Se i super poteri delle Authority minacciano l’Agenda digitale

La Francia ha multato Google per 100 mila euro sulla questione del diritto all’oblio. Solo l’ultima goccia che dimostra quanto i garanti europei abbiano esteso il proprio raggio d’azione pericolosamente, mettendo a rischio e-commerce, Spid e future innovazioni della rete

Pubblicato il 30 Mar 2016

Andrea Monti

Avvocato specializzato IT

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L’ultima multa della Francia a Google per il diritto all’oblio è solo l’ultima goccia. Dimostra che ormai il dado è tratto. Siamo entrati in una deriva che rischia di far saltare le logiche basilari di internet, inclusi i progetti dell’Agenda digitale.

I garanti europei- e quello italiano – hanno esteso il loro raggio d’azione su questioni che non li riguardano e quello della giurisdizione è uno di questi.

Se qualcuno non ferma questa deriva sara’ impossibile fare ecommerce, gestire transazioni online: addio SPID, carta dei servizi e tutto il resto perché invece del legislatore e dei giudici, le chiavi del sistema saranno in mano al garante. Per quanto in modo sgangherato, il nostro sistema (anche) informatico ha funzionato perche’ la legge e’ sempre stata applicata ex post. Si fa una regola, qualcuno la viola, i giudici sanzionano.

Adesso, invece, si sta andando verso una prevenzione generalizzata per cui i garanti “vietano a prescindere” impedendo alle imprese anche solo di assumersi un rischio.

Vediamo come si è arrivati a questo punto.

Prima dell’accelerazione imposta dall’utilizzo dell’internet e dell’informatica per lo svolgimento di attività ordinarie (dalle certificazioni pubbliche alle vendite a distanza, alla repressione dei reati) l’architettura giuridica dell’Italia “teneva” abbastanza bene. Nei corsi di diritto pubblico e amministrativo delle facoltà di giurisprudenza si insegnava il concetto di “giurisdizione” nel doppio significato di limite geografico all’esercizio del potere dello Stato e di separazione fra i compiti della magistratura ordinaria (civile e penale) e amministrativa. In termini pratici, questo significa(va) che un giudice penale italiano non poteva adottare provvedimenti che avevano efficacia diretta nei confronti di chi era localizzato in un altro paese, che un tribunale civile italiano non poteva estendere automaticamente il proprio raggio d’azione oltreconfine e che un tribunale amministrativo non poteva adottare provvedimenti che invadevano il campo della magistratura ordinaria.

Poi, insieme alla diffusione dell’internet, sono arrivate le cosiddette “autorità indipendenti”.

L’internet ha provocato un’accelerazione dei processi di gestione del rapporto Stato-cittadino, e l’aumento delle transazioni extranazionali, esaurendo presto la capacità di reazione delle istituzioni politiche e giudiziarie, che invece di cercare applicare in modo efficace le norme esistenti, presero a concepire sballate norme ad hoc, di cui la famigerata locuzione “anche per via telematica” è l’archetipo.

Dal canto loro, le autorità indipendenti – degli ibridi metà “tribunale” e metà “legislatore” che non esistono nella Costituzione italiana – hanno occupato gli spazi lasciati vuoti dai legittimi titolari e hanno cominciato a svolgere un ruolo di “parlamento/magistratura surrogata”.

A differenza dei giudici ordinari, le autorità indipendenti si muovono molto più in fretta, senza troppe pastoie burocratiche ed esercitano un potere concreto e diretto sui soggetti che devono controllare. Condizionano – con i loro pareri – le attività del Parlamento, interpretano in modo autonomo (e discutibile) la normativa, e quando le regole mancano, ci pensano loro a colmare il vuoto.

Il risultato dell’attivismo fuori controllo delle autorità indipendenti è sotto gli occhi di tutti: oscuramento di siti decisi senza provvedimento del magistrato, applicazione di sanzioni (o imposizione di obblighi) a soggetti non localizzati nella rispettiva giurisidizione, emanazione di “raccomandazioni” e “comunicati” dal valore sostanzialmente cogente.

In sintesi: siamo di fronte a una riscrittura di fatto del riparto di poteri fra organi dello Stato in nome della “prevenzione”. Bisogna prevenire le violazioni al diritto d’autore, alla privacy, alla morale pubblica e privata. E poco importa se il prezzo da pagare è la disgregazione del principio di tripartizione dei poteri pubblici.

Questa corsa dell’asino, forsennata, ma senza un percorso, delle Autorità di protezione (dei dati, dell’energia, delle comunicazioni, del mercato e chi ne ha più ne metta) ha consolidato una situazione nella quale è praticamente impossibile, per le imprese, innovare. Ci stiamo avviando verso una prevenzione generalizzata, sotto il controllo della Autorità indipendenti e basata sul “vietato a prescindere” impedendo alle imprese anche solo di assumersi un rischio nell’applicare le regole poste da soggetti che, sulla carta, nemmeno avrebbero il potere di farlo.

E se qualcuno non ferma questa deriva sarà impossibile fare ecommerce, gestire transazioni online, usare SPID, carta dei servizi e tutto ilresto perchè invece del legislatore e dei giudici, le chiavi del sistema saranno in mano a soggetti diversi da chi – per legge – ha il potere/dovere di decidere e di ordinare.

Dunque, la prossima volta che qualcuno si chiederà come mai Amazon, Google, Facebook & C non sono nati in Italia, potrà semplicemente sentirsi rispondere che non sarebbe mai stato possibile (qualcuno si ricorda ancora di iStella, il motore di ricerca italiano?).

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