trasformazione digitale

Telemedicina 2.0, ecco dove l’Italia deve investire (o la Sanità pubblica è senza futuro)

Reti affidabili e performanti, privacy e sicurezza dei dati trattati sono elementi fondamentali per garantire servizi di telemedicina adeguati alle esigenze di una popolazione ad alto tasso di anziani. Serve un piano di investimenti concreto e che crei sinergia tra pubblico, privato e università

Pubblicato il 04 Feb 2019

Michele Gentili

Responsabile progetti di migrazione documentale – Medas Solutions ICT e Digital transformation – Fatto24

telemedicina

La massiccia adozione della telemedicina in un paese di quasi 60 milioni di abitanti, con un tasso percentuale di anziani molto alto (il più alto al mondo con il Giappone) è probabilmente la più grande scommessa sulla trasformazione digitale dell’intero paese e non solo per il sistema sanitario. Dalla sicurezza delle informazioni alla privacy e alla necessità di una connettività all’altezza dei servizi, sono molte le criticità da affrontare e per questo serve un piano di investimenti del governo concreto che consenta la sinergia tra strutture sanitarie pubbliche, università e aziende tecnologiche private. 

Dalla telemedicina alla Telemedicina 2.0

Negli ultimi anni il controllo della salute sta cambiando grazie alla crescente diffusione di oggetti connessi, sempre più intelligenti, sempre più economici ed in grado di guidarci nelle scelte complesse relative ai percorsi di cura. Dai dispositivi indossabili alle applicazioni mobili, ai sensori installabili nelle abitazioni, queste tecnologie innovative sono oggi in grado di trasformare la natura stessa del concetto di cura e assistenza sanitaria, consentendo ad esempio alle famiglie, di garantire un’assistenza efficiente e sicura anche a distanza dei loro parenti più anziani o consentendo a tutti di monitorare in tempo reale diversi aspetti della propria salute solo indossando uno strumento wearable.

La telemedicina e tutte le pratiche di monitoraggio a distanza, sono tra i più avanzati strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione in ambito sanitario, potendo fare anche economie di scala importanti sui costi della sanità pubblica.

Questo, non tanto con la diffusione degli oggetti connessi che ci circondano, tecnologicamente piuttosto semplici e alla fine, “riedizioni connesse” di strumenti già da molto tempo presenti sul mercato, ma per le potenzialità dei sistemi che possono elaborare la grande quantità di dati che questi possono trasmettere in Cloud.

Proprio le potenzialità dell’intelligenza artificiale e del machine learning applicati ai Big Data in arrivo dall’Internet delle cose riescono a produrre dei risultati straordinari, solo qualche anno fa inimmaginabili.

Sono ormai diversi anni che la telemedicina si è affacciata nel panorama delle tecnologie disponibili in ambito sanitario. Ci sono state anche in Italia, tante sperimentazioni già a partire dai primi anni 2000 ma inizialmente, di fatto, la diffusione si è limitata al monitoraggio di pazienti cronici con sistemi abbastanza rudimentali di allarmi basati sul superamento di “valori soglia” impostati sul singolo paziente o sul profilo individuato il tutto controllato da una centrale esterna o interna alla struttura sanitaria.

In questi anni è diventato mano a mano più chiaro quanto sia importante il valore dei dati e delle informazioni in essi contenuti, la comprensione di correlazioni, legami, fenomeni e tendenze che, fino a quel momento, non erano nemmeno presi in considerazione. Trattando questi dati si possono compiere analisi anche molto complesse in pochi secondi grazie ad algoritmi sempre più perfetti e potenti in grado di farci ottenere un miglioramento significativo per il paziente ma, aggregando e proiettando il dato, è possibile stabilire delle nuove tendenze per una patologia o per una zona geografica o relazioni tra patologie differenti o la presenza di allergie. Governare le tendenze, anticipare e prevedere l’insorgenza di patologie, consente, oltre che una maggiore sicurezza di cura e dunque la qualità generale della vita, anche un sicuro risparmio economico.

Una Telemedicina 2.0 basata su solide fondamenta

Per affermare di soddisfare le esigenze sia dei servizi sanitari che dei pazienti, la telemedicina deve essere basata su solide basi. Nell’era del GDPR con la crescente minaccia del crimine informatico, è ovvio che la sicurezza e l’affidabilità dell’impianto siano di fondamentale importanza. Gli operatori sanitari devono essere in grado di comunicare informazioni mediche riservate senza timore che queste possano cadere nelle mani sbagliate.

L’uso dei dati medici è strettamente regolamentato al fine di preservarne la riservatezza. Così, il medico di un ospedale A non avrà diritto ad accedere o trasferire i dati medici di un monitoraggio del paziente in un ospedale B (salvo esplicita autorizzazione). I dati necessari per le analisi, debbono sempre essere anonimizzati per proteggere la privacy del paziente.

Con l’evoluzione e la diffusione della Telemedicina 2.0 gli attacchi informatici stanno diventando sempre più frequenti ed è assolutamente legittimo, se non prioritario, chiedere ai fornitori delle soluzioni di garantire l’integrità dei dati e la loro sicurezza per proteggere il paziente e la struttura che ne ha in carico la responsabilità.

Identificare i punti deboli prima degli hacker

Questa (sana) ossessione per la sicurezza dei dati e la privacy ne ha decretato anche l’indiscutibile valore e ha reso le organizzazioni sanitarie uno dei bersagli preferiti dei criminali informatici. Se non siamo stati vittime in Italia di massicci attacchi contro i nostri servizi sanitari, altri Paesi lo sono stati. Ad esempio, SingHealth, il più grande fornitore di servizi sanitari di Singapore, è stata vittima di un attacco informatico su larga scala solo pochi mesi fa. Un attacco che ha permesso ai criminali informatici di rubare i dati personali di circa 1,5 milioni di pazienti (compresi quelli del Primo ministro). Addirittura 160.000 record contenevano informazioni “sensibili” (dunque dati particolari secondo il nuovo regolamento) sui trattamenti seguiti dai pazienti.

Ci sono molteplici possibilità di compromettere l’integrità di un sistema di telemedicina, è dunque essenziale che gli operatori sanitari e i fornitori apprendano da tali incidenti e individuino con urgenza i punti deboli del loro sistema al fine di mitigare il rischio portandolo il più possibile vicino alla soglia della garanzia assoluta. Nella maggior parte dei casi, questi punti deboli sono facili da correggere, in particolare applicando patch software su firewall o antivirus (che sono i punti di attacco iniziali). Oltre all’hardware e al software, la dimensione più importante della sicurezza nell’era della telemedicina 2.0 deve essere senza dubbio l’impegno di tutti gli operatori sanitari e dei fornitori di soluzioni a garantire la sicurezza dei dati partendo dalla loro stessa consapevolezza pensando alle conseguenze potenzialmente disastrose (sia finanziarie che in termini di reputazione) in caso di perdita di dati.

Su questo argomento non possiamo non ricordare il concetto fondamentale di Privacy by Design richiamato come cardine del regolamento europeo 679/2016 GDPR che riguarda proprio il principio di incorporazione della privacy e della sicurezza a partire dalla progettazione di un processo aziendale coinvolgendo le relative applicazioni informatiche di supporto.

In termini di attacchi informatici, la regola è la stessa per tutti i settori, compresa e soprattutto la salute: prevenire è meglio che curare.

Connettività: verso il 5G

Una delle applicazioni di telemedicina più diffuse già usate fin dalle prime applicazioni è il teleconsulto o la visita del paziente da parte del medico o il controllo a distanza dell’infermiera. Concretamente, la legislazione richiede che il teleconsulto venga eseguito in modalità video per garantire che nessun aspetto delle condizioni fisiche o mentali del paziente passino inosservate; cosa che invece potrebbe succedere con il solo consulto telefonico.

Va da sé che questo è possibile solo se il medico e il paziente sono in grado di comunicare in modo efficace, senza buffering o qualità video scadente, che potrebbero influenzare la consultazione da entrambe le parti. Inoltre, il teleconsulto potrebbe necessitare della condivisione dall’esame istantaneo, di scansioni o altri risultati basati su imaging, valutazioni istantanee di altri medici o assistenti, valutazioni in real time di elaborazioni basate sull’intelligenza artificiale e strumenti di analisi dall’Internet of Things. Questi servizi innovativi, tuttavia, richiedono una connettività affidabile, superveloce, troppo spesso data per scontata.

Soprattutto i pazienti che risiedono nelle periferie, potrebbero essere i principali beneficiari della telemedicina, anche per la lontananza e la scomodità nel raggiungere i centri specializzati, ma sono anche i più esposti alle irregolarità della connessioni internet (sia della rete mobile che fissa). Senza maggiori investimenti nella connettività 5G ultraveloce e nella fibra ottica diffusa, non saremo in grado di sfruttare appieno i vantaggi della telemedicina 2.0 e questo, banalmente, potrebbe azzerarne i vantaggi e scoraggiare le aziende nell’investire in ricerca.

Telemedicina 2.0: siamo davvero pronti?

Vincere la scommessa della telemedicina 2.0 richiederà investimenti in infrastrutture ma anche in hardware e soprattutto in software e la standardizzazione dei sistemi e dei tracciati digitali – applicazioni mobili, basati su strumenti di collaborazione cloud – per fornire sia agli operatori sanitari che ai pazienti un’esperienza sotto tutti gli aspetti soddisfacente e realmente equivalente a quella tradizionale. Realizzazione di strumenti realmente semplici e intuitivi, accessibili a tutti, indipendentemente dai mezzi economici o dalla posizione geografica.

E’ tuttavia prudente e realistico chiedersi oggi se il nostro sistema sanitario, con tutte le sue lacune e difficoltà croniche, sarà in grado di rispondere agli imperativi tecnologici della telemedicina. La sicurezza dei dati dei pazienti, la connettività affidabile sono i primi di questi imperativi, ma anche quelli che richiederanno il massimo sforzo. Di fronte alla molteplicità dei problemi, legati all’introduzione di un sistema di telemedicina, le organizzazioni sanitarie dovranno avere “in primis” la garanzia che i servizi di rete e quelli di sicurezza siano forniti da chi ha le giuste competenze su questi settori fondamentali. Questo perché se queste basi critiche non vengono garantite, i servizi legati alla telemedicina 2.0 si sgretoleranno prima di vedere la luce.

Anche l’Italia si sta dimostrando sensibile ai molti vantaggi offerti della (nuova) telemedicina e sta provando ad espanderne l’uso nei servizi sanitari pubblici. Ovvio è che l’obiettivo non è quello di sostituire, ma di integrare i tradizionali metodi di cura. Altrettanto ovvio è che sia necessario un piano di investimenti del governo concreto che consenta la sinergia tra strutture sanitarie pubbliche, università e aziende tecnologiche private. Avvenendo questo ci potrà essere anche un sicuro beneficio per i cittadini.

Purtroppo non sembra andare in questa direzione il Governo: se nell’ultima manovra economica riprende il piano Industria 4.0, questo non è affiancato da una strategia Paese per l’innovazione in Sanità.

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