La didattica a distanza, online, è l’unica possibile in questo momento di emergenza da coronavirus ed è per questo che da settimane i social e i media traboccano di informazioni su piattaforme digitali, app per proporre varie attività scolastiche, strumenti per attivare videoconferenze.
Meno frequenti le riflessioni sui modelli e sulle attenzioni educative, da applicare a una didattica che forse non ci aspettavamo, che spinge il digitale oltre le nostre precedenti esperienze e carica docenti, scuola e famiglie di molte responsabilità e preoccupazioni.
Non c’è, inoltre, solo la scuola a cui pensare: l’emergenza costringe ogni cittadino di qualsiasi età a un regime di isolamento, di privazione dei contatti con i propri cari e, in alcuni drammatici casi, anche a lutti inattesi e repentini.
La scuola deve portare normalità e garantire la comunità di apprendimento, ma non tutto è chiaro e soprattutto semplice. Proviamo a vedere almeno cinque aspetti della didattica a distanza, che potrebbero essere migliorati subito.
Per attivare la didattica a distanza non servono autorizzazioni
Non serve l’autorizzazione delle famiglie, per far utilizzare le piattaforme digitali o gli altri strumenti utili ad avviare una didattica con gli schermi: è sufficiente fornire alle famiglie un’informativa e la scuola ne può preparare una per tutti. Aggiungere ulteriori sforzi burocratici a tutte le altre attività didattiche è contrario allo spirito di questo momento e addirittura inutile.
I trattamenti di dati personali effettuati per l’erogazione delle attività di didattica a distanza e anche per la formazione a distanza sono effettuati in esecuzione degli obblighi di legge emanati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal MIUR, per consentire alla scuola di svolgere i propri compiti nell’interesse pubblico rilevante. Gli Istituti Scolastici devono solo regolamentare l’utilizzo degli strumenti da parte dei docenti e le possibilità conferite agli alunni e informarne gli stessi. Il risultato è che non è necessaria alcuna autorizzazione da parte dei genitori per la fruizione, ad esempio, delle classi virtuali: questa è l’unica scuola possibile e sarebbe come impedire agli studenti di venire a scuola, chiedendo alle famiglie autorizzazione alla frequenza.
È bene controllare che almeno la piattaforma sia GDPR compliant, quindi in linea con tutti i diritti che abbiamo come membri dell’Unione Europea. Ne ricordiamo alcuni: il diritto di essere informato, il diritto di accesso, il diritto di rettifica, il diritto alla cancellazione, il diritto di limitare l’elaborazione, il diritto di opporsi, il diritto di decidere se vogliamo che profilino i nostri consumi digitali, monitorandoli automaticamente oppure no. Gli strumenti che stiamo proponendo per la didattica a distanza dovrebbero essere insomma qualificati AgID[1].
Monitoraggio del setting di lavoro con gli studenti (e le famiglie)
I docenti dovrebbero fare un check delle dotazioni per attivare l’erogazione della didattica a distanza e dovrebbero verificare quale ambiente di apprendimento hanno a disposizione gli studenti a casa. Non tutti hanno una stanza per loro e non tutti hanno disponibilità illimitata di un dispositivo digitale e della rete. Sarebbe necessario capire meglio in quale momento della giornata è possibile collegarsi e che cosa ogni studente dovrebbe avere come dotazione.
La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, per sostenere l’aggiornamento professionale degli insegnanti e per migliorare l’organizzazione delle diverse forme di didattica a distanza, ha ampliato la lista di strumenti per la didattica, che possono essere acquistati con la Carta del docente: microfono, tavoletta grafica, penne interattive e altro.
Lunedì 16 marzo sono stati stanziati 85 milioni di euro: 10 milioni di euro per consentire alle scuole di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza oppure potenziare quelli già in dotazione; 70 milioni di euro per mettere a disposizione degli studenti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme (tablet e computer) e la rete internet; 5 milioni per formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza. Il problema della disponibilità della rete invece è stato risolto: i principali operatori offrono giga illimitati per tutto il tempo dell’emergenza.
La relazione non è solo docente-classe, ma anche studente-studente
Le attività a distanza finora si sono realizzate in due modalità: sincrona e asincrona. Nell’attività sincrona, il docente si collega simultaneamente con tutti gli studenti della classe, in videoconferenza, possibile grazie a una delle tante applicazioni gratuite disponibili (Meet, Hang Out, Jitsij, Webex, Zoom…), che hanno fatto partire promozioni dedicate alle scuole dei paesi maggiormente coinvolti dal coronavirus.
Nell’attività asincrona invece i docenti girano un video didattico e lo inviano tramite registro elettronico o piattaforma oppure lo diffondono grazie ad un proprio canale Youtube o Telegram. Gli studenti partecipano alla lezione quando vogliono e nel momento deciso da loro, salvo affrontare le eventuali consegne e compiti associati alla lezione. Non è l’unica via possibile, per garantire lo svolgimento di attività di apprendimento: alcuni lavori infatti potrebbero essere assegnati a gruppi di studenti, che potrebbero concordare occasioni personalizzate per incontrarsi e confrontarsi. I meeting potrebbero essere differenziati nei contenuti, nella durata e nei tempi, con un breve raccordo con l’insegnante, anche su misura. Si potrebbe così recuperare gradualmente anche la relazione studente-studente, che forse è stata per ora accantonata dalla modalità digitale, che ha privilegiato il rapporto docente-classe. È una grande occasione di responsabilità e crescita, che possiamo offrire: non escludiamola.
I tempi dell’attività: scordatevi due ore di lezione frontale, schermo a schermo. Non si dovrebbero superare i 45 minuti, tra una e l’altra non sarebbe male dare una pausa (ma fino a poche settimane fa non si lamentavano tutti che gli studenti stanno troppe ore davanti a smartphone e tablet?) e dentro quel tempo prevedere brevi interazioni, momenti di riscaldamento dell’ambiente di apprendimento anche grazie ad app per monitorare stati emotivi e umori, microattività individuali o a coppie e tempi tecnici di collegamento. A breve, un modello di Lesson Plan già testato: 5-10-15-10-5.
Non solo video: abbiamo anche una voce e possiamo ascoltare
Leggere pagine di un libro, spiegare un argomento nuovo, descrivere uno stato d’animo: la voce può raccontare e mediare informazioni di vario genere. Le applicazioni gratuite per creare registrazioni nel web, cioè i podcast, sono diverse e molto semplici e intuitive: Spreaker ad esempio. Per i meno esperti, compatibilmente con le età degli studenti, anche un “vocale di dieci minuti”, come direbbe Tommaso Paradiso, non è il diavolo. Diversi docenti hanno un loro canale audio, dove pubblicano apprendimento a puntate, scaricabile su ogni dispositivo. Alcune scuole hanno addirittura ripristinato le loro radioweb e trasmettono ancora. Non solo si può registrare, ma anche ascoltare: molte case editrici hanno messo a disposizione audiolibri e corsi interi, in diverse lingue, per le scuole italiane. Nella pagina “Solidarietà digitale” si trovano queste e altre offerte di vario genere rivolte a singoli studenti o alle scuole.
La valutazione è continua
La valutazione è il cuore del lavoro del docente e batte allo stesso ritmo della relazione educativa. La didattica a distanza è una grande opportunità: passare (finalmente) da una valutazione esclusivamente sommativa (che non scompare, ma che avrà il suo tempo e il suo spazio al momento opportuno) ad una valutazione formativa e autentica. Non è possibile chiedere agli studenti di replicare il modello “interrogazione-riproduzione contenuti” perché lo schermo e la distanza non ci garantiscono affatto autonomia e autenticità del feedback, oltre ad essere improbabile e noioso tentare di simulare questa pratica, del tutto inadeguata alla valutazione delle competenze. Si devono assegnare compiti sfidanti, autentici, che mettano in campo risposte e competenze, che non si trovano digitando la domanda del docente nei motori di ricerca. Si tratta di sfoderare strumenti come le Rubric, i Portfolio, le Checklist di autovalutazione e proporre prestazioni stratificate, che coinvolgano, che sollecitino un contributo personale, un confronto, una produzione creativa e virino in picchiata sul processo, non solo sul prodotto.
Si devono raccogliere tante prove di apprendimento per decretare il possesso di una competenza: magari si possono anche dare pesi diversi ai segmenti di questo percorso e utilizzare quella valutazione ponderata, che tutti i registri elettronici possiedono tra le funzioni, ma che pochi utilizzano nelle loro pratiche valutative. Un esercizio applicativo dato a casa? Vale 0.20 nella valutazione complessiva. Una presentazione illustrata alla classe in videoconferenza? Vale 0.50. Insomma, ponderate voi. D’altronde non è solo tutta la normativa sulla valutazione e anche i decreti in tempo di Covid 19, ma anche il contratto professionale a ricordarci che, tranne nei momenti istituzionali (scrutini, esami), l’autonomia e la responsabilità del docente è anche docimologica ed educativa.
- Circolari 2 e 3 del 2018 – Agid e l’elenco dei servizi cloud abilitati, disponibile su https://cloud.italia.it/it/qualificazioni/ ↑