#SAA2018

La PA del futuro sarà invisibile al cittadino, ecco come

Ogni innovazione distrugge l’esistente per ricrearlo in forme nuove: la PA del futuro, grazie alla disintermediazione degli open data, sarà basata meno sui rapporti umani ma più efficiente, grazie a servizi quali Spid, Anpr, PagoPa. Serve però ancora molto lavoro (anche) sull’alfabetizzazione dei cittadini

Pubblicato il 22 Feb 2018

synthetic data

La Settimana dell’Amministrazione Aperta #SAA2018 e i tanti eventi organizzati in tutta Italia sono stati sicuramente una buona occasione per soffermarsi a riflettere su tanti aspetti legati alle trasformazioni in corso all’interno della Pubblica Amministrazione.

Sono stato invitato a tenere una relazione nell’evento organizzato dal comune di Bari presso l’ex palazzo delle Poste. Mi è stato chiesto di parlare di Open Data e delle opportunità che possono generare per PA, cittadini e imprese.

Vi racconto in breve alcune delle riflessioni fatte durante l’intervento. Ho voluto cominciare dalla parola “Open”, a sottolineare il fatto che stavamo celebrando la Settimana della Amministrazione Aperta. Oggi utilizziamo l’aggettivo “Open” in tanti contesti tra loro diversi. Parliamo infatti di “Open Data”, di “Open Government”, facciamo gli “Open Day”, riconosciamo il valore dell’“Open Knowledge”. È stato svariati anni fa che abbiamo cominciato ad utilizzare la parola “Open” essenzialmente riferendoci al software “Open Source” ma negli anni successivi ne abbiamo esteso l’utilizzo un po’ ovunque.

LeggiOpen data pubblici, la strategia perché siano (davvero) utili all’Italia

Open data e disintermediazione per un nuovo rapporto con la PA

Open è diventato un modo di pensare, di vedere il mondo, un modo di essere e di agire. Possiamo declinare l’”Openness” in vari modi, ma quello che vale la pena sottolineare è l’effetto di disintermediazione che viene generato quando qualcosa diventa “Open”.

La disintermediazione cambia e stravolge gli equilibri prestabiliti. Diventa così possibile agire, intervenire direttamente su cose che in precedenza erano ben “presidiate” da altri. Con un inevitabile (e direi benefico) effetto sulla crescita e il rafforzamento delle competenze individuali. Quando infatti qualcosa diventa Open ha l’effetto di poter essere utilizzata direttamente da tutti. A patto ovviamente di sapere come fare.

Una pubblica amministrazione “aperta” è una pubblica amministrazione che va a ridisegnare il rapporto con i cittadini e le imprese e lo fa essenzialmente su due “canali”, quello dei servizi e quello dei dati. Sono due “canali” che non sono indipendenti ma che al contrario sono fortemente interconnessi tra loro. Ad esempio, l’Istat produce dati per mandato istituzionale. Il servizio che Istat fornisce ai cittadini sono quindi i dati. D’altra parte sono sempre più numerose le PA che hanno cominciato non solo a fornire servizi “online”, in cui il cittadino può fare da sé quello che prima doveva necessariamente fare recandosi di persona presso gli uffici competenti, ma anche a fornire e pubblicare i dati prodotti da quella PA come ulteriore servizio in aggiunta a quelli di propria competenza. Pensiamo ad esempio a tutte le iniziative Open Data che sono state avviate negli ultimi anni da parte delle PA, a volte anche con dati di qualità e utilizzando modalità tecnologiche avanzate.

LeggiOpen Innovation, solo così la PA può cambiare davvero

Tutto questo perché la PA che abbiamo in mente è essenzialmente una PA digitale e la transizione verso il digitale sta inevitabilmente trasformando il modo con cui la Pubblica Amministrazione interagisce con cittadini e imprese.

Già ora è possibile utilizzare da casa vari servizi online erogati da diverse Pubbliche Amministrazioni. Pensiamo ai servizi di Inps, alla possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi alla Agenzia delle Entrate, alla possibilità di iscrivere i figli a scuola (Miur), a tutti i servizi locali delle città metropolitane (ad esempio i servizi egov della città metropolitana di Bari).

Le tre I della PA Digitale

Sappiamo però che non basta che ogni PA trasformi in digitale processi che una volta erano gestiti in modo analogico.  Anzi. Quello che serve veramente è pensare ad un “Sistema Pubblica Amministrazione Digitale”, un sistema cioè dove i singoli Enti Pubblici si “sciolgono” all’interno per dare vita ad una Pubblica Amministrazione Interconnessa Integrata e Invisibile. (le potremmo chiamare le tre “I” della PA Digitale)

Per fare ciò serve pensare ad una infrastruttura su cui poggiare la PA digitale e pezzi di questa infrastruttura sono già in cantiere. Pensiamo a SPID, il sistema pubblico d’identità digitale, ad ANPR, l’anagrafe nazionale della popolazione residente, a pagoPA. Sono tutti progetti che sono in cantiere da tempo, che hanno passato momenti di forte difficoltà e che ultimamente, grazie al lavoro del Team Digitale e di Agid si sono in qualche modo risvegliati da uno stato comatoso che sembrava dovesse essere irreversibile.

Questa è la buona notizia. La notizia un po’ meno buona che ovviamente siamo ancora molto lontani da un “Sistema PA” dove le Pubbliche Amministrazioni siano interconnesse, integrate e invisibili al cittadino.

Leggi: Quale politica digitale per una società migliore: ecco le scelte da fare

La PA del futuro, invisibile ai cittadini

Da quando ho cambiato banca e sono passato ad una banca completamente online non so più dove sia la mia banca. Non conosco e non ho mai incontrato nessuno e tutto quello che faccio lo faccio collegandomi alla piattaforma Web. È probabile che così sarà anche la PA del futuro. È probabile cioè che la PA del futuro diventi invisibile ai cittadini. Ne perderemo in rapporti umani e questo ovviamente mi spiace un po’. Ogni innovazione distrugge l’esistente per ricrearlo in forme nuove, ma ne guadagneremo sicuramente in efficienza e in servizi.

E veniamo infine ai dati. L’effetto dei servizi digitali è che generano automaticamente dati man mano che vengono utilizzati. Abbiamo detto più volte che i dati possono essere visti come l’acqua. Non è un concetto nuovo tanto è vero che diciamo “fonte” quando vogliamo indicarne la provenienza (es: dati di fonte Istat).

E così come facciamo con l’acqua, anche i dati vanno in qualche modo “canalizzati”. Una pubblica amministrazione che sia interoperabile e interconnessa la si costruisce partendo proprio dai dati che vengono generati in modo automatico dalle singole pubbliche amministrazioni nell’espletamento del proprio mandato istituzionale.

Dati che non solo diventano funzionali all’implementazione di servizi (pensiamo ad esempio ad ANPR che viene usata e mantenuta dagli uffici anagrafe di tutti i comuni italiani ma che diventa un pezzo di infrastruttura su cui andare a disegnare e implementare servizi di altre pubbliche amministrazioni che necessitano di avvalersi della anagrafica dei cittadini) ma che opportunamente canalizzati diventano gli elementi di base per il monitoraggio del funzionamento degli enti pubblici e delle politiche messe in campo. Parte di questi dati possono essere poi resi pubblici come Open Data. Non Open Data qualunque, ma Open Data di qualità che nascono da processi ingegnerizzati.

Cittadini digitali e l’alfabetizzazione che ancora manca

In tutto ciò va tenuto conto anche della realtà che ci circonda. E la realtà che ci circonda è descritta molto bene dall’indagine Istat Cittadini, Imprese e ICT”.

In sintesi, migliorano lentamente i dati relativi alle famiglie che dispongono di una connessione, ma siamo ancora molto indietro rispetto alla media europea. E avere una connessione internet non è che il primo passo. Serve una forte alfabetizzazione all’uso dei servizi digitali che ancora manca. Qualche giorno prima dell’evento di Bari sono stato invitato a celebrare la settimana dell’amministrazione aperta presso il Liceo Scientifico di Laterza (TA). Mi hanno raccontato che quest’anno ci sono state 150 nuove richieste di iscrizione. Ben 149 sono state presentate a mano con la compilazione di un modulo cartaceo. Solo una è stata inoltrata attraverso l’apposito servizio online del ministero. E resta il dubbio se l’autenticazione sia stata fatta o meno con SPID.

In conclusione, vorrei ringraziare dell’invito l’assessore Angelo Tomasicchio e Antonio Cantatore, direttore ICT del Comune di Bari. Il mio intervento si è svolto all’interno di un panel moderato dal giornalista Lino Patruno (un pezzo di storia del giornalismo di Puglia e non solo) e dove ero in compagnia di Pino Bruno (direttore responsabile di Tom’s Hardware Italy), Andrea Lisi (presidente ANORC nonchè fondatore del gruppo dei Digital Minions di cui faccio orgogliosamente parte) e Luigi Santangelo (esperto autorità di gestione dell’Agenzia per la Coesione Territoriale).

Leggi:Settimana dell’amministrazione aperta: il valore dell’esempio

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