Spazio e potere

Terre rare e Huawei, ecco perché la geopolitica regge il futuro dell’economia

La Cina è il maggiore produttore mondiale di terre rare, minerali essenziali per l’industria hi-tech. La minaccia di bloccarne l’esportazione in risposta al bando Usa contro Huawei è un esempio lampante dell’importanza del fattore geografico e territoriale tra quelli determinanti nella corsa alla competitività globale

Pubblicato il 05 Lug 2019

Dario Antares Fumagalli

legale specializzato in privacy e data protection

mappamondo

Nell’era dell’infosfera, in cui l’informatica sembra monopolizzare ogni ambito dell’esperienza umana, il discorso pubblico relativo alle vicende di cronaca politica, anche su base globale, sembra essere esclusivamente focalizzato sulle vicende relative al campo della competizione tecnologica.

Eppure, ci sono discipline, a torto date per superate, che mantengono saldamente un ruolo centrale nell’analisi delle cause e degli sviluppi dei fenomeni storici: parliamo della Geografia e, di conseguenza, della geografia politica e della geopolitica.

Proprio l’ultimo caso, in ordine cronologico, che ha monopolizzato le attenzioni degli analisti e dei media globali – la montante guerra tecnologica tra USA e Cina, sfociata nella recente vicenda della paventata chiusura dei rapporti commerciali tra Google e Huawei – nasconde tra le pieghe dei propri sviluppi un chiarissimo esempio dell’importanza del fattore geografico e territoriale tra quelli determinanti nella corsa alla competitività globale. Vediamo perché.

Tecnologie e potere

Certamente è impossibile negare il fatto che, dall’intelligenza artificiale alla Big Data Analytics, le nuove tecnologie hanno rapidamente conquistato il centro della scacchiera delle contese di potere in ambito commerciale, finanziario, militare e, dunque, politico. La quotidianità di persone, aziende ed enti pubblici è ormai del tutto condizionata dall’Information Technology e quest’ultima inizia ad entrare nelle vite private e nelle dinamiche produttive e politiche in una forma che si potrebbe definire “by design” e “by default”, mutuando la terminologia codificata nel GDPR.

Casi come Wikileaks, lo scandalo dello spionaggio a danno della cittadinanza per mezzo di programmi di hackeraggio da parte della Cia veicolato tramite Smart devices Samsung, Apple o dotati di OS Android, ma anche più recentemente la vicenda di Cambridge Analytica e Facebook o, in altro ambito, la parabola delle criptovalute e di Bitcoin, hanno spinto anche i media generalisti a cestinare i vecchi schemi narrativi e portare al centro del dibattito argomenti come la cyber intelligence, la cyber war, gli algoritmi in finanza.

Nel frattempo, l’audience della parte ricca del mondo ha imparato a familiarizzare con la domotica, i social network, le App che interagiscono con i devices – wereable o semplicemente smart – ed ha familiarizzato con servizi sviluppati tramite blockchain o con auto a guida autonoma, abituandosi a vedere video di operazioni militari (belliche e non) condotte tramite droni guidati da remoto o di catene di montaggio del tutto automatizzate e potenziate da numerosi sistemi di Industria 4.0.

Nemmeno si deve mai dimenticare che, in ambito strategico, è da sempre un assioma fondamentale quello per cui il vantaggio informativo è di gran lunga quello maggiormente determinante nell’ottica della vittoria di un conflitto.

Ciò non toglie, tuttavia, che mettendosi in ascolto e rivolgendo la propria attenzione al discorso pubblico collettivo in materia di cronaca, sembra che ogni dinamica di potere sia ormai del tutto svincolata dalla dimensione fisica del reale.

Il “caso” Huawei

Esemplificativo del mio ragionamento è proprio il crescente contrasto tra gli Usa e la Cina, sfociato tra le altre cose nel bando dei servizi Google dagli smartphone Huawei.

In breve, a seguito di provvedimenti restrittivi di fonte governativa volti ad obbligare le società statunitensi a interrompere i rapporti commerciali con il colosso cinese, Google ha revocato a quest’ultimo la licenza Android, che consentiva a Huawei di installare sui suoi smartphone la versione curata da Google, dotata di funzionalità senza le quali è impossibile per l’utente accedere a numerosi servizi Google. Chiaramente il governo cinese e la stessa Huawei hanno interpretato la mossa come un boicottaggio a loro danno e hanno rapidamente promesso di reagire (difficile prendere posizione in modo netto su tale ricostruzione, ma certo è che incuriosisce la stretta consequenzialità temporale tra la mossa protezionista USA e le grosse polemiche elevatesi a fronte dell’attivismo di Huawei e dei vertici politici cinesi in Europa, soprattutto in materia di 5G).

La minaccia cinese del blocco all’esportazione di terre rare

Proprio nella reazione cinese a questa iniziativa della Casa Bianca si annida il cuore della presente analisi. Infatti, se la risposta principale ha spiccato carattere proattivo, consistente nell’annuncio dell’imminente lancio di un Sistema operativo alternativo ad Android, alcuni segnali hanno fatto ritenere che la Cina si sia mossa anche su altri piani (come ad esempio su quello giuridico, appellandosi alle regole del commercio globale) tra i quali uno di particolare interesse per la presente riflessione.

Numerose analisi, infatti, riportano notizia di minacce portate dalla Cina a discapito di USA e alleati in materia di esportazione delle cosiddette terre rare[1]. Trattasi, in estrema sintesi, di materie prime di fondamentale importanza nella produzione di componenti elettronici ma non solo. Le terre rare sono infatti utilizzate, ad esempio, nella produzione di semiconduttori, fibre ottiche, sistemi di navigazione, laser, monitor carte di credito e telefoni cellulari. Ciò che rende particolarmente allarmante la minaccia cinese è che, per un insieme di fattori, la Cina è attualmente – e per largo distacco – il principale produttore ed esportatore mondiale di tali minerali, rappresentando, infatti, più dell’80% dell’offerta mondiale.

Da ciò consegue che, pur se solo lasciata apparire in controluce, questa minaccia ha scatenato reazioni di estrema allerta all’interno dell’intero comparto tecnologico (in particolare americano) controbilanciando di fatto le mosse statunitensi giocate sul piano giuridico e commerciale. Si è arrivati a sospettare, ad esempio, che l’intervenuta sospensione dei provvedimenti restrittivi americani fino a fine luglio possa essere stata sensibilmente ispirata anche dalla volontà di evitare una simile ritorsione, che avrebbe la potenzialità di scatenare un vero terremoto nel settore tecnologico.

Due elementi di riflessione

Ciò impone una seria riflessione.

In primo luogo, occorre focalizzare il dato, che apparirà forse ovvio ma non lo è se non viene metabolizzato nel dibattito corrente, che è sì vero che l’infosfera sta ormai assumendo il ruolo di infrastruttura concettuale principale di ogni aspetto dell’esistenza umana privata e collettiva ma, del resto, le informazioni vengono conservate ed elaborate grazie a supporti fisici i quali hanno una “vita” fisica che si incarna in un momento produttivo, uno di gestione ed uno di smaltimento. Controllare una o più di queste fasi significa avere una discreta quota di diritto di parola nell’assemblea globale contemporanea, che può essere giocata strategicamente nel momento opportuno, a prescindere dal ruolo, dalla competitività o dal know-how di cui si dispone nei settori tecnologici che da tali materie prime dipendono.

Secondariamente, in conseguenza a quanto appena scritto, emerge un aspetto maggiormente astratto. La forma di positivismo tecnologico che è andata diffondendosi negli ultimi decenni, che sembra suggerire che il baricentro del reale vada via via spostandosi verso il cyberspace, relegando la lo spazio fisico a mero teatro passivo delle vicende politiche, non appare fondata. Lo spazio fisico non è semplicemente il “teatro” delle dinamiche politiche, influente al massimo nel momento in cui si “ribella” (sotto forma, ad esempio, di cambiamento climatico) alla volontà umana.

L’importanza della Geografia

La Geografia, che alcuni hanno dato per superata come componente essenziale della strategia solo perché le operazioni belliche o produttive sono sempre meno direttamente dipendenti dalla conformazione ambientale di terre e mari o dal clima atmosferico, mantiene saldamente un ruolo centrale nell’analisi delle cause e degli sviluppi dei fenomeni storici.

Conseguentemente, anche la geografia politica e la geopolitica, disciplina spesso confusa con la politica internazionale nel linguaggio corrente, mantengono un ruolo del tutto rilevante nel pacchetto di conoscenze di cui deve disporre l’analista per poter elaborare scenari efficaci nel consigliare o indirizzare le scelte del decisore politico o il vertice di qualsiasi organizzazione, anche di natura privata, impegnata nella corsa alla conquista e mantenimento di quote di potere su scala locale, regionale o globale.

La relazione tra spazio e potere, infatti è mutata nei percorsi ma è tuttora elemento costitutivo di qualsiasi strategia efficace, dal momento che le caratteristiche dello spazio non smettono di informare e condizionare gli eventi che in quello stesso spazio si realizzano. Si può così disporre di leve notevolissime in ambito commerciale e giuridico, consistenti in una certa forma di controllo o monopolio nella produzione di componenti hardware e sviluppo di software essenziali per il mercato globale contemporaneo, ma non si potrà facilmente dominare chi ricava dal territorio sottoposto al suo dominio politico le materie prime necessarie alla produzione dei supporti fisici delle suddette tecnologie. Lo studio di questa forma di relazione e la ricerca di pattern ricorrenti nella stessa assumono, forse più che in passato, una funzione centrale sia per quanto concerne lo spazio classico (come dimostrano i fatti riportati nel presente articolo) che per ciò che riguarda il cyber space, che pur secondo regole sue proprie, non abbandona affatto l’assioma fondamentale per il quale lo spazio concorre a determinare i fenomeni che in esso si sviluppano.

La vera originalità dell’ambiente cyber, piuttosto, è che in esso il supporto “spaziale” (hardware e software) è frutto della volontà e degli interessi del soggetto che lo ha progettato. Fattore di non poco conto, sul quale è estremamente interessante riflettere e si rifletterà molto in futuro.

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  1. Sull’argomento si veda, tra i tanti, il dossier pubblicato da ISPI

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