L'ANALISI

Smart city alla sfida sostenibilità, tutti i vantaggi e i rischi

La tecnologia sta rivelandosi leva strategica nella progettazione di città a prova di futuro, in grado di affrontare emergenze climatiche e sviluppo urbano esplosivo. Ecco come i grandi ecosistemi iperconnessi potranno contribuire alla gestione delle principali criticità, dal traffico alla sicurezza

Pubblicato il 14 Feb 2020

Francesco Alessandria

Architetto e Professore a contratto, Sapienza Università di Roma

Francesco Vatalaro

professore ordinario di Telecomunicazioni, Università di Roma Tor Vergata

smart-transportation

Nel dibattito contemporaneo sulla “città sostenibile” e soprattutto nelle ricadute politiche e di governance si continuano a mettere in evidenza le possibilità tecniche esistenti per contrastare le criticità delle città (inquinamenti, congestione, diseconomie, immigrazione…). Gli ambientalisti si sono occupati indirettamente delle città e dell’ambiente urbano ma purtroppo ancora oggi si registra una scarsa consapevolezza del rapporto tra processo di degrado dell’ambiente e inadeguata pianificazione urbana e territoriale.

È noto come le città siano fucine di idee per le attività dell’Uomo da quando furono fondate. In esse hanno sempre trovato spazio il commercio, la produzione, la cultura, la scienza, lo sviluppo sociale. Si può affermare che, dalla rivoluzione industriale in avanti, le città hanno permesso agli abitanti di migliorare la propria condizione sociale ed economica. Tuttavia, al miglioramento della qualità della vita individuale non si è affiancata una altrettanto crescente qualità della vita collettiva. Anzi, a mano a mano che migliorava la qualità individuale è andata peggiorando quella in comunità. In particolare, ciò si è manifestato soprattutto nei grandi agglomerati urbani, diventati poi aree metropolitane e più recentemente città metropolitane con precise identità amministrative.

Saranno le nuove tecnologie a salvare le città del futuro? Dal 5G all’Intelligenza artificiale, l’innovazione potrà rivelarsi determinante nella riduzione di traffico e inquinamento, ottimizzazione delle risorse, tutela dell’accesso ai servizi da parte delle diverse categorie d’utenza.

Vediamo gli scenari che si aprono e i benefici attesi.

Smart city: la sfida e la situazione attuale

La sfida in atto dalla metà degli anni 1980 è mantenere nei centri urbani le funzioni caratterizzanti senza compromettere ambiente e qualità della vita, non solo per gli attuali abitanti, ma soprattutto per le generazioni future. Per fare ciò è necessario ridurre il traffico, l’inquinamento, ottimizzare l’uso delle risorse, garantire l’accesso ai servizi alle diverse categoria d’utenza, far sì che vi sia la possibilità di residenza, di mobilità di lavoro, di sicurezza. In sostanza, realizzare una città inclusiva.

Oggi la metà dei sette miliardi di abitanti della Terra vive in città. Si prevede che entro il 2030, quasi il 60% della popolazione mondiale – stimata in circa 8,5 miliardi di abitanti, dunque si tratterà di oltre 5 miliardi di persone – abiterà in aree urbane e che il 95% dell’espansione urbana si registrerà nei Paesi in via di sviluppo. Attualmente 828 milioni di persone vivono in baraccopoli, e il numero è in continuo aumento. Le città occupano solamente il 3% della superficie terrestre, ma consumano una quantità di energia pari al 60-80% delle risorse disponibili e sono responsabili del 75% delle emissioni di anidride carbonica. Da ciò discende anche che è principalmente attraverso una maggiore attenzione ai processi urbani che si può affrontare e vincere la sfida climatica.

Le proposte dei decisori

Il problema è noto ai decisori della Terra ed a tal fine nel 2015 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione avente ad oggetto “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: nel corpo della risoluzione si sono indicati una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2030. Tra questi:

  • garantire a tutti l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri e convenienti e ai servizi di base, e riqualificare i quartieri poveri;
  • garantire a tutti l’accesso a un sistema di trasporti sicuro, conveniente, accessibile e sostenibile, migliorando la sicurezza delle strade, potenziando specialmente i trasporti pubblici, con particolare attenzione ai bisogni di quanti sono più vulnerabili, donne, bambini, persone con invalidità e anziani;
  • potenziare un’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificare e gestire in tutti i Paesi un insediamento umano che sia partecipativo, integrato e sostenibile;
  • potenziare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale del Mondo;
  • ridurre in modo significativo il numero di decessi e il numero di persone colpite e diminuire in modo sostanziale le perdite economiche dirette rispetto al prodotto interno lordo globale causate da calamità, comprese quelle legate all’acqua, con particolare riguardo alla protezione dei poveri e delle persone più vulnerabili;
  • ridurre l’impatto ambientale negativo pro-capite delle città, prestando particolare attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti urbani e di altri rifiuti;
  • fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili;
  • supportare i positivi legami economici, sociali e ambientali tra aree urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo nazionale e regionale;
  • aumentare, prima del 2030, il numero di città e di insediamenti umani che adottino e attuino politiche integrate e piani tesi all’inclusione, all’efficienza delle risorse, alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla resistenza ai disastri, e che promuovano e attuino una gestione olistica del rischio di disastri a tutti i livelli, in linea con il Quadro di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri 2015-2030;
  • supportare i paesi meno sviluppati, anche con assistenza tecnica e finanziaria, nel costruire edifici sostenibili e resilienti utilizzando materiali locali.

Trasformare le enunciazioni in attuazioni

Alle enunciazioni bisogna far seguire modalità operative. Gli indicatori profilano un grande apporto e una spinta decisiva alla sostenibilità grazie alla tecnologia. Le città del futuro vengono ormai progettate quali grandi ecosistemi iperconnessi, costellati di sensori e altri device capaci di raccogliere ed elaborare un’enorme quantità di dati necessari ai servizi da fornire. I Big Data e gli Analytics si presentano come il cuore pulsante della città intelligente e potranno contribuire enormemente alla gestione delle principali criticità urbane, dal traffico alla sicurezza.

Un’infrastruttura basata sull’Internet of Things (IoT) viene già usata ad Amsterdam per monitorare in tempo reale il traffico e limitare le emissioni nocive per la salute. Barcellona usa un sistema simile per la gestione integrata di acqua, illuminazione e parcheggi. A Los Angeles nuove politiche di gestione dei rifiuti sono riuscite a ridurre dell’80% le aree classificate come non pulite.

Grandi innovazioni sono previste nel settore dei trasporti. Auto a guida autonoma e connessa, mobilità elettrica e condivisa (car, scooter e bike sharing), sensori ambientali, parcheggi, semafori e illuminazione stradale intelligenti riempiranno le strade delle città del futuro. Sistemi energetici sempre più digitalizzati ed efficienti permetteranno di incrementare l’uso di solare ed eolico, favorendo lo sviluppo di reti sempre più diffuse, decentralizzate e a zero emissioni.

Fondamentale può essere in questo quadro il contributo della pianificazione urbanistica e la modalità di progettazione architettonica. Più spazi verdi aiuteranno a liberare le città dallo smog e a mantenere l’aria pulita, mentre l’efficienza energetica applicata all’edilizia renderà abitazioni e uffici più resilienti. Soluzioni architettoniche sostenibili, con una sempre maggiore attenzione a materiali alternativi ed eco-sostenibili, miglioreranno quindi il benessere dei cittadini. In sintesi, le città saranno sostenibili se saranno energeticamente autosufficienti e se sapranno quindi gestire le risorse in modo intelligente ed oculato. Ciò si trasformerà in un miglioramento della qualità della vita dei cittadini e in maggiore rispetto ambientale.

Le sperimentazioni in atto

Ma quali città nel mondo si stanno già muovendo in questa direzione? Secondo l’organizzazione non profit Climate Reality Project sono cinque le città che stanno indicando la strada della sostenibilità urbana del futuro:

  • Copenaghen (Danimarca) che punta a diventare la prima capitale carbon free al mondo;
  • San Francisco (Stati Uniti) soprattutto grazie all’innovazione tecnologica applicata ai trasporti e all’efficienza energetica degli edifici;
  • Vancouver (Canada) che applica una strategia green a 360 gradi;
  • Stoccolma (Svezia) che ha creato un sistema centralizzato di riscaldamento, più pulito ed efficiente;
  • Singapore, grazie a un piano dei trasporti che riduce inquinamento e traffico sulle strade, fornendo servizi capillari e fissando limiti all’impiego dell’auto da parte dei residenti.

L’Arcadis Sustainable Cities Index, del Gruppo globale leader in ingegneria e consulenza nel settore immobiliare, seleziona ogni anno le cento città più sostenibili sulla base di tre parametri: persone (qualità della vita), pianeta (impatto ambientale), profitto (produttività e infrastrutture). Il rapporto 2018, ha incoronato al primo posto Londra, seguita da Stoccolma, Edimburgo, Singapore e Vienna. In generale le città europee dominano l’indice occupando otto posizioni tra le prime dieci, dove non figurano città degli Stati Uniti d’America.

Salta agli occhi come, in ottica di protezione dell’ambiente terrestre e di miglioramento della qualità della vita dei cittadini, tenda ad aumentare, e non a ridursi, la divaricazione fra le città del Nord della Terra da quelle del Sud a cui, viceversa, dovrebbe destinarsi maggiore attenzione, in ottica sia di benessere locale che di riduzione del danno globale per l’intera popolazione mondiale.

In Italia, le città più intelligenti e sostenibili vengono individuate dal rapporto ICity Rate di FPA, società del Gruppo Digital 360. La classifica annuale analizza 15 dimensioni della vita urbana declinata attraverso 107 fattori che sintetizzano il livello di intelligenza di una città. Nell’ultima edizione i primi tre posti sono stati assegnati a:

  • Firenze, che ha realizzato un sistema di elaborazione integrata dei dati georeferenziati sulla città per la gestione in tempo reale del traffico e può vantare un primato nello sviluppo della mobilità elettrica;
  • Bologna, che ha costruito una rete pubblica basata sul cloud e su un’identità digitale integrata per raccogliere l’offerta di contenuti e servizi da parte di pubblica amministrazione, imprese e cittadini.
  • Milano, che ha sperimentato forme di smart mobility e servizi come il fascicolo digitale del cittadino, oltre ad avere messo la sostenibilità al centro di alcuni interventi architettonici che stanno ridisegnando lo skyline della città.

Milano resiliente e sostenibile

Ma a Milano si registra, inoltre, una particolare sensibilità in materia di sostenibilità. Il Comune ha declinato tale aspetto con una definizione quasi provocatoria: Milano città resiliente. La città risponde in modo strutturato alle sollecitazioni più impattanti. Ha, infatti, organizzato un ufficio per programmare, progettare e realizzare spazi pubblici verdi per tutte le categorie di utenza, attraverso forme di partecipazione innovative e tali da rappresentare un progetto pilota da poter, quindi replicare. A tal proposito si rimanda al sito del comune di Milano, dove digitando “www.comunedimilanoDPCittàresilienti”, possono essere approfondite le numerose azioni avviate.

I rischi e le barriere a divenire “smart city”

Ciò che è in corso di sperimentazione attraverso, ancora, attuazioni puntuali non garantisce da alcuni “rischi” che corrono le città attuali e che si avviano a diventare Smart City. In Italia, per esempio, caratterizzata dalla presenza di comuni di dimensioni medie e piccole (meno di 50.000 abitanti), che da soli faticano a sostenere gli investimenti necessari per divenire “smart”, si rende necessario un coordinamento sinergico e condiviso tra le diverse realtà locali. Si tratterebbe di adottare un approccio di natura consortile, allo stato non agevolato né dai costumi né dalle norme: in sua assenza si percepisce una significativa barriera all’innovazione non facile da superare. I comuni più piccoli, fra l’altro, non sono provvisti neppure delle necessarie competenze negli uffici tecnici e, dunque, non sono in grado di impostare un piano efficace di inserimento delle tecnologie ICT per migliorare i servizi e ridurre i costi: ciò impone un adeguato supporto anche e soprattutto dal livello di governo centrale.

Anche per le realtà più grandi poi, l’approccio a sottosistemi verticali che trattano separatamente i dati e le applicazioni, risultano, quindi, incapaci di interagire tra loro (architettura a “silos”). Questa barriera all’innovazione si rivela difficile da superare, anche a causa della frammentazione di responsabilità fra le diverse imprese, spesso in house, a cui vengono affidati i servizi pubblici: trasporti, illuminazione, acqua e gestione rifiuti, etc. Sarebbe necessario in ciascuna realtà urbana abilitare l’interoperabilità tra applicazioni diverse, anche al fine di evitare duplicazioni e per favorire la gestione integrata dei servizi, in modo da evitare la permanenza e la creazione dei silos e favorire l’interazione automatica tra le applicazioni e il loro riuso. Gli sforzi in corso da parte della struttura commissariale di Palazzo Chigi dovrebbero trovare più intensa consonanza ai livelli locali.

Il problema dell’interoperabilità, a livello di settori di competenza e nella declinazione su scala geografica dei servizi, ricopre un’importanza centrale specialmente nel nostro Paese per effetto della sua struttura territoriale e non sembra al momento sufficientemente apprezzato, con la conseguenza che un limitato numero di realtà urbane (come nel caso della Città di Milano di cui si è detto, ma anche di altri contesti specialmente al Nord) riesce a mantenere il passo con le “smart city” del Nord Europa, mentre in altri casi la divaricazione tende purtroppo ad aumentare.

Tutte le promesse del 5G

Molte aspettative sono riposte nel 5G che, come è noto, dovrà consentire attraverso lo “slicing” delle funzionalità di configurare in modo agevole e dinamico anche il piano di servizio “smart city”. Non può tuttavia trascurarsi che il problema delle competenze locali non sarà superato da una tecnologia, per quanto innovativa e che d’altra parte questi servizi cominceranno ad essere forniti a partire dalle realtà più popolose solo dopo il 2021. I problemi suddetti relativi al divario digitale crescente di piccoli comuni e borghi italiani quindi non si risolveranno da soli e, semmai, potranno tendere ad aggravarsi con la nuova tecnologia senza una guida ed un supporto, reale e concreto, che parta dal livello decisionale centrale. Del resto i fondi europei della programmazione 2021/27 destinano molte risorse proprio in tale direzione.

Un approccio più pragmatico quindi potrebbe anticipare fin d’ora i benefici attesi con il 5G, incentivando le tecnologie FWA (fixed wireless access) di attuale generazione ma ciò, da un lato, richiede la revisione del contributo annuo per la concessione dei diritti d’uso per frequenze bidirezionali di cui all’art. 35 del Codice delle Comunicazioni elettroniche (d.lgs 259/2003) oggi troppo penalizzante per le piccole imprese che sono quelle più impegnate nelle realtà locali e, dall’altro, di allocare ai servizi FWA lo spettro in banda 5,8 GHz.

Infine, ma non meno importante, si dovrebbe finalmente adeguare l’Italia al resto della UE recependo quanto prima la Decisione 2017/1483/CE riguardante i dispositivi denominati LPWAN (Low Power Wide Area Network), in particolare per il sistema LoRa, che impiegano le frequenze 863-870 MHz. Le soluzioni LPWAN consentono di abilitare l’uso esteso della IoT e la diffusione di servizi applicativi in ambiti sempre più eterogenei, dal controllo ambientale all’efficienza energetica, fino alla logistica e alla mobilità. Si tratta di tecnologie allo stato dell’arte fondamentali per le comunicazioni “Machine-to-Machine” e per automatizzare i processi industriali, dalle quali il paradigma Smart City non può prescindere.

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