il libro bianco

Reti tlc, l’Europa arranca e non ha soluzioni per cambiare rotta



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L’UE continua ad arrancare nello sviluppo di reti di TLC fisse e mobili di ultima generazione in grado di supportare la transizione digitale in atto. Serve un cambio di passo urgente, ma le soluzioni del White Paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?” non sembrano andare nella giusta direzione

Pubblicato il 14 mar 2024

Silvia Compagnucci

vicepresidente di I-Com

Domenico Salerno

direttore Area Digitale dell’Istituto per la Competitività (I-Com)



tlc telecom telco

Le telecomunicazioni sono l’architrave che sostiene il funzionamento della società dell’informazione. Disporre di una connettività performante non è però indispensabile solo per lo sviluppo e la diffusione di nuovi servizi ma anche e soprattutto per la competitività del tessuto economico di ogni economia.

Nonostante l’assoluta centralità del ruolo delle infrastrutture di telecomunicazione, il settore tlc europeo sta vivendo ormai da diversi anni un momento di profonda difficoltà dal punto di vista della redditività economica, ulteriormente aggravato da un forte incremento del costo del lavoro e delle materie prime e dalla spinta inflazionistica degli ultimi mesi, che rende estremamente complicato per gli operatori privati investire nelle reti di nuova generazione.

In questo contesto, il 21 febbraio scorso è stato pubblicato dalla Commissione europea il “Digital connectivity package” comprensivo del White Paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?” e una Raccomandazione per la sicurezza e resilienza delle infrastrutture via cavo sottomarine. Il libro bianco, in particolare, affronta tematiche strategiche connesse alla convergenza tecnologica tra telecomunicazioni e cloud, al ruolo critico delle infrastrutture digitali nonché alle sfide presenti e future anche relative alla cybersecurity offrendo una fedele fotografia dello stato di salute del settore e delle evoluzioni tecnologiche in atto e proponendo una serie di scenari – oggetto di consultazione pubblica fino al 30 giugno 2024 – per far fronte alle sfide attuali e future.

Un’analisi dello stato del mercato delle telecomunicazioni in Italia e in Europa e i contenuti del White paper rilasciato dalla commissione sono state l’oggetto dell’ultimo Policy Brief realizzato da I-Com dal titolo “Verso il Digital Networks Act? Servizi e infrastrutture digitali per un’Europa più connessa”.

Lo stato del mercato tlc europeo

Un’istantanea del momento di crisi che sta attraversando questo settore nel vecchio continente ci viene dal rapporto State of Digital Communications 2024 pubblicato lo scorso gennaio da ETNO (European Telecommunications Network Operators’ Association). Osservando i dati contenuti nello studio vediamo infatti come, nel 2023 con 36,7 euro di spesa media pro capite in telecomunicazioni tradizionali, l’Europa si posiziona nettamente dietro rispetto alle altre principali economie globali come USA (90,3 euro) e Giappone (54,9 euro) e Corea del Sud (42,4 euro).

Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, diagrammaDescrizione generata automaticamente Particolarmente indicativa per comprendere le difficoltà del settore tlc europeo è l’analisi dell’evoluzione della spesa media nel corso degli ultimi anni. Infatti, il vecchio continente è l’unica tra le varie aree considerate in cui questa è rimasta stagnante invece di seguire una prevedibile traiettoria di crescita.

Il netto divario dell’Europa rispetto agli Stati Uniti e al Giappone emerge anche dalla spesa media per gigabyte utilizzato su rete mobile. A dispetto di un livello di consumo di traffico mobile pro capite mensile molto simile, vediamo come il prezzo medio per giga applicato in Europa sia circa la metà rispetto a quello giapponese e quasi un terzo di quello statunitense.

Immagine che contiene testo, schermata, numero, CarattereDescrizione generata automaticamente Ad esacerbare una situazione che, come si è visto, è già estremamente complicata è intervenuta anche la spinta inflazionistica che ha interessato l’UE negli ultimi mesi. Dopo anni di crescita bassa abbiamo assistito ad un’impennata dei prezzi pari al 2,9% nel 2021, al 9,2% nel 2022 e al 7,2% nel primo semestre del 2023. A dispetto di ciò i ricavi al dettaglio delle telecomunicazioni sono aumentati appena dello 0,7% nel 2021 e del 2,1% nel 2022. Da ciò si può dedurre come gli operatori europei abbiano internalizzato gran parte degli incrementi di costo, subendo dunque un andamento reale negativo.

La situazione italiana

La situazione del mercato delle telecomunicazioni italiane ricalca pienamente quella riscontrata nello scenario continentale. Dal punto di vista della domanda di connettività, gli ultimi dati AgCom (Osservatorio trimestrale N.4/2023) dipingono usa situazione stagnante, con un numero di accessi broadband e di sim human (con interazione umana) che fa registrare un andamento oscillante da ormai un quinquennio.

Sebbene la domanda di connettività risulti stabile, il volume di traffico dati sulle reti fisse italiane è da anni in aumento costante. Questa tendenza traspare chiaramente osservando il valore medio per singola linea. Tra il 2019 il 2023 il traffico dati che transita in media su ogni linea broadband del nostro Paese è raddoppiato, passando dai 4,1 Gigabyte agli 8,2 Gigabyte, mentre quello il traffico per sim “voce & dati” è quasi quadruplicato, passando da 222,5 a 767 Megabyte. Da ciò si comprende chiaramente quanto sia necessario, anche per il cambiamento delle abitudini di utilizzo degli utenti, dotare il nostro Paese di una rete di telecomunicazione sempre più performante.

La necessità di investimenti si scontra però con un quadro economico che, a dispetto della crescita del traffico dati, vede i prezzi per servizi e apparati TLC in Italia in netta riduzione nell’ultimo decennio. Secondo i dati Agcom, tra settembre 2013 e settembre 2023 i prezzi medi per questa tipologia di beni e servizi nel nostro Paese sono calati del 22,4%, la flessione maggiore riscontrata tra tutte le principali economie europee, ovvero il 15,4% in più rispetto alla media UE.

Il white paper della commissione

Se questo è il complesso scenario, il 21 febbraio scorso è stato pubblicato dalla Commissione europea il Digital connectivity package comprensivo del White Paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?”, che si presenta come documento ampio e pragmatico che affronta tematiche strategiche connesse alla convergenza tecnologica tra telecomunicazioni e cloud, al ruolo critico delle infrastrutture digitali nonché alle sfide presenti e future anche relative alla cybersecurity.

Rispetto al tema della connettività il paper, partendo dalla correlazione tra deployment di infrastrutture di TLC fisse e mobili e sviluppo economico e della conseguente irrinunciabilità, per la competitività dell’UE nel contesto globale, della disponibilità di reti e tecnologie digitali performanti, descrive i trend generali in atto evidenziando l’attuale incapacità delle infrastrutture di connettività europee di fronteggiare le sfide presenti e future sia lato offerta che lato domanda. Nello specifico, si sottolinea una situazione di arretratezza rispetto ad altre grandi economie come USA, Cina e Corea del Sud in merito a copertura in fibra e 5G standalone e si rileva l’importanza della rete satellitare ed il contributo che la stessa può offrire nelle aree remote e rurali dove non è disponibile connettività VHCN (oltre che nella gestione delle crisi).

Partendo dalle evidenze emerse nell’ambito della consultazione pubblica svoltasi nel 2023, ampio spazio è stato dedicato all’attuale situazione finanziaria del settore ed alle difficoltà di mettere in campo gli investimenti necessari per l’evoluzione della connettività. Anche il white paper pone l’accento sulla contrazione dei ricavi del settore, alla quale si accompagna una crescita dell’indebitamento, in un contesto generale che vede l’accesso ai finanziamenti più difficile e costoso e gli investimenti privati piuttosto limitati anche in considerazione della ridotta marginalità attesa.

All’arretratezza europea in termini di copertura si aggiungono ostacoli connessi all’assenza di un mercato unico per reti e servizi di comunicazione elettronica. E infatti viene descritta la sussistenza di 27 mercati nazionali con diverse dinamiche di offerta e domanda, differenti livelli di copertura di reti VHCN, diverse procedure e tempistiche di assegnazione dei diritti d’uso dello spettro e in generale diversi approcci regolamentari che pongono obblighi diversi (anche in materia di sicurezza ad esempio) che riducono le economie di scala aggravando ulteriormente la tendenza alla contrazione dei ricavi. Dal punto di vista degli assetti dei vari mercati nazionali, il documento enfatizza la presenza di oltre 100 operatori di rete fissa e 50 mobili di cui soltanto un numero esiguo presente in diversi mercati nazionali. Nel segmento mobile, in particolare, 16 stati membri hanno 3 operatori, 9 ne hanno 4 e 2 ne hanno 5.

Secondo la Commissione, rispetto alla gestione dello spettro, sebbene l’UE abbia tracciato le condizioni tecniche di utilizzo e gli stati membri si siano concentrati sul rilascio delle autorizzazioni e la gestione delle stesse, disallineamenti nell’impiego di tecnologie wireless e nuovi servizi, così come dinamiche interferenziali, potrebbero ostacolare lo sviluppo delle nuove reti. L’auspicio verso una maggiore armonizzazione della gestione dello spettro poggia anche nelle prospettive di sviluppo delle reti satellitari che evidentemente riducono, se non azzerano, il legame col territorio imponendo un cambio di approccio.

Con riferimento poi al quadro regolamentare vigente, il paper sottolinea la crescente importanza assunta dal cloud come driver di innovazione e volano per la virtualizzazione delle reti che suggerirebbe un ripensamento del set di regole vigenti in una logica di armonizzazione degli obblighi e di riduzione degli ostacoli. L’evoluzione tecnologica e i cangianti modelli di business stanno, infatti, favorendo una graduale convergenza ed il superamento della tradizionale distinzione tra operatori e fornitori di servizi ivi compresi i cloud provider che attualmente non sono destinatari di alcuna regolamentazione (nel CCE mentre diverso è il caso della NIS2) pur gestendo il backbone delle reti così come i cavi sottomarini attraverso cui transita più del 60% del traffico internazionale.

Nonostante l’ecosistema stia andando nella direzione della convergenza, il paper segnala la persistenza di un quadro regolamentare ancora fortemente diversificato e la necessità di supportare lo sviluppo dei servizi della società dell’informazione anche attraverso una semplificazione fondata, tra l’altro, sull’affermazione del principio del paese d’origine per cui i singoli fornitori dovrebbero essere esonerati dal dover essere conformi con le singole discipline dei singoli stati membri nonché sulla previsione di regole uniformi che considerino la convergenza tra i tradizionali fornitori di reti e servizi da un lato e di servizi cloud dall’altro.

In questo scenario gli operatori vedrebbero ridurre gli oneri e i costi della compliance, potrebbero accedere ad importanti economie di scala ed accrescere così la propria solidità finanziaria attraendo conseguentemente gli investimenti privati. Dal punto di vista della legislazione applicabile e dell’individuazione dell’Autorità competente a regolare l’accesso alle reti e ai servizi offerti ai clienti finali, il paper suggerisce l’individuazione secondo la logica della vicinanza all’utente finale. Ad ostacolare la creazione di un mercato unico, nell’analisi svolta dalla Commissione, sono anche le differenti obbligazioni concernenti la sicurezza e la reportistica degli incidenti. Il documento, a tale riguardo, ribadisce da un lato la sovranità dei singoli stati membri sui temi legati alla cybersecurity ma suggerisce, al contempo, l’opportunità di garantire una maggior cooperazione tra stati al fine di individuare un set di condizioni e adempimenti uniforme.

Le azioni previste

Partendo da tali considerazioni, il paper individua tre pilastri di azione comprensivi di diversi scenari e, nello specifico:

  • creazione di un “Hub di connettività NextGen: Network 3C”, ossia un ecosistema aperto a semiconduttori, capacità di calcolo in tutti i tipi di ambienti edge e cloud, tecnologie radio, infrastrutture di connettività, gestione dei dati e applicazioni attraverso il quale, mediante una serie di progetti pilota su larga scala tesi a realizzare infrastrutture e piattaforme integrate end-to-end si punta a favorire lo sviluppo di capacità attraverso l’innovazione aperta e le competenze tecnologiche;
  • completamento del Mercato Unico Digitale, attraverso il miglioramento delle norme già introdotte con il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche e, nello specifico, un ripensamento dell’attuale quadro normativo al fine di garantire condizioni di parità a livello normativo e diritti e obblighi equivalenti per tutti gli attori e gli utenti finali delle reti digitali. Tra gli scenari delineati dalla Commissione, tra l’altro, si mira a ridurre gli oneri per le aziende, ad individuare misure per accelerare lo switch-off del rame e rivedere le politiche di accesso alla rete in fibra attraverso la definizione di un prodotto europeo di accesso all’ingrosso, mentre il resto si concentra sull’opportunità di garantire una governance più armonizzata dello spettro e valutare soluzioni per condizioni di autorizzazione e selezione più allineate, o addirittura processi di selezione o autorizzazione unici, per le comunicazioni terrestri e satellitari e altre applicazioni innovative;
  • creazione di infrastrutture digitali sicure e resilienti per l’Europa attraverso l’individuazione di 5 scenari che propongono una serie di iniziative tra cui il potenziamento delle attività di R&I a sostegno delle nuove tecnologie in fibra e via cavo, una revisione di strumenti quali sovvenzioni, appalti, operazioni di miscelazione nell’ambito di InvestEU e strutture di miscelazione delle sovvenzioni, l’architettura di un sistema di governance comune dell’UE per le infrastrutture di cavi sottomarini, l’armonizzazione dei requisiti di sicurezza nelle sedi internazionali, che possono essere riconosciuti attraverso un sistema di certificazione UE specifico.

TLC, il necessario cambio di passo che serve all’Europa

In un contesto globale che vede nelle tecnologie e servizi digitali uno dei principali fattori di competitività, l’Unione Europea continua ad arrancare nello sviluppo di reti di TLC fisse e mobili di ultima generazione in grado di supportare la transizione digitale in atto. È chiaro, dunque, che se l’UE e dunque i singoli stati membri, mirano a ricoprire un ruolo da leader è necessario un deciso e rapido cambio di passo che deve tuttavia avvenire proprio ora, in uno dei momenti più bui che il settore telco si trova ad affrontare. Se infatti è evidente che senza reti performanti il potenziale di sviluppo e crescita offerto dalla digitalizzazione viene fortemente condizionato, è allo stesso tempo chiaro come mercati altamente concorrenziali, regolamentazioni particolarmente serrate, politiche industriali non sempre focalizzate e scelte di business a volte poco lungimiranti, abbiano concorso a determinare una forte crisi del settore telco che oggi si trova nella difficoltà di assicurarsi un ritorno degli ingenti investimenti richiesti con la conseguenza che, quantomeno in Italia, al netto di quanto necessario per assolvere gli obblighi assunti nelle gare Italia a 1 Giga e Italia 5G, non sono molte le risorse messe in campo per lo sviluppo delle reti.

Delle difficoltà del settore, della frammentazione normativa e dell’opportunità di ripensare il quadro normativo vigente ha preso atto, seppur con una serie di limiti, la Commissione nel libro bianco. Ed infatti, sebbene la fotografia del mercato, delle criticità esistenti, dei fenomeni di convergenza in atto appaia lucida ed esaustiva (probabilmente anche grazie alle evidenze emerse nell’ambito della consultazione avviata nel febbraio 2023) e nonostante appaia condivisibile la volontà della Commissione uscente di gettare un seme per l’avvio di una serie di iniziative successive, nell’analisi viene di fatto tralasciato il ruolo del Fixed Wireless Access (FWA) così come non viene affatto focalizzata la funzione delle Towerco e le possibili future evoluzioni. Si percepisce, inoltre, uno iato tra le criticità rilevate e puntualmente descritte e le possibili soluzioni che appaiono piuttosto fumose e a volte difficilmente concretizzabili nello scenario attuale. Si pensi alla gestione dello spettro oppure al principio del paese d’origine per il rilascio dell’autorizzazione che se da un lato potrebbe semplificare gli adempimenti a carico delle imprese, dall’altro sicuramente porta con sé il rischio di consentire alle stesse imprese la scelta del paese dalla regolamentazione più soft.

Conclusioni

Certamente la consultazione pubblica offrirà ulteriori elementi di riflessione che guideranno l’azione della nuova Commissione. Il vero grande merito di questa iniziativa, al di là dei supplementi di analisi e riflessione che sicuramente non mancheranno, consiste nell’aver preso atto, con lucidità, dell’esistenza di un quadro complesso, di un ecosistema digitale sempre più ampio che vede competere tanti soggetti con business model diversi e della necessità di correggere il tiro per accelerare lo sviluppo delle reti, leva di competitività indispensabile e non più procrastinabile.

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