il quadro

Domicilio digitale, cos’è e a cosa serve

La legge Semplificazioni stabilisce l’obbligo di domicilio digitale per aziende e professionisti dal primo ottobre, che però per ora è di fatto solo la pec, e fissa sanzioni. È solo il primo passo verso un domicilio digitale per tutti i cittadini, con il relativo ‘Indice nazionale dei domicili digitali (Inad)

Pubblicato il 18 Ott 2020

Patrizia Saggini

avvocata, esperta di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

Andrea Tironi

Project Manager - Digital Transformation

Photo by Blake Wisz on Unsplash

Si avvicina il domicilio digitale, che dopo anni di attesa permetterà di spostare su un canale digitale le comunicazioni, con la PA, che sono rimaste finora su casella di posta cartacea.

Un passo importante, ma ancora parziale, viene dal decreto Semplificazioni (convertito nella legge 120/2020 pubblicata l’11 settembre), che con l’articolo 37 stabilisce dal primo ottobre l’obbligo per tutte le aziende a comunicare al Registro delle imprese il proprio domicilio digitale; i professionisti dovranno comunicarlo ai propri ordini o collegi.

Di fatto per ora il domicilio digitale è la Pec (altre modalità di domicilio digitale includono anche i Servizi elettronici di recapito certificato qualificato, Sercq, in base al regolamento Eidas, i quali però non sono ancora stati attuati dalla legge italiana). La Pec era già obbligatoria per aziende e professionisti, ma non c’erano sanzioni.

Il Semplificazioni sostituisce, modificando la norma, l’obbligo pec con l’obbligo ad avere un domicilio digitale e stabilisce sanzioni. Nel concreto la novità del Semplificazioni è quindi che dal primo ottobre ci sono le prime sanzioni per chi non ha la pec ossia il domicilio digitale.

Cos’è il domicilio digitale: una pec (tipicamente)

Un domicilio digitale è quindi tipicamente una casella PEC (posta elettronica certificata) che individua un “luogo virtuale” dove possono essere mandate comunicazioni all’entità giuridica, sia essa PA o professionista o azienda. Ora anche ai privati. È come il domicilio fisico, solo che invece di chiamarsi “Via Roma 27” si chiama ad esempio “nome.cognome@gestorepec.it”.

Di identità digitali ne abbiamo tante (Facebook, Google, Amazon, eBay), ora potremo avere anche un domicilio digitale, dove essere raggiungibili dalla PA qualunque sia la nostra locazione fisica (es. una notifica potrà essere mandata via pec anche se siamo in Australia, mentre prima arrivava in via Roma 37 mentre noi eravamo in Australia e l’avremmo vista al ritorno).

Dal punto di vista normativo, il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale [articolo 1, comma 1, lett. n-ter del CAD].

I vantaggi del domicilio digitale

Ad oggi il vantaggio per il cittadino è che invece di ricevere raccomandata di carta dalla PA riceve Pec, con risparmio di tempo. Per la PA è risparmio di carta e maggiore certezza di invio nei tempi stabiliti (senza rischio di ritardi che possono invalidare alcuni atti, si pensi alle multe per violazione del codice della strada; per questo motivo c’è la proposta di modificarlo per introdurre l’obbligo di pec, ossia di domicilio digitale, a tutti i cittadini).

Come dichiarare il domicilio digitale

Le imprese e i professionisti iscritti agli albi dovevano già aver comunicato il proprio indirizzo PEC, come prevedevano le disposizioni contenute nel Decreto Legge 179/2012, oltre alle indicazioni già contenute nella Legge 2/2009.

Purtroppo, all’appello mancano i professionisti che non utilizzano frequentemente il canale digitale (medici, farmacisti, ecc.) e risultano circa 1,7 milioni le imprese iscritte che non hanno una Pec valida.
Coloro che non adempiono all’aggiornamento del registro delle imprese, oltre alle sanzioni previste, si vedranno assegnare d’ufficio dalla Camera di commercio un domicilio digitale che sarà reso disponibile tramite il Cassetto digitale dell’imprenditore erogato dalle Camere di commercio, ma per la sola ricezione dei documenti.

Le regole tecniche per la costituzione dell’Indice Nazionale dei Domicili Digitali – INAD – recentemente pubblicate da AGID, hanno previsto che “Qualora il professionista abbia optato per la modifica del domicilio digitale, al fine di eleggerne uno personale in INAD diverso da quello presente in INI-PEC, il Gestore INAD procede alla cancellazione del domicilio digitale inizialmente trasmesso dall’INI-PEC.”
Quindi il professionista – non iscritto ad un Ordine – può scegliere se continuare ad utilizzare quello già in possesso, e eleggerne un altro, personale.

Di seguito il dettaglio e le sanzioni previste.

Sanzioni Pec da ottobre e avvio domicilio digitale: ecco perché è importante per la PA digitale

La roadmap per il domicilio digitale

Il domicilio digitale però, nell’intenzione del legislatore, dovrebbe includere tutti i cittadini, non solo quelli obbligati a fare la pec. Si veda a questo proposito la versione sesta del Cad, come descritta da uno dei suoi autori, Guido Scorza.

Le linee Guida per la costituzione dell’Indice Nazionale INAD sono state pubblicate nella versione definitiva qualche giorno fa da Agid, dopo la consultazione avviata nell’estate del 2020, e contengono  le modalità di realizzazione e gestione operativa dell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel Registro Imprese (di seguito indicato con l’acronimo INAD) nonché le modalità di accesso allo stesso.

Chi può fare il domicilio digitale

Ecco alcuni aspetti normativi tratti dalle linee guida:  

Possono eleggere il proprio domicilio digitale mediante iscrizione nell’elenco INAD:

  • le persone fisiche che abbiano compiuto il 18° anno di età e abbiano la capacità di agire;
  • gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese e, quindi, all’iscrizione del proprio domicilio digitale negli elenchi di cui agli articoli 6-bis (INI-PEC) o 6-ter (IPA) del CAD.
  • i professionisti che svolgono una professione non organizzata in ordini, albi o collegi ai sensi della legge n. 4/2013 (di seguito Professionisti);

Inad, l’indice delle persone fisiche

INAD si affianca ad IPA (indice pubbliche amministrazioni, istituito presso Agid) e INIPEC (indice imprese e professionisti, istituito presso il MISE), nell’ambito del concetto “domicilio digitale”.

Con INAD, sarà possibile inviare comunicazioni anche alle persone fisiche e ad altri enti di diritto privato e professionisti che non sono tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese, coprendo praticamente tutti i soggetti nazionali.

L’indice delle persone fisiche è molto atteso (e su questo porremo l’attenzione), perché potrebbe portare una rivoluzione nel modo di dialogare della PA con i cittadini. Infatti la PA potrebbe mandare, a tutte le persone registrate in INAD, delle comunicazioni, notifiche e quant’altro all’indirizzo pec dichiarato.

Le comunicazioni digitali tra PA e cittadini/imprese rappresentano una vera rivoluzione copernicana, perchè – visto che hanno valore legale di notifica – possono comportare notevoli risparmi di tempo e di risorse, che in questo momento vengono impiegati in attività manuali (ES: gestione delle notifiche cartacee, accesso fisico all’abitazione delle persone, invio con raccomandata A/R, mancata notifica per domicilio sconosciuto o irreperibilità, ecc.).

In particolare, ora le notifiche sono collegate al territorio in cui è situato il domicilio fisico, che verrebbe invece superato con l’indirizzo PEC registrato nell’indice nazionale, quindi l’invio della comunicazione potrebbe essere direttamente fatto dall’Ente mittente, senza il tramite del Comune di residenza.

La PEC sarà in completa gestione del privato (che dovrà acquistarla, gestirla, tenerla attiva e registrala in INAD, oltre che preoccuparsi di tenere aggiornati i dati INAD in caso di cambiamenti) in modo che il dato nel registro sia sempre “fresco” e pronto all’uso; spetta invece ai gestori l’aggiornamento del dato in caso di cessazione del contratto con il privato (ES: in caso di mancato pagamento del canone periodico).

L’iscrizione dell’indirizzo PEC presso INAD potrà essere effettuata mediante un portale con cui accedere tramite CNS, CIE, SPID, utilizzando al meglio le piattaforme abilitanti già previste dal piano triennale.

Molto interessante l’integrazione dei dati contenuti in INAD con la banca dati di ANPR, prevista dalle Linee Guida (par. 4), secondo cui a partire dal momento del completamento dell’ANPR, i domicili digitali eletti dalle persone fisiche nell’INAD sono trasmessi all’ANPR con cadenza giornaliera, al fine di consentire il suo costante aggiornamento.
Non dovrebbe mancare molto a questo obiettivo, visto che sono poco meno di 200 i Comuni che ancora non hanno completato il subentro.

Integrazione con IO e interrogazione mediante API

Il primo aspetto da valutare è l’integrazione con IO. Le Amministrazioni quindi potranno scegliere se mandarmi messaggi su IO (senza valore legale) o sulla PEC (con valore legale)?

Nelle Linee Guida viene espressamente indicato che il domicilio digitale potrà essere gestito anche con le funzionalità di IO (art. 2.1); dal testo sembra quasi che anche l’iscrizione del domicilio digitale possa essere fatta attraverso l’app, rendendo più facile la registrazione.

Certo è che i due canali potranno continuare ad esistere per molto tempo, in attesa di una totale copertura della popolazione, in un senso o in un altro: dipenderà ovviamente da quale sarà il canale prevalente, IO o la PEC.

Per questo è ovviamente indispensabile una modifica normativa, in particolare delle disposizioni contenute nel Codice di Procedura Civile (artt. 140 e seguenti), in modo che anche la notifica tramite app abbia valore legale riconosciuto e possa eventualmente affiancare e/o sostituire quella tramite PEC.

Qui si arriva al secondo aspetto: l’interrogazione di INAD sarà possibile mediante API in maniera massiva?

Il punto 2.4 e 2.5 prevedono la libera consultazione e la gratuità dell’accesso; rimarrebbe solo da sistemare la gratuità dell’accesso a INIPEC (per aziende e professionisti), peraltro già prevista nel Piano Triennale e ancora rimasta inattuata.

Vediamo un esempio concreto: se un Comune deve inviare l’avviso per la TARI a 30.000 cittadini, si potrebbe avere un bel risparmio mandando gli avvisi pagoPA via PEC, quindi evitando il cartaceo.
Occorre quindi interrogare INAD per verificare che i 30.000 cittadini siano iscritti; ammettendo che 5.000 siano iscritti, si dovrà comunque poter verificare in maniera massiva mediante API tutti i miei 30.000 cittadini,  a 5.000 dei quali manderò la TARI SOLO via pec. E questa interrogazione  verrà realizzata per ogni tipo di notifica (tari, multe, altro) in modo da sapere al momento dell’invio se usare in ordine: PEC (con valore legale), comunicazione cartacea con ricevuta (valore legale), IO (valore non legale), altro (sms, app dell’ente … dipende se parliamo di notifica a valore legale o solo informativa).

E’ quindi fondamentale poter fare un accesso massivo e low cost (possibilmente zero) per le PA, essendo un servizio della PA per la PA (es. i Comuni, nel caso della TARI).

Multe e notifiche col domicilio digitale

Il domicilio digitale permetterà inoltre un altro importante salto di qualità, per quanto riguarda il pagamento delle violazioni al Codice della Strada con PagoPA. Ad oggi la normativa prevede che possa pagare a sconto del 30% una multa se la pago entro 5 giorni dalla notifica (giorni estesi a 30 nel periodo COVID19). Il problema è sapere quando avviene la notifica, perché la notifica attuale è cartacea e fatta dal gestore che consegna (es. Poste), ma può anche essere che il cittadino non si trova a casa (domicilio fisico)  e poi vada in Posta a ritirare la multa a seguito messaggio di giacenza presso le Poste.

Quindi la data di notifica non è precisa se il processo avviene in modalità tradizionale cartacea. Invece, con il domicilio digitale la notifica  potrebbe essere immediata, ovvero interrogo INAD per sapere se la persona ha un domicilio digitale, se ce l’ha utilizzo l’indirizzo PEC per la spedizione, e la data di notifica (ipotizziamo oggi 19.06.2020) è esattamente quella di consegna del messaggio all’indirizzo del ricevente, per cui avrò 30 giorni da oggi per pagare a sconto.

In tal caso con il sistema PagoPA emetto 2 (avvisi di pagamento), uno con validità da oggi a fra 30 giorni con lo sconto, e uno con validità successiva a prezzo pieno. Un bel vantaggio rispetto a ora (in attesa della realizzazione del domicilio digitale), dove vengono emessi due avvisi con IUV senza scadenza, sperando che il cittadino paghi quello giusto in base alla data di notifica (e all’attenzione che ci mette nel fare i calcoli, con successivo controllo manuale da parte dell’ufficio!).

Potrebbero essere interessanti anche i rapporti C2C (cittadino to cittadino): potrebbe essere  possibile mandare PEC tra cittadini in base ai diversi ruoli (es. locatore o locatario) semplificando la comunicazione via raccomandata e riducendo i tempi e i costi di comunicazione.

Il CAD prevede che l’INAD sia liberamente consultabile da tutti; però è previsto nelle disposizioni di ANPR che il domicilio digitale NON è certificabile e può essere consultato dalle PA; l’utilizzo del domicilio digitale tra le persone è quindi su base volontaria.

vedi quanto contenuto nel comma 3 dell’art. 6 quinquies: “In assenza di preventiva autorizzazione del titolare dell’indirizzo, è vietato l’utilizzo dei domicili digitali di cui al presente articolo per finalità diverse dall’invio di comunicazioni aventi valore legale o comunque connesse al conseguimento di finalità istituzionali dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2.”

Questo è confermato da una recente pronuncia del Garante, che ha sanzionato una società che, senza il consenso degli interessati, aveva usato gli indirizzi PEC contenuti nel registro INI-PEC per inviare comunicazioni a contenuto promozionale.

Terzo aspetto che potrebbe essere interessante – da valutare in un prossimo futuro – è l’aggiunta di una dichiarazione di un domicilio bancario (iban), da manutenere a carico del cittadino. Immaginiamo in una situazione simile a quella attuale, dove, invece di dover dichiarare  l’iban dove  inviare i soldi del bonus baby sitter, che lo Stato possa controllare su INAD l’iban associato al mio domicilio digitale. Questo potrebbe accelerare nettamente la ricezione del bonus.

Fino ad arrivare alla possibilità che – mediante algoritmi e basi dati incrociate – potrebbe essere anche resa automatica l’individuazione del diritto ad ottenere un certo tipo di bonus, e quindi il cittadino potrebbe già ricevere i soldi sul conto senza nemmeno averli richiesti e nell’arco di poco tempo).

La registrazione del domicilio digitale da parte del cittadino avviene solo mediante accesso con le credenziali di identità digitale, quindi è stata esclusa una registrazione analogica con l’intervento di intermediari (ad esempio presso il proprio Comune/ Posta) . Con la pubblicazione della piattaforma INAD (prevista all’inizio del 2022) – con cui si potrà attivare la registrazione del domicilio – si sta chiedendo ad ogni cittadino sopra i 18 anni di comprarsi e gestirsi una pec, un business “semplificando” di circa 225 milioni di euro annui (45 milioni di persone maggiorenni per 5 euro/anno di canone annuale di gestione della pec). Ovviamente lo sappiamo che non tutti i cittadini maggiorenni attiveranno la PEC (gli over 80 magari non sono interessati, tra i 18 e gli 80 ci sono gli analfabeti informatici, i non interessati, i non informati, coloro che non se lo possono permettere), rimane comunque un business di assoluto rilievo, e rispetto a cui la PA ha l’onere di organizzare molteplici azioni di comunicazione, in modo da incentivarne l’utilizzo presso i cittadini, visti gli evidenti vantaggi per entrambe le parti.
Infatti, l’avvio di INAD sarà poi seguito dalla Piattaforma per le Notifiche Digitali, cioè lo strumento previsto dall’art. 26 del DL 76/2020, che renderà digitale il processo di notifica degli atti, in corso di progettazione da parte di PagoPA.

Rimane sempre sullo sfondo la previsione dell’art. 3 bis comma 3 bis del CAD, che prevede che “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti l’AgID e il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza unificata, è stabilita la data a decorrere dalla quale le comunicazioni tra i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, e coloro che non hanno provveduto a eleggere un domicilio digitale ai sensi del comma 1-bis, avvengono esclusivamente in forma elettronica. Con lo stesso decreto sono determinate le modalità con le quali ai predetti soggetti è messo a disposizione un domicilio digitale e sono individuate altre modalità con le quali, per superare il divario digitale, i documenti possono essere consegnati a coloro che non sono in grado di accedere direttamente a un domicilio digitale.”

Quindi è importante valutare il tema del digital divide e di come permettere a chi – per vari motivi – non ha la possibilità di gestire un proprio indirizzo PEC di ricevere comunque le comunicazioni in formato elettronico; da questo punto di vista, le funzionalità dell’app IO possono comunque aiutare, perchè molto intuitive e “user friendly”.

 

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