Nextgenerationitalia

Il Recovery Fund ci aiuterà davvero a innovare il Paese? Ecco le proposte e i problemi

Il documento #Nextgenerationitalia, con le linee guida per il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, dà priorità a Transizione 4.0, ricerca, reti e infrastrutture e competenze digitali. Riuscirà il Governo a porre finalmente le basi per una vera trasformazione digitale e a condensare le proposte in un’unica strategia?

Pubblicato il 02 Ott 2020

Giacomo Bandini

Competere

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Analizzando il documento contente le linee guida per il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” approvate a settembre dal Comitato interministeriale per gli affari europee si trovano le missioni stabilite dal Governo cui i progetti delle varie amministrazioni dovranno sottostare per essere giudicati eleggibili per ottenere i fondi del Recovery Fund.

Al primo posto è stata inserita la voce “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”. È il segnale di una maggiore attenzione verso questi temi? Le risorse provenienti dal Recovery Fund saranno un’opportunità per innovare e digitalizzare l’Italia oppure si tratterà dell’ennesima occasione sprecata?

#Nextgenerationitalia: lo scenario italiano

Nel documento, chiamato anche #Nextgenerationitalia, traspare una certa consapevolezza dello scenario italiano. Il paese viene etichettato, infatti, come un “moderate innovator” nello scoreboard elaborato dalla Commissione Europea. Viene poi sottolineato come dal punto di vista delle attività e degli investimenti in ricerca e sviluppo continui ad esistere un gap importante tra l’Italia e i paesi più avanzati. Ancora, come le competenze digitali non hanno ancora raggiunto i livelli auspicabili per una realtà che vuole ancora essere competitiva a livello internazionale.

Che cosa fare? Le priorità del governo risultano essere:

•             Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, dell’istruzione, della sanità e del fisco, in modo da rendere più efficienti e tempestivi i servizi resi al cittadino, e alle imprese;

•             Sviluppo delle infrastrutture e servizi digitali del Paese (datacenter e cloud);

•             Promuovere investimenti che favoriscano l’innovazione in settori strategici (agroalimentare, telecomunicazioni, trasporti, aerospazio) nonché migliorare l’efficienza del sistema produttivo, con particolare riferimento alle filiere produttive strategiche (settore agroalimentare, industriale e turistico/culturale);

•             Completamento della rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica e interventi per lo sviluppo delle reti 5G.

I progetti presentati in ambito innovazione

Nel dettaglio, con un certo imbarazzo all’interno dell’esecutivo per la facilità con cui sono trapelate le informazioni, è possibile avere un’idea seppur parziale di quali progetti sono stati presentati in concomitanza alla linee guida del Piano di Ripresa. Ovviamente, vanno valutati come bozze che devono ancora essere vagliate dagli organi competenti. Tuttavia, possono essere indicative degli indirizzi di policy che i singoli ministeri intendono portare avanti e fornire una panoramica sugli ambiti di intervento considerati prioritari o semi-prioritari dall’esecutivo.

Una piccola premessa. La parola digitale all’interno del documento che raccoglie tutte le proposte ministeriali compare ben 132 volte. Si nota subito, però, come spesso venga usata in modo improprio oppure molto generico da far dubitare della “carica innovativa” dei progetti che la utilizzano.

Nel concreto, i progetti presentati di maggiore rilievo per l’ambito innovazione sono quelli relativi a Transizione 4.0, ricerca, reti e infrastrutture e competenze digitali.

Transizione 4.0, green e fibra ottica

Alla voce “proroga e potenziamento” del piano Transizione 4.0 è stato assegnato uno stanziamento di risorse per ben 60 miliardi di euro da distribuire in 5 anni. La finalità: sostenere le imprese nei processi di innovazione in chiave 4.0 e green prevedendo agevolazioni fiscali per gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali e in attività di ricerca, sviluppo e innovazione. Sembra, quindi, confermata la volontà di portare avanti lo schema già predisposto dal Ministro Patuanelli che vede il credito d’imposta e una eventuale reintroduzione dell’ammortamento come strumenti principali per sostenere l’Industria 4.0 e l’automazione. Contemporaneamente è previsto un mini-progetto ad hoc finalizzato al sostegno della digitalizzazione delle PMI seguendo tre direttrici già incluse nel Piano nazionale Transizione 4.0: macchinari innovativi, Nuova Sabatini 4.0 e Digital transformation. Il valore potrebbe ammontare a 500 milioni euro.

Cinque miliardi e mezzo sarebbero invece stanziati per potenziare la fibra ottica nelle cosiddette aree grigie. A cui vanno aggiunti 500 milioni per portare la banda larga nelle strutture ospedaliere, 1,7 miliardi per “fibra ottica e diffusione di reti e servizi 5G sulle strade extraurbane” e 2 miliardi nel progetto cooperativo Mise-Infratel per portare il 5G in 100 città italiane. Due i miliardi destinati al piano voucher per famiglie e imprese per l’adozione di servizi di connettività a banda ultralarga, tramite l’erogazione di questo strumento di credito. Infine, 1,8 miliardi di euro sarebbero previsti per attuare gli indirizzi del documento per la Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale.

Le proposte del ministero dell’Innovazione

In totale, dunque, il Mise aveva presentato progetti per l’innovazione dal valore complessivo stimato superiore ai 72 miliardi di euro. Non solo il Mise, però, si occupa di digitalizzazione e tecnologie. Il “nuovo” Ministero dell’Innovazione, presieduto da Paola Pisano, ha anch’esso avanzato diverse proposte. Tra le più onerose, ma anche lungimiranti:

•             5 miliardi per consentire a circa 7,5 milioni di famiglia italiane di potersi dotare, attraverso specifici voucher, di strumentazione tecnologica (PC, tablet etc.) e mettere a loro disposizione oltre 3000 facilitatori. La proposta inoltre punta a favorire la diffusione dello smart working per circa 1.5 milioni di dipendenti pubblici e circa 2 milioni di dipendenti delle PMI attraverso incentivi alle PA e alle PMI per la dotazione di pc/tablet;

•             5 miliardi per l’attrazione di investimenti per l’innovazione di frontiera, la ricerca applicata e la creazione di Zone Economiche Speciali Innovative;

•             Altri cinque miliardi da indirizzare alla realizzazione di nuovi data center e nell’adozione e sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito Cloud, HPC, tecnologia 5G, Edge Computing e Hyperscalin.

Competenze e formazione

Sul piano delle competenze recentemente si è espressa anche la Sottosegretaria Alessia Morani ribadendo la loro centralità nel disegno governativo per l’innovazione. Relativamente al Recovery Fund, vari ministeri hanno previsto piani di formazione digitale per i dipendenti delle PA (210 milioni tra Agid e Ministero dell’Innovazione). Oltre 2 miliardi e 250 milioni, invece, è la richiesta del Ministero dell’Istruzione per potenziare gli ITS e avvicinarli al mondo del lavoro. Una cifra simile, si legge nella bozza, dovrebbe essere stanziata per “formazione e sviluppo delle competenze tecnico-professionali, digitali e manageriali dei professionisti in sanità”.

Come prevedibile dai tavoli dei ministeri è emersa una ingente quantità di progetti. Molti evidentemente non sono realizzabili con le sole risorse del Recovery Fund la cui quota destinata al digitale ammonterà a circa 40 miliardi di euro, mentre ben 75 sono da dedicare alla transizione green. Il Ministro Patuanelli, infatti, ha confermato che il rafforzamento e il prolungamento di Transizione 4.0 avrà un costo complessivo di 27 miliardi spalmati su 5 anni.

Conclusioni

La mole dei piani presentati deve fare riflettere su altri due aspetti significativi. In primo luogo, negli ultimi dieci anni l’Italia è riuscita a realizzare solamente una parte di tutte le misure per il digitale e la trasformazione tecnologica dei processi produttivi. Molti progetti risultano quasi obsoleti nel 2020. Per parlare di rilancio della competitività è necessario avere delle solide basi su cui ripartire. Le basi sembrano invece il vero problema. Non le tecnologie e le reti del futuro.

In secondo luogo, la capacità di raggruppare i singoli schemi ministeriali in un Piano nazionale per l’innovazione. Entro il 2023 l’Italia avrà a disposizione, oltre ai 65 miliardi del Recovery Fund, 43 miliardi di euro della programmazione 2014-2020 e altri 10-12 in arrivo da React Eu. È capace questo governo a raccogliere in unica strategia tutte le priorità sotto il profilo dell’innovazione e valorizzarle? Inoltre, mostrerà ai suoi cittadini un cambio di passo nella gestione dei fondi europei?

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