Il XX Rapporto C.r.e.a. sanità, uscito lo scorso gennaio, pone la domanda se “sia sufficiente [per garantire un efficiente e efficace sistema sanitario] procedere con manutenzioni, seppure straordinarie, del servizio o se sia arrivato il momento di affrontare la necessità di sua radicale trasformazione” (pag. 17 del XX Rapporto Crea Sanità).
Lo stesso rapporto suggerisce come risposta la necessità di avviare un processo di trasformazione, ponendo all’attenzione una condivisione super partes intorno a determinate scelte che sono meramente politiche.
XX Rapporto C.r.e.a. sanità e la sanità digitale
Sono diversi i punti posti all’attenzione per un eventuale avvio di tale processo (necessità di una nuova vision, ridefinizione dei modelli di finanziamento del sistema sanitario e modalità di ripartizione alle varie funzioni, ricerca di una definizione realmente equitativa dell’offerta eccetera).
Un elemento al contempo capace di contribuire a definire le modalità e la direzione di una trasformazione del sistema sanitario e offrire nuove opportunità – quindi a contribuire al superamento delle sclerosi e difficoltà che attualmente affliggono il nostro servizio sanitario nazionale (Ssn) – è rappresentato dalla sanità digitale.
Si sottolinea che, quali che siano le soluzioni adottate, gli obiettivi di principio di un sistema sanitario, così come disegnati dalla legge n. 883, sono tuttora validi (e condivisibili).
Va ricordato che il termine “sanità digitale” è un termine che descrive un generico insieme di strumenti (già utilizzati o utilizzabili) all’interno di un sistema sanitario.
Il XX Rapporto C.r.e.a. sanità, si articola su due piani:
- il primo inteso come un percorso tecnico ma soprattutto culturale di introduzione, di utilizzo e di costruzione di un sistema fondamentalmente fondato su approcci digitali;
- il secondo inteso, invece, come effettivo impiego/ utilizzo di strumenti specifici digitali che migliorano e implementano segmenti di offerta del sistema sanitario.
Il processo culturale
Punto di partenza è quanto evidenzia il Rapporto stesso, riallacciandosi ai punti delle proposte di superamento dell’attuale quadro critico del Ssn laddove “la trasformazione ha un obiettivo principale, ovvero rendere il Servizio capace di riallineare le ‘promesse’ alle risorse disponibili, evitando razionamenti impliciti che sono per definizione oggetto di ingiustizia, nella misura in cui penalizzano la popolazione più fragile, in termini di salute, ma, ancor di più, di censo e di literacy sanitaria.
Per perseguire questo obiettivo, l’intervento pubblico deve allargare i suoi confini, rinunciando ad arroccarsi sull’idea di una posizione egemonica del servizio pubblico, concentrandosi sulla governance di tutto il sistema sanitario, ivi compresa la (rilevante) quota di servizi sanitari che oggi classifichiamo come sanità privata” (pag. 25 del XX Rapporto Crea Sanità).
Un processo culturale prima che tecnico implica tempistiche lunghe (probabilmente nel nostro Paese ancora più appesantite da una competenza media sulle tematiche digitali più bassa rispetto ad altri Paesi) e la necessità di avviare delle sperimentazioni circoscritte ad alcune realtà che richiedono valutazioni sui risultati e che possono condurre a riconsiderare alcune traiettorie di sviluppo su alcuni/diversi aspetti.
Il percorso (di consapevolezza) culturale di tutti gli attori direttamente e indirettamente coinvolti è strettamente connesso alla chiarezza del percorso stesso. In altri termini, maggiore è la trasparenza su chi siano i protagonisti, i processi decisionali, le interazioni con altre funzioni eccetera, migliore sarà l’adesione dei diversi stakeholder a tale percorso.
La governance del comparto digitale
Condizione necessaria è disegnare una chiara governance del comparto digitale nel settore della sanità.
Il nostro sistema sanitario si è trovato di fronte alla necessità di definire un modello di governance adeguato a gestire le tecnologie come l’intelligenza artificiale o come le tecnologie digitali in sanità (DHTs, Digital Health Technologies).
Questo è particolarmente impegnativo poiché il nostro sistema sanitario opera entro i confini di un’articolazione istituzionale preesistente e di per sé con diversi elementi di scarsa chiarezza.
Se ci si pone nella prospettiva del sistema sanitario, l’obiettivo principale della trasformazione digitale è quello di aumentare la qualità e l’efficacia dell’assistenza e di creare valore aggiunto per i pazienti, tutelando al contempo i loro diritti (e le informazioni sugli stessi pazienti).
Ma il rischio è che possano generarsi tensioni all’interno del sistema sanitario stesso, poiché alcuni attori cercano di governare l’innovazione con la mitigazione dei rischi delle nuove tecnologie e con i costi che verranno generati e che non sempre si desidera sostenere.
In sostanza, la governance richiede di dare priorità al bene comune in un contesto di stato di diritto.
Diritti, regolamenti, responsabilità e rischi
Declinando questo per la sanità digitale, la governance include aspetti relativi a diritti, regolamenti, responsabilità e rischi, l’uso dei dati sanitari e i sistemi informativi.
Una solida governance della salute digitale implica partecipazione, trasparenza, responsabilità nei confronti della società, equità ed efficacia, il tutto in un contesto di stato di diritto [1].
La struttura di questa governance consiste nei meccanismi, nei processi e nelle istituzioni attraverso i quali tutti gli stakeholder esprimono i propri interessi, esercitano i propri diritti, adempiono ai propri obblighi, risolvono le proprie divergenze e supervisionano il funzionamento del sistema informativo sanitario [2].
Le sfide della sanità digitale
La sanità digitale può essere definita quale effetto dell’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei sistemi e nei servizi sanitari.
Pertanto, la governance della sanità digitale in Italia deve tenere conto delle sfide e delle strategie del sistema sanitario, della sua leadership, degli interessi e dei diritti di tutte le parti interessate, delle leggi necessarie e delle difficoltà di implementazione delle Ict nel sistema sanitario, tra molti altri aspetti.
Ad oggi, malgrado tanti sforzi, sul tema si assiste ad un’estrema varietà di scelte e tempistiche non sempre rispettate [3], ossia a una governance non completamente efficace e soprattutto chiara.
Pertanto, il percorso culturale è ancora lungo, ma necessario.
Il piano della trasformazione nel XX Rapporto C.r.e.a. sanità: il ritardo italiano
Il Rapporto C.R.E.A. Sanità evidenzia però un altro piano, sempre connesso alla necessità dellam“trasformazione”, e legato agli specifici strumenti della sanità digitale (DHTs, tecnologie digitali in sanità).
Queste ultime sono sistemi che utilizzano piattaforme digitali e/o forme di connettività e/o software nell’ambito dell’offerta della salute volta a produrre un miglioramento di tale salute diretto o indiretto di uno o più soggetti.
Su questo piano va osservato un ritardo del nostro sistema che richiede anche qui la necessità di una trasformazione del sistema sanitario e non semplicemente una “manutenzione”, seppure straordinaria.
E anche in questo caso la trasformazione dev’essere intesa come un insieme complesso che richiede volontà e vision condivise dalla politica.
A paradigma di ciò, si prenda il seguente caso.
Il caso delle terapie digitali (DTx)
Sono stati presentati 3 disegni di legge (il primo addirittura a giugno 2023), volti a definire le DTx (e – indirettamente – consentire di inserirle nei Livelli essenziali di assistenza o LEA) [4].
Ad oggi, non si è registrata alcuna norma di regolamentazione.
Il punto non è quello dell’intervento sul piano della regolamentazione (ovviamente, sempre necessario), quanto sulle modalità di avvio di un processo di trasformazione (anche in questo caso: economico-finanziario, organizzativo, gestionale, tecnologico e culturale).
Questa carenza si riflette poi nella (non) diffusione di questa DHT.
Si evidenzia, ancora una volta, una doppia velocità fra i sistemi sanitari: in alcuni Paesi lo sviluppo delle DTx è elevato; in altri Paesi – tra i quali il nostro – è pressoché nullo.
L’Italia sta accumulando ritardi in questo campo. La costruzione di un mercato richiede regole ben definite e chiare, nonché disponibilità di risorse. Fattori che mancano nel nostro Paese.
Perché l’Italia è in ritardo nella sanità digitale
Al momento attuale è rilevante che l’uso di DTx non sia considerato in alcun Pdta di azienda sanitaria, o regionale o linea-guida.
Infatti è noto che in Italia spesso l’innovazione entra nella pratica clinica con difficoltà/ritardo.
Nel caso delle DTx occorre il realizzarsi di condizioni:
- avvio di un percorso di formazione del corpo sanitario così come del paziente e/o del caregiver;
- presenza di uno standard tecnologico delle infrastrutture, come il funzionamento delle reti di trasmissione (almeno 4G).
La formazione arranca: serve un percorso di alfabetizzazione e cultura
Il tema della formazione probabilmente è quello che per un verso sta rallentando l’accesso delle DTx nella prassi clinica, dall’altro richiederà lo sforzo maggiore.
La DTx – sebbene alcuni ritengano che l’algoritmo sottostante alla DTx corrisponda al principio attivo di un farmaco – ha un meccanismo d’azione profondamente differente, spesso non pienamente intuibile dal sanitario e/o
al paziente.
Fin dall’antichità, il modello sottostante era quello che una pianta o un farmaco o un dispositivo, ossia qualcosa di tangibile, intervenisse modificando (o sperando di modificare) il percorso di una patologia. Questo viene a mancare nella DTx.
Si tratta quindi di avviare un lungo percorso di alfabetizzazione e cultura. Questo percorso necessita di essere diretto nelle sue linee principali per evitare quella frammentazione dei linguaggi e della sensibilità degli attori, fattori che creano una grande dispersione.
L’infrastruttura
Il tema tecnologico infrastrutturale invece richiede una riflessione più accurata. Se, lentamente, le infrastrutture stanno adeguandosi, vi è la necessità che i produttori di DTx siano in grado di offrire terapie che siano utilizzabili date le attuali infrastrutture. Avrebbe poco senso una DTx che richieda l’uso del 7G.
I punti presentati non sono solo quelli a livello “alto”. Ve ne sono altri. Sempre continuando sulle DTx, un’altra dimensione legata all’accesso delle DTx riguarda il tema della rimborsabilità e delle condizioni finanziare delle Regioni.
Quale dovrebbe essere il modello di rimborsabilità? In alcuni Paesi (Germania, Francia, Belgio e Spagna – con gradazioni differenti) diverse DTx sono già rimborsate, creando così un differenziale nel trattamento rispetto ai cittadini di altri Paesi dell’Ue.
Prospettive future
Il quadro nel nostro Paese evidenzia che, ad oggi, nessuna terapia digitale risulta rimborsata, né che si possa acquisire.
Ad essere più esatti: le Regioni o le Asl potrebbero considerare una DTx interessante e acquistarla ma tale DTx non rientrando nei LEA rimane fuori dalla quota di trasferimento dallo Stato alla Regione (e visto lo stato finanziario delle regioni, de facto, le DTx non sono acquistate).
Al contempo, alcuni studi (clinici, economici, organizzativi e gestionali) svolti nei Paesi dove sono già disponibili evidenziano che tali terapie hanno un impatto considerevole in termini di riduzione dei costi terapeutici per paziente, di un incremento dell’aderenza alla terapia e di miglioramento dello stato di salute dello stesso paziente.
Inoltre, in diversi casi, tali terapie digitali riescono ad influenzare/ridefinire determinati processi produttivi nell’offerta dei servizi.
In conclusione, la necessità di una trasformazione del nostro SSN trova nella sanità digitale, nonché nei suoi specifici strumenti (DHTs), un acceleratore di ncredibile portata, ma occorre “(…) avere una vision implica darsi delle priorità, e darsele implica, per definizione, fare scelte politicamente ‘scomode’: una considerazione che porta ad affermare che è necessaria una condivisione super-partes sui principi dell’intervento pubblico (governance) in Sanità, che eviti il rischio che la sanità sia oggetto di mero scontro partitico” (XX Rapporto Crea Sanità, pag. 26).
Bibliografia
[1] Kauffman, D., Kray A., & Zoido-Lobatón, P.. La gobernabilidad es fundamental. Del análisis a la acción. Finanzas & Desarrollo, June 2000.
[2] La governance della salute digitale varia da Paese a Paese, influenzata dai sistemi politici, dai sistemi sanitari, dalla cultura e dai contesti nazionali.
La governance della sanità digitale può spaziare da un approccio centralizzato a un modello di governance locale più decentralizzato.
Forse, il caso italiano si può avvicinare al modello decentralizzato del Canada dove si consente a ciascuna Provincia di definire la propria politica sanitaria, dando origine a politiche sanitarie regionali diversificate.
Esiste poi “Canada Health Infoway”, un’agenzia nazionale no-profit, collabora con i rappresentanti di ogni Provincia, coordinando le strategie nazionali di IT sanitaria e facilitando la cooperazione tra le parti interessate. Inoltre, collabora con partner intersettoriali sia a livello regionale che nazionale.
[3] La governance, che venne disegnata nel tempo, ma soprattutto in funzione dei fondi del Pnrr, risente di un percorso che non risolveva a monte il rapporto fra lo Stato e le Regioni sulla sanità.
Inoltre, come anche indicato nel XX Rapporto Crea sanità, le politiche di contenimento della spesa sanitaria pubblica vengono definite dal centro, ma trasferendo alle regioni l’effettiva realizzazione aggravano già una difficoltà oggettiva di queste ultime.
[4] I disegni di legge sono:
- AC.1208, presentato dall’on. Simona Loizzo (LEGA) ed altri, su “Disposizioni in materia di terapie digitali” (7 giugno 2023);
- AC. 2095, presentato dall’on. Andrea Quartini (M5S) e altri, su “Disposizioni in materia di terapie digitali” (16 ottobre 2024);
- AC. 2220, presentato dall’on. Gian Antonio Girelli (PD-IDP) e altri su “Disposizioni in materia di terapie digitali” (30 gennaio 2025).