procedimento da lui avanzato. Il rispetto della Legge 241 prevede che si possa monitorare lo stato di avanzamento di un procedimento (oltre che conoscere il RUP -Responsabile Unico del Procedimento).

Il raggiungimento di questo obiettivo necessita di una componente di “digitalizzazione”, ovvero la realizzazione di una interfaccia tra l’ambiente web (il sito) e il gestionale documentale del Comune, ma è indispensabile anche che da parte del Comune sia avviato il processo di fascicolazione digitale dei procedimenti, come peraltro già previsto dal CAD (Codice dell’Amministrazione digitale) e dalle Linee Guida AGID sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico.

Questa attività di digitalizzazione del back office del Comune (transizione al digitale) implica cambiamenti organizzativi e di gestione del flusso documentale che la stragrande maggioranza dei Comuni non ha ancora avviato in modo organico.

Al bando 1.4.1 (siti e piattaforme digitali) va perciò attribuito un valore strategico decisivo nel processo di transizione al digitale. Una sua corretta realizzazione -non ho dubbi sul rigore degli asseveratori del Dipartimento per trasformazione digitale- potrà aiutare la diffusione dell’utilizzo dei servizi digitali da parte dei cittadini, il cambiamento della erogazione dei servizi ai cittadini da parte dei Comuni, l’incentivazione allo sviluppo di un back office interamente digitale.

Piattaforma Nazionale Dati e Piattaforma per le Notifiche

Gli effetti di altri due bandi sul processo di transizione al digitale sono particolarmente sottovalutati dai Comuni, forse perché non ne capiscono ancora fino in fondo le finalità. Mi riferisco alla Piattaforma Nazionale Dati e alla Piattaforma Nazionale per le Notifiche.

La Piattaforma Nazionale Dati rappresenta un oggetto assolutamente astratto nel mondo dei Comuni, soprattutto in quello di medie e piccole dimensioni. I Comuni hanno partecipato al Bando ma, si stanno affidando generalmente ai fornitori.

Eppure l’interscambio di dati e di documenti attraverso un processo di interoperabilità tra le Pubbliche Amministrazioni avrà un impatto decisivo sulle modalità operative e nel rispetto, verso i cittadini, del principio once only.

Nei mesi scorsi il Dipartimento per la trasformazione digitale ha pubblicato alcune indicazioni e suggerimenti per i Comuni (Piattaforma Digitale Nazionale Dati: 5 casi d’uso come esempio per i Comuni).

L’apertura di ANPR

Si tratta di ottimi esempi; mi permetto tuttavia di insistere che la vera killer application nell’utilizzo delle basi dati è l’apertura di ANPR, superando anacronistiche resistenze della burocrazia del Ministero degli Interni e dei servizi anagrafe di molti Comuni (in questo caso resistenze culturali).

In Gazzetta Ufficiale n. 91 del 18 aprile 2023 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Interno del 3 marzo 2023 dal titolo significativo “Modalità di attribuzione, da parte dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, di un codice identificativo univoco per garantire la circolarità dei dati anagrafici e l’interoperabilità con le altre banche dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici.”

Anche alla luce di quanto previsto dal Decreto andrebbero al più presto rese disponibili ai Comuni le basi dati che consentano, soprattutto nei servizi digitali rivolti al cittadino, il rispetto del principio once only (cosa peraltro prevista dal Bando PNRR sui siti).

Come si vede appare ormai necessaria una attività di assistenza ai Comuni -soprattutto quelli di piccola dimensione- rivolta ad implementare la consapevolezza sulle conseguenze organizzative e di erogazione dei servizi.

La procedura di gestione dei Bandi PA Digitale 2026

La procedura “burocratica” di gestione dei Bandi PA Digitale 2026 (se rapportata al REGIS) è assolutamente semplice. L’erogazione del finanziamento nei bandi a “lump sum” avviene sulla base della validazione del prodotto, indipendentemente dalla gestione burocratica della parte documentale.

Ciò però implica un inedito rigore da parte del Ministero nella fase di collaudo e validazione dei prodotti. Mi permetto di ribadire, “un inedito rigore” nei confronti dei fornitori. Ciò che ad esempio non è avvenuto per quanto riguarda il precedente Fondo Innovazione (app IO in primis).

Ai Comuni è stata affidata una ingentissima provvista finanziaria, ciò ovviamente ha scatenato l’offerta da parte dei fornitori, non sempre in grado di offrire un prodotto che risponda ai requisiti dei bandi (cloud, siti e piattaforma di fruizione dei servizi in primis).

I Responsabili per la transizione al digitale si trovano, per la prima volta a gestire budget importanti senza, spesso, le competenze necessarie.

Conclusioni

Per tornare alla domanda iniziale, se i bandi PNRR favoriranno il processo di transizione al digitale nei Comuni, non posso che rispondere di sì, per la gioia di coloro che producono statistiche esclusivamente numeriche da presentare ai convegni.

Ma, l’obiettivo è la transizione al digitale del nostro Paese e, nel nostro, caso dei Comuni.

I bandi PNRR ci aiuteranno infinitamente se i Comuni conquisteranno una propria autonomia progettuale, anche grazie all’aiuto dell’ANCI (e anche di alcune Regioni che in Italia stanno attuando una attività preziosa), e il Ministero adotterà un criterio davvero improntato al lump sum, ovvero valutare e validare correttamente i prodotti presentati.

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