transizione ecologica

L’innovazione per la sostenibilità ambientale: il ruolo di imprese e politica

La sostenibilità ambientale può essere parte di una strategia di crescita della competitività delle imprese e del sistema paese. Serve però una visione strategica che permetta di fronteggiare i rischi e cogliere le opportunità della transizione. Le mosse della Ue, il ruolo delle imprese, le sfide politiche

Pubblicato il 07 Mag 2021

Ginevra Bruzzone

Senior Fellow Luiss School of European Political Economy

Sara Capozzi

Assonime

ExxonMobil operation near Chicago, IL, summer of 2014

Alle dichiarazioni di Greta Thunberg volte a sollecitare un’azione più decisa per il contrasto al cambiamento climatico è sotteso un messaggio che non può lasciare indifferente chi si occupa di politica pubblica: non spetta agli adolescenti, ma agli adulti, capire come fare per perseguire l’obiettivo e agire di conseguenza.

Il Green deal europeo

Nell’Unione europea negli anni passati erano già state intraprese numerose iniziative per il perseguimento degli obiettivi ambientali, ma il Green Deal della Commissione guidata da Ursula Von der Leyen rappresenta un cambio di passo, sia in termini di ambizioni che di misure previste.

Se si guarda al Green Deal come alla risposta europea alla domanda sul ‘come fare’, la scelta di inserire il perseguimento degli obiettivi ambientali all’interno di una strategia di crescita è una prima importante indicazione.

Attraverso la crescita incentrata sulla doppia transizione verde e digitale, infatti, si creano le premesse per la sostenibilità anche economica e sociale del modello di sviluppo. La crescita serve a creare prospettive di lavoro, assicura la stabilità macroeconomica e mette a disposizione risorse per le politiche di coesione a sostegno dei più svantaggiati, anche nel contesto della doppia trasformazione.

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Adottata questa impostazione, si tratta di individuare le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi della neutralità climatica e della crescita sostenibile. L’approccio più coerente con il modello europeo, basato su scelte decentrate e su un’economia sociale di mercato, è quello di partire dal contributo alla crescita sostenibile che possono dare le imprese nell’ambito del processo concorrenziale, per poi integrarlo, laddove necessario, con l’utilizzo degli strumenti, europei e nazionali, di regolazione e di intervento pubblico.

Il rapporto “Innovare per la crescita sostenibile: strategie di impresa e politica pubblica”, pubblicato nei giorni scorsi da Assonime, analizza seguendo questo approccio le strategie concorrenziali in materia ambientale di alcune delle principali imprese operanti in Italia nei vari settori e ne trae alcune indicazioni per la politica pubblica, a livello nazionale e europeo. Illustriamo qui alcuni dei principali contenuti del Rapporto, concentrandoci principalmente sugli aspetti connessi all’innovazione digitale.

Le strategie competitive delle imprese

Dall’analisi delle esperienze delle imprese emerge che la sostenibilità ambientale è entrata a far parte delle dinamiche concorrenziali. È ormai chiaro che rispetto alla sfida ambientale non è sufficiente rispettare le regole vigenti, in un’ottica di compliance: occorre una visione strategica per fronteggiare i rischi connessi al cambiamento climatico e trarre valore dalle opportunità connesse alla transizione ecologica. Dato che gli sviluppi di mercato e normativi sono rapidi, è importante agire tempestivamente per cogliere i vantaggi competitivi e ridurre le aree di criticità. Ad esempio, oggi non esiste un vincolo giuridico a impostare i modelli di business secondo principi di sostenibilità e circolarità by design. È tuttavia chiaro che il Green Deal europeo porta in questa direzione e saranno, quindi, meglio collocate le imprese capaci di cogliere in anticipo la tendenza e di tradurla in pratica nell’attività aziendale.

Nel definire le proprie strategie le imprese naturalmente devono tenere conto del vincolo di bilancio. A seconda dei settori di attività, il compito di conciliare la sostenibilità ambientale con la redditività è più o meno complesso. Vi sono imprese già incentrate su attività rispettose per l’ambiente, per le quali il Green Deal rappresenta un’evidente opportunità di sviluppo. Per altre imprese, in particolare nei settori carbon-intensive, la transizione ecologica rende necessaria una profonda revisione dei modelli di business, che può richiedere ingenti investimenti e comportare nel breve periodo un aumento dei costi.

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Il principale strumento utilizzato dalle imprese per evitare, o almeno mitigare, il trade-off tra sostenibilità ambientale e redditività è l’innovazione: l’innovazione tecnologica e quella organizzativa, l’innovazione relativa ai processi produttivi e l’innovazione di prodotto.

Le tecnologie digitali e le applicazioni dell’intelligenza artificiale svolgono, in questo contesto, un ruolo fondamentale, insieme alla chimica ‘verde’ e alle biotecnologie, e rivelano tutte le loro potenzialità di utilizzo trasversale nei vari ambiti dell’attività produttiva, dai trasporti all’energia, dalle costruzioni al settore agroalimentare.

Aumentare la competitività dal lato dell’offerta

Attraverso l’innovazione le imprese riescono a perseguire obiettivi ambientali e al tempo stesso ad aumentare la propria competitività dal lato dell’offerta.

Ad esempio, investire nel miglioramento dell’efficienza energetica di impianti, edifici e data center tramite tecnologie di sensing e machine learning ha consentito a molti operatori, a fronte di un investimento iniziale, di ridurre stabilmente i costi operativi.

L’intelligenza artificiale è utilizzata in molti contesti per combinare una riduzione dell’impatto ambientale con l’aumento della produttività. Un esempio che mostra le potenzialità delle applicazioni ICT, incluso il 5G, nel settore dei trasporti e della logistica, è quello della completa digitalizzazione del porto di Livorno. La ridefinizione dei processi produttivi alla luce della digitalizzazione ha consentito di ridurre i tempi di transito delle merci e i costi operativi delle navi e degli operatori a terra e di rendere più efficienti i controlli di sicurezza, aumentando la competitività del porto e riducendone al contempo l’impatto ambientale.

Le imprese del settore elettrico in Italia stanno utilizzando ampiamente le tecnologie basate sull’analisi dei dati per migliorare la sicurezza dell’offerta. Ad esempio, attraverso il deep learning alcune imprese stanno aumentando la propria capacità di prevedere la produzione di energia eolica, rafforzando così la propria competitività in vista dell’evoluzione del mercato elettrico in sessioni di mercato sempre più ravvicinate tra loro. Il gestore della rete di trasmissione nazionale ha lanciato numerose iniziative per rendere più efficienti i processi attraverso le tecniche di machine learning e intelligenza artificiale, migliorando la capacità di prevedere e gestire in sicurezza la generazione da fonti intermittenti in modo da consentire una maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili nel sistema elettrico.

Le tecnologie aiutano a conseguire un utilizzo più efficiente, oltre che dell’energia, anche dell’acqua e delle altre risorse naturali. Ad esempio, ISMEA e Bonifiche ferraresi hanno promosso un hub tecnologico che consente agli agricoltori di avvalersi del know how delle imprese italiane nelle tecnologie satellitari e nell’utilizzo dei big data per monitorare il ciclo di crescita delle coltivazioni in tutte le fasi, in modo da agire solo quando necessario, con minori emissioni e minore inquinamento. Viene così promossa la transizione verso un modello di agricoltura di precisione che può consentire di ridurre sino al 15% l’uso dei fertilizzanti e sino al 30% il fabbisogno idrico di un’impresa agricola, a fronte di un aumento sino al 10% della resa delle coltivazioni.

Le opportunità della domanda di prodotti sostenibili e della finanza green

Sul fronte della domanda, molte imprese conciliano sostenibilità e redditività attraverso strategie di differenziazione del prodotto, cogliendo le opportunità che vengono dal crescente interesse per i prodotti sostenibili da parte delle altre imprese, dei consumatori e delle pubbliche amministrazioni. In particolare, quando gli acquirenti sono altre imprese, attraverso l’offerta di prodotti e servizi green si risponde all’esigenza di aumentare la sostenibilità lungo la catena del valore, migliorando l’impronta ambientale del prodotto finale. Secondo alcune stime, l’utilizzo delle tecnologie ICT può ridurre direttamente le emissioni di anidride carbonica negli altri settori del 15% entro il 2030 e sostenere indirettamente, attraverso la riorganizzazione dei sistemi produttivi, un’ulteriore riduzione del 35%. L’impatto in termini di risparmi sulle emissioni, secondo queste stime, può essere pari a sette volte la crescita dell’impronta ambientale del settore ICT nel periodo 2019-2030.

Orientare l’attività di impresa alla sostenibilità, peraltro, può comportare anche un migliore accesso alle risorse finanziarie sul mercato, rispondendo al crescente interesse degli intermediari finanziari e degli investitori per la finanza sostenibile. Alcune grandi imprese italiane, come FS e Terna, hanno già sperimentato con successo lo strumento dei green bonds per raccogliere capitali sul mercato.

Quale ruolo per la politica pubblica

Le sfide per la politica pubblica a complemento dei meccanismi concorrenziali riguardano tutti gli strumenti del policy toolbox, dalle semplificazioni alla domanda pubblica, dagli aiuti di Stato alla regolazione. È significativo, a questo proposito, che la strategia europea per il Green Deal abbia natura multidimensionale e che nei Piani nazionali di ripresa e resilienza, volti a riprendere un percorso di crescita sostenibile, siano richiesti sia investimenti sia riforme.

Nel già menzionato Rapporto Assonime sono individuate numerose linee di azione, a livello europeo e nazionale. Ci soffermiamo qui su due temi specifici, strettamente connessi alla politica dell’innovazione. Il primo riguarda l’esigenza di assicurare che il quadro normativo in Italia non ostacoli ingiustificatamente i progetti innovativi, dato il ruolo fondamentale che essi svolgono nella strategia per la crescita sostenibile. Il secondo tema riguarda invece le sfide della strategia europea per i dati, a sostegno delle iniziative delle imprese per la sostenibilità ambientale.

I sandbox regolatori per l’innovazione

Negli anni recenti, numerosi progetti innovativi potenzialmente rilevanti in una prospettiva di sostenibilità ambientale sono stati rallentati a causa di ostacoli amministrativi e incertezze normative. Gli esempi spaziano dai sistemi di pompaggio alle soluzioni innovative relative all’idrogeno, dalla sperimentazione di batterie di taglia significativa da collegare alla rete elettrica all’impiego, in una prospettiva di economia circolare, delle pile alcaline esauste nel ciclo fusorio per la produzione di componenti automobilistici.

Per porre rimedio a questo tipo di problemi nei mesi scorsi è già stato introdotto, con l’articolo 36 del decreto Semplificazioni (decreto-legge n. 76/2020) un procedimento speciale semplificato per il rilascio di autorizzazioni per attività di sperimentazione attinenti all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione. Per questi progetti, che avranno un ruolo rilevante nell’ambito del PNRR, è quindi già previsto un iter autorizzativo accelerato e semplificato, coordinato dal Ministero per la trasformazione digitale. La nuova disciplina va messa alla prova ed eventualmente estesa e perfezionata.

Più in generale, occorre promuovere un più ampio uso in Italia della sperimentazione in deroga e delle sandbox regolatorie per progetti di innovazione. Questi strumenti possono consentire una riduzione dei tempi e degli sforzi necessari per proporre e realizzare progetti di innovazione, là dove, per definizione, le normative di riferimento non sono definite e gli uffici preposti non hanno ancora sviluppato procedure chiare.

Il meccanismo della sperimentazione in deroga è di interesse per diversi filoni di innovazione e potrebbe essere applicato anche nei settori della micro-mobilità o delle comunità energetiche, in cui la normativa attuale limita le sperimentazioni di lungo periodo. Questo approccio è già utilizzato in altri Paesi europei ed è stato seguito, ad esempio, nel Regno Unito per progetti che, utilizzando la tecnologia blockchain, permettono scambi peer to peer dell’energia consumata e prodotta da impianti fotovoltaici domestici. Tale soluzione di scambio non è consentita dall’attuale regolazione del Regno Unito, ma è stata resa possibile nell’ambito di una sandbox regolatoria (“Innovation Link” di Ofgem).

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La politica in materia di dati a sostegno delle strategie delle imprese

Molte delle innovazioni chiave per migliorare l’impatto ambientale delle attività umane, in particolare tutte le applicazioni dell’intelligenza artificiale, dipendono dall’utilizzo dei dati. La Commissione europea sta progressivamente mettendo a punto la strategia europea per i dati, volta a rafforzare il ruolo dell’Unione europea nell’economia dei dati.

Per assicurare un contesto favorevole alle strategie innovative delle imprese nel settore della sostenibilità ambientale, le sfide si pongono a più livelli.

Per i dati personali e la riservatezza delle comunicazioni elettroniche, giustamente il quadro normativo europeo prevede un sistema di tutela molto forte dei diritti dei soggetti. Ferma restando l’esigenza di assicurare una sempre più efficace tutela degli individui e delle loro scelte, occorre al tempo stesso evitare che nel contesto europeo eccessivi vincoli ostacolino ingiustificatamente l’innovazione basata sui dati.

Un possibile punto di frizione rispetto alle esigenze dell’innovazione deriva dalla nozione molto ampia di dato personale: in base al diritto europeo, qualsiasi dato indirettamente riconducibile a un soggetto (ad esempio, un dato emesso da un veicolo) costituisce un dato personale salvo che venga anonimizzato in modo irreversibile. In ragione degli sviluppi tecnologici, tuttavia, l’anonimizzazione irreversibile spesso non è realizzabile. Pertanto, molti dati nel contesto machine to machine restano soggetti alla disciplina dei dati personali. Le possibili tensioni possono essere risolte mediante interventi normativi settoriali che disciplinino nel dettaglio determinate forme di trattamento che possono essere necessarie per lo sviluppo di nuovi servizi senza comportare significativi rischi per i diritti degli interessati.

Per quanto riguarda il regime dell’accesso ai dati, la principale sfida per la politica europea è quella di trovare un equilibrio tra l’esigenza di creare un contesto favorevole alla condivisione dei dati e quella di mantenere gli incentivi alla raccolta e alla cura della qualità dei dati. Al riguardo va tenuto conto degli ingenti investimenti e dei tempi che possono essere necessari per la raccolta di alcuni tipi di dati, ad esempio quelli geo-spaziali, e delle conseguenze che avrebbe precluderne in generale la valorizzazione dal punto di vista economico.

Per i dati sviluppati nell’attività di impresa, quindi, gli obblighi di accesso devono rimanere strettamente delimitati agli ambiti in cui vi sono forti giustificazioni di interesse pubblico. Per il resto, ciò che serve è creare un contesto favorevole allo scambio. Mantenere questa traiettoria è fondamentale per la competitività delle imprese europee. Il tema è di particolare attualità ora che la Commissione europea sta mettendo a punto la proposta legislativa sulle regole per l’accesso ai dati nel settore privato (Data Act) e sono in via di definizione i cosiddetti high-value datasets che dovranno essere messi a disposizione gratuitamente in formato aperto tramite API dalle imprese a controllo pubblico.

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