l'analisi

5G e salute, perché le fake news danneggiano l’economia italiana

In un sistema economico globale sempre più digitalizzato, l’Italia non può permettersi un auto-sabotaggio nell’adozione del 5G, che ad oggi rappresenta uno dei pochi elementi della trasformazione digitale in cui il nostro Paese non risulta in ritardo. Vediamo cosa dice il Piano Colao e facciamo chiarezza sui punti più caldi

Pubblicato il 26 Giu 2020

Sara Frizziero

Senior Consultant ICT Consulting

Antonio Filippo Giangrande

Manager ICT Consulting

Filippo Lucarelli

Partner ICT Consulting

5G

La nostra economia non può permettersi, proprio ora, nel momento di massima fragilità di rallentare il 5G a causa delle fake news che lo riguardano. E che già hanno portato a 500 sindaci a disporre lo stop delle antenne.

Stiamo vivendo un paradosso: mentre il 5G viene indicato dagli esperti come l’innovazione tecnologica che potrebbe trainare la ripresa post-pandemica, finisce bersagliato per l’accusa, infondata, di effetti nocivi sulla salute umana che causerebbe.

Così, per frutto del paradosso: da un lato le istituzioni si stanno muovendo per promuovere e facilitare lo sviluppo delle nuove reti 5G, dall’altro si è assistito ad una vera e propria campagna di fake news che ha dipinto il nuovo standard come nocivo per la salute, veicolo di diffusione del virus SARS-COV-2 e, negli scenari più distopici, come mezzo per controllare la popolazione.

Tralasciando le ipotesi più fantasiose, è necessario che le istituzioni, gli operatori e la stampa di settore si impegnino a fornire un quadro chiaro ed esaustivo, seppur semplificato, circa gli aspetti tecnologici e sanitari del 5G. A tal fine è necessario rispondere ad alcune domande.

Che cosa è la tecnologia 5G e perché è così importante per il nostro paese?

Il 5G (disponibile con Tim e Vodafone e a breve anche con Wind 3, Fastweb, Iliad, ndr) è l’ultima evoluzione delle tecnologie di rete mobile, che consente di garantire velocità di trasmissione dei dati fino a 10 volte superiori a quelle delle attuali reti 4G, e altresì di abilitare nuovi servizi caratterizzati da alta affidabilità e bassissima latenza.” Tra le numerose applicazioni abilitate dal 5G si annoverano: sistemi di automazione e controllo dell’Industria 4.0, telemedicina, reti per la gestione delle emergenze, monitoraggio di infrastrutture e ambiente, realtà aumentata, veicoli interconnessi e a guida autonoma.

La rilevanza economica del 5G per il Paese, stimata in un impatto sul PIL pari a 80 miliardi nei prossimi 15 anni, è ribadita anche dal cosiddetto “Piano Colao”. Il 5G è infatti identificato tra gli elementi cardine per favorire la ripresa economica. Il Piano indica la necessità di prevedere interventi su scala nazionale per ridurre il divario digitale, permettendo così l’ampia diffusione tra aziende e privati delle applicazioni abilitate dalle tecnologie innovative e rimarca come a tal fine sia necessario il rapido e pieno sviluppo delle reti 5G.

In cosa differisce la tecnologia 5G rispetto alle precedenti in termini di emissioni elettromagnetiche?

Di per sé, il passaggio al 5G non comporta un aumento dell’esposizione elettromagnetica complessiva. Al contrario, l’architettura 5G presenta delle caratteristiche che potrebbero portare ad un impatto elettromagnetico invariato o addirittura inferiore rispetto a quello delle generazioni precedenti.

Per quanto riguarda le frequenze, rispetto alle tecnologie precedenti, il 5G introduce le bande a 700 MHz e a 3,4 – 3,8 GHz, del tutto assimilabili a quelle già attualmente in uso nei sistemi 2G, 3G e 4G[1], e le frequenze in banda 26 GHz – anche dette “onde millimetriche”[2] – che rappresentano il vero e proprio elemento di novità. L’architettura 5G prevede di sfruttare le onde millimetriche per densificare la copertura dispiegando Small Cell, cioè piccole stazioni trasmissive caratterizzate da ridotti raggi di copertura. Infatti, a tali frequenze le onde radio faticano ad attraversare ostacoli come gli edifici, e sono inoltre soggette a fenomeni di assorbimento da parte della pioggia e della vegetazione. La densificazione della rete non comporta necessariamente un aumento generalizzato delle esposizioni poiché le Small Cell sono impiegate per servire aree ridotte e sono caratterizzate da potenze più basse di quelle tipiche di una macro-cella. Inoltre, anche i terminali mobili – che rappresentano la più prossima fonte di esposizione per gli umani – potranno comunicare con le Small Cell trasmettendo ad una minor potenza, in ragione della distanza ridotta tra il terminale e l’antenna.

Un ulteriore elemento di novità presente nell’architettura 5G è rappresentato dalla possibilità di interconnettere alla rete fino a milioni di oggetti e sensori, realizzando così la Internet of Things. Anche in questo caso non vi è una diretta correlazione tra la quantità di oggetti interconnessi e i livelli di esposizione elettromagnetica; infatti larga parte di tali dispositivi opera con livelli di potenza molto bassi, con un impatto trascurabile sull’esposizione elettromagnetica complessiva.

Inoltre, grazie all’utilizzo delle tecniche di beamforming, le antenne 5G generano campi elettromagnetici focalizzati nella regione in cui sono necessari (ad esempio verso una persona che utilizza un telefono cellulare), piuttosto che distribuiti su un’area più estesa, in modo che non vi sia potenza “sprecata” nelle direzioni ove non ci sono utenti attivi, determinando così una riduzione dell’esposizione complessiva.

Infine, in generale, si deve tenere in considerazione che quando viene introdotta una nuova tecnologia di comunicazione wireless, gli operatori sfruttano, se possibile, i siti fisici già realizzati per le precedenti generazioni tecnologiche. Le nuove attivazioni si inseriscono in un contesto di sostituzione tecnologica di medio e lungo periodo che prevede il progressivo spegnimento di molti dei segnali oggi utilizzati per il 2G e il 3G per “fare spazio” ai segnali dei servizi 4G e 5G.

Che cosa dice la letteratura scientifica attuale in relazione ai rischi per la salute legati al 5G?

Una disamina completa delle conoscenze scientifiche in merito agli effetti sulla salute umana dovuti all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza è stata condotta dall’ICNIRP[3] nell’ambito della realizzazione delle Linee Guida “ICNIRP 2020 2020 guidelines for limiting exposure to electromagnetic fields (100 KHZ TO 300 GHZ)”. In particolare l’ICNIRP osserva che dopo decenni di ricerca scientifica, gli unici effetti documentati e rilevanti per la salute umana riconducibili all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza sono quelli di breve termine, dovuti al riscaldamento dei tessuti esposti. Solo al di sopra di determinati livelli di soglia, l’esposizione alle onde elettromagnetiche e il relativo aumento della temperatura corporea possono portare effetti quali colpi di calore e bruciature. Al contrario, effetti di breve o di lungo termine al di sotto dei livelli di soglia sono stati ampiamente studiati senza dimostrare definitivamente effetti nocivi sulla salute umana.

Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC)[4] ha attribuito ai campi elettromagnetici a radiofrequenza la classificazione nel gruppo 2B ovvero “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani”, poiché “c’è un’evidenza tutt’altro che conclusiva che possano provocare il cancro negli esseri umani”[5].

Nel complesso, la valutazione della comunità scientifica sui risultati ottenuti finora dalla ricerca in merito all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza nei limiti consentiti, è che difficilmente questi siano associabili a effetti nocivi per la salute.

Quanto sono adeguate le misure di protezione attualmente in vigore?

Per evitare pericoli per la salute dovuti agli effetti di breve termine, la normativa internazionale e nazionale raccomanda di limitare l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza in modo che la soglia alla quale le interazioni diventano dannose non venga mai raggiunta.

A tal scopo, ICNIRP ha definito dei limiti di esposizione, chiamati “restrizioni di base”, fissati in relazione alle soglie per le quali si rilevano effetti negativi; i limiti così determinati sono ulteriormente ridotti (fino a 50 volte), per tenere conto dell’incertezza scientifica nella determinazione dei livelli di soglia. I livelli di esposizione al di fuori del corpo sono chiamati “livelli di riferimento” e sono derivati a partire dalle restrizioni di base utilizzando ipotesi realistiche basate sul caso peggiore.

ICNIRP ha pubblicato una prima versione delle proprie Linee Guida nel 1998[6], recepita a livello europeo, con la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999. I limiti definiti dalla normativa italiana risultano significativamente più restrittivi delle linee guida ICNIRP del 1998 (già molto conservative), come mostrato dai confronti in figura nel range di frequenze 500 MHz – 30 GHz, intervallo di analisi che include tutte le frequenze 5G.

Figura : Intensità del campo elettrico – Confronto

Figura : Densità di potenza – Confronto

Proprio in virtù di tale scollamento tra la normativa internazionale e quella Italiana, il Piano Colao evidenzia l’opportunità di innalzare i limiti alle emissioni elettromagnetiche vigenti in Italia, al fine di evitare che le infrastrutture 5G italiane possano essere penalizzate rispetto a quelle degli altri paesi, con le conseguenti ripercussioni sul piano economico. Per fare un parallelo, sarebbe come limitare a due il numero di corsie delle autostrade, mentre gli altri pesi costruiscono carreggiate a 6 corsie.

ICNIRP ha pubblicato nel 2020 una revisione delle proprie linee guida[7], affinando la metodologia e valutando le caratteristiche specifiche del 5G. I limiti definiti dalla normativa italiana risultano significativamente più restrittivi anche delle linee guida ICNIRP del 2020. Tuttavia, le nuove linee guida forniscono anche indicazioni sulla metodologia di applicazione dei limiti, è pertanto opportuno che siano recepite nell’impianto normativo italiano.

Il rischio dell’auto-sabotaggio

Gli elementi tecnici e i riferimenti della letteratura scientifica consolidata evidenziano un quadro complessivo che non giustifica in alcun modo le recenti ondate di allarmismo nei confronti della tecnologia 5G, che hanno portato recentemente molti comuni ad emettere ordinanze “NO 5G” bloccando di fatto lo sviluppo delle nuove reti in alcune parti del Paese.

In un sistema economico globale sempre più digitalizzato, l’Italia non può permettersi il lusso di un auto-sabotaggio nell’adozione del 5G, che ad oggi rappresenta uno dei pochi elementi nella corsa alla trasformazione digitale in cui il nostro Paese non risulta in ritardo, come emerso dalla recente pubblicazione Digital Economy and Society Index (DESI) 2020. Le autorità nazionali devono quindi intervenire in modo deciso ed evitare che le amministrazioni locali possano compromettere lo sviluppo delle nuove reti sulla base di presunti principi di precauzione non sostenuti da evidenze scientifiche consolidate.

  1. Alcuni sistemi Fixed Wireless utilizzano già da anni una porzione della banda 3,4 – 3,8 GHz.
  2. Sebbene quest’ultime corrispondano più precisamente allo spettro tra 30 e 300 GHz, dove le lunghezze d’onda sono comprese tra 1 e 10 mm. Frequenze adiacenti alla banda 26 GHz, rispettivamente a 24 GHz e 28 GHz sono già utilizzate da qualche anno in diverse reti fisso wireless.
  3. Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti.
  4. https://monographs.iarc.fr/list-of-classifications
  5. International Agency for Research on Cancer (IARC), “IARC Monographs Questions and Answers”, 2015. https://www.iarc.fr/en/media-centre/iarcnews/pdf/Monographs-Q&A.pdf
  6. https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPemfgdl.pdf
  7. https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPrfgdl2020.pdf

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