mercati finanziari

Clima, perché un’Africa forte conviene anche all’Occidente

L’appeal del Continente africano è da rivalutare utilizzando nuovi paradigmi che rappresentino una netta scissione tra passato e futuro, un approccio rinnovato capace di portare benefici all’economia mondiale e alla sostenibilità

Pubblicato il 18 Gen 2023

Mario Di Giulio

Professore a contratto di Law of Developing Countries, Università Campus Bio-Medico Avvocato, Partner Studio Legale Pavia e Ansaldo

Rapporto Ipcc

Cambiare in modo radicale il rapporto tra Occidente e Africa racchiude in sé più effetti positivi che non riguardano soltanto i mercati finanziari e di capitali ma si estendono a tutta l’economia, con ricadute anche sui temi ambientali e della sostenibilità. Un percorso non privo di criticità che va però affrontato con decisione e imparzialità a beneficio di tutti.

Agenda 2030, i punti fondamentali per innovazione e infrastrutture

Agenda 2030 e mercato dei capitali

Mentre in Italia si accende l’attenzione sul Continente africano, spolverando vecchie ricette e immaginando nuove relazioni improntate a un diverso approccio, basta fare delle brevi ricerche su Google per comprendere quanto e come il nostro rapporto sia stato influenzato da un atteggiamento spesso paternalistico e fondamentalmente di mero sostegno umanitario, con scarsa attenzione, almeno sino a qualche anno fa, su quegli interventi che possono effettivamente promuovere lo sviluppo, affrancando chi è in stato di bisogno e creando opportunità per tutti.

Tra questi interventi appaiono essere assai limitati, se non assenti, quelli relativi all’evoluzione dei mercati finanziari. È ormai assodato che lo sviluppo di un’economia si basa su alcuni pilastri senza i quali è difficile immaginare un’espansione economica che assicuri un diffuso benessere.

Uno dei pilastri fondamentali è costituito dal sistema bancario, un altro è la creazione di un mercato dei capitali ed è importante al riguardo notare che i vari studi esistenti sottolineano la correlazione tra lo sviluppo del mercato dei capitali e lo sviluppo dell’economia intesa in senso ampio.

Il reperimento dei capitali è fondamentale anche per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, dove si stima un fabbisogno di 10mila miliardi di dollari americani solo per quanto concerne i paesi in via di sviluppo.

Una notazione positiva che riguarda il nostro paese è l’iniziativa della nostra Cassa depositi e prestiti (Cdp) volta a dare supporto alle piccole e medie imprese africane per l’acceso al mercato dei capitali, attraverso il programma Archipelagos a valere su fondi Ue, che è in corso di attuazione.

Quali fattori di criticità?

In Africa i mercati borsistici appaiono avere un relativo sviluppo e sembrano impostati alle good practices internazionali. Per quanto concerne gli emittenti privati, le masse scambiate sono ancora limitate, anche a causa delle difficoltà legate all’acquisizione di informazioni affidabili in termini quantitativi e qualitativi.

La stessa concorrenza dei bond governativi non aiuta dal momento che, laddove gli stessi offrano rendimenti elevati, rendono di fatto difficile la vita agli emittenti privati. Nel processo di sviluppo del mercato dei capitali un ruolo importante lo assumono anche le agenzie di rating (a dirlo è uno studio dell’IFC di gennaio 2020), il che dovrebbe fare riflettere tutti coloro che, non comprendendone il valore del giudizio, trovano sempre il tempo per disconoscerne l’utilità.

Questo non avviene solo in Italia, ma anche in Africa con giudizi accesi ogniqualvolta il rating espresso non corrisponde alla propria autovalutazione. Le agenzie internazionali sarebbero tacciate di utilizzare, nel valutare i rischi connessi al cambiamento climatico, un giudizio più severo per i Paesi in via di sviluppo rispetto a quelli sviluppati. Inoltre, non considererebbero gli sforzi compiuti per mitigare gli effetti sul clima ed è anche a causa di questi giudizi che viene promossa da più parti l’istanza di avere agenzie di rating africane.

Venendo al paragone tra l’Africa con altri Paesi in via di sviluppo in diverse zone geografiche (Asia meridionale e America latina) si nota, anche se lo studio che approfondisce il tema è del 2014 (Milken Institute), una scarsa consistenza degli scambi e un mercato dei bond fondamentalmente sorretto dai bond governativi.

Tornando alla rilevanza del mercato dei capitali quale fattore di sviluppo, è importante notare le azioni di supporto svolte dalle organizzazioni internazionali, quali ad esempio l’assistenza da parte della World Bank insieme all’IFC che hanno lanciato a metà 2017 il Joint Capital Market Program (J-Cap) per lo sviluppo di mercati di capitali locali.

L’influenza del cambiamento climatico

Il cambiamento climatico che, si accanisce particolarmente sui Paesi in via di sviluppo, non aiuta l’Africa sotto il profilo dell’appetibilità per gli investitori sul mercato dei capitali, costituendo un fattore di rischio, sia sotto il profilo diretto dei danni all’economia, sia sotto il profilo dei conflitti che esso può innescare a livello sociale e internazionale.

Dall’altro lato però può diventare fattore di promozione rispetto agli strumenti che sono volti a finanziare la lotta la sostenibilità, come ad esempio: green bonds, strumenti finanziari ESG compliant, soprattutto laddove l’attenzione sia posta sulla “E” di Environment.

Principi ESG, quando un’azienda può dirsi sostenibile: criteri di valutazione e impatti

ESG, a che punto siamo in Africa

Sulla finanza sostenibile e gli ESG (Environmental, Social and Governance) il Continente africano è più attivo di quanto si possa pensare, tant’è che se ne possono riportare esempi di rilievo.

Il Kenya, fin dal 2008, si è mosso nella direzione di una finanza sostenibile. Le prime iniziative sono state lanciate dall’allora presidente Mwai Kibaki che lanciò Vision 2030 al fine di trasformare il Paese in un’economia avanzata, che assicurasse una buona qualità della vita ai suoi cittadini in un ambiente sano e sicuro.

Nel novembre 2021, il Nairobi Stock Exchange ha pubblicato un manuale per le società quotate al fine di fornire informazioni relative ai fattori ESG. Le linee guida non sono obbligatorie ma le società quotate devono fornire le informazioni ESG in ogni caso: manca quindi un’uniformazione nell’applicazione dei criteri e questo fattore potrebbe non essere negativo, se appaiono chiari nei vari rendiconti quali criteri sono presi in considerazione e come questi sono applicati.

Dal canto suo la Central Bank of Kenya ha introdotto delle linee guida obbligatorie dal 2023, imponendo alle società sulle quali vigila di adottare procedure di gestione del rischio climatico.

In Tanzania, il Dar Es Salaam Stock Exchange ha emesso quest’anno linee guida per le informazioni da rendere sui fattori ESG. Le società quotate sono inoltre obbligate a pubblicare le informazioni ESG e un rapporto di sostenibilità.

In Nigeria, le autorità dei mercati vigilati già dal 2019 hanno emesso linee guida per le informazioni ESG e reso obbligatoria la pubblicazione delle informazioni non finanziarie.

Del resto, buona parte delle borse africane partecipano alla Sustainable Stock Exchanges Initiative sostenuta da varie organizzazioni internazionali in connessione con il raggiungimento dell’SDG 12 (Responsibile Consuption and Production) che intende garantire alla popolazione l’accesso alle risorse alimentari, energetiche e idriche riducendo però il gli sprechi delle risorse naturali.

I vantaggi per l’Occidente

In un articolo focalizzato sui rapporti tra Stati Uniti e Cina, della Franklin Templeton datato 27 gennaio 2021, si evidenzia come il settore della finanza nei rapporti di forza mondiali sia non meno importante di quello dell’energia. La finanza comporta un sistema di controlli che conducono non solo al trasferimento della ricchezza ma anche alla verifica puntuale di come la ricchezza si trasferisce.

Basti pensare alle implicazioni per la Russia in seguito all’esclusione dalla partecipazione delle sue banche al sistema SWIFT oppure al fatto che le società quotate nelle borse degli Stati Uniti devono avere bilanci certificati da società di revisione che accettano controlli da parte delle autorità locali. Quest’ultimo punto sta portando a de-listing di molte società cinesi che forse in questo modo si esporrebbero al rischio, nella propria prospettiva,  di un’eccessiva trasparenza anche in termini di applicazione delle sanzioni.

Senza addentrarsi troppo nelle varie dinamiche e criticità, basti pensare a come un’Africa meno dipendente dagli aiuti esterni possa essere un’autorevole interlocutrice per le scelte che riguardano l’intero pianeta, come dichiarato durante il summit con i paesi africani del dicembre 2022 dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

Spesso dimentichiamo inoltre che le scelte cinesi nell’approccio all’Africa, che non considerano ad esempio il rispetto dei diritti umani o il raggiungimento di determinati obiettivi di sicurezza sociale, hanno conseguenze per noi europei non indifferenti: non soltanto perché di quei valori ne saremmo paladini, ma cinicamente perché ne paghiamo le conseguenze a seguito dei conflitti, anche sociali, e delle migrazioni che conseguono all’assenza di tutela dei diritti umani e di uno sviluppo equo e distribuito.

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Il ruolo dei mercati emergenti

Esiste però un secondo aspetto: la popolazione europea invecchia e i sistemi pensionistici faticano ad assicurare le rendite per coloro che lasciano l’attività lavorativa. La ricerca di rendimenti adeguati in giurisdizioni sicure porterà gioco forza sempre più a guardare ai mercati emergenti, la cui gran parte è in Asia, per assicurare rendimenti elevati alle relative gestioni pensionistiche che possano colmare il gap dei mancati contributi da parte della popolazione attiva.

È nostro interesse che presto la stessa Africa possa considerarsi attrattiva sotto il profilo degli investimenti finanziari, garantendo quei rendimenti che solo le economie emergenti riescono a offrire.

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