l'editoriale

Italia digitale, usciamo dalla nebbia

Tanti piani per il cambiamento. Tante incertezze alimentate dalla particolare stagione politica vissuta dall’Italia. L’Agenda digitale è in questo guado. Per superarlo serve collaborazione tra le parti. E coraggio. Ecco i tasselli da considerare. E a Forumpa2019 qualche strumento per provarci davvero

Pubblicato il 08 Mag 2019

Alessandro Longo
Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

Nebbia digitale e faro

Dall’eterna stagione dei piani – tanti, a volte persino conflittuali tra loro – a quella del vero cambiamento. Percepibile da cittadini, imprese. Quante volte abbiamo auspicato questo passaggio, per l’innovazione dell’Italia con il digitale?

Dopo tante speranze deluse, nessun analista con onestà intellettuale sarà pronto a dirvi che “questa è la volta buona”. Proprio adesso, poi; in questa fase politica di confusione (in Italia, in Europa; nel mondo, se consideriamo anche le questioni geopolitiche Usa-Cina che attraversano anche il nostro Paese).

Confusione che a cascata fa male anche all’innovazione: perché il digitale è di per sé forza innovatrice che procede scardinando il consolidato (per migliorarlo, si spera). Cosa possibile, in un Paese democratico, solo con la collaborazione di tutti gli interessati. Cosa impossibile, in un Paese democratico particolare come l’Italia, quando gli interessati – non appena si alza quel po’ di nebbia che accompagna le fasi di confusione – hanno l’abitudine di paralizzarsi.

Inchiodano, invece di provare a sviluppare radar migliori per interpretare il presente e procedere così, fuori dalla nebbia, verso un presente migliore.

“Paralisi isterica”, l’ha chiamata più volte il presidente di Fpa (creatori di Forumpa) Carlo Mochi, riferendosi alla pubblica amministrazione; ma forse è metafora (psicoanalitica) che vale per tutti gli ambienti dove la politica ha un peso in Italia (ossia davvero tutti o quasi).

Forumpa 2019

Al contrario, un momento di chiarezza e collaborazione tra le parti, per il cambiamento, può essere vissuto la prossima settimana, a Forumpa 2019.

Evento con cui questo speciale di Agendadigitale.eu sulle politiche digitali è gemellato (è oggi nelle caselle degli iscritti alla nostra newsletter. Lo è per molti motivi.

Primo, perché innovare la PA serve a renderla motore di cambiamento per l’intero Paese: l’abbiamo detto dal 2012, anno di fondazione di Agendadigitale.eu, e l’hanno detto da quello stesso anno tutti i governanti che hanno affrontato l’Agenda Digitale italiana.

“Nessuno degli obiettivi di questa ambiziosa Agenda è infatti raggiungibile senza una Pubblica Amministrazione efficace, collaborativa e aperta”, scrive Carlo Mochi per questo speciale.

Ma, a un livello più profondo, è anche vero che gli stessi valori alla base di una nuova, innovativa ed efficiente PA, sono gli stessi che devono animare una nuova Italia tutta.

I valori di un buon cambiamento Paese

“Una PA più collaborativa, più snella, più moderna, maggiormente orientata ai risultati e in grado così di lavorare insieme a cittadini ed imprese per restituire valore ai contribuenti, innovazione al Paese, garanzia di diritti per tutti”, scrive ancora Mochi.

Ogni parola qui è pesata. Ha peso. Collaborazione tra le parti (e i suoi correlati: apertura, trasparenza dei meccanismi di potere), snellezza (meno burocrazia e sprechi), modernità/innovazione sono gli strumenti necessari per arrivare agli obiettivi sociali: sviluppo del sistema economico, garanzia dei diritti (sociali, civili, politici) dei cittadini.

Vale per la PA, certo, ma deve animare anche la trasformazione digitale delle nostre aziende e del sistema economico in generale, a tutela degli interessi collettivi e dei lavoratori. Il nostro speciale sul lavoro, per il primo maggio, riflette appunto sul fatto che il digitale non è garanzia di progresso sociale e civile, ma addirittura può acuire l’iniquità.

Se questi sono gli obiettivi, di fronte a sfide epocali l’Italia sta procedendo in modo disordinato. Poco concertato e con un mix di ricette di breve termine.

La confusione dei piani

È un po’ la critica che diversi esperti del nostro speciale fanno ai tanti piani con cui l’Italia sta progettando oggi l’innovazione. Il Piano triennale ICT per la PA, certo, a cui abbiamo dedicato una rubrica con decine di articoli pubblicati. Ma anche il piano Industria 4.0, ora entrato nella seconda stagione.

Ci sono anche plausi all’impegno del Governo – e il nostro speciale ne rende atto. Ma la critica comune a questa nuova stagione dei piani per il digitale in Italia è una scarsa coesione strategica delle misure e una ridotta apertura verso le parti, soggetti del cambiamento.

Pa digitale, Sanità, Scuola

Nel piano triennale, per esempio, i territori lamentano la scarsa chiarezza di alcune indicazioni e un loro ridotto coinvolgimento; anche se proprio l’accompagnamento dei territori anima adesso l’azione fattiva dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

Quanto ai progetti, si apprezza l’accelerazione su ANPR e PagoPa, anche grazie all’azione del Team Digitale, mentre il destino di Spid resta nel limbo.

Non si sa come andrà poi la razionalizzazione dei datacenter pubblici (su cui ci sono piani contrastanti) e il percorso di trasformazione digitale della Sanità (su cui ci sono le prime grandi prove di collaborazione tra Agid e il ministero, mancando ancora una collaborazione aperta tra le parti, pubblico-private, dell’ecosistema).

Su tutti questi capitoli, pesa l’incognita generale su come sarà la governance dall’anno prossimo, quando le funzioni del Team Digitale saranno inglobate sotto la presidenza del Consiglio (non si sa ancora in che modo di preciso) e nascerà la prima società dedicata a questi temi, per PagoPA.

Il capitolo più statico sembra qui la Scuola digitale, per cui abbiamo scritto quattro domande al Governo (per ora inevase).

È evidente da mesi, noto a tutti gli addetti e qui ribadito da mesi, che è in corso un braccio di ferro politico tra M5S e Lega sul controllo del digitale; e sarà difficile arrivi chiarezza prima della seconda metà del 2019 (pendendo gli esiti delle elezioni europee).

Cyber security nazionale

Incertezza politica che sta rallentando anche l’avvio di un’azione comune, in Italia, per la cyber security.

Tema che invece richiederebbe un rapido e coeso intervento, come richiesto per tutti gli scenari di guerra (“cyber”).

Industria 4.0, startup, banda ultralarga

Il clima di incertezza non fa bene nemmeno all’attuazione delle misure industria 4.0, che per la prima volta sono pensate per le pmi, asse portante della nostra economia.

Per accompagnarle al cambiamento, che comincia (ma non finisce) con l’adozione degli incentivi Industry 4.0, servirebbe (di nuovo) una azione collaborativa e aperta ai diversi stakeholder e un forte impegno di comunicazione dal Governo; sono le lacune lamentate da Confindustria e da vari esperti al momento.

Più impegno sembra esserci al momento per il piano di innovazione delle startup (Fondo Nazionale per l’Innovazione), con molte risorse messe in campo; ma dato che è un piano fortemente connotato politicamente (sotto il vicepremier Di Maio) è anche molto soggetto ai probabili contraccolpi politici all’orizzonte.

Per completezza, va citata anche la strada avviata dall’Italia verso il 5G e la banda ultralarga. Dove sono sì stati posati pilastri importanti (l’asta frequenze, il piano e i bandi fibra). Ma si sconta adesso – anche qui – qualche incertezza politica su come agire rapidamente per facilitare l’azione degli operatori. Per la diffusione del 5G e l’avvio della fase 2 del piano banda ultralarga.

Tra l’altro, la politica dovrebbe avere il coraggio di affrontare in modo razionale il nodo dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche (su cui abbiamo aperto una rubrica chiamando a raccolta i principali esponenti del tema) e i tanti orpelli burocratici che rallentano l’infrastrutturazione.

In conclusione

Uno dei problemi dell’Italia, che ci incatena al passato, è l’incapacità di pensare al bene comune di cui certi progetti si fanno portatori. Li si associa invece a particolari politici e stagioni politiche. E con loro rapidamente si eclissano.

Ma allora la speranza e l’invito è che si faccia tutto l’opposto. Che uscendo dal proprio particolare, i decisori abbiano il coraggio di guidare il Paese attraverso la nebbia.

L’attesa non ci gioverà. In questa fase storica particolarmente. Altrimenti, al diradarsi della nebbia, ci risveglieremo tutti immersi nelle nostre usuali e consumate cose, conflitti di borgata. Più vecchi e più stanchi. E il resto del mondo ormai irraggiungibile all’orizzonte.

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