Sanità

Intelligenza artificiale per la medicina di precisione: a che punto siamo

Saranno le nuove tecnologie a fare da driver alla medicina di precisione: un approccio emergente nel trattamento e prevenzione delle malattie, ritagliato su misura del paziente. Ma le sfide restano alte (e la sicurezza è fra queste). Lo status quo e gli obiettivi della strategia europea

Pubblicato il 12 Nov 2019

Ettore Capoluongo

Ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche Università Federico II - CEINGE, Biotecnologie Avanzate, Napoli

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L’assistenza sanitaria sta subendo una trasformazione progressiva e repentina, ed è indispensabile sfruttare le nuove tecnologie per generare nuovi dati e supportare l’avvento della medicina di precisione (MP). Una panoramica dei passi avanti nel campo dell‘Intelligenza artificiale e big data e degli ostacoli che ancora deve affrontare la sanità digitale.

Medicina di precisione, una nuova era

Le recenti scoperte scientifiche e i progressi tecnologici hanno migliorato la nostra comprensione della patogenesi di molte malattie e cambiato il modo in cui le diagnostichiamo e le curiamo, portando a un’assistenza sanitaria più precisa, prevedibile e potente, personalizzabile per il singolo paziente. Le alterazioni genetiche, genomiche ed epigenetiche sembrano contribuire a diverse malattie, ma l’integrazione di tutti questi dati, a livello di singolo tessuto, cellula o individuo, resta ancora la sfida più importante da superare.

La definizione clinica profonda, combinata con la profilazione fenotipica molecolare avanzata (cioè la firma molecolare caratteristica delle patologia di quello specifico individuo), consentiranno la costruzione di modelli di reti causali in cui viene proposta una regione genomica per influenzare i livelli di espressione dei geni e delle proteine, oltre che lo studio dei livelli dei loro metaboliti.

L’analisi fenotipica ha una grande importanza per chiarire la fisiopatologia dei network (pathways) a livello molecolare e cellulare: si dice, infatti, spesso che ogni malattia è una alterazione di pathway. La valutazione qualitativa (assenza o presenza di un segnale molecolare) è più semplice da definire rispetto a quella quantitativa: misurare in maniera assoluta i livelli di una molecola nel contesto di altre migliaia, che con essa interagiscono, e rapportarli in modo coerente con il momento in cui una certa condizione patologica si sta manifestando, è un aspetto cruciale nella medicina di precisione, purtroppo ancora non decifrato completamente.

A tale tipo di valutazione l’utilizzo di “biomarcatori digitali” potrà avere diverse applicazioni sia negli studi clinici che in diagnostica: identificare pazienti affetti da una malattia o guidarne il trattamento. I biomarcatori digitali rappresentano una grande opportunità per misurare gli endpoint clinici in modo obiettivo e imparziale. Tuttavia, l’uso di tecnologie “omiche” e di campioni di grandi dimensioni hanno generato enormi quantità di dati, spesso aggregati, e le loro analisi sono diventate un grosso collo di bottiglia che richiede sofisticati metodi computazionali e statistici.

Intelligenza artificiale applicata ai big data

Con la ricchezza di informazioni per diverse malattie e il loro legame con la biologia intrinseca, la sfida è ora trasformare la classificazione tassonomica multiparametrica di una malattia in un migliore processo decisionale, clinico definendo più precisamente la singola malattia. Di conseguenza, la rivoluzione dei big data ha offerto l’opportunità di applicare algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning a questo vasto set di dati. I progressi nelle opportunità di salute digitale hanno anche sollevato numerose domande e preoccupazioni sul futuro delle pratiche sanitarie, in particolare per quanto riguarda l’affidabilità degli strumenti diagnostici dell’intelligenza artificiale, l’impatto sulla pratica clinica e la vulnerabilità degli algoritmi.

Si parla sempre più di medico virtuale, di schermi che a distanza saranno in grado di calcolare il nostro rischio di essere malati solo osservando il colore della nostra pelle, dell’iride e verificando lo stato della temperatura e della pressione sanguigna, insieme ad altri parametri morfometrici. Basterà? Probabilmente no, perché si è ancora lontani dal prototipo infallibile, in grado di replicare quella che in gergo medico si chiama anamnesi, quella capacità di entrare in empatia col paziente per fargli raccontare la storia dell’esordio della sua malattia, facendo emergere la eventuale familiarità o ereditabilità per la sua condizione e, infine, visitarlo auscultandolo.

E’ anche vero, però, che oggi, seppur la pratica della medicina rimanga in gran parte empirica, l’ars medica empatica ha consentito negli anni di diagnosticare e curare milioni di persone nel mondo e questo pur se i medici generalmente fanno affidamento sui modelli di diagnosi basati su una combinazione di anamnesi, esame fisico e dati di laboratorio dei pazienti. Di conseguenza, un determinato trattamento si basa spesso sull’esperienza passata dei medici con pazienti simili, più che da una classificazione e stratificazione molecolare di ciascun paziente.

Sanità, il ruolo dei biomarcatori digitali

Pertanto, un blockbuster viene prescritto per un “paziente tipico” con una malattia specifica che ha, rispetto agli altri casi, solo lo stesso nome, ma non la completa sovrapposizione dei suoi caratteri molecolari. Secondo questo paradigma, la decisione terapeutica sarebbe guidata da tentativi ed errori e il paziente diventa occasionalmente, raramente per fortuna (ma questo è scritto nell’epidemiologia dei modelli di trattamento), vittima di effetti collaterali imprevedibili, tra cui la scarsa o assente efficacia verso un farmaco che teoricamente funziona in alcune o molte persone affette da quella specifica malattia.

Un maggiore uso dei biomarcatori digitali e di test forniti dalle companion diagnostics in associazione a farmaci mirati, permette già oggi, per alcune patologie, di consentire il passaggio dalla medicina empirica alla medicina di precisione (cioè quella che ha lo scopo di somministrare la medicina giusta, per il paziente giusto, alla dose giusta, al momento giusto). È quasi atteso che, nell’immediato futuro, i medici si allontaneranno dal concetto di “taglia unica” e passeranno invece alla medicina di precisione.

La questione resta sempre la stessa, però: l’intelligenza artificiale, gli algoritmi di apprendimento automatico, la biologia computazionale e i biomarcatori digitali offriranno l’opportunità di tradurre nuovi dati in informazioni fruibili, consentendo così diagnosi precoci e opzioni di trattamento precise? Questo avverrà solo quando si raggiungerà una migliore comprensione e coesione delle diverse componenti della rete di conoscenza, per sfruttarne appieno il potenziale.

Prevedere velocemente il piano di cura

Un esempio può essere rappresentato da uno strumento ancora poco usato in molti paesi del mondo: quello della farmacogenetica. È generalmente noto che la risposta di un trattamento specifico varia attraverso l’eterogeneità di una popolazione: la farmocogenetica ci insegna che vi sono individui che rispondono bene ad alcuni farmaci ed altri no. Tali diversi profili di risposta dipendono da tante componenti, come le variabili genetiche, l’eterogeneità delle popolazioni, l’etnia, i fattori epigenetici, lo stadio precoce o tardivo della malattia. Questi parametri hanno un effetto sul fatto che un determinato individuo sarà in grado di rispondere bene, poco o per nulla ad un trattamento specifico.

E questo complica le certezze da cui la medicina empirica è sempre partita pensando ad uno schema di trattamento unico per patologia più che per individuo. L’obiettivo della medicina di precisione è consentire, invece, ai medici di prevedere in modo rapido, efficiente e accurato il piano di cura più appropriato per un determinato paziente. Per raggiungere questo obiettivo, i clinici hanno bisogno che strumenti compatibili con il loro flusso di lavoro clinico siano economicamente sostenibili. Tali strumenti possono semplificare il processo di gestione della complessità biologica alla base delle malattie umane, ma non sterilizzare il rapporto medico-paziente.

Per supportare la creazione e il perfezionamento di tali strumenti, un “ecosistema” di medicina di precisione è in continuo sviluppo e rappresenta la soluzione al problema: questo perché tale sistema sta iniziando a collegare e condividere informazioni tra clinici, laboratori, centri di ricerca e sviluppatori di sistemi di informazioni cliniche. Si prevede che questi sforzi creeranno le basi di un sistema sanitario in continua evoluzione in grado di accelerare in modo significativo il progresso delle tecnologie di precision medicine.

L’impatto sull’industria farmaceutica

Restano dei nodi cruciali da risolvere prima di far assurgere questo approccio materialmente demedicalizzato alla base delle future intelligenze artificiali: quello della stratificazione dei pazienti, perché questo aspetto ha un notevole impatto economico sul modello dell’industria farmaceutica. Identificando le popolazioni che potrebbero beneficiare di una nuova terapia, i costi di sviluppo del farmaco saranno ridotti e il rischio di trattare quelli che non rispondono al trattamento sarà ridotto al minimo.

I progressi nelle tecnologie di “omica” (genomica, epigenomica, trascrittomica, proteomica, metabolomica, ecc.), anche definiti come metodi di approccio basato sui sistemi, sono ora utilizzati per identificare obiettivi molecolari tra cui biomarcatori che possono rivelare lo stato della malattia o la capacità di rispondere a un trattamento specifico, fornendo così agli scienziati e ai medici la possibilità di generare un set di dati di apprendimento costituito da approfondimenti molecolari della patogenesi della malattia.

Ciononostante, a dispetto di oltre 150.000 articoli che hanno descritto migliaia di biomarcatori, nella pratica clinica vengono utilizzati abitualmente solo circa 100 di essi. Ad oggi, oltre 350 nuovi biomarcatori non tradizionali (proprio quelli farmacogenomici) sono stati descritti nelle etichette dei farmaci (www.fda.gov). Tali biomarcatori includono varianti genetiche germinali o somatiche (sia polimorfismi che mutazioni), carenze funzionali su base genetica, alterazioni delle firme di espressione genica e anomalie cromosomiche.

L’elenco include anche biomarcatori proteici selezionati che vengono utilizzati per selezionare trattamenti per specifici gruppi di pazienti. Inoltre, esistono oltre 770.000 articoli indicizzati nella banca della letteratura scientifica, PubMed, direttamente correlati ai biomarcatori, ma tutti i dati raccolti finora hanno mostrato collegamenti insufficienti tra questi markers e la patogenesi della malattia, con conseguente fallimento di molti biomarkers e target farmacologici. È quindi fondamentale collegare l’obiettivo alla patogenesi della malattia, consentendo lo sviluppo di terapie migliori e più precise preselezionando i rispondenti al trattamento.

Medicina di precisione, la sfida sicurezza

Vi è una crescente consapevolezza che l’intelligenza artificiale possa essere ormai utilizzata nell’analisi di dati complessi e di grandi dimensioni per fornire risultati in vari contesti sanitari, come la bioinformatica, la genomica e l’analisi delle immagini. Sebbene questa tecnologia possa offrire opportunità nei processi di diagnosi e trattamento, ci possono essere ancora sfide e insidie ​​legate a vari problemi di sicurezza.

In questo momento storico, si stanno spendendo enormi quantità di danaro per sostenere la ricerca in tale ambito: i laboratori di ricerca, prevalentemente accademici, le aziende del biotech hanno esplorato l’uso di intelligenza artificiale e del machine learning in tre aree chiave: a) apprendimento basato sulla macchina per prevedere le proprietà farmaceutiche dei composti molecolari e i target molecolari per nuovi farmaci; b) utilizzando le tecniche di riconoscimento e segmentazione dei modelli su immagini mediche (ad esempio scansioni della retina, immagini patologiche e di superfici del corpo, ossa e organi interni) per consentire diagnosi e monitoraggio più rapidi della progressione della malattia oltre che algoritmi generativi per l’aumento computazionale di set di dati clinici e di imaging esistenti; c) sviluppo di tecniche di apprendimento profondo su dati multimodali, come la combinazione di dati genomici e clinici a rilevare nuovi modelli predittivi.

Nonostante queste potenziali applicazioni per l’uso del machine learning per accelerare la ricerca medica siano al momento affascinanti, sono emersi pochissimi casi d’uso di successo. Questi limitati successi sono stati attribuiti, tra le altre cose, allo scadere del tempo di apprendimento informatico e di machine learning rispetto al momento di introduzione delle tecnologie, che non hanno permesso di generare insiemi e aggregazioni di dati medici più complessi e realistici.

Sistemi di AI, mancano dati di alta qualità

Altri fattori importanti che impediscono l’adozione delle tecniche intelligenza artificiale e machine learning nello sviluppo terapeutico includono la scarsità di un gran numero di dati etichettati di alta qualità, la rispondenza alle normative nascenti e le preoccupazioni etiche e legali sulla condivisione dei dati. Sistemi alternativi di apprendimento che sfruttano il cervello umano e la sua neocorteccia e apprendono da un minor numero di esempi sono stati proposti come alternative all’apprendimento profondo, ma non sono stati ampiamente adottati.

Recentemente, sono stati pubblicati lavori prospettici che evidenziano le applicazioni del deep neural network (DNN) ai set di dati di imaging, di proprietà farmaceutiche dei composti, di diagnosi clinica e di risultati genomici, di applicazioni di visione artificiale per imaging medico e le applicazioni di elaborazione del linguaggio naturale all’interno dell’electronic health record (EHR) database.

Per fornire una tecnologia più sicura attraverso l’intelligenza artificiale, bisogna immaginare che nel futuro vi sarà una progettazione sicura, il rispetto dei criteri di sicurezza, la gestione sicura delle cadute dei sistemi di analisi, mentre dovrebbero essere identificati, per tutti i potenziali sistemi tecnici, i costi, i rischi e le incertezze. Pertanto sarebbe utile individuare e condividere chiari orientamenti e protocolli con tutte le parti interessate per sviluppare e adottare applicazioni di intelligenza artificiale più sicure nel contesto dell’assistenza sanitaria. Non si potrà che sperare in una rapida integrazione ed ottimizzazione dei processi, arrivando ad espandere i registri clinici, di imaging e di laboratorio al fine di prevedere l’incidenza e la prognosi della malattia.

Tecnologie per la salute: necessità di linee guida

Sicuramente ci sarà nei prossimi anni lo sviluppo e la messa a disposizione della comunità medica e scientifica di dispositivi medici indossabili (ad esempio orologi da indossare) e applicazioni mobili per la salute che utilizzano algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning basati grandi quantità di dati. Alcuni di questi in fase di studio e validazione stanno già creando nuove e promettenti opportunità di ricerca nella diagnostica predittiva, nella medicina di precisione, nella diagnosi virtuale, nel monitoraggio dei pazienti e nella scoperta e consegna di farmaci per terapie mirate. Ma le regole di impiego ed accesso a tali strumenti dovranno consentirne un uso guidato, non generalizzato come quello che avviene con le app telefoniche: la semplificazione non dovrebbe tradursi in una democratizzazione all’accesso a dati che, solo nelle mani di chi può indirizzare o modificare lo stile di vita, l’accesso alle cure e la verifica degli esiti, cioè il medico, può raggiungere gli esiti previsti: un miglioramento dei processi di cura e della diagnosi.

Pertanto, la Commissione europea ha proposto lo scorso aprile 2019 un approccio europeo all’intelligenza artificiale e alla robotica, istituendo una task force che si occupa di aspetti tecnologici, etici, legali e socioeconomici, anche ai fini di rafforzare la ricerca e la capacità industriale dell’UE e mettere l’intelligenza artificiale al servizio dei cittadini e dell’economia europea. L’intelligenza artificiale (AI) è ritenuta essere un’area di importanza strategica e un fattore chiave per lo sviluppo economico. Può portare soluzioni a molte sfide della società, dal trattamento delle malattie alla riduzione dell’impatto ambientale dell’agricoltura. Tuttavia, gli impatti socio-economici, legali ed etici devono essere affrontati attentamente.

Intelligenza artificiale, la strategia europea

La Commissione intende essere all’avanguardia rispetto agli sviluppi tecnologici, incoraggiando la diffusione da parte del settore pubblico e privato. E’ previsto pertanto un aumento del 70% dei suoi investimenti annuali in intelligenza artificiale nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon2020. SI prevede che tali investimenti raggiungeranno 1,5 miliardi di euro per il periodo 2018-2020.

La Commissione europea propone un approccio europeo basato su tre pilastri: a) collegare e rafforzare i centri di ricerca sull’intelligenza artificiale in Europa; b) sostenere lo sviluppo di una “piattaforma AI-on-demand” che fornirà l’accesso a tutte le risorse AI pertinenti nell’UE per tutti gli utenti; c) supportare lo sviluppo di applicazioni AI in settori chiave.

Tuttavia, ciò rappresenta solo una piccola parte di tutti gli investimenti degli Stati membri e del settore privato. Ovviamente, l’introduzione e l’implementazione di tali nuovi mezzi tecnologici non potrà prescindere da sforzi importanti sulla educazione all’uso, sia per i professionisti che per i cittadini.

Nella propria declaratoria, la Commissione europea comunica che, al fine di preparare i cambiamenti socio-economici determinati dall’intelligenza artificiale, per sostenere gli sforzi degli Stati membri responsabili delle politiche del lavoro e dell’istruzione, intende istituire programmi di formazione e riqualificazione dedicati per i professionisti e sostenere le capacità e le competenze digitali in materia di scienza, tecnologia, ingegneria, matematica (STEM), imprenditorialità e creatività, in sostanza incoraggiando gli Stati membri a modernizzare i loro sistemi di istruzione e formazione. Ovviamente, il tutto nel rispetto degli aspetti etici e giuridici, che andranno rivisti alla luce delle nuove istanze generate dalla applicazione dell’intelligenza artificiale ai diversi campi della medicina e della scienza. Pertanto, i comitati di esperti lavoreranno per garantire un quadro etico e giuridico adeguato.

Alcune applicazioni della AI possono sollevare nuove questioni etiche e legali, relative alla responsabilità o equità del processo decisionale: su questi aspetti si lavorerà ancor meglio per garantire trasparenza, equità e garanzia della privacy. Su tali aspetti sono già disponibili linee guida, elaborate da un panel di esperti, che la Commissione europea ha accettato dallo scorso aprile: una porta aperta verso uno scenario che fa dell’armonizzazione uno strumento essenziale di condivisione di percorsi nel campo della salute che potrebbero avere di sicuro un impatto importante sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale ed europeo.

Medicina del futuro, i rischi che corre l’Italia

L’impiego degli investimenti necessari all’ammodernamento della rete ospedaliera e delle infrastrutture resterà comunque la sfida più importante da porre in campo in uno stato, come il nostro, che continua a tagliare risorse per il fondo sanitario e a ridurre il finanziamento alla ricerca corrente: il ritardo nella attivazioni delle reti, non ultima quella oncologica nazionale, ad esempio, potrebbe rappresentare un vulnus alla riuscita di molte delle progettualità legate allo sviluppo ed all’applicazione di modelli basati sulla AI.

La programmazione degli investimenti in tal senso andrà rivista proprio per ottemperare agli obiettivi che l’Europa sta mettendo in campo in questo ambito: una armonizzazione dei percorsi diagnostico terapeutici e una programmazione mirata dell’ammodernamento infrastrutturale in campo sanitario è solo una parte degli investimenti da mettere in campo, senza i quali si rischia però di non essere in grado di formare adeguatamente i professionisti della sanità del futuro, prima ancora dei cittadini. E la formazione resta uno degli obiettivi cruciali del progetto europeo in tale ambito specifico: non disperdiamo il patrimonio intellettuale, anzi facciamo leva su di esso per dimostrare ancora una volta le nostre potenzialità nell’erogare prestazioni di eccellenza.

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