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Comuni digitali: come diventare enti virtuosi grazie al PNRR



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Il digitale è ormai una necessità, non più solo un’opportunità per le amministrazioni pubbliche. Ecco una panoramica delle principali soluzioni che ogni Comune in Italia può (e in molti casi deve per legge) adottare per diventare un’amministrazione virtuosa e vincere la partita per la trasformazione digitale

Pubblicato il 5 set 2023

Andrea Tironi

Project Manager – Digital Transformation



Investimenti digitalizzazione
(Immagine: https://pixabay.com/geralt)

Nell’ormai lontano maggio 2019, l’allora Team Digitale (sembrano passati due digital-secoli da allora) pubblicava su medium un post dal titolo “Come far diventare il tuo Comune un’amministrazione virtuosa del digitale”. Ne avevamo fatto seguire un tentativo di implementazione provando a sviluppare i 10 punti indicati su un Comune di 3000 abitanti.

Alla luce del PNRR e dei cambiamenti avvenuti negli anni da quelle pubblicazioni (pandemia, piattaforma notifiche, it wallet per dirne alcuni) proviamo allora a capire “come far diventare il Comune un’amministrazione virtuosa del digitale alla luce del PNRR”.

Speriamo il Team Digitale ci scuserà se prenderemo come riferimento il loro pezzo per rivederlo alla luce di quanto accaduto nel tempo.

Partiamo da un breve riassunto di cosa fare per chi non avesse voglia di leggere tutto quanto, (col rischio però di perdere molto del ragionamento).

Come far diventare il Comune un’amministrazione virtuosa del digitale alla luce del PNRR

  • ANPR: Entrare nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR). Il 99% degli enti ha fatto questo passaggio. Accedervi tramite PDND per eliminare le anagrafiche locali dei software e per evitare di chiedere al cittadino continuamente dati che la PA ha già. Parola chiave: #onceonly
  • pagoPA (avviso 1.4.3): gestire i pagamenti digitali è fondamentale, la pandemia l’ha dimostrato. L’ente virtuoso deve portare mediante rendicontazione automatica (no excel, no tracciati, no intervento manuale) tutti i pagamenti su pagoPA (ma se proprio non riesce almeno tutti quelli rilevanti come numero di transazioni o valore economico, tra cui in primis: tari, multe, servizi a domanda individuale, luci votive …). Attivare anche la riconciliazione automatica per la contabilità di tutti i servizi tributari e non (questo sarà possibile più semplicemente con alcuni cambiamenti nella roadmap pagoPA previsti per il 2023-2024).
  • SPID (avviso 1.4.4): integrazioni di SPID in tutti i servizi online.
  • CIE (avviso 1.4.4): integrazioni di CIE in tutti i servizi online. Meglio anche 1 eIDAS.
  • Cloud (avviso 1.2): migrazione al cloud di tutti i carchi (dati importanti con relativo software) presenti sul server, lasciando su server solo i servizi di minima di rete (es.autenticazione, dns …). Ideale eliminazione del server.
  • Servizi digitali e Design (avviso 1.4.1): cittadino informato da completare. Cittadino attivo da completare per tutti i servizi (4,10,26, 100, il numero non conta) che sono utili al cittadino. questa migrazione è sensato farla in ottica quick win, ovvero iniziare da un semplice, di veloce implementazione, per cui capire la trasformazione e ele metriche.
  • IO (avviso 1.4.3): migrare su IO tutta la comunicazione di “cortesia” per i cittadini (qui rimane da capire la relazione con Piattaforma Notifiche e INAD).
  • Dati (avviso 1.3.1): collegarsi a PDND per l’erogazione di 2 servizi mediante API (capire quali sono sensati). Collegarsi a PDND per l’accesso a Piattaforma Notifiche, ad ANPR e alle basi dati di interesse nazionale riducendo l’effort in acquisizione dati per tutti i servizi erogati (ovvero la fase in cui si chiede al cittadino di inserire dei dati che la PA ha, completarla mediante interrogazione di basi dati della PA e non farla più compilare a mano al cittadino). Prevedere la pubblicazione di open data by design.
  • Piattaforma Notifiche (SEND, avviso 1.4.5): attivare la piattaforma notifiche per le comunicazioni a valore legale eliminando la gestione delle notifiche a valore legale (e si spera non)
  • Competenze digitali: il collante di tutto quanto sopra indicato è la competenza digitale per realizzarlo. Privacy by design, cybersecurity by design, rtd, dpo sono alcuni degli aspetti da valutare in un cambiamento digitale. La forma aggregata probabilmente è il modo di mettere a fattor comune competenze rare nella PA. A maggior ragione se si parla del nuovo knowledge divide, quello sull’intelligenza artificiale.
  • Avanzi e innovazione: Se per i fondi PNRR ci sono gli avvisi a fare da guida, ricordiamo anche che potrebbero esserci degli avanzi lasciati alla mercé degli enti senza roadmap di spesa. E’ quindi importante ricordare che: le fontane e gli asfalti non rientrano nel capitolo ”strumenti digitali” (per gli amministratori), che fare digitale non vuol dire mettere lo streaming comunale (che in un comune di 1000 abitanti non si guarda nessuno, probabilmente basta anche una registrazione con taggature per il minuto degli interventi) e che comprare i canoni per un certo numero di anni non genera impatto e non risolve nessun problema, anzi lo posticipa solo. Quindi il consiglio è di usare gli avanzi per acquistare giornate di “trasformazione digitale” ovvero per analizzare i processi dell’ente, ora che tutte le piattaforme abilitanti sono note e attivate, e rivedere la parte che rimane, ovvero quella di processo.

Ricordiamoci che il digitale è una necessità, non più solo un’opportunità, come spiegato nell’analisi “Senza digitale, addio ai servizi dei Comuni: ecco perché”.

La transizione digitale

Il Team Digitale diceva: “La transizione digitale non è una ricetta che nasce dal nulla e che può essere calata dall’alto su tutte le Pubbliche Amministrazioni: è un processo graduale, che si muove dal basso, di cui devono essere protagoniste le amministrazioni locali.

Questa è una partita in cui ci sono solo vincitori:

  • vincono le Pubbliche Amministrazioni locali, che possono migliorare sensibilmente i propri servizi, evitare gli sprechi, risparmiare molte risorse;
  • vincono i cittadini, che possono contare su servizi all’avanguardia, sviluppati su misura, in base ai loro bisogni reali;
  • vince il sistema Paese, che può fare del digitale un vero motivo di eccellenza e sviluppo e sconfiggere con la trasparenza gravi problemi come la corruzione.

In Italia ci sono oltre” 7900 Comuni “dalla grande città metropolitana al piccolo centro di montagna. 7900 Comuni che possono essere un motore capillare della trasformazione digitale e che hanno un vantaggio: condividono gli stessi problemi e (per fortuna!) le stesse soluzioni.

In questa guida raccontiamo le principali soluzioni che ogni Comune in Italia può (e in molti casi deve per legge) adottare per diventare un’amministrazione virtuosa e vincere la partita per la trasformazione digitale.”

Aggiungiamo una valutazione. All’epoca la trasformazione digitale veniva descritta come opportunità, oggi diventa una necessità. I dipendenti pubblici stanno progressivamente diminuendo per scarsa attrattività della PA, per mancanza di giovani, per età media elevata. Quindi migrazione al digitale significa poter continuare ad erogare servizi che altrimenti non sarebbe più possibile erogare, come spiegato nell’analisi “Senza digitale, addio ai servizi dei Comuni: ecco perché”.

Fondi e finanziamenti a disposizione per la transizione digitale

Partiamo da una buona notizia: la trasformazione digitale è un asset strategico per il Paese, che per questo ha messo sul piatto fondi e finanziamenti. Un’opportunità che permette anche ai Comuni, spesso alle prese con ristrettezze e vincoli di bilancio, di gestire il cambiamento.

Ecco i principali strumenti a disposizione.

La legge di bilancio del 2017 (11 dicembre 2016) permetteva ai Comuni di chiedere degli spazi finanziari in deroga al pareggio di bilancio per alcune tipologie di investimenti di interesse sociale, tra cui ad esempio l’edilizia scolastica e il dissesto idrogeologico. Grazie alla riforma del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), dal 2018 i Comuni possono applicare questa misura e chiedere un finanziamento anche per investimenti legati all’attuazione del Piano Triennale per la Trasformazione Digitale, che riguarda tutti i punti di questo elenco.

Dal 2018 sono disponibili anche dei finanziamenti specifici previsti da Cassa depositi e prestiti per sostenere iniziative legate all’attuazione del Piano Triennale. I Comuni possono chiedere questi fondi tramite prestito ordinario a Cdp a queste condizioni.

A queste opportunità si aggiunge un finanziamento a fondo perduto destinato a tutti i Comuni che entrano a far parte dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), di cui parliamo al prossimo punto.

La trasformazione digitale richiede investimenti iniziali ma, come vedremo nel dettaglio, permette sempre di ottenere importanti risparmi, tagliando costi, sprechi e procedure superflue, a volte già nel breve periodo.

I fondi di allora, che già erano una manna rispetto a “fare trasformazione digitale a invarianza di bilancio” (detta anche “follia legislativa o procedurale”) sono un’inezia rispetto ai fondi PNRR. Quindi si, a maggior ragione oggi i fondi ci sono.

L’ABC della trasformazione digitale

“I primi passi da compiere sono azioni obbligatorie per legge, che rappresentano la base, l’infrastruttura, le tubature della digitalizzazione dei servizi di un Comune”, diceva il Team Digitale.

Entra nell’Anagrafe nazionale oggi verrebbe declinato in “collegati all’anagrafe nazionale mediante PDND”.

Sebbene non tutti i comuni siano ancora in ANPR, siamo arrivati al 99.999% e quindi l’anagrafe nazionale è una base dati di interesse nazionale ormai attiva ed esistente. Probabilmente qualche comune manca ancora visto l’“Avviso pubblico ANPR – Supporto ai comuni per il subentro” del 23 giugno.

Il prossimo passo per gli enti locali è la fruizione dei dati di ANPR mediante PDND, come sollecitato con circolare del 31.05.2023 del Ministero Interno. L’uso di ANPR può permettere di:

  • eliminare progressivamente le anagrafiche contenute in ogni applicazione sia a livello di creazione, gestione, modifiche ed errori informativi
  • richiedere dati direttamente ad ANPR riferiti al cittadino, con semplice conferma del cittadino della loro veridicità. In tale modo non è necessario un inserimento di dati autocertificati ogni volta al bisogno
  • I dati verificati in tempo reale sono quindi freschi, corretti, certificati dalla PA per la PA e non dal cittadino per la PA1 quando la PA2 potrebbe fornirglieli

Attivare i pagamenti digitali con pagoPA

La gestione dei pagamenti rappresenta un costo molto rilevante per i Comuni. Gestire le multe, la Tari, la retta degli asili nido, il pagamento delle mense, vuol dire occuparsi di una serie di attività che comportano costi e problematiche: gli incassi, la riconciliazione con la tesoreria, i solleciti dei singoli provvedimenti, la gestione del contante, le assicurazioni, le convenzioni con i Prestatori di Servizi di Pagamento e così via.

La piattaforma per i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione pagoPA risolve gran parte di questi problemi (e abbatte i relativi costi), mettendo a disposizione dei Comuni un sistema gratuito, semplice e sicuro per automatizzare i pagamenti, gli incassi e la riconciliazione (qui trovi un elenco dei vantaggi di pagoPA). L’adesione a pagoPA è obbligatoria per legge”.

pagoPA è un sistema molto noto nella PA e finanziato dall’avviso 1.4.3 pagoPA. L’obiettivo di minima per un comune a fine PNRR dovrebbe essere:

  • si dà per scontato l’onboarding alla piattaforma pagoPA
  • attivare la riconciliazione contabile in modo che la ragioneria abbia tutti i dati inseriti in contabilità automaticamente grazie alla comunicazione con il sistema pagoPA
  • attivare la rendicontazione per i servizi più importanti:
    • tari
    • multe
    • servizi a domanda individuale (mensa, campo estivo, trasporto, pre post scuola)
    • luci votive e loculi
    • ed eventualmente altri che hanno volumi (in euro o in numero di transizioni) di rilievo
    • ovviamente l’obiettivo sarebbe attivare pagoPA per tutti i servizi con rendicontazione anche qui automatica fatta senza intervento umano (ovvero senza tracciati, files excel o altro)

Integrare il sistema unico di identità digitale

SPID o CIE? SPID e CIE? SPID, CIE ed eIDAS? o forse IT Wallet? È un momento di particolare diatriba sul tema.

L’avviso 1.4.4 è comunque chiaro: attivare almeno 1 CIE su di un servizio. Opzionale eiDAS. Il comune virtuoso del resto non si può fermare qui: attivare SPID e CIE su tutti i servizi che eroga online (es. sito comunale, servizio multe, servizio mensa, portale pagamenti pagoPA …) è fondamentale. E attivare un eIDAS non è mandatorio ma molto consigliato.

Il documento del Team Digitale recitava “L’utilizzo di SPID è obbligatorio per legge per tutti i Comuni (art. 64 del CAD). “ Successivamente è arrivato il Decreto “semplificazione e innovazione digitale” che ha obbligato le PA a permettere accesso con SPID e CIE dal 01.10.2021.

Erogare la Carta d’identità elettronica (CIE)

Questo è un obiettivo ormai obsoleto. Chi non eroga la CIE “è un besugo” come direbbe il Gabibbo.

Utilizzare software open source

Obiettivo interessante ma poco praticabile. Le volte che abbiamo provato a dire ad un fornitore di aprire il codice, l’educazione ha evitato il peggio. Riusare software di terzi è praticabile laddove ci sia una community di utilizzatori, senza è difficile poter riusare e beneficiare dei vantaggi dell’open source. Quindi l’obiettivo rimane poco realizzabile perlomeno negli enti locali medio-piccoli come i comuni.

Utilizzare infrastrutture condivise e servizi in cloud

Il team scriveva: “In Italia oggi operano circa 11mila data center, strutture informatiche note anche come Centri di elaborazione dati (Ced), a servizio di oltre 22 mila Pubbliche Amministrazioni. Nello scenario attuale, i Comuni gestiscono internamente i propri servizi e i propri server. Questa situazione implica costi e attività rilevanti a carico del Comune:

per la collocazione e la manutenzione dei server;

per la manutenzione e l’aggiornamento del software che gestisce i servizi.

Inoltre, a fronte di questi costi, le amministrazioni si trovano spesso a disporre di server obsoleti e insicuri, oppure di software non affidabili o non aggiornati.

In molti casi questo problema può essere risolto portando i servizi su infrastrutture condivise, ovvero adottando dei servizi in cloud.”

Nonostante gli sforzi fatti, solo l’avviso 1.2 Migrazione al Cloud ha dato un’accelerazione a questo tema. L’obiettivo di minima è la full data migration, ovvero lasciare nel comune i servizi di rete (autenticazione utenti, dhcp, dns …) e migrare in cloud tutti i software e dati associati. L’obiettivo corretto sarebbe eliminare completamente il server dall’ente. La conseguenza sarà una distribuzione multicloud dei dati dell’ente presso diversi provider cloud o fornitori software (cosa molto più probabile).

Offrire ai cittadini servizi digitali

“Grazie all’integrazione di SPID, pagoPA e ANPR, sei in grado di ripensare i tuoi servizi e di proporli direttamente online, ad esempio attraverso i siti dell’ente. Questo significa permettere ai cittadini di poter pagare online le multe o la Tari, di chiedere online il permesso per la Ztl, di iscrivere un figlio all’asilo, di ottenere un certificato, senza recarsi ogni volta allo sportello.

Le fasi di questo processo sono:

mappare i servizi che il tuo Comune eroga (che servizio è, chi lo eroga, attraverso quali canali, chi ne fruisce) e capire quali possono essere riprogettati e proposti online;

riprogettare i servizi per permettere l’accesso tramite computer o smartphone in modo semplice, rapido, funzionale.”

L’avviso 1.4.1 è la naturale prosecuzione di questo obiettivo. Rivedere il sito dei comuni (cittadino informato) e rivedere i servizi in ottica full cloud e non in modalità ”modulo pdf da scaricare”.

Uniformare i servizi digitali alle linee guida di design

“I servizi digitali funzionano quando rispondono ai bisogni reali delle persone in modo semplice, rapido e intuitivo. Questo vale per una pagina informativa del sito di un Comune, così come per un servizio più complesso (es. la prenotazione online di un appuntamento, o la compilazione di un form per l’iscrizione a un servizio).

Per offrire servizi digitali efficaci e funzionali:

usa i kit pronti all’uso di Designers Italia, che ti permettono di fare ricerche sui bisogni degli utenti, ideare e progettare servizi digitali, testarli e gestirli in modo efficace;

fai riferimento alle linee guida di design per progettare i servizi sulla base delle migliori pratiche disponibili; prendi spunto dalle esperienze di altri Comuni, raccolte nel blog di Designers Italia.”

Designers Italia prosegue il suo ruolo con un grande aiuto mediante il “modello siti comunali” e “modelli servizi digitali”.

Prepararsi a entrare in IO, l’app dei servizi pubblici

“Hai dei servizi digitali funzionali e facili da usare? Allora sei pronto a entrare a far parte di IO, l’app dei servizi pubblici.

IO è un canale unico a disposizione di tutte le Pubbliche Amministrazioni per veicolare i propri servizi e raggiungere i cittadini direttamente nello smartphone attraverso un’app intuitiva e semplice da utilizzare. Grazie a IO si avvera un vero cambio di paradigma nel rapporto tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione:

puoi raggiungere i cittadini sul loro smartphone con comunicazioni, notifiche, richieste di pagamento, promemoria e altri servizi: ti basta conoscere solo il codice fiscale;

puoi ottenere un importante risparmio legato alla gestione delle notifiche;

puoi consentire ai cittadini di completare pagamenti in modo rapido e semplice, direttamente dallo smartphone.”

Anche qui si torna all’avviso 1.4.3 app IO, che spinge sull’adozione dell’APP come canale di comunicazione con i cittadini. Ad IO si affianca INAD (domicili digitali), PN (piattaforma notifiche o SEND) per le notifiche a valore legale. IO sta anche probabilmente evolvendo verso l’IT Wallet. La sua maturità è evidente.

Il comune virtuoso deve adottare io e le altre piattaforme per la comunicazione verso il cittadino, in modo da semplificare la vita.

Pubblicare i dati

“La trasparenza è un dovere per qualsiasi Pubblica Amministrazione, che corrisponde al diritto dei cittadini di avere accesso alle informazioni, agli atti, ai documenti, ai dati pubblici. Uno dei vantaggi del digitale è che permette di rendere reale questo diritto.

In quest’ultimo punto (che per importanza potrebbe essere il primo!) ti vogliamo fare una raccomandazione proprio sulla trasparenza:

  • Pubblica tutti i documenti pubblici del Comune in modo chiaro, semplice e accessibile. Scrivi i tuoi documenti (norme, circolari, guide ai servizi, linee guida, documentazione tecnica e di progetto, ecc.) utilizzando le indicazioni delle linee guida per la scrittura dei documenti pubblici e pubblicali direttamente online su Docs Italia, il portale per i documenti della Pubblica Amministrazione.
  • Metti a disposizione dei cittadini i dati aperti (open data). I dati pubblici di cui disponi (ad esempio i tuoi bilanci, la cartografia, gli orari dei trasporti pubblici, le attività del consiglio comunale, il palinsesto degli eventi turistici, ecc.) sono un patrimonio che puoi e devi mettere a disposizione dei cittadini (art. 50 e 52 del Codice dell’amministrazione digitale), delle aziende e di tutti i soggetti del tuo territorio. Cerca di porti il problema, fai una mappatura degli open data gestiti dal Comune e individua le soluzioni più adatte per metterli a disposizione dei cittadini in modo semplice, chiaro e di facile accesso. Leggi le linee guida per la pubblicazione degli open data e consulta il forum.”

All’epoca mettere a disposizione dati voleva solo dire “opendata”. Oggi si declina meglio in PDND, piattaforma digitale nazionale dati. Gli enti saranno erogatori con l’avviso 1.3.1 ma soprattutto fruitori sempre grazie ai fondi PNRR, semplificando l’accesso a PN, basi dati di interesse nazionale ed altri enti.

Piattaforma notifiche

All’epoca del Team Digitale la piattaforma notifiche “non era forse nemmeno un pensiero”. Quindi non era stata trattata. Rimane comunque la sua bontà (ogni ente vuole liberarsi delle notifiche e dei loro problemi di gestione non da poco). Sull’implementazione invece ci sono ancora delle difficoltà essendo la piattaforma più giovane di tutte.

Le competenze digitali (e di intelligenza artificiale)

C’è poi un aspetto trasversale, necessario per la realizzazione di tutti i punti sopra indicati: quello delle competenze digitali. Una sfida che riguarda in primis la Pubblica Amministrazione, che si deve equipaggiare con risorse qualificate e pronte per guidare questa transizione: trovare personale con competenze adeguate per la gestione delle infrastrutture e dei servizi online.

I comuni dovranno fare affidamento su un team di tecnici e su un Responsabile della transizione digitale (previsto dall’art. 17 del CAD). L’ente dovrà anche individuare figure con competenze adeguate per la gestione della privacy per rispettare il Regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR) e il decreto legislativo n. 196 del 2003. Sarà sempre più importante fare affidamento su un team di personale trasversale e dedicato alla privacy oltre che sulla figura obbligatoria del Responsabile della protezione dei dati (DPO). Inoltre sarà sempre più importante garantire la sicurezza informatica aumentando la consapevolezza dei rischi cyber e applicando le indicazioni del piano triennale 2020-2022.

Certo, non ci illudiamo. Non è sempre facile trovare persone con le giuste competenze per gestire questi aspetti, né sul mercato né all’interno della Pubblica Amministrazione. Per questo, soprattutto se il comune è piccolo, va presa in considerazione l’idea di aggregarsi con altre amministrazioni locali per mettere in condivisione il personale (e dividere i costi di ogni attività), per gestire nel modo migliore la trasformazione digitale e la protezione dei dati.

Infine, è indispensabile che i cittadini sappiano utilizzare i servizi messi a loro disposizione.

Colmare il gap di competenze digitali è un dovere della Pubblica Amministrazione, nonché elemento fondamentale per permettere a tutti di esercitare i propri diritti di cittadinanza e per non lasciare nessuno indietro.

Come previsto dalla Strategia nazionale per le competenze digitali, esistono programmi specifici di intervento con cui i Comuni possono attivare un percorso di apprendimento rivolto ai cittadini, e che rientrano nelle finalità dell’iniziativa Repubblica Digitale.

Per supportare i cittadini nell’uso dei servizi digitali, è importante attivare i cosiddetti punti di facilitazione digitale (1.7.2 PNRR), spazi fisici già presenti in decine di comuni (nelle biblioteche, negli Uffici per le relazioni con il pubblico, in sedi pubbliche e di associazioni), nei quali i cittadini possono fruire di supporto e formazione per l’utilizzo di internet, dei servizi digitali e dei dispositivi come gli smartphone.

Un’altra recente novità che può aiutare in tal senso è il programma del “Servizio civile digitale”.

Infine, ma non per importanza, va ricordato il nuovo knowledge divide, che verrà generato dall’intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale dovrà permeare i processi rendendoli meno umani nelle parti più ripetitive e dovrà essere una competenza degli enti. Probabilmente la forma aggregata sarà il modo migliore di colmare questo gap conoscitivo perché, se le competenze digitali possono anche essere diffuse, le competenze di intelligenza artificiale richiedono una base stem che nella PA è assente nella maggior parte dei casi. Per un salto nel futuro digitale di un ente, è possibile vedere “L’ufficio del futuro, come lavoreremo in un comune nel 2050?

Avanzi e innovazione

Se per i fondi PNRR ci sono gli avvisi a fare da guida, ricordiamo anche che potrebbero esserci degli avanzi lasciati alla mercé degli enti senza roadmap di spesa. È quindi importante ricordare che: le fontane e gli asfalti non rientrano nel capitolo ”strumenti digitali” (per gli amministratori), che fare digitale non vuol dire mettere lo streaming comunale (che in un comune di 1000 abitanti non si guarda nessuno, probabilmente basta anche una registrazione con taggature per il minuto degli interventi) e che comprare i canoni per un certo numero di anni non genera impatto e non risolve nessun problema, anzi lo posticipa solo.

Quindi il consiglio è di usare gli avanzi per acquistare giornate di “trasformazione digitale” ovvero per analizzare i processi dell’ente, ora che tutte le piattaforme abilitanti sono note e attivate, e rivedere la parte che rimane, ovvero quella di processo.

Questo si, farà diventare il comune, un comune virtuoso. In fondo nessuno di noi è mai andato in ufficio di Amazon ma si fida del fatto che pagando riceverà un oggetto. Perché con la PA non potrebbe essere così?

In quest’ottica i temi sono:

  • fiducia: in Italia si è colpevoli fino a prova contraria. Così il cittadino ha sempre paura di sbagliare qualcosa quando ha a che fare con la PA, o che la PA piena di”fannulloni” non si occupi bene della sua pratica. Quindi vuole il contatto umano per essere tranquillo o per poter monitorare la situazione. Un futuro fatto di servizi che funzionano quando serve, con tutto quanto sopra è possibile. Il comune virtuoso sarà quello che ha pochi (near zero?) cittadini che vanno in comune, perché i servizi vengono erogati in remoto.
  • organizzazione: il comune se riceve solo pratiche digitali può organizzarsi meglio, senza continue interruzioni di cittadini che vengono allo sportello a fare domande.
  • automazione: è necessario automatizzare, interoperabilizzare, #oneonlyzzare, informatizzare, utilizzare intelligenza artificiale ovunque si possa. I fondi ci sono, perché fermarsi a quanto richiesto dagli avvisi PNRR se non cambia radicalmente le cose?
  • aggiornamento: a volte nelle aziende come nelle pa alcune cose si fanno per un misto di motivi storici, non voglia di cambiare le cose, perché “si è sempre fatto così”. Fare un’analisi in ottica di trasformazione digitale permettere di mettere in discussione migliorativa lo status quo.

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