sanità e dati

Sanità digitale, medici e cittadini ci credono: ora avanti col Fascicolo Sanitario Elettronico

Le risorse del PNRR destinate al capitolo “Salute” sono un’occasione imperdibile per imprimere la spinta verso la completa trasformazione digitale della nostra sanità. Vediamo perché il momento per creare un sistema nazionale efficiente, sostenibile e partecipato è ora

Pubblicato il 13 Apr 2021

Maria Rosaria Della Porta

research fellow Istituto per la Competitività, I-Com

Photo by National Cancer Institute on Unsplash

La recente pandemia se da un lato ha evidenziato le numerose criticità in cui versa il Servizio sanitario nazionale, dall’altro ha messo in luce le enormi potenzialità della medicina digitale per il miglioramento dell’assistenza sanitaria, soprattutto quella territoriale, la cui riorganizzazione si presenta come un punto cruciale nell’auspicato processo di ristrutturazione complessiva del nostro sistema sanitario.

Lo stesso personale medico-sanitario è del parere che le tecnologie digitali costituiscano un prezioso contributo per perfezionare le modalità in cui vengono erogate le prestazioni sanitarie e ottenere vantaggi in termini di appropriatezza delle cure e sostenibilità del SSN.

Secondo un’indagine condotta dallOsservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con il Centro Studi della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), il 95% dei medici vede, in particolare, nelle risorse della telemedicina la risposta giusta per gestire, negli scenari post-Covid, la salute e le cronicità.

Le soluzioni di telemedicina, il cui utilizzo appariva già in aumento prima della pandemia, sono giudicate in generale di grande interesse da parte dei medici. Nello specifico, l’88% dei medici si è detto interessato a utilizzare il teleconsulto con gli specialisti, il 60% la tele-cooperazione (MMG-Specialista-paziente), il 74% le risorse destinate alla tele-salute e il 72 quelle per la tele-assistenza.

Dunque, la realizzazione di un sistema di assistenza sanitaria efficiente, sostenibile e partecipato in tutte le regioni italiane non può prescindere dal completamento del processo di digitalizzazione del settore sanitario, che vede nel Fascicolo Sanitario Elettronico, il fulcro principale dell’eHealth e il più importante fattore abilitante dei servizi sanitari digitali, specie della telemedicina.

Il punto sull’implementazione del FSE

L’Italia purtroppo, però, sconta un forte ritardo nella realizzazione dei servizi digitali in sanità e in particolare nell’implementazione del FSE. Nonostante negli ultimi anni siano stati compiuti degli sforzi di coordinamento al fine di consentire l’interoperabilità dei fascicoli sanitari e lo scambio di informazioni su tutto il territorio nazionale mediante anche la progettazione dell’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità tra i FSE regionali (INI), ad oggi la frammentazione del patrimonio informativo dei pazienti risulta però ancora alta. Rilevanti sono le differenze non solo tra le diverse regioni ma anche tra le strutture sanitarie che operano all’interno dei medesimi enti regionali. L’interoperabilità tra i sistemi regionali si pone d’altro canto però come una condizione imprescindibile per la creazione di un paradigma orizzontale che agevoli lo scambio dei dati sanitari, evitando disallineamenti informativi e duplicazioni controproducenti.

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Inoltre, il livello di implementazione del Fascicolo sanitario elettronico mostra grandi differenze interregionali e perdipiù, come attesta il monitoraggio AgID, almeno per il momento la percentuale di utilizzo da parte di medici e pazienti di tale strumento è bassa.

Ad oggi, tenendo conto dello stato di avanzamento circa la realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico, misurato mediante l’indicatore di attuazione, che si basa sulla percentuale dei servizi del Fascicolo realizzati, quasi tutte le regioni risultano aver completato l’attivazione dei servizi FSE, con cinque (Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana e Valle d’Aosta) che hanno raggiunto una percentuale di attuazione pari al 100% e il resto delle altre che si attesta su percentuali superiori all’80%, ad eccezione dell’Abruzzo.

Tuttavia, se guardiamo gli indicatori di utilizzo, finalizzati a monitorare il reale livello d’uso e di diffusione sul territorio nazionale da parte dei cittadini, dei medici e delle aziende sanitarie, si notano situazioni molto differenti tra le regioni.

Ad esempio, relativamente all’attivazione del FSE da parte dei cittadini, la Lombardia e la Sardegna si posizionano prime con il totale dei cittadini che hanno attivato il Fascicolo. Dal lato opposto, si collocano invece, Abruzzo, Campania e Bolzano in cui nessun cittadino ne dispone. Stesso discorso vale anche per l’indicatore di utilizzo del FSE da parte dei medici e delle aziende sanitarie, che mostra situazioni molto diverse tra le regioni, con alcune che si attestano su una percentuale di utilizzo superiore al 90% ed altre in cui i medici e le strutture sanitarie abilitate sono inferiori al 10%.

Recentemente, il decreto Rilancio ha però introdotto una serie di misure per agevolare la diffusione e l’alimentazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, favorendo l’interoperabilità dei dati, che rappresentano la vera linfa vitale per poter far funzionare la telemedicina e la sanità digitale in generale.

In primo luogo ha ampliato la base dati del fascicolo, ricomprendendo anche le informazioni relative alle prestazioni private erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale, prima lasciate all’inserimento spontaneo dell’assistito. Inoltre, ha inciso sulle modalità di implementazione del fascicolo, stabilendo che essa non sia più subordinata al consenso libero e informato dell’assistito, ma diventi automatica. In altri termini, la normativa recente (art. 11 del decreto Rilancio) prevede che, a decorrere da maggio 2020, a prescindere da qualsivoglia manifestazione di consenso dei cittadini, i dati di tutte le prestazioni sanitarie fruite vadano a confluire d’ufficio nel Fascicolo Sanitario Elettronico.

A questo riguardo il Garante si è espresso, precisando che comunque, anche a seguito di tale alimentazione automatica del FSE, i dati sanitari dei cittadini non saranno accessibili al personale sanitario in assenza di uno specifico consenso del singolo cittadino.

Dunque, dei passi in avanti nel processo di conversione del SSN al digitale si stanno compiendo ma bisogna ancora mettere in atto delle azioni precise per poter sfruttare appieno il potenziale straordinario delle innovazioni tecnologiche in sanità.

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La telemedicina e le linee guida nazionali

Sicuramente anche la recente approvazione dell’accordo tra lo Stato e le regioni sul documento recante “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina” costituisce un tassello importante per favorire la piena evoluzione del sistema sanitario italiano verso il modello della “Connected care” e affinché finalmente le prestazioni di telemedicina vengono riconosciute dal SSN.

Tuttavia, sono tanti i nodi ancora da sciogliere e le questioni da affrontare. Così come sottolineato nel policy brief dal titolo “Telemedicina e digitalizzazione dei servizi sanitari” a cura dell’Istituto per la Competitività (I-Com), è opportuno mettere a sistema le competenze tecniche, organizzative e professionali, superare la forte frammentazione soprattutto a livello regionale, eliminare le inefficienze e garantire un accesso equo ai pazienti alle prestazioni sanitarie. Inoltre, è prioritario investire nella formazione del personale medico e infermieristico a un adeguato uso delle soluzioni digitali e nell’ammodernamento tecnologico delle strutture sanitarie per far sì che il nostro Servizio sanitario nazionale si possa convertire pienamente a un sistema di eHealth basato sulla centralità del paziente, sulla continuità assistenziale e sulla prevenzione.

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La propensione degli italiani ad utilizzare soluzioni di eHealth

D’altra parte, a dispetto del passato, pare forse superata la scarsa propensione degli italiani a interfacciarsi con le nuove tecnologie quando si tratta della propria salute, che comunque costituisce un ostacolo al decollo della sanità digitale in Italia. Secondo, infatti, la recente indagine dal titolo “Stada health report 2020: focus Italia”, gli italiani sono risultati tra i più propensi (79%) alla consultazione di un medico tramite webcam o internet per una malattia minore o secondaria, rispetto alla media europea pari al 70%. Precedono l’Italia solo Spagna (82%) e Finlandia (81%), i due Paesi maggiormente disposti ad affidarsi a un consulto online. La percentuale di italiani è comunque salita di 28 punti rispetto al 2019 (51%), registrando il più alto aumento rispetto agli altri Paesi. L’interazione personale con il proprio medico è risultata essere particolarmente importante solo per il 7% degli italiani, una percentuale inferiore alla media (11%).

Inoltre, i cittadini del nostro Paese sono apparsi tra i più disponibili (84% di contro il 75% della media europea) per quanto riguarda la volontà di adottare le app per il monitoraggio della terapia da parte del medico. Solo il 6% degli italiani ha espresso preoccupazione per la sicurezza dei dati se si utilizza un’app (la media è pari all’11%).

Dal PNRR una spinta alla sanità digitale in Italia?

Dunque, il vento pare stia cambiando, complice anche la pandemia che ha sicuramente accelerato l’utilizzo del digitale per i pazienti e per gli operatori sanitari. Secondo il report “Digital transformation: Shaping the future of European healthcare” di Deloitte circa il 65% degli operatori sanitari intervistati in Italia ha assistito a un incremento della tecnologia digitale in seguito all’emergenza Covid-19.

In questo contesto di particolare fermento le risorse stanziate nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per la missione “Salute” dovrebbero quindi servire ancora di più a imprimere la spinta verso la completa trasformazione digitale del nostro sistema sanitario e quindi la loro corretta allocazione si presenta come un’occasione imperdibile per rilanciare il nostro SSN.

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Nello specifico la prima componente “Assistenza di prossimità e telemedicina”, con un importo di 7,9 miliardi di risorse, mira a riorientare il sistema sanitario verso un modello incentrato sui territori e sulle reti di assistenza socio-sanitaria, a superare la frammentazione tra i diversi sistemi sanitari regionali garantendo omogeneità dei Livelli Essenziali di Assistenza e a potenziare la prevenzione e l’assistenza territoriale in un’ottica di sempre maggiore integrazione tra servizi ospedalieri, sanitari locali e sociali, dove si rendono fruibili soluzioni di telemedicina e connected care.

La seconda componente “Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria” dal valore di 11,82 miliardi complessivi, si pone invece tra gli obiettivi il rafforzamento dei sistemi informativi sanitari e degli strumenti digitali a tutti i livelli del SSN, il superamento delle criticità legate alla mancata diffusione della cartella clinica elettronica sul territorio nazionale e il potenziamento di strumenti e attività di telemedicina. Tale componente mira poi, inoltre, a risolvere il problema relativo all’invecchiamento delle apparecchiature e al basso uso di tecnologie sanitarie negli ospedali e a realizzare ospedali sicuri, tecnologici, digitali e sostenibili.

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